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Autore: ScleratissimaGiu    26/10/2014    5 recensioni
Maya aveva male allo stomaco.
Tutti i giorni.
Credeva di aver bevuto troppo, almeno finché il suo dottore le ha detto che una vespa ha depositato cinquecento uova nel suo intestino.
Genere: Horror, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Maya riuscì ad infilare la chiave nella toppa al quinto tentativo, cosa che la fece ridacchiare sommessamente.
Con uno scatto, la porta di casa si aprì e lei entrò, chiudendosela bene alle spalle.
Prese in mano il telefono e si fece guidare dalla luce brillante dello schermo;  arrivò barcollando alle scale, che salì reggendosi saldamente al corrimano.
La testa aveva iniziato a farle male, ma era troppo buio per dire che le stesse girando.
Una volta in cima alla rampa, decise di togliersi i tacchi e abbandonarli con noncuranza nel corridoio, e arrivare alla sua camera a piedi nudi.
I dieci centimetri in meno non aumentarono il suo equilibrio, e rischiò di cadere più di una volta, ma nonostante ciò riuscì a giungere nella sua stanza e chiudere la porta.
Si sedette sul letto e armeggiò con la cerniera del mini abito che aveva fatto girare la testa ai suoi amici tutta la sera, dunque se lo tolse e infilò il pigiama di flanella ordinatamente ripiegato sul cuscino.
Mentre si struccava, si annusò i capelli: l'odore di Cuba Libre, che aveva bevuto come una spugna fino a tre quarti d'ora prima, le riempì le narici.
Senza prestarci davvero attenzione, li legò in un morbido chignon e andò a dormire, mentre il suo mal di testa da sbronza aumentava.
 
 
 
« Maya, svegliati!  È ora di alzarsi, su. »
Sua madre irrompeva in camera sua tutte le mattine alle sette e trenta per svegliarla, sia che fosse un giorno della settimana o del weekend.
La ragazza aprì gli occhi con grande sforzo, per poi richiuderli alla vista della luce solare che li aveva violentemente aggrediti.
« Hai di nuovo dormito a bocca aperta, » la rimproverò sua madre « e hai anche lasciato la finestra aperta. »
Maya grugnì in risposta, girandosi dall'altra parte.
« I tuoi tacchi sono ancora nel corridoio, mettili a posto.  Alzati, forza, hai il cuscino inzuppato di saliva. »
Quasi rotolando giù dal letto, la ragazza andò a raccattare le sue scarpe e poi scese in cucina.
« Buongiorno, tesoro » la salutò suo padre.
« Ehi » si limitò a dire suo fratello.
« 'Giorno… » mugugnò la ragazza, versandosi del latte in una tazza.
« Come è andata la serata? » chiese suo padre, passandole lo zucchero.
« Non male. »
« L'avranno passata ad ubriacarsi… » commentò il fratello.
« Zitto, pulce » lo rimbeccò Maya.
« Louis, lascia stare tua sorella.  Maya, non essere scortese. »
I due grugnirono.
La madre entrò e azionò la macchina per fare il caffè.
« Ne vorrei anche io uno, Linda. »
« Anch'io mamma » disse Louis.
« Sei troppo piccolo per il caffè, » commentò Maya « comunque lo bevo anche io. »
« Che ne sai, tu? » ringhiò Louis.
« Lo beviamo tutti e non se ne parla più » li zittì Linda, versandolo nella tazzine « Jeffrey, vuoi latte e zucchero? »
« No, cara, va bene così. »
Sorseggiarono il liquido caldo e nero in silenzio, ognuno pensando ai fatti suoi.
Ad un certo punto, il volto di Maya si contrasse in un'espressione di dolore e si portò una mano allo stomaco.
« Qualcosa non va, tesoro? » le domandò sua madre, seduta accanto a lei.
« Una fitta allo stomaco, » rispose la figlia, quasi senza fiato per il dolore.
« Se bevessi meno non ne avresti » sussurrò Louis.
Maya gli sferrò un calcio da sotto il tavolo.
« Ahia! »
« Stai in silenzio e vedi che non ti capita nulla. »
« Buoni, tutti e due.  Sicura di stare bene? »
« Sì, adesso sì. »
« Meglio così, perché io e tua madre usciamo » disse Jeffrey « dobbiamo andare da zia Audrey perché sembra che ci siano di nuovo problemi col suo fidanzato… a meno che non vogliate venire con noi. »
« No! » risposero i due fratelli, quasi urlando.
« Bene, allora… Linda, se vuoi finire di prepararti… »
« Certo. »
« Io vado a studiare, » disse Maya, alzandosi.
« Anche io » Louis la seguì.
Entrambi si chiusero nelle rispettive camere e ne emersero verso l'una del pomeriggio.
« Hai fame? » chiese Maya, trovando il fratello già in cucina.
« No, ho mangiato un sandwich ora. »
« Ok.  Sai qualcosa di mamma e papà? »
« Che non vorrei essere nei loro panni, ora. »
« Già, neanche io » rispose la ragazza, ridacchiando « sicuro che non vuoi nient'altro da mangiare? »
« Sì, fra poco esco con Vincent, torno verso le quattro, andiamo allo skate park. »
« Va bene.  Volete un passaggio? »
« No, siamo a posto. »
« D'accordo, a più tardi. »
Louis uscì di casa e Maya cercò di cucinarsi il pranzo.
Dopo aver consumato un delizioso panino al formaggio e aver lavato il suo piatto, si risolse a guardare un po' di tv.
Mentre stava ammirando la sfilata di Project Runway: All Stars comodamente sdraiata sul divano rosso del soggiorno, un'altra fitta le lacerò lo stomaco.
Maya si alzò a sedere e si piegò in avanti, annaspando.
Scese dal divano e corse in bagno, ponendosi davanti alla tazza del wc, pronta a vomitare.
Rimase in quella posizione per circa mezz'ora, mentre il dolore svaniva poco alla volta.
Quando riuscì a rimettersi in piedi e tornare in sala, il programma era già terminato e ne era iniziato un altro.
Spense definitivamente il televisore, si preparò una borsa d'acqua calda e andò a stendersi in camera sua.
A poco a poco, sentì le palpebre farsi sempre più pesanti, fino a chiudersi del tutto.
 
« Maya, sono a casa! »
Le urla di suo fratello la risvegliarono.
Si alzò pigramente dal letto e scese le scale.
« Spero che il tuo prossimo piano sia di farti una doccia, » gli disse, appena lo vide « se mamma ti vede così muore. »
« Ovvio, » replicò lui, bevendo un sorso d'acqua.
Maya sentì ancora una fitta tremenda allo stomaco, e si fermò bruscamente in mezzo alla sala.
« Oh, che c'è? » le chiese Louis, posando il bicchiere.
La sorella fece qualche passo verso di lui, poi svenne.
Quando riprese conoscenza, vide che un uomo di mezza età con una giacca dell'ambulanza la stava fissando.
« Come si sente, signorina? » chiese, gentilmente.
« Lei… chi è? » biascicò Maya, cercando di mettersi a sedere.
« Aspetti, aspetti… con calma » le disse l'uomo, immobilizzandola.
« Maya, tutto ok? » Louis guardava la scena da dietro la spalla dell'infermiere « sei svenuta e non sapevo cosa fare… »
« Hai fatto bene a chiamarci, » tagliò corto l'uomo misterioso « ma credo che tua sorella stia bene, adesso.  Hai bevuto un po' ieri sera, vero? »
« Già… » ammise, arrossendo.
« Non preoccuparti, è una cosa che può capitare » la tranquillizzò, alzandosi « adesso scappo, prima che rientrino i vostri genitori... non credo che tu voglia che sappiano quello che è successo.  Bevi un tè caldo e vedrai che domattina starai molto meglio. »
« Grazie, » rispose Maya, alzandosi « davvero. »
« Non c'è di che, arrivederci. »
Louis aveva un'aria preoccupata.
« Se dici qualcosa a mamma e papà ti scuoio vivo e ti faccio mangiare la tua pelle, chiaro? » lo minacciò Maya, spazzolandosi i vestiti.
« Sì. »
« Bene.  Grazie, comunque. »
Le luci della Station Wagon di Jeffrey Hill illuminarono il vialetto di casa.
« Fai come se non fosse successo niente » sussurrò Maya, e il fratello annuì.
 
 
 
 
 
 
                                                *  cinque giorni dopo  *
 
 
 
 
 
« Maya, alzati.  È ora di andare a scuola, muoviti. »
« Non riesco… »
« Che c'è? »
« Mi fa… male… lo stomaco… »
« Forza, in piedi, non voglio sentire storie. »
Linda Hill, con un gesto poco materno, levò le coperte dal corpo della figlia, che rabbrividì raggomitolandosi su sé stessa.
« Forza, muoviti. »
« Non riesco… »
La donna le si avvicinò.
Maya aveva delle grandi occhiaie nere, ed era pallidissima.
« Ti prego… » sussurrò la ragazza.
« Non hai una bella cera, » ammise sua madre, accarezzandole una guancia « vieni di sotto, ti faccio un po' di acqua e limone. »
Sorretta dalla madre, Maya riuscì ad arrivare in cucina e si sedette accanto a suo padre.
« Hai dormito con la felpa? » le chiese.
Lei annuì.
« Toglitela adesso, qui dentro fa caldo.  Aspetta, ti aiuto. »
Mentre toglieva la felpa, la maglietta del pigiama si alzò a scoprire lo stomaco di Maya, e Louis storse il naso.
« Che cos'hai sulla pancia? » chiese, inorridito.
« Cosa? » balbettò lei.
Sua madre si avvicinò e le sollevò un po' la maglietta.
« Oh mio Dio… Jeffrey, prendi la macchina, andiamo in ospedale. »
L'uomo annuì e corse fuori.
Lo stomaco di Maya era pieno di enormi lividi neri e violacei, davvero spaventosi.
« Vieni, tesoro » le disse sua madre, guidandola fuori casa - andiamo dal dottore.
 
 
Una schiera di infermiere prese la ragazza in consegna, e la portò a fare migliaia di lastre.
Dopo venti minuti passati in ansia nella sala d'aspetto sorprendentemente vuota, un dottore richiamò la famiglia Hill nel suo studio.
Maya si sedette accanto a sua madre, massaggiandosi lo stomaco che aveva ripreso a dolerle dopo pochi minuti di tregua, mentre Linda le teneva la mano e suo padre rimaneva immobile dietro alla sua sedia.
Louis era rimasto a casa con la nonna.
« Signori Hill, » cominciò il dottore, inarcando le sopracciglia « so che quello che sto per dirvi non sarà affatto… facile, da credere e accettare, ma le lastre di Maya purtroppo sembrano parlare molto chiaro. »
« E cosa dicono? » domandò Jeffrey, in apprensione.
Il dottore si sporse sulla scrivania e congiunse le mani.
« Non so come sia potuto accadere… in effetti è la prima volta che mi capita un caso del genere, in più di vent'anni di professione, e devo dire che sono rimasto piuttosto scioccato quando mi hanno mostrato i risultati…  la mia opinione è che Maya non deve essersene accorta, per quanto possa essere incredibile… »
« Di che cosa? » biascicò la ragazza, piegata su sé stessa.
Il dottore si soffermò un momento a guardarli, poi continuò.
« Non so davvero come sia potuto accadere, ma… sembra che tu abbia ingerito una Vespula Vulgaris, e che questa vespa… abbia nidificato nel tuo stomaco. »
Alla rivelazione seguì un silenzio inquietante, carico di tensione.
Maya scoppiò a ridere all'improvviso.
Ridere istericamente.
« Che razza di scherzo è? » disse, asciugandosi le lacrime.
« Temo che non sia uno scherzo, Maya - rispose il dottore, preoccupato - la vespa che ha fatto il nido nel tuo stomaco è la regina, l'unica in grado di deporre uova.  Ha bucato il tuo intestino e ha deposto lì i suoi piccoli, ed ecco spiegati i tuoi dolori. »
« E come si fa a tirarla fuori? » domandò Jeffrey, molto pallido.
« Non è possibile praticare l'intervento in maniera sicura, » ammise il dottore « ci sono troppi rischi per sua figlia, potrebbe morire sotto i ferri nel migliore dei casi, cioè con minor dolore possibile.  Dobbiamo fare un ulteriore esame per controllare a che punto sono le uova, così potremo ragionare sulla soluzione migliore per rimuoverle senza rischi. »
« Di quante… larve stiamo parlando? » chiese Linda, rabbrividendo.
« Tenendo presente che le colonie di vespe sono composte da circa mille/duemila individui, credo che dovremmo considerare alcune centinaia di uova. »
Maya sobbalzò.
« Come ho detto, dobbiamo fare degli esami » tagliò corto il dottore, alzandosi « per verificare la portata del danno.  Seguimi, Maya, dobbiamo andare in sala operatoria. »
Titubante e, soprattutto, dolorante, la ragazza si aggrappò al braccio gentilmente offerto dall'uomo e lo seguì in una sala che sapeva di disinfettante, dove c'era un'intera èquipe medica ad attenderli.
« Stenditi su quel lettino, cara » le disse una dottoressa, sorridendole « ti prometto che non ti faremo del male. »
 
 
Il giorno dopo, quando il dottore entrò nella stanza che era stata assegnata a Maya e la sua famiglia, che aveva rifiutato strenuamente di lasciarla sola, la sua faccia non preannunciava affatto buone notizie.
« Che dicono le analisi? » gli chiese subito Linda, balzando in piedi dalla sedia.
« Abbiamo delle nuove informazioni, » rispose il dottore « sappiamo che la vespa regina misura un centimetro e mezzo e che ha deposto circa cinquecento uova. »
Un brivido corse lungo la schiena di Maya, e suo padre le strinse forte la mano.
« E riteniamo che tu l'abbia ingoiata inconsciamente, magari mentre dormivi: abbiamo trovato delle lacerazioni poco profonde nella tua gola. »
« È impossibile, me ne sarei accorta. »
« No, se stavi dormendo a bocca aperta… magari lei aveva fatto il nido in camera tua e poi… da quanto tempo hai queste fitte? »
Maya ricordò la mattina della settimana prima, quando sua madre l'aveva rimproverata di aver dormito a bocca aperta e con la finestra aperta.
Una lacrima le scese silenziosa lungo la guancia.
« Quanto rimane, prima che nascano? » domandò Jeffrey.
« Pochi giorni, purtroppo.  Ma c'è una possibilità che i succhi gastrici del tuo stomaco le indeboliscano, » aggiunse il dottore, sorridendo « e che la madre muoia.  Le regine vivono solo un anno, e dopo ogni figliata diventano sempre più deboli: giudicando dalla grandezza di questa qui, direi che sono i suoi ultimi piccoli. »
« Quindi non morirò? »
« No, Maya.  Non morirai. »
 
 
 
 
 
 
                                                        *  tre giorni dopo  *
 
 
 
 
 
Maya aprì gli occhi improvvisamente, credendo che fosse già mattina inoltrata come nel suo sogno, invece era ancora notte fonda.
Tutto intorno a lei era buio, e decise di accendere la luce della lampada sul comodino.
Aveva finalmente convinto i suoi a tornare a casa, dopo giorni, per fare una dormita e tranquillizzare Louis, a cui non era stato permesso di andare a trovarla.
Le fitte di mal di pancia erano cessate, e Maya aveva la vaga impressione che le larve fossero tutte morte e che le avrebbe espulse a poco a poco, col tempo.
Proprio mentre contemplava quella prospettiva carezzandosi la pancia, un dolore lancinante la colpì di nuovo.
La ragazza annaspò e ricadde su sé stessa, togliendosi le coperte di dosso.
Lo sguardo le cadde sulla sua camicia da notte: si sollevava in modo strano.
La alzò del tutto, e vide che il suo stomaco stava come ribollendo.
Le larve erano nate.
Cominciò ad urlare con tutto il fiato che aveva in corpo, ma nessuno accorreva.
Quando sentiva delle fitte più potenti, capiva che stavano bucando qualcosa per riuscire a uscire.
Strillò come un'aquila per molto tempo, e quando finalmente un'infermiera accorse la ragazza capì che non avrebbe potuto fare più niente.
Le sentiva, sentiva i loro dentini, i loro pungiglioni farsi strada a poco a poco dentro di lei, che provavano a uscire.
L'infermiera le si avvicinò, e in quel momento la prima larva iniziò ad emergere da una piccola lacerazione dello stomaco di Maya.
Mangiucchiava avidamente la carne, così avidamente che in poco tempo riuscì a uscire totalmente.
Era piccola e ricoperta di sangue, e Maya provò un senso di disgusto che la fece strillare ancora di più.
L' infermiera corse fuori dalla camera a cercare aiuto, mentre una seconda larva bucava lo stomaco della giovane.
E poi un'altra.
E un'altra.
Il sangue cominciò a colare sul lettino, che ben presto si inzuppò.
Il ventre di Maya era costellato da centinaia di buchi, dai quali continuavano a uscire vespe.
Quando anche l'ultima, la numero cinquecentoventisette, uscì, la ragazza crollò e morì.
Le vespe, tutte quante, avevano le ali inzuppate di sangue, così non riuscivano a volare.
Caddero dal lettino e morirono nella pozza del sangue di Maya, trasformando la camera cinque due sette nella Camera della Morte.
 






Angolino dell'Autrice ^-^

ehi, gente!
salute a voi!
spero che la storia vi sia piaciuta e che lascerete una recensione per dirmelo o darmi qualche consiglio che, per inciso, sono sempre graditissimi!

se vi va, fatevi un giro sulla mia pagina!
a presto :*

 
  
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