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Autore: Benio Hanamura    27/10/2014    2 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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   In seguito le cose fra me ed il maggiore Hanamura andarono avanti in maniera molto più naturale di quanto avrei potuto immaginare: ovviamente lui fu sempre molto rispettoso nei miei confronti, tenendo in considerazione anche la mia posizione di geisha. Anche dopo che io gli confessai com’erano maturati i miei sentimenti nei suoi confronti, aspettò che fossi io a dirgli che ero pronta a lasciare l’okiya, prima di trattare sulla cifra necessaria per riscattarmi con Kikyo-san, la quale mi sorprese: mentre la okasan espresse subito perplessità e mi chiese se per caso intendevo lasciare tutto e sposarmi soltanto per riconoscenza verso colui che mi aveva salvata, un uomo che avrebbe potuto essere mio padre, lei si limitò a sorridermi con quella dolcezza che quasi mai mi aveva dimostrato apertamente e mi disse che era certa che sarei stata felice, perché anche solo guardandomi negli occhi aveva capito che miracolosamente dopo tanto tempo l’amore era tornato a scaldarmi il cuore e che in questi casi l’età era solo un dettaglio insignificante.
   “Afferra la felicità con tutte le tue forze, piccola Tsukiko, e stavolta non permettere a nulla ed a nessuno di strappartela!”
   Poche parole ma dense di significato, soprattutto nell’ultima parte, perché ero ben consapevole che derivavano anche da come certamente l’opinione pubblica avrebbe visto il matrimonio di un rispettabile maggiore dell’armata imperiale con una donna come me. Ma né a me né al mio futuro marito questo interessava.
   Inutile soffermarmi troppo, invece, sull’immediata gioia che l’annuncio delle nostre nozze suscitò in Shinobu e Benio: quest’ultima, come al solito fin troppo spontanea ed irruenta, prima si congratulò e mi abbracciò così forte da farmi quasi male e poi mi disse che, anche se forse lei non sarebbe mai riuscita a chiamarmi mamma, sperava che le avrei regalato al più presto un fratellino, facendomi infuocare le guance di un colorito che doveva essere ancora più vivo di quando mi ero ritrovata intrappolata nell’incendio e che non era più coperto da sufficiente trucco per passare inosservato.
    Ascoltando le parole di Kikyo-san anche la okasan si era convinta del fatto che la mia oni-san avesse ragione e fu felice per me, anche se loro due non avrebbero mai potuto smettere di pensare al maggiore Hanamura non come l’uomo che era riuscito a privarle dell’ennesimo buon affare per l’okiya, ma come chi aveva portato loro via colei che si era dimostrata come una figlia devota, alla quale entrambe si erano affezionate come se davvero lo fossi stata. Erano sincere, lo sapevo, ed il giorno in cui feci le mie valige e mi congedai da loro per trasferirmi in casa Hanamura le mie abbondanti lacrime finalmente non furono di strazio, ma di felicità e di incontenibile commozione: per la gioia di essere riuscita finalmente ad amare di nuovo, per le soddisfazioni e l’aiuto che in questi anni ero riuscita a dare ai miei genitori, per aver trovato, fra tante sofferenze, delle persone che non avrei mai potuto dimenticare e delle quali avrei sentito la mancanza. E poi quel giorno piansi perché sapevo che in quel momento, varcando la soglia dell’okiya pur con la consapevolezza che avrei potuto rivedere tutte le mie amiche in parecchie occasioni, la geisha Kichiji sarebbe scomparsa per sempre, lasciando nuovamente e definitivamente il posto a Tsukiko, che avrebbe fatto di tutto per ritrovare una spensieratezza simile a quella di un’epoca per lei già tanto lontana nonostante la sua giovane età.
 
