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Autore: variopintadite    26/10/2014    3 recensioni
Mi prese la mano stretta a pugno e cercò di farmi allentare la presa. Riluttante, smisi di opporre resistenza. – Stai tremando – constatò guardandola. Mi accarezzò le dita. Le portò alle labbra, baciandomi le nocche.
- Chissene frega – risposi, con la voce rotta.
- Frega a me.

***
- Sono fidanzata.
Era una mezza verità… non stavo mentendo, in fin dei conti.
- Pessima idea – rise sulla mia bocca. Non sapevo se fossero tre o quattro millimetri quelli che ci dividevano.
- Perché? – chiesi, come fanno i bambini curiosi di capire il mondo. Con parsimonia recuperavo il poco ossigeno che era avanzato nella stanza. Lo stavamo consumando a furia di sospiri.
Il malefico dito si intrufolò nei miei slip, ma rimase lì, come una promessa o una tortura. Questo ancora non sapevo decretarlo. – Perché, - esalò con voce roca – ora posso baciarti.
Andai a sbattere con la testa contro il muro a causa della sorpresa. – No… non posso. Io sono impegnata.
- Impegnata a farti fare preliminari da me? – soggiunse, lasciandomi un lieve bacio sul mento.

***
ATTENZIONE: il linguaggio è prettamente volgare.
PRIMI CAPITOLI IN REVISIONE!
Genere: Commedia, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo 1

Il corridoio fu subito gremito di studenti non appena il familiare rintocco della campanella iniziò a trillare, facendo smuovere l’orda di persone stanziate nelle pertinenze scolastiche a fumare qualche sigaretta.

Probabilmente se mi fossi fatta coinvolgere nel giro alle medie, quando Alan gentilmente faceva fare un tiro un po’ a tutti, avrei potuto essere notata dagli altri, solo che la probabilità di beccarmi un cancro ai polmoni non era nei miei piani futuri. Per evitare quindi di farne una dipendenza, rifiutai garbatamente l’offerta.

Quando il suono fastidioso raggiunse le mie orecchie, chiusi con un tonfo il mio armadietto verde vomito per poi dirigermi nella classe di Mrs Keogh. Avevo la bellezza di avere lezione di storia alla prima ora, ma finché studiavo non era un gran problema.
Mi persi in pensieri incentrati su mia madre mentre mi facevo spazio verso l’aula. Distratta com’ero non mi accorsi verso cosa, o meglio chi, mi scontrai. L’impatto fu quasi tragico: la mia fronte si spiaccicò contro qualcosa di caldo e solido. Per una frazione di secondo formulai l’ipotesi di un seno sodo, molto sodo, ma la rifiutai immediatamente perché lo era fin troppo. Nemmeno due meloni finti avrebbero potuto fare a concorrenza con quella compattezza.  
Con coraggio alzai il mio viso facendo congiungere il mio sguardo con quello del Ragazzo Petto Solido.
Spiazzata dalla sua bellezza, divenni paonazza e per non fargli accorgere della cosa, mi chinai per raccogliere il libro, il quaderno e l’astuccio cilindrico.
Devo ammettere che più che cilindrico, si avvicinava a una forma fallica, ma credo non faccia poi così tanta differenza.
- Ti aiuto – disse premuroso. O meglio, me lo immaginai. Tutte si sognerebbero che un ragazzo, oltre ad esser carino si comporti da gentiluomo.
In realtà mi strizzò l’occhio dopo aver studiato il mio astuccio - a questo punto - decisamente fallico.
Feci finta di non aver colto il doppio senso e procedetti per la mia strada con calma e superiorità.
Nel frattempo vidi apparire dal nulla il bidello, Ghost lo chiamavano tutti, e pensai che fossero le solite sciocchezze inventate, ma dopo quell’apparizione mi ricredetti. Cacciai un urlo, agghiacciata.
- Non dovresti essere in classe? – chiese lugubremente, facendo un ghigno.
Sentii il cuore battere all’impazzata mentre cercavo di non farmi prendere dal panico.
- Io… io… - tentai di spiccicare parola, di inventarmi qualcosa, ma il fatto era che volevo darmela a gambe levate. Quel tipo era inquietante da far rizzare i peli delle braccia.
L’uomo fece un passo verso di me.
Girai i tacchi e corsi al secondo piano. Inizialmente percepivo il respiro affannoso del maniaco, ma poi lo superai. Trionfante mi godetti la vittoria che fu breve e senza testimoni.Piegata in due dalla fatica, mi arrestai davanti alla porta. Dopo aver ripreso fiato portai le nocche sul battente di legno producendo due bussate ben distinte.
- Sì? – udii all’interno Mrs Keogh.
Aprii la porta, sentendomi al posto giusto nel momento sbagliato.
La Keogh stava interrogando e dal suo sguardo non era difficile intuire che la ragazza non aveva aperto libro. Povera Georgia, era stata presa di mira sin dal primo giorno. Forse la professoressa odiava le ragazze alte, essendo lei  una nana da giardino.
- Oh, fantastico. Oggi vi siete messi d’accordo per arrivare in ritardo? – si girò verso gli altri che abbassarono il capo per evitare lo sguardo omicida – Si vada a sedere signorina. – disse cercando di addolcire il tono.
- Certo – sussurrai in soggezione. Rapida mi andai a sedere all’unico banco libero.
Appoggiai con cura lo zaino sul pavimento e mi lasciai cadere sulla sedia. Tornai a fissare l’insegnante che continuò a tartassare l’allieva con domande ardue per metterla in difficoltà. O aveva le sue cose, o l’ennesimo fidanzato l’aveva lasciata, ipotizzai.
- Non è giusto – mormoravano delle ragazze, fissando nella mia direzione.
Cosa non è giusto?, pensai.
- Scusa – sentii una voce al mio fianco. Voltai lo sguardo in direzione della voce. Era strano che qualcuno mi notasse a scuola.
- Mmh – esortai. Ancor più strano che fosse un ragazzo.
Quando i suoi occhi incontrarono i miei trovai anomalo il fatto che fosse la stessa persona di un quarto d’ora prima e che in un giorno mi avesse rivolto la parola più di una volta.
- Hai una cicca? -
Inebetita dal verde dei suoi occhi non potei che fissarlo, facendo sì che la domanda rimanesse sospesa per qualche secondo per poi finalmente giungere al mio timpano.
- Ehm… no – risposi mezzo minuto dopo.
- Okay. – Si girò, tornando ad ignorarmi.
Presi a sfogliare il libro di storia medievale, Carlo Magno faceva la sua comparsa nel capitolo che eravamo impegnati a studiare, fui però interrotta da qualcosa.
Vidi con la coda dell’occhio che il Ragazzo Petto Solido si stava appropriando del mio astuccio fallico.
Presi l’altra estremità per impedirgli di soffiarmelo.
- Lascialo – sentenziai con gentilezza per poi increspare le labbra in un misero tentativo di sorriso.
- Solo se lo fai anche tu – contrattò lui, facendo sì un sorriso, ma che suscitava omicidio e sesso allo stesso tempo.
Sesso? Io che pensavo al sesso? Che diamine mi stava succedendo? Non mi faceva bene la sua vicinanza. Proprio no.
Mi aiutai con l’altra mano per toglierlo dalle sue manacce. Quando capii che la sua presa stava cedendo non potei fare a meno di esserne contenta. A seguito di ciò mi accorsi che ero l’unica ad averlo in mano e non riuscendo ad aggrapparmi a nulla, rovinai a terra, trascinando con me la sedia.
Stronzo, imprecai nella mente.
Lui scoppiò in una fragorosa risata e non fu l’unico. Tutta la classe divenne magicamente ilare mentre il mio coccige chiedeva del ghiaccio.
- Per quale motivo signorina Tallish si trova sul pavimento? Non vede che sto facendo lezione?! – mi urlò contro l’insegnante.
- Le chiedo scusa Mrs Keogh – replicai. La mia voce fece trasparire palesemente il dolore che stavo provando.
Mi rialzai con fatica da terra facendo leva sulle braccia. La testa mi girò, ma rimasi salda nella mia posizione.
- Mi spieghi che è successo, breve e concisa per favore. –
- Praticamen-… – fui bruscamente interrotta durante il mio esordio dal Ragazzo Stronzo Petto Solido.
- È colpa mia professoressa. Le stavo rubando l’astuccio, lei mi stava cercando di fermare. Io ho lasciato la presa e lei è caduta. -
Sgranai gli occhi, non credendo alle mie orecchie.
- In punizione. Tutti e due! – gracchiò, inviperita.
- Mrs Keogh io non ho fatto niente! – controbattei in disaccordo con il suo verdetto. Perché ci sarei dovuta andare io?
- Ah no? Chi stava giocando con il giovanotto? Ricordi che le cose si fanno sempre in due. Ora stia zitta o le do da studiare altri tre capitoli per la prossima lezione! – disse alterata.
Non osai dire più nulla, troppo intimorita dal colorito rosso che aveva assunto la sua faccia.
Tentai di sedermi, ma fallii mentre un gemito proruppe dalle mie labbra.
- Newell porti la signorina Tallish in infermeria. E un’ultima cosa: prenda questi. – Ci porse dei bigliettini gialli per scontare la detenzione.
Zoppicavo un po’ mentre ci recavamo in infermeria.
Lui mi guardò sorridendo.
- Ti sembra divertente? – grugnii fissandolo in tralice.
- Abbastanza, dai – disse mordendosi il labbro per trattenere una risata.
Arrancai passo dopo passo in religioso silenzio per poi bloccarmi sentendo un dolore atroce trafiggermi.
- Ti serve aiuto? – chiese chiaramente divertito.
- Affatto, mi servono dei minuti… Per riposarmi. –
- Se aspetto te si farà notte. Su fai la brava. –
Non capii a cosa alludesse finché non mi ritrovai fra le sue braccia. Erano così calde e rassicuranti… No, questi pensieri erano proibiti.
- Mettimi… -
- Mettimi giù, idiota, non voglio avere nulla a che fare con uno come te. Io sono la principessina a cui tutto è dovuto bla, bla, bla. Davvero originale signorina Tallish. -
- Ed io sono Newell lo stronzo dal cuore tenero che porterà in salvo la principessina e in cambio vorrà la sua vagina! – completai io la recita.
Lui spalancò la bocca, sorpreso dal finale.
Infransi i suoi desiderai in un brevissimo lasso di tempo. – Ma il favore non verrà ricambiato, sarà sostituito da un calcio ai gioielli di famiglia. -
- Che bastarda. -
- Per così poco? C’è di peggio caro mio. E poi proprio tu mi etichetti in quel modo? Scommetto che te ne sbatti a mille miglia di puttanelle. -
Si pavoneggiò di questo, credendo di essere figo o sexy.
- Non dovresti vantarti di una cosa del genere. È una cosa che dà i brividi. -
- Brividi? –si bloccò non concependo il mio pensiero.
- Andiamo, tu che infili il tuo gamberetto nei giganti buchi delle cheerleaders. -
- Per l’appunto non è un gamberetto il mio. -
Mancava poco all’infermeria e per questo ringraziai il cielo.
- Pff, sicuramente lo è. -
- Mi spiace deluderti, ma è una bella anaconda. -
- Ha per caso una bocca con denti acuminati? – mi informai, sarcastica. – Io immaginavo avesse una cappella come tutti i peni che si rispettino… - aggiunsi.
- Hai una lunga esperienza allora? -
- Non devo renderne conto a nessuno di cosa faccio e con quanti. -
- Allora il tuo discorso non ha ragione d’esistere dato che anch’io posso risponderti alla stessa maniera. -
- Siamo arrivati finalmente! – esclamai entusiasta, scansando la sua accusa.
- Finalmente? Sono stato io a portare in braccio un elefante! – disse mentre la sottoscritta apriva la porta.
La signora Wyatt recependo il messaggio lo fissò male.
- È questo il modo con cui si dialoga? Vuole forse farle venire complessi per il suo peso? Stia zitto che fa più bella figura. -
Repressi a fatica una risata.
Ben ti sta.




Salve lettori!
Spero che la storia vi possa piacere.
Se troverò dei commenti, o meglio ancora, persone che la aggiungeranno nelle seguite/preferite/ricordate continuerò il prima possibile. Oppure verrà cestinata, finendo inevitabilmente nell'oblio.
   
 
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