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Autore: Carlos Olivera    30/10/2014    2 recensioni
Sequel de "La Mano della Dea" di Ely79
Un viaggiatore solitario, una guerra secolare in procinto di finire, una minaccia oscura che travalica lo spazio ed il tempo.
Arthur Del Sole Nero viaggia senza sosta alla ricerca di vendetta, in un continente devastato dalla guerra. La sua strada si incrocerà con quella di un giovane soldato, e per entrambi sarà l'inizio di un lungo viaggio della speranza volto a salvare l'unica cosa degna di valore in un mondo in procinto di sgretolarsi, ma su cui pende una minaccia infinitamente più pericolosa delle sorti di un conflitto.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO

 

 

Il generale scostò leggermente i lembi della sua tenda, volgendo gli occhi verso la città che, abbarbicata su di una collina dall’altro lato dell’imponente fiume, risplendeva degli incendi che le divampavano tutto intorno.

I rimbombi dei cannoni riempivano l’aria, ed il cielo era solcato di lagni del re i cui cavalieri cercavano, vanamente, di arrestare l’opera degli assedianti assaltando le imbarcazioni che facevano ininterrottamente la spola tra una sponda e l’altra, trasportando morti e feriti in una direzione e nuova carne da macello nell’altra.

Ai piedi delle mura, come lucciole immobilizzate a terra, fiammelle di torce percorrevano su e giù per le trincee scavate dagli imperiali lