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Autore: milly92    26/10/2014    7 recensioni
Stanchi delle solite storie in cui un'alunna e un professore si amano e riescono ad essere felici superando mille ostacoli? Allora questa storia fa per voi, visto che il professore in questione non sa nemmeno che la ragazza con cui ha a che fare sia una sua alunna e non ha per nulla intenzioni "serie"...
"Mi... Mi stai incoraggiando a...".
"Ad uscirci, sì".
Trudy sembra aver assimilato subito e fin troppo in fretta la notizia, in un modo che mi lascia alquanto scioccata. Sembra crederci più di me, quasi quasi. "Sai come si dice in questi casi?".
"Sei fottuta?" suggerisco, melodrammatica come sempre.
"No. "Fake it until you make it"! Fingi! Fingi fino a credere sul serio di non essere una sua alunna e il gioco è fatto, no?".
Da una parte, il discorso della mia amica ha un minimo di senso, dall'altro sono troppo spaventata perchè, per la prima volta in vita mia, rischio di iniziare un cammino caratterizzato dal proibito e ho paura di scottarmi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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os

No, non ho deciso di continuare la storia e non sono
nemmeno impazzita...xD
Questa è semplicemente una OS che conclude definitivamente la
storia e che avevo in mente da un po’.
L’ho postata qui per fare in modo che chi seguiva la ff
potesse essere in grado di sapere che c’è un altro piccolo
 capitoletto da leggere :D

Buona lettura :)

 


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"E quindi, dobbiamo usare il "Present Progressive" quando...".

"Prof?".

"Dimmi, Carlo".

"Posso andare in bagno?".

Alzo gli occhi al cielo, come faccio ogni volta che vengo interrotta per una cosa futile mentre sto spiegando, mentre nell'aula si diffonde qualche risatina.

"Sì, ma dopo fai qualche esercizio alla lavagna, non è possibile che ogni volta che spiego senti l'urgenza di andare in bagno! Ti stimolo la vescica, per caso?".

Carlo si alza, ridacchiando, e mi fa l'occhiolino in un modo che probabilmente lo fa sentire sexy nei confronti della sua professoressa ventisettenne.

"Oh, prof, lei mi stimola tante cose!" esclama, per poi scappare fuori dall'aula e lasciando la classe ilare per la sua ultima affermazione.

"E tra questa c'è di sicuro la tua maleducazione!" gli urlo dietro, sforzandomi di non arrossire. "Sul serio, ragazzi, siete assurdi! Ai miei tempi non avrei mai osato rivolgermi così ad un'insegnante!".

"Ai suoi tempi?" domanda Paola, seduta come sempre al primo banco e con il solito tono rispettoso ma curioso. "Meno di dieci anni fa, intende, giusto?".

Annuisco, sedendomi sulla cattedra. "Sì, ma non c'entra...".

"E' perché lei è giovanissima! Mia sorella è più vecchia di lei, sa? Voglio dire, lei è buona, ci sprona sempre ad essere onesti, a spiegarle perché non abbiamo studiato senza inventare bugie, quindi non la vediamo come una minaccia" spiega Claudia, con lo sguardo quasi celato dalla frangia di un rosso fuoco e ottenendo l'approvazione di più di metà classe, che annuisce o fa versi di assenso.

Sorrido, dimenticando le parole impertinenti di Carlo, e scrollo le spalle mentre guardo i miei ventuno alunni della II B, che da circa sei mesi rappresentano uno dei motivi per cui mi sveglio la mattina, desiderosa di dare il massimo per insegnare loro qualcosa che non dimenticheranno nel giro di poco.

"Siete fortunati, avrei tanto voluto anche io un'insegnante così!" ironizzo, scatenando qualche risata.

"Ma dai, prof! Ha avuto come prof il suo fidanzato, che è stupendo!" esclama Giorgia, con la sua solita voce petulante.

"E' vero! Non si può lamentare!".

"Ragazze! Sapevo di non dovervi raccontare nulla della mia vita privata! Ed ora, su, torniamo al "Present Progressive"!" cambio argomento, ma allo stesso tempo ricordando quel piovoso giorno di ottobre in cui, all'uscita, mezza classe mi aveva visto correre in direzione di Leo che mi aveva fatto una sorpresa facendosi trovare fuori scuola, visto che lui insegna ancora a Napoli mentre io sono stata chiamata per un anno di supplenza a Roma.

Vista la situazione nell'ambito dell'insegnamento, non ho potuto rifiutare quest'incarico annuale e sono costretta a fare la tratta Roma-Napoli ogni fine-settimana due volte al mese, perchè le altre due è Leo che viene a trovarmi.

Sarebbe tutto più semplice se potessi permettermi di pagare un treno Freccia Argento ogni giorno, visto che impiegherei meno di un'ora per giungere a scuola da Napoli, ma purtroppo sono una semplice prof squattrinata da circa due anni e devo accontentarmi, perché sono stata io a scegliere questa strada dopo la specialistica.

Carlo torna in classe, questa volta a testa bassa, memore della sua battutaccia, ma è costretto a fermarsi e a fare marcia indietro dopo il mio: "Ehi, Carlo, l'esercizio, ricordi?".

Rassegnato, mi si avvicina, in attesa di fare la sua solita figuraccia che verrà attenuata solo quando mi applicherò nel spiegargli la regola per bene, in modo semplicissimo.

Qualcuno ridacchia, Silvia - che ha una cotta per Carlo - si prepara nel caso in cui lui abbia bisogno di un suggerimento, ed io mi sento fortunata perché mi sento a casa nonostante sia a lavoro.

 

 

"Sono stanchissima! Dimmi, come facevamo ad uscire il sabato e a tornare tardissimo a casa?".

"Eravamo giovani".

Come se fossi a casa mia, mi stendo sul divano di casa Bellofiore e mi perdo in uno sbadiglio infinito, annuendo alle parole della mia vecchia amica Trudy.

Riesco a trovare la forza di rialzarmi dopo qualche minuto, mettendomi a sedere, ma lascio che una nota di disappunto mi si dipinga in faccia quando vedo la figura della ragazza incinta che mi è di fronte che si dà da fare davanti lo schermo del computer, con una concentrazione massima.

"E' quasi sabato sera, potresti smettere! Devi riposarti un po', sai?" esclamo.

Sbuffando, Trudy si volta verso di me, esasperata.

"Per favore, almeno tu potresti smetterla di dirmelo?".

"Ma è vero! Aspetti un bambino, dovresti...".

"Cosa, dimmi? Guardare il soffitto per i prossimi tre mesi invece di portare a termine la traduzione di questo bellissimo romanzo, grazie a cui otterrò, finalmente, un pagamento decente dopo anni?".

Mi mordo il labbro inferiore, pensando che, tuttavia, anche io al posto suo farei lo stesso.

Ma io non mi sono sposata a ventisei anni, non ho provato a fare un figlio subito dopo e non ho scelto di lavorare come traduttrice letteraria per il momento, in modo da stare di più a casa e poter accudire mio figlio quando nascerà.

"Almeno vedrai uno stipendio decente. Odio dare via quasi la metà del mio per l'affitto di quel buco in cui vivo" cambio argomento.

"Non puoi lamentarti, Lena! C'è chi pagherebbe oro per stare al posto tuo! Tipo io" ammette, sorridendo tristemente.

Mi fa tenerezza ora che ha il viso più paffuto che mai e il ventre piacevolmente arrotondato dalla presenza di sua figlia, che si chiamerà Lara.

"Perchè dici così? E poi, scusa, chi ti dice che non vorrei essere io al tuo posto?".

"Il semplice fatto che ormai non fai altro che parlarmi dei tuoi alunni e di quello che fanno. Mi sembra di conoscerli!".

Scrollo le spalle, mentre prendo posto su una sedia di fronte a lei e noto con piacere che sembra essersi distratta dal suo lavoro.

"Comunque, sì, non dobbiamo lamentarci, basta pensare a chi non lavora".

"E a chi sta a casa ad aspettare il marito che torna da lavoro, senza fare nulla" aggiunge lei, per poi alzarsi, avvicinarsi alla dispensa ed estrarne dei biscotti con scaglie di cioccolato.

"Mmmh, parli di Elisabetta?" ridacchio, rinvigorita dall'inizio del nostro "Spetteguless" settimanale.

"Sì. E' confermato, ha sposato un quarantenne pieno di soldi che le consente di avere borse lussuose e abiti firmati da indossare alle sue noiose cene di lavoro" spiega Trudy, scegliendo una sedia più vicina alla mia e porgendomi i biscotti.

"Contenta lei... Fatto sta che mi ha più sorpreso Germana" osservo, addentando una di quelle delizie.

"Sì... Quella cena di Capodanno è stata sconvolgente! Che scoop!".

‘Lo scoop di Capodanno’, come lo chiamiamo noi, non è altro che una scena assurda, mitica, in cui io e lei ci avviamo con Leo e Davide in un noto ristorante di Napoli per il cenone e aspettiamo Dario che aveva promesso di portare la sua nuova ragazza - dopo mesi di segreta frequentazione -, salvo poi ritrovarci una Germana più bionda, dispiaciuta e soprattutto timida che mai.

Personalmente, aspettavo che qualcuno se ne uscisse con la frase: "Siete su "Scherzi a Parte!"", ma nel momento in cui ciò non è successo, come precauzione ho passato la sera appiccicata a Leo, arrivando a scortare la suddetta Germana quando ha annunciato di dover andare in bagno subito dopo di lui.

So di aver esagerato, ma la storia mi ha insegnato che non si è mai prudenti abbastanza in questi casi, no?

"Ma Dario è felice ora, è questo che conta. Sai, iniziavo a credere che non riuscisse a farsi piacere qualcuno sul serio, dopo di te".

"Basta che sia felice ora con la mia nemesi" ironizzo.

"Nemesi, sì... Intanto siete uscite entrambe con Dario e Leo".

"Ah ah ah. Non continuo per rispetto per Lara, non vorrei che si dicesse che zia Lena le fa sentire le parolacce...".

Tuttavia, le accarezzo la pancia, e sento dei lievi calci. "Mi ha sentito!" esclamo, emozionata.

Trudy contrae un po' la faccia per i colpi, ma poi mi sorride. "Vorresti essere la sua madrina?" chiede tutto d'un fiato. "So che la sorella di Davide e mia sorella mi odieranno per averle snobbate ma...".

"Sei seria? Oh mio Dio, cioè, sì!" esclamo, sentendo una grandissima esplosione di gioia ed emozione contrarsi nel mio stomaco.

Abbraccio la mia amica, felicissima, proprio mentre due uomini - i nostri due uomini - entrano nella stanza.

"Ehi, ragazze, che combinate?" chiede Davide, nella sua migliore versione da sabato sera, con tuta e pantofole.

"Sono l'unico a cui puoi urlare "sì", tesoro" mi ricorda Leo, facendomi l'occhiolino.

"E a quale domanda? "Mi passi il pane, please?"" lo prende in giro Trudy, ma con uno strano sorriso.

"Scemi! Trudy mi ha appena chiesto di essere la madrina di Lara" spiego, entusiasta.

Si genera un coro di "Oh" e "Wow!", specialmente da parte di Davide che guarda sua moglie come a dire: "Non ne sapevo nulla!".

"Gliel'ho chiesto appena mi è venuto in mente, Lara ha scalciato mentre Lena parlava di lei!" spiega Trudy.

"Ottima scelta, amore" approva quindi l'uomo, per poi abbracciarmi con calore.

"Bene, andiamo?" chiede poi Leo, guardando l'orologio da polso.

"Sì. Sicuri di non voler venire?" domando, ripetendo la domanda formulata già un paio di ore fa, quando io e Leo siamo arrivati a casa loro per la nostra visita settimanale, visto che ora il lavoro ci ha separato.

“No, davvero, stasera ci aspetta una buona pizza a domicilio con mio fratello che ci presenterà la sua ragazza” risponde Davide.

“Sì. Spero sia grassa, così non mi sentirò brutta e vecchia” aggiunge Trudy, con il suo sorrisino furbo che non è cambiato affatto da quando ci conosciamo.

Rido, mentre indosso la giacca e prendo la borsa.

“Ehi, sei la mia migliore amica! Quindi sei automaticamente il top del top!”.

“Veramente è il contrario, comunque... Divertevi!”.

Qualche altra chiacchiera e risata dopo, io e Leo ci ritroviamo nella sua auto, dopo essere stati avvolti da un’ondata di freddo, una di quelle tipiche che hanno luogo a marzo prima dell’inizio della primavera.

“Brrrr” esclamo, strofinando le mani sulle braccia nonostante siano coperte dalla giacca. “Accendi il riscaldamento?”.

Leo si toglie i guanti per poter guidare, per poi fissarmi.

“Potrei. Ma se ti riscaldassi io?” chiede, facendo l’occhiolino e mordendosi il labbro inferiore mentre si volta verso di me e avvicina il suo viso al mio.

“Mi hai riscaldato circa tre ore fa, appena ho messo piede nel tuo appartamento, ricordi?” rispondo, tuttavia stando al gioco e piegando il mio volto verso destra, per accogliere un eventuale bacio.

Annuisce, appoggiando una mano sulla mia guancia e avvicinandosi ancora di più, fino a riuscire a sfiorare le sue labbra contro le mie. “Sì, ma il nostro weekend sta già scivolando via e visto che non è previsto un aumento delle temperature voglio riscaldarti il più possibile, in modo da non farti sentire freddo per tutta la prossima settimana...” sussurra, labbra contro labbra, occhi negli occhi.

“Beh, in questo caso...” mormoro, chiudendo gli occhi, “Chi sono io per impedirti di compiere un gesto così nobile?”.

Ho appena il tempo di finire di pronunciare la frase che sento la sua presa su di me aumentare, prima di avvertire l’inizio del nostro bacio, che di dolce o sentimentale non ha proprio nulla.

Non mi dispiace affatto, con Leo è così: abbiamo passato quasi metà della nostra relazione in città diverse, a causa degli impegni lavorativi, e quindi ogni volta che abbiamo la possibilità di stare insieme viviamo l’attimo secondo dopo secondo, con passione e gioia, perché sappiamo che nel giro di poco la vita porrà tra di noi una distanza di almeno cinquanta chilometri.

“Andiamo a casa...?” domando, avvertendo l’inizio del cambio di temperatura che potrebbe generarsi da un momento all’altro se non ci fermiamo.

Lui, perdendosi prima qualche istante a depositare baci roventi sul mio collo, si separa di malavoglia e mi guarda in modo malandrino.

“No... Rimaremmo fedeli al nostro piano...” dice, per poi separarsi con mio sommo disappunto e mettere in moto l’auto.

“Eh? Andare in un locale a cenare?” chiedo, senza capire.

“Sì”.

“Ok... Ma non aspettarti nessun riscaldamento, quando torneremo a casa” sbuffo, contrariata.

“No, non me lo aspetterò... Perché mi riascalderai prima...”.

“Leo, ma che hai in mente...?”.

Sorride beffardo senza dire nulla, cosa che mi causa il mio solito broncio tipico di quando vengo esclusa da qualcosa e non capisco cosa stia accadendo.

 

Circa dieci minuti dopo, con mio sommo stupore, ci ritroviamo davanti al “Magic Trick”, il locale in cui ci siamo parlati per la prima volta.

“Perché siamo qui?” domando, senza capire. “Non volevi provare il panino speciale del nuovo pub a Corso Umberto?”.

Senza rispondere mi prende per mano e mi trascina nel caos del locale causato dal momento della settimana.

Gente che balla, clienti al bancone, tre impiegate dietro il bancone dei drink...

Non è cambiato nulla negli ultimi due anni, da quando vi ho messo piede l’ultima volta.

Non so come sia possibile, ma Pamela e Gina mi notano quasi subito dopo il nostro ingresso e mi fanno segno di avvicinarmi.

Sono le colleghe che hanno iniziato a lavorare qui circa due mesi prima che mi licenziassi, e spesso ci sentiamo anche se non ci vedevamo da almeno sei mesi.

“Vai, vai” dice Leo, indicando il bancone.

Così mi avvicino alle ragazze, abbracciandole per quel che posso attraverso il bancone.

“Aspetta, vieni qui dietro come i vecchi tempi, dai!” ridacchia entusiasta Pamela, il volto incorniciato da una serie di riccioli rossi pieno di felicità.

“Sì, ci sei mancata!” concorda Gina, abbracciandomi ancora.

Obbedisco, ritrovandomi dall’altra parte del bancone dopo secoli e ricordando quanto fosse diverso il resto del mondo visto da quella prospettiva.

Noto che anche Leo si è seduto su uno degli sgabelli vicino al bancone, e mima “Birra!”.

Scuoto il capo, senza sapere cosa dire per l’assurdità di quella situazione, per poi annuire.

“Che combinate senza di me, comunque?” chiedo allegramente.

“Solite cose...” replica Gina, mentre prepara un cocktail.

“Io mi laureo il prossimo mese!” dice invece Pamela, fiera. “Spero di trovare subito lavoro, altrimenti marcirò qui”.

“Ma sì, dai! Lavorare qui porta fortuna alle neo laureate!”.

“Eh, così mi abbandoni anche tu, Pam” brontola Gina, per poi servire un drink.

“Comunque il mio ragazzo prende una birra” dico.

“E tu che prendi?”.

“Un Martini Rosato... Magari con delle patatine, grazie”.

“Solo che devi aspettare il tuo turno, ragazza” mi rimbrotta scherzosamente Pamela.

“Lo so che è una scusa per avermi di nuovo qui con voi!”.

Non so per quanto tempo chiacchieriamo mentre sono impegnate nel svolgere il loro lavoro, ma dopo circa mezz’ora giunge il turno del mio drink, mentre la folla dietro al bancone è corposamente diminuita grazie allo spostarsi di quasi tutti nella pista da ballo.

“La tua birra, scemo” esclamo, poggiando l’Heineken sul bancone e stappandola con una finta aria professionale, frutto di circa sei anni di lavoro in questo locale.

“Thanks, love” risponde.

Quando fa l’americano non riesce a non farsi amare sempre di più, perché mi ricorda l’inizio della nostra relazione, quando non riusciva a ficcare almeno una parola in inglese in un discorso e la sua pronuncia era differente.

Ora di tutto ciò è rimasto solo un lieve accento americano che spero non sparisca mai, anche se spesso iniziamo a parlare in inglese senza un motivo preciso.

“You’re welcome, honey” replico, facendogli l’occhiolino.

“Ed ecco il tuo drink” aggiunge Pamela, porgendomi un bel calice di liquido rossastro con due cannucce nere.

“Grazie, cara” replico, per poi vederla allontanarsi in direzione di un altro cliente.

Leo sorseggia la sua birra, ed io inizio a bere il Martini, pensando da quanto tempo non ne beva uno vista la vita piuttosto economica che sono costretta a condurre visti il poco guadagno che mi spetta dopo aver pagato l’affitto ogni mese.

“Guardaci... In questo locale, io che ordino una birra e tu dall’altra parte che me la porti... Esattamente cinque anni dopo il nostro primo incontro...” replica il mio ragazzo, parlando lentamente e quasi facendomi strozzare mentre bevo, parola dopo parola.

“Accipicchia! Sì! E’ il dodici marzo, il giorno in cui prendesti due birre, i cornetti e... Oh, sono una fidanzata orribile!” esclamo, mortificata.

Di solito, in una relazione, è la donna che tende a ricordare ogni avversario, ogni avvenimento importante, mentre io, quest’anno l’ho totalmente rimosso.

“Scusami, non sapevo che giorno fosse e... Ed è una cosa assurda, visto che ieri ho scritto la data sul registro e... Oh, dove ho la testa?!”.

Presa dalla frustrazione, colpisco il bancone con un pugno, colpendo anche il bicchiere a tal punto da farlo cadere.

Per fortuna è di plastica, quindi non si rompe, ma quasi tutto il contenuto scivola sul bancone.

Quasi tutto.

“Ecco, lo sapevo, sono un’imbranata cronica e... Eh?!”.

Quando rialzo il bicchiere, vedo che c’è una cosa dentro, che prima non avevo avuto modo di vedere viste le luci scure del locale e la presenza della bibita.

Sicura di non aver visto bene, lo afferro, portandolo vicino a me e scoprendo di aver visto bene precedentemente.

“Ma cos...? Deve essere caduto a  Pamela, non c’è altra spiegazione...” biascico, deglutendo.

“No, non le è caduto niente. Le ho chiesto io di fare questo” risponde Leo, con la voce leggermente mozzata dall’emozione, mentre estrae un anello dal fondo del bicchiere e me lo porge.

In uno stato decisamente confusionale, batto numerose volte le palpebre, sentendo improvvisamente la gola arida e le gambe tremarmi.

Non so come nè perché, ma davanti ai miei occhi inizio a vedere una serie di spezzoni di numerosi momenti trascorsi insieme.

Lui che mi chiede di portargli un “woo-woo” ed io che ammetto di non conoscerlo, lui che si presenta alle quattro del mattino con cornetti e birre dopo aver aspettato la fine del mio turno per cinque ore, i fraintendimenti tramite sms prima del nostro appuntamento, il “non-ho-mai” che ha condotto al nostro primo bacio, il suo farmi sentire più sicura, l’esame di letteratura inglese che ha smascherato le mie bugie, il viaggio a Londra...

Cinque anni in un secondo, che mi portano qui, in questo bar, dietro un bancone, come all’inizio di tutto, ma questa volta con un anello a pochi centimetri da me.

“Leo...?” chiedo semplicemente.

“Ho iniziato a pensare a questo momento da quando ti sei trasferita a Roma, quando la tua mancanza ha iniziato a farsi sentire sempre di più. Ho capito che voglio vivere sempre con te, qualunque cosa accada, perché gli ultimi cinque anni mi hanno reso un uomo migliore. Io... Damn! Avevo preparato un discorso perfetto ma non ricordo nulla!”.

Entrambi ci lasciamo scappare una risatina nervosa, in sintonia anche in un momento del genere.

“E poi... Sarà l’età a parlare, non lo so, ho quasi trentacinque anni, baby, e temo che se non mi muovo in fretta, mano a mano che si avvicineranno i miei quarant’anni non mi vorrai più. Quindi... Lena Inverno, will you marry me?” chiede, inginocchiandosi in modo da scomparire alla mia vista.

Io dietro quel famoso bancone e lui inginocchiato dall’altra parte, con un anello in mano, mentre cinque fa faceva di tutto pur di convincermi a dargli il suo numero.

Senza capirci più nulla, così, sento la mia voce interiore che mi intima di andarmene da quel bancone, così esco da lì dietro per poi trovarmi di fronte a lui, che mi sorride speranzoso.

Lo fisso, scombussolata, enigmatica, e vedo una lieve paura farsi strada nel suo sguardo, quello sguardo che tanto amo e che sa come consolarmi nei momenti più tristi.

Alla fine, stentando a credere che tutto ciò sia vero – perché, sì, per me Leo non avrebbe mai fatto un gesto così romantico in un posto super affollato – annuisco, vedendo finalmente il suo volto rilassarsi.

Yes, I will” rispondo, con la voce tremante.

Gli attimi che si susseguono sono super caotici, tanto da non farmi comprendere molto: lui che, felicissimo ed emozionato, impiega qualche secondo in più per infilarmi l’anello al dito, per poi abbracciarmi, quasi sollevandomi dal pavimento, e baciarmi.

“Olèè! Siamo delle Cupido fenomenali, missione compiuta!” urlano le mie ex colleghe, mandandomi dei baci da lontano.

Un coro di “Auguri!” e “Congratulazioni!” si leva attorno alle nostre figure ancora abbracciate, simbolo del fatto che il piano di Leo non sia passato inosservato.

“E’... E’ stato dolcissimo, non ho parole!” esclamo, emozionatissima, sforzandomi di non far sì che le lacrime prendano il sopravvento.

“Non per vantarmi, ma non ho speso molto tempo ad architettare tutto... Ci sposiamo!” urla lui, stringendomi di nuovo a sè.

Annuisco, per poi prenderlo per mano e conducendolo in una zona più riservata, nel corridoio che conduce ai bagni.

“Ci sposiamo, sì!” ripeto. “Ma... Leo, come faremo? Tu insegni qui, io non so se verrò richiamata a Roma, non sono ancora di ruolo, dove prenderemo casa...?”.

“Ci ho pensato, amore. Troveremo una soluzione, come abbiamo sempre fatto sin dall’inizio. Voglio dire, all’inizio la nostra relazione era proibita, ricordi? Eppure ce l’abbiamo fatta, ho ottenuto il lavoro in un’altra università e siamo arrivati fin qui... Mi basta sapere che vuoi sposarmi, il resto lo organizziamo mano a mano. Ma deve succedere entro un anno, eh, prima che io inizi la corsa verso la seconda metà dei trenta che mi porterà ai quaranta!” ironizza, stringendo la mia mano nella sua.

“Che vecchiaccio autoritario e antipatico!” commento.

Guardo l’anello sul mio anulare, incredula, per poi alzare lo sguardo su colui che da anni per me è l’amore della mia vita, quello che arriva quando la tua vita va a rotoli e riesce a renderti una persona migliore nonostante i tuoi errori.

“Dimmi, Trudy e company lo sanno?” chiedo, sospettosa.

“Beh, sì. Trudy l’ha intutito subito, perché si è insospettita quando ho iniziato a uscire spesso con Davide e... E quella pazza ci ha seguiti! Quando ha visto che siamo entrati in una gioielleria è entrata a sua volta e ha iniziato a sclerare, dicendo che era ora e... E ha incolpato gli ormoni della gravidanza...E nel giro di poco l’ha spifferato a Dario e anche a Germana...”.

Inizio a ridere come una scena immaginando la scena, ma chiedendomi allo stesso tempo come diavolo abbia fatto la mia amica a tenere la bocca chiusa.

“Allora facciamoglielo sapere, che dici?” propongo.

Annuisce. “Li chiamiamo?”.

Scuoto il capo, estraendo il cellulare dalla tasca e fotografando le nostre mani unite, in modo da far risaltare l’anello. Invio la foto a Trudy e a Lisa, felice, e poi guardo il mio futuro marito con aria ammiccante.

“Sbaglio o eravamo venuti qui per riscaldarci...?” chiedo.

Lui sgrana gli occhi, stupito.

