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Autore: Psiche_delica    28/10/2014    1 recensioni
Dopo la nascita di Mya Gandy, David ed Emy si trovano alle prese con i ruoli di genitori. Sono spaventati ed inesperti.
Le continue notti in bianco porteranno David ha prendere una decisione, e proprio grazie a quella decisione che riscoprirà l'amore verso una famiglia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'E' l'Amore che ci guida...'
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 Una famiglia



Psiche_delica*


2
 
 
 
 
 
“Stop! Stop! Non ci siamo proprio!”
Il regista dello spot pubblicitario, un certo Monfils, era sempre più alterato e David poteva capire il perché, d’altronde la causa era lui e la sua poca voglia di essere lì. Una settimana prima aveva firmato quel contratto con un sorriso sul viso, cogliendo l’occasione di potersi allontanare da casa per poter respirare di nuovo, ma la chiamata della sera precedente lo aveva steso, annientato. Non c’era ora del giorno che lui non ripensasse alle parole di Emy, e più ci pensava e più si sentiva in colpa. Aveva abbandonato la sua famiglia, la famiglia che aveva voluto con tutto se stesso, solo per un piccolo problema, un problema che con il tempo si sarebbe risolto.
David sapeva che era stata la paura a farlo partire, ma quella stessa paura lo stava richiamando verso casa.
Verso loro.
“Pausa per tutti e tu – disse, indicando David – se dopo questo break non ti sei ripreso, puoi anche prendere le valigie e tornartene da dove sei venuto!”
David, stanco anche di sentirsi dire cosa doveva o non doveva fare, si scrollò di dosso quell’orribile giacca in pelle, gettandola a terra, e puntò i suoi occhi glaciali contro il regista.
“Me ne vado”
Tre semplici parole che mandarono in escandescenza tutto lo staff. Persone che avevano lavorato giorno e notte per la riuscita dello spot, vedevano il lavoro andare in frantumi da tre semplici parole.
“Non puoi” replicò il regista.
“Certo che posso e lo faccio. Il contratto era per una settimana e la settimana è scaduta ieri sera alle 23.57. Se volete scusarmi ho un volo da poter prendere” e scansò il regista per passare, ma quello non lo lasciò passare.
“Gandy ci servi. Non parlavo seriamente, fermiamoci a parlarne”
“Monfils non c’è niente di cui discutere. Firmare questo contratto è stato l’errore più grande della mia vita, ho una famiglia a casa che aspetta qualcuno che se ne prenda cura e quel qualcuno sono io! Ho una figlia di nemmeno un mese e invece di essere lì con lei, sono qui ad indossare giacche di vera pelle, ed io sono contro queste cose!”
David aveva lasciato uscire tutto quello che pensava o che aveva pensato sin dall’inizio di quello spot. Non c’era posto in cui volesse essere se non a casa sua, con sua moglie e sua figlia.
Monfils lo guardò e nei suoi occhi passò prima il risentimento poi la rassegnazione. Sapeva che aveva perso il suo modello, d’altronde Gandy era riconosciuto per la sua testardaggine e niente e nessuno gli avrebbero fatto cambiare idea.
“Perfetto. Allora vattene” e così dicendo gli voltò le spalle raggiungendo il team.
David guardò tutta lo staff e con un sospirò si scompigliò i capelli e raggiunse il suo autista.
“Alan portami in hotel e poi in aeroporto, ho un volo da prendere”
 
 
 
