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Autore: _Sweet_Dream_    28/10/2014    0 recensioni
Chiunque faccia qualcosa è un'artista… Chi fa' la pasta, chi dipinge è un'artista se sa fare bene ciò che fa'… L'arte di Elettra è la morte e sta per dipingere il suo ultimo capolavoro…
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La prudenza è una vecchia e ricca zitella corteggiata dall'incapacità.
(William Blake, Il Matrimonio del Cielo e dell'Inferno)

† A un passo da te †

Lui

Ero appena tornato dalla caccia, quando sentii delle voci provenienti dalla sala del Consiglio.

  - È qualcosa d’incredibile! - doveva essere la voce di Gerard. Vecchio com’era, certo che aveva una bella voce squillante.

  - Incredibilmente pericoloso - avvicinai di più l’orecchio alla porta, per sentire.

  - Va’ uccisa! - disse mio padre con convinzione.

  - Potremmo anche studiarla e capirne i poteri - di qualsiasi cosa stessero parlando, Gerard era pronto a proteggerlo, in qualche modo e qualunque cosa sia.

  - No, la decisione è stata presa - disse mio padre con freddezza - La ragazza va’ uccisa - m’incuriosii di più - La riunione è finita - mi appoggiai al muro, aspettando che uscissero e così fecero, salutandomi. Poi, uscì Gerard.

  - Cos’è la ragazza per te? - gli chiesi di botto e lui, non si stupì della domanda.

  - Un’animo sofferente può essere mille volte più pericoloso di qualsiasi altra bomba. Non t’immischiare ragazzo - disse toccandomi la spalla ed andandosene. Si sbagliava se credeva che avessi lasciato stare. Entrai, trovando mio padre seduto a capo tavola. Aveva l’aspetto del re e lo era. Chiusi la porta dietro di me.

  - Ho un compito d’affidarti… -

Lei

  - Uccidila! -

Non ho mai visto il volto di mio padre ed ho quasi dimenticato completamente quello di mia madre. Non so dove sono nata, visto che mi sono trasferita in questa città quando ero ancora piccola, fin troppo piccola. L’unica cosa che so, è che ricordo tutto ciò che mi è successo, cose che una bambina di quell’età, non dovrebbe neanche immaginare. Si dice che l’infanzia sia il periodo in cui siamo piccoli, giochiamo senza pensieri e ci divertiamo di più, e si dice che tutto ciò finisca quando si decide di diventare maturi. Non così. L’infanzia, è il mondo dove nessuno muore, quindi, personalmente, io, non l’ho mai avuta. 

A causa di mia madre, non credo più nelle persone. Quando qualcuno mi parla, il meno delle volte, guardo sempre tra le righe, non credendogli. Sono una persona che osserva molto la gente, ma non perché m’interessa, al contrario; “Prevenire è meglio che curare, no?”. 

A quel la sveglia suonò, e la scaraventai contro la parete della stanza, notando che non fosse lei a suonare, ma il mio cellulare. Lo presi, trascinandolo sotto alle coperte e risposi, neanche senza vedere chi fosse.

Ero appena tornato dalla caccia, quando sentii delle voci provenienti dalla sala del Consiglio.

  - Alzati dormigliona… - disse Jake, il mio migliore amico, ancora per poco. Guardai l’orario notando che ore fossero.

  - Perché sul mio cellulare non sono segnate le nove? - gli chiesi.

  - El… - gli attaccai il cellulare in faccia, rimettendomi a dormire, solo che il sonno non venne. Fui costretta ad alzarmi. Mi sentivo tutta intorpidita a causa del sognoincubo che avevo fatto. Provai a stiracchiarmi e ricaddi sul letto, guardando il soffitto. Ammirai tutti i vari poster e disegni che tenevo attaccati alle pareti e di quanto tempo ci avessi messo per ognuno di loro.

Mi alzai, scendendo le scale del piano inferiore e mi preparai un cappuccino. A quell’ora tutti quanti dormivano, ma 

fare rumore, era l’ultimo dei miei problemi. Me lo portai in bagno e mentre mi lavavo, sorseggiai, fin quando la sostanza scura non finì. Sciacquai la tazza e la usai per farmi gli sciacqui con l’acqua.

M’infilai un paio di pantaloncini modello scozzese con le catene attaccate vicino. Gli scarponi neri. Una canotta nera con sopra un’impermeabile aperto davanti, che lasciava vedere le gambe. Indossai il guanto portafortuna nero in pelle. Mi pettinai velocemente i capelli blu e m’infilai i vari anelli, bracciali neri e gli orecchini. Prendendo la borsa ed il cellulare, insieme alla tazza. Lasciai la tazza nel lavello del bagno e mi calai dalla finestra. C’era una scala che lasciavo sempre prima di rientrare da casa.

Uscii dal portico ed incominciai a camminare, affiancata dal bosco. Si sentiva nell’aria l’odore delle serate di inizio inverno. L’aria frizzantina mi pungeva il naso, ma mi piaceva, perché se avessi dovuto scegliere tra caldo e freddo, avrei sempre scelto il freddo. Nel freddo, trovo la mia protezione, la sicurezza, la forza di fare ogni cosa, dalla più inutile a quella più difficile.

Il vento che tirava, portava con se le piccole foglioline ancora attaccate ai rami, portandole in una dolce danza a terra, congiungendole alle altre. Era bello quel pavimento di foglio rossastre. 

M’inoltrai nella foresta. Sembrava che ci fosse un soffitto di rami intrecciati. Il fatto che fosse abbastanza buio, rendeva 

quella foresta che di mattina era magica, oscura e tenebrosa.