“Davvero vuoi... Nei bagni?!” domanda, esterrefatto.

“Ma no, scemo! Non ho lavorato qui sei anni per nulla, conosco anche i luoghi più reconditi...” sussurro contro il suo orecchio, trascinandolo poi in uno sgabuzzino popolato dai vecchi divanetti che il padrone del locale non ha ancora buttato, insieme ad alcune sedie e tavolini.

“Se è questo l’effetto, avrei preferito regalarti un anello tanto tempo fa...!” esclama Leo, compiaciuto, mentre si guarda attorno stupefatto.

Non lo ascolto, gettandogli le braccia al collo. “Ti amo” dico seriamente.

“Ti amo anche io, Lena, non sai quanto. E se vorrai farmi sorprese del genere” – qui indica la stanza che ci circonda –“ Durante il resto del tempo che passeremo insieme, beh, sappi che mi troverai sempre d’accordo!”.

“Sbruffone!”.

“Sì, ma uno sbruffone con cui passerai il resto della tua vita...”.

“Amo queste minacce...”.

“Ricorda che ce la faremo, amore, troveremo una soluzione a tutto... E, dopotutto, domani è un altro giorno”.

“Quando ci siamo messi insieme hai citato i Coldplay, ora Rossella O’Hara...”.

Mi fissa, per poi ridere, mentre si toglie a sua volta la giacca e, non so con quale movimento, riesce a farmi trovare stesa su uno dei divanetti con la camicetta semi sbottonata.

“Francamente, me ne infischio!”.

Sì, ce ne infischieremo di tutto e di tutti, della distanza, dei problemi, perché sappiamo che ce la caveremo, insieme, come abbiamo sempre fatto.

 

 

Nel frattempo, a circa due chilometri di distanza...

 

“Grazie per aver portato i dolci, Lisa, non ho avuto il tempo di prepararne uno”.

“Scherzi? E’ già molto che tu ci abbia invitati qui, stasera, dopo ti aiutiamo a sistemare...”.

“L’aiuterai, semmai, io e Dario abbiamo da fare”.

Lisa si volta verso Germana, guardandola con uno sguardo di sufficienza che rasenta il biasimo.

“Che amica d’oro. Mi hanno sempre detto quanto fossi antipatica, ma non credevo fino a questo punto”.

Prima che Germana possa ribattere, Trudy si intromette, frapponendosi tra le due.

“Lisa, Germana dimostra così il suo affetto, lo imparerai” sentenzia. “E tu, Germana... Giuro che quando capiterà a te di essere così grossa come una balena, io... Io verrò di nascosto a casa tua, metterò tutto in disordine e poi toccherà a te capire quando sia difficile sistemare in queste condizioni”.

“Ma lei è già grossa come una balena” osserva Lisa, con tanto di linguaccia impertinente.

“No, sei tu che sei un grissino senza tette e...”.

“Ragazze, basta, per favore” si intromette Dario, che fino a qualche istante prima stava mostrando a Davide le mille funzioni del suo nuovo cellulare.

“Dario ha ragione! Siamo qui per un motivo ben preciso, ricordate?” lo supporta Davide.

“Sì. Scoprire chi di noi ha vinto la scommessa! Preparate la mia banconota da cinquanta euro!” esclama Germana, battendo le mani.

Tutti la fissano, increduli.

“Tu credi di aver vinto la scommessa?” domanda il suo ragazzo, senza parole.

“Certo!”.

“Tesoro, dovrei forse ricordarti che hai scommesso...”.

“...Che Lena ha rischiato di bere l’anello insieme al resto del drink e di conseguenza la magia della proposta è scomparsa? Lo ricordo perfettamente. Sono realista, gente, e vincerò la scommessa” dichiara, levando un braccio in aria per indicare un segno di vittoria.

“Io mi sento un po’ in colpa. Voglio dire, organizzare una cena mentre aspettiamo l’esito mi sembra una cosa un po’ meschina” mormora Trudy.

“Ma dai! Rideranno quando lo sapranno, fidati” dichiara Lisa.

“Sì, hai ragione, Lisa... E poi saranno così felici da fregarsene di tutto il resto” l’appoggia Dario.

“Giuro che quando ci siamo messi insieme non era così scemo” dice Germana, tuttavia mandando un bacio in risposta all’occhiata di rimprovero del suo ragazzo.

La conversazione, però, viene interrotta da due suonerie differenti: un “Biiip” e una sorta di fischio che indicano l’arrivo di un sms.