Il cielo di Londra non era mai stato così grigio come quel giorno e quello stesso grigiore David lo avvertiva nel cuore. Si sentiva un uomo malvagio e poco degno. Guardò fuori dal finestrino e si incantò ad osservare la casa che la stessa Emy aveva progettato.
Era uno spettacolo ed ogni volta che la vedeva gli faceva mancare il respiro. Suo moglie aveva un talento unico.
“Alan, ti ringrazio. Soprattutto per la pazienza”
“Si figuri Mr Gandy. Se può consolarla le dirò che stare dietro quel fanatico di Monfils era davvero snervante” disse l’uomo al volante cercando di stemperare l’atmosfera.
David fece un breve ma sincero sorriso e si sporse in avanti per dare una pacca sulla spalla del suo autista di fiducia.
“Be’ allora… grazie ancora, Alan” e così dicendo scese dall’auto, portando con sé il piccolo trolley da viaggio. Si annodò per bene la sciarpa intorno al collo e, non facendo caso alla fastidiosa pioggerella, imboccò il viale acciottolato che portava a casa sua. Ogni passo era un battito accelerato, ogni passo era una contorsione dello stomaco e non sapeva quanto avrebbe potuto reggere. Era stanco e… perso. Non sapeva cosa si sarebbe presentato dinanzi ai suoi occhi, ma non lo avrebbe saputo fino a quando non si sarebbe deciso a bussare. La porta in legno massiccio gli sembrava una barriera insormontabile.
Bussò di nuovo, ma nessuno venne ad aprire. Il panico si impossessò di David. Fece un bel respiro profondo e, grazie ad un sprazzo di lucidità, iniziò a tastarsi le tasche del giaccone, alla ricerca delle chiavi. Le trovò nella tasca interna e con mano tremante aprì il portone di casa.
Il silenzio che si respirava era tombale.
Era chiaro che non ci fosse nessuno e questo non faceva altro che trascinarlo verso l’oblio della tristezza. Con il piede chiuse la porta di casa e si guardò un attimo attorno. Nulla era cambiato in quei pochi giorni, era tutto come ricordava. Iniziò a camminare, per avviarsi verso la camera, ma si ricordò delle parole di Emy e tornò indietro per togliersi le scarpe. non voleva che le imbrattasse i pavimenti. Con malinconia ripensò a quei stupidi battibecchi che servivano solo ad unirli ancora di più come marito e moglie. Così, con i piedi scalzi ed il cappotto ancora indosso, salì i scalini che lo portavano al piano di sopra, verso le camere da letto. David aveva il fiato sospeso, soprattutto quando raggiunse la loro camera. Con mano tremante aprì la porta, ma quello che vi trovò all’interno lo fece traballare e quasi svenire.
Emy era sdraiata nel letto, dormiente, con il seno scoperto e Mya era sdraiata di fianco accanto a lei, con la bocca ad un soffio dal capezzolo di Emy. Era una visione così dolce, così calda che David inavvertitamente pianse. Pianse di felicità, per essere a casa di nuovo, per poter ammirare quelle due meraviglie e per aver capito che scappare non serviva a niente, perché il suo cuore era lì, in quel letto. Con incertezza si avvicinò al letto e si sdraiò alla parte opposta, racchiudendo la piccola Mya in un bozzolo d’amore.
 
 
Quando David riaprì gli occhi si trovò davanti due pozze glaciali. Gli occhi di Emy lo guardavano, fissi e freddi. Sapeva che quel momento di felicità non sarebbe durato per sempre, perché avrebbe dovuto parlare con sua moglie, ma sperava che quel momento fosse più prolungata.
“Sei a casa” gli disse.
“Sì…”
“Perché?”
David si stese di schiena sul letto e guardò il soffitto. Era arrivata la resa dei conti e doveva essere onesto, soprattutto se voleva quella famiglia.
“Perché è con te che voglio stare, con voi. Ogni notte mi è mancata sentirla piangere, ogni giorno chiudevo gli occhi e ti immaginavo e… ti volevo. Dio solo sa quanto ti desidero, nonostante continui a dire che sei inguardabile. Per me sei sempre la stessa Emy, anche se non hai dormito per tre notti e hai le occhiaie. Sono tornato perché scappando non risolvo niente. Ho capito che voglio vivervi” e detto questo voltò il viso verso quello della moglie, trovandolo inondato di lacrime. Emy cercò di asciugarsi il volto, ma quel movimento svegliò la piccola. David si mise seduto, con le schiena poggiata alla testiera del letto e prese il piccolo fagotto tra le sue braccia.
Era caldo e profumava. Le piccole manine paffute si muovevano, disarmoniche, cercando di aggrapparsi a qualcosa. David la pose sul suo petto e baciò la piccola testolina.
Mya…” e le passò l’enorme manona sulla schiena, accarezzandola. Era sua, la sua piccola Mya e niente lo avrebbe riportato lontano da loro.
“David…”
I Singhiozzi di Emy gli trafissero il cuore, ma con la mano libera acciuffò la moglie e la tirò verso di sé ed Emy, come Mya, si rifugiò tra le braccia del marito.
“Ho avuto così tanta paura che mi avessi abbandonata. Non sai quanto ho avuto bisogno di te” e pianse sulla spalla di suo marito, mentre la loro figlia aveva ripreso a dormire tranquillamente.
“Ssst. Non pensarci più. Sono qui, sono tornato e non andrò più via”
Il viso di Emy si sporse verso quello di David e lui quell’occasione non se la fece scappare. Saggiò le labbra della moglie e il nodo che aveva al cuore si sciolse. Ogni tassello stava andando al proprio posto, ristabilendo l’ordine delle cose.
Il bacio fu dolce e lento, ma pieno d’amore.
“Ti amo così tanto” le disse quando i loro volti si staccarono.
Le guancie di Emy si bagnarono ancora una volta, ma un piccolo sorriso le incurvò le labbra.
“Io di più” ripose e lasciò andare la testa contro l’ampio petto del marito. Erano di nuovo una famiglia, con ancora alcune cose da assestare e sistemare, ma quando di base c’era l’amore niente poteva andar male. Bastava volersi.
E col tempo avrebbero imparato a gestire tutte le cose.
   
 
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