Arrivai davanti ad i grandi cancelli e vi ci entrai dentro. Passando tra le varie statue degli Angeli, notai non molto distante il giardiniere che stava cercando di raccogliere le foglie, ma invano, visto che il vento le portava via con se. Arrivai vicino al grande albero, girandomi verso alla lapide. La toccai, togliendoci da sopra la polvere e mostrando le piccole incisioni che c’erano sopra. Evangeline Grey. Guardai quelle scritte, pensando. Alzai la testa e non molto distante, vidi una statua, ma sembrava che davanti ad esse ci fosse qualcosa, qualcuno. Ma in fondo era buio, quindi non vedevo molto bene.

Il giorno del suo funerale, non piansi. Molti pensarono che non lo feci a causa del forte shock della perdita, ma non era così. Quel giorno, non provai niente. Quando morì, passai parte della mia infanzia anche a casa di mia nonna, lunatica com’era, ma mi aveva rivelato molte cose. Preferivo lei a mio padre.

Incamminandomi verso l’uscita, sentii come una presenza, che mi stesse guardando, quindi, accelerai il passo.

Il locale non era molto distante da dov’ero. Entrai dentro al bar, raggiungendo la guardia vestita in nero davanti alla porta e, riconoscendomi, me l’aprì, lasciandomi passare. Scesi le scale, arrivando davanti ad una porta rossa e l’aprii. Le luci erano spente, lasciando solamente i laser colorati da tutte le parti. Il locale era affollato e la gente era pronta per il concerto. Vedevo le sagome dei ragazzi su palco. Accesi la luce del telefono e lo alzai, facendo segno. Tutti quanti scoppiarono in un’applauso e mi lasciarono passare. Saltai sul palco e gli addetti, posizionarono la mano di metallo come poggia microfono.

Ero appena tornato dalla caccia, quando sentii delle voci provenienti dalla sala del Consiglio.

  - Finalmente! - disse Jake. Anche se era buio, riuscivo a vedere la sua chioma tinta di verde acqua, i capelli alzati da un lato e gli orecchini. All’altra chitarra, c’era Kail, con la sua chioma rossa.

  - Potevi fare più tardi se volevi - mi girai e sentii il batterista nuovo fare della prove. Lo tenevamo in prestito. Un grande occhio di bue si abbatté su di noi e la stanza fu piena di ischi, urli, applausi.

  - Buonasera. Per chi non ci conosce, noi siamo i… BLACK.

La sala scoppiò in un’applauso misto a mischi, urla, quando mi staccai dal microfono. La canzone era venuta meglio grazie ad alcuni miei cambiamenti di suono ed al fatto che avessi la voce metallica. 
 

  - Grande! - diedi il cinque a Jake e Kail e ringraziai il batterista per essersi esibito con noi.

 - BLACK! BLACK! BLACK! - quello era il coro continuo del pubblico, mentre ci acclamava. Ma il mio sorriso si spense quando vidi ritornare la luce e le guardie di mio padre intorno al lui, mentre si faceva avanti. Scesi dal palco, guardando negli occhi la prima guardia che mi stava davanti e spintonandoli, camminai oltre. Uscii dal locale e dal bar, ritrovandomi davanti ad una limousine, quella di mio padre. Sott’occhio, notai una moto nera Monster. E sorridendo, entrai nell’auto, nel posto davanti, vicino a Jim.
 
 - Ciao Jim - era l’autista di mio padre nonché sua guardia del corpo personale e mia, ovviamente.


 - Signorina. Com’è andato il concerto? - non gli avevo fatto perdere il vizio di chiamarmi Signorina, ma almeno avevo rimediato il tu. Mi faceva sentire più… normale. 

 - Ma cosa ti è saltato in mente!? - disse mio padre entrando nell’auto sul sediolino posteriore e sbattendo la porta violentemente. Appena le guardie entrarono nella macchina di dietro, partimmo.
 
 - Bene se non fosse arrivato lui - e m’infilai le cuffiette nelle orecchie.
 
 - Se non fossi arrivato io? Sono passato nella tua stanza per farti vedere una cosa e cosa vedo? Mia figlia non c’era. Pensavo che… - lasciò la frase sospesa in aria, con tanta tristezza.

  - Come mai non hai mandato Abigail a controllarmi? - una delle mie tate, in verità, l’unica che mi sia mai piaciuta - Credi la stessa cosa in continuazione. Tanto vale abolire la parola divertimento -
 
  - Non parlarmi così. Ti proibisco… -
 
  - Cosa? Di andare a scuola? Ti ricordo che domani è il mio primo giorno dopo l’allontanamento - ero stata allontanata non perché avessi fatto qualcosa, per la prima volta, ma perché ero stata accusata ingiustamente.
 
  - Jim verrà con te. Ti accompagnerà a scuola e ti verrà a prendere. Andrai a fare il tuo corso di musica e tornerai a casa - arrivammo a casa e scattai fuori come un missile, seguita da lui.

   - Si, come no -

   - Sono tuo padre! E farai quello che dico io! - disse con voce seria ed arrabbiata. Non era la prima volta che lo vedevo in quel modo.

  
 - Altrimenti? Ti ricordo che con Evangeline non ho avuto mai problemi - quella frase, fu come un pugno in pieno volto, certamente, non aspettato - Indovina perché? - e me ne andai, salendo in camera mia. Non avevo sonno. Certo che no. Sarei dovuta rimanere li per tutta la notte e poi sarei crollata a casa. Camminai avanti ed indietro per la mia stanza, quando poi decisi di stendermi sul letto.









PS: Salve. Questa è la prima storia che scrivo e ho avuto un po' di difficoltà. Comunque, spero che vi piaccia e non dimenticate di scrivere delle recensioni. Se ci sono errori di ortografia chiedo scusa in anticipo e spero di migliorare :)
  
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