Trudy e Lisa spalancano gli occhi, comprendendo già di cosa possa trattarsi visto che hanno ricevuto contemporaneamente lo stesso messaggio, e iniziano una goffa corsa per riuscire a recuperare i loro telefoni.

“La borsaaa!” urla trepidante Lisa, rischiando di cadere a causa dei tacchi che fanno parte del suo tailleur da avvocato, che non ha avuto modo di togliere visto che ha fatto tardi in ufficio.

Trudy, invece, si avvia a passo svelto verso il davanzale della finestra, dove ha appoggiato il suo Samsung per avere una ricezione migliore.

“Non lo trovo... Trudy, non osare leggere prima di meee!” continua ad urlare Lisa, rossa in volto, con i capelli biondi svolazzanti che sembrano più voluminosi che mai.

Il resto del gruppo le guarda tra l’ansioso e il divertito, tuttavia senza dire nulla.

“Ecco, ecco, l’ho trovato!”.

“Finalmente!”.

“Al mio tre...!”.

“Uno, due...”.

“Treee!”.

Si precipitano a cliccare sulla notifica di Whatsapp, con gli altri tre che sbirciano anziosi alle loro spalle.

C’è un’immagine, che però impiega dei secondi per caricare e mostrarsi.

“Idiota, muoviti!” sbraita Trudy.

Il primo a mostrare la foto delle due mani di cui una indossa l’anello è quello di Lisa, e ciò ovviamente scatena la gioia di tutti.

Poi, spunta anche un vero e proprio messaggio:

Lo so che sapete tutto!

Ho rovesciato il drink senza volerlo e ho visto l’anello...

E Leo ha dimenticato il discorso e ne ha improvvisato un altro ma l’importante è che...

CI SPOSIAMO!

 

“Ho vinto io, ho vinto io!” esclama Davide, vittorioso. “Lo sapevo, ha! Un’imbranata come Lena non poteva smentirsi in un’occasione del genere, e sapevo che Leo non avrebbe ricordato un’acca del discorso!”.

Agita le braccia in aria, come se l’Italia avesse appena vinto i mondiali, mentre la moglie lo guarda male.

“Dovevo vincere io! Voglio dire, vedere l’anello prima di bere era la cosa più probabile...”.

“Ma parliamo di quell’imbranata di Lena, dai. Io credevo che se ne sarebbe accorta solo verso la fine...” dice dispiaciuta Lisa, sospirando.

“Sì, ma la mia era la più probabile! Non accorgersene proprio dopo aver bevuto tutto il drink, visto che non beve da secoli e non è più brava nel reggere l’alcool” sbuffa Dario, incrociando le braccia.

“Gente, posate i cinquanta, anche un assegno va bene, ahah!” esclama Davide, questa volta improvvisando una specie di balletto.

“Dai, l’importante è che si sposino” ricorda Lisa, scrollando le spalle.

“Ho una nuova scommessa: chi sceglieranno come testimoni?” domanda Germana, con aria furba.

Ovviamente, la domanda solleva un polverone tale da generare un’allegra discussione, che avrà la sua fine solo cinque mesi dopo, quando Lena rivelerà di aver scelto Trudy e Dario, delegando Lisa e Germana come damigelle, e Leo di aver scelto sua sorella e il marito.

Sanno bene che alla fine la vita non può essere programmata e calcolata con una scommessa, ma finchè saranno tutti insieme, questo sarà il loro modo per scherzare su un’unione un po’ fuori dal comune, su cui nessuno, all’inizio, avrebbe mai scommesso.

 

*°*°*

Milly’s Corner

E dopo quasi cinque mesi eccomi qui, decisa a fornire un’ulteriore finale a “Fingi fino a crederci”, la fanfiction che mi ha accompagnato durante un periodo particolare, di crescita, e a cui devo molto.

Sono felice di aver avuto finalmente del tempo per concludere questa OS, che avevo iniziato già alcune settimane fa, e spero che tutti coloro che hanno seguito la storia abbiano voglia di dare anche solo un’occhiata.

E’ una gioia per me essere qui dopo mesi e mesi, visto che purtroppo la vita”reale” ha avuto il sopravvento a causa di mille cose da fare e studiare, ma sono felice di constatare che, alla fine, Efp rappresenterà sempre un po’ la mia seconda casa.

Per ora mi tocca tornare al “silenzio tombale” degli ultimi mesi visto la mia laurea imminente, ma se riuscirò tornerò verso marzo con una nuova storia, nel caso interessasse a qualcuno.

Spero vi sia piaciuta questa piccola OS, fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!

Un bacione,

milly92.

  
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