   Hiroshi… A volte ancora mi sbaglio, lo chiamo ancora maggiore Hanamura. Allora lui finge di arrabbiarsi e mi rimprovera di farlo sentire vecchio, ma poi ride, e dice che se mi viene più facile e spontaneo va bene anche così, perché anche a lui a volte piace chiamarmi Kichiji, perché è stata Kichiji a far breccia nel suo cuore, facendolo tornare a volare dopo essere stato prigioniero nell’oscurità della rassegnazione per così tanti anni dopo la morte della sua Yoshie, soffocato da una sofferenza che posso condividere e capire fin troppo bene. Ed è stata Kichiji che il maggiore Hanamura ha raggiunto fra le fiamme e che ha stretto quel giorno fra le braccia, con la segreta speranza di non doverla più lasciare.
   Sì, dopo aver provato per così troppe volte dolore ho quasi paura a dirlo, una sorta di timore scaramantico, ma sono finalmente felice. Forse in certi giorni sono persino più impegnata di quando ero una geisha, ma in compiti diversi, i compiti che si addicono ad una moglie di un uomo rispettabile, che se fortunata come me è ben lieta di portarli a termine. La fedele Duenna inizia a sentirsi un po’ anziana, ma grazie a lei ho recuperato in fretta ciò che avevo imparato dei lavori di casa prima di doverli abbandonare per dedicarmi ad altre attività ed ho anche imparato molto di più. Insieme a lei bado alla casa, amministro le spese quotidiane, mi impegno a rendermi sempre ben accetta per il vicinato, e ricevo le visite, con maggior piacere di quelle di Benio e Shinobu, ormai genitori felici, proprio come me ed Hiroshi. Il mio piccolo Koji (è stato suo padre a scegliere il suo nome!) è un bimbo molto vivace, corre sempre dappertutto, mi ricorda in questo i miei fratellini Toshiro e Sanzo nei pochi anni felici trascorsi al villaggio. Ma è anche dolcissimo e, nonostante a quasi quattro anni sia un po’ preoccupato che a causa di ciò che sta per accadere gli possa essere sottratto parte dell’affetto della mamma e del papà, ogni giorno da qualche mese mi chiede quando arriverà la sua sorellina, perché lui la vuole tanto conoscere. Io lo rassicuro, gli dico che arriverà presto e che anche lei vuole tanto conoscere il suo fratello maggiore. Verso il tramonto mi siedo sulla engawa, nell’orario al quale so che Hiroshi sta per rientrare, perché voglio che mi trovi lì ad accoglierlo con un sorriso, lasciando per un po’ Duenna da sola in cucina per finire gli ultimi preparativi per la cena. Disobbedendo puntualmente alla sua tata, che ogni sera cerca invano di accompagnarlo a letto, Koji viene a sedersi vicino a me: vorrebbe restare anche lui per dare il bentornato al padre, ma pochi minuti dopo crolla addormentato con la testolina sulle mie ginocchia. Continuo ad accarezzarlo piano ancora per un po’, poi mi sfioro la pancia, che diventa ogni giorno più pronunciata e mi fa capire che presto dovrò fare a meno dell’obi, perché potrebbe fare del male alla mia creatura…
    Non mi pesa restare lì anche più del previsto, finché non arriva Hiroshi, che viene subito ad abbracciarmi, sempre attento a non stringermi troppo, e poi rientriamo in casa insieme. Anche lui condivide le mie previsioni, è certo che sarà una bambina. E quando pronuncio il suo nome, quel nome che ho subito scelto per lei perché era l’unico che avrebbe potuto venirmi in mente, non sempre riesce a nascondere completamente la sua commozione.
 
Fine

 
 
Note:
Hiroshi e Yoshie: sono i nomi che ho scelto per i genitori di Benio (dato che nel manga i loro nomi non sono specificati); immagino che avrete capito che Yoshie è anche il nome che Kichiji ha deciso di dare alla sua bambina, anche per ricambiare l’identico gesto d’amore che il marito le ha offerto chiamando Koji il loro primogenito. 



Ringraziamenti e disclaimer:
Si conclude così, dopo più di un anno dall’inizio della pubblicazione su EFP, la storia della geisha Kichiji.
Inizialmente avevo pensato semplicemente di rifarmi solo al racconto che lei fa a Benio del suo triste passato ed approfondirlo, fermandomi quindi a quando Shinobu la salva dal tentato suicidio; ma poi, su incoraggiamento di Alby MC, fedele utente del mio forum che ha avuto la costanza e la pazienza di seguire questa storia per tanto tempo, sopportando i miei inevitabili blocchi d’ispirazione e postandomi le sue impressioni dopo ogni capitolo e di tanto in tanto correggendo qualche svista (una davvero enorme, tanto che se non me l’avesse fatta notare subito lui avrei poi dovuto riscrivere la storia daccapo!!!), ho deciso di continuarla, riprendendo la storia originale della Yamato dal punto di vista di Kichiji e donando anche a lei un finale pienamente felice, una sorta di capitolo extra fuori serie, come quelli dedicati dall’autrice ai quattro comprimari. Lo ringrazio tanto per il suo preziosissimo aiuto!
Oltre a lui ringrazio:
- Tetide che ha recensito ogni capitolo qui su EFP;
- Sognatriceaocchi aperti, che ha recensito positivamente il primo capitolo ma che spero voglia leggere anche gli altri prima o poi;
- honoka98 e Frakimi che hanno messo la mia storia fra le seguite, spero per leggerla una volta conclusa e  poi scrivermi le loro impressioni;
- chiunque abbia voluto leggere senza commentare, anche se sinceramente mi piacerebbe che esprimesse un parere.

 
N.B. Alcuni personaggi di questa storia non sono miei, ma di Waki Yamato, autrice del manga Haikarasan ga toru; altri sono invece totalmente frutto della mia fantasia.
Ho preso ispirazione, in alcuni passaggi, al mio romanzo preferito, Memorie di una geisha di Arthur Golden, in omaggio a cui ho chiamato Chiyo  la ragazza che si era suicidata al villaggio di Kichiji; il personaggio di Kikyo-san, la terribile (ma nemmeno tanto!) geisha-oni, è ispirato alla “vecchia antipaticona” di Storia proibita di una geisha di Mineko Iwaseki, romanzo scritto dalla vera geisha che ha ispirato Golden nella sua da lei contestata versione dei fatti.
Ci sono inoltre richiami al manga Violence Jack di Go Nagai ed a L’uccello nero del Sol Levante di Paul Claudel, a proposito del grande terremoto del Kanto.
Molte notizie sul Giappone, sui significati dei termini giapponesi e sulla storia dell’intervento militare giapponese in quegli anni sono tratte da Wikipedia (per maggiori dettagli sulle singole fonti vi rimando alle note in fondo ai relativi capitoli).
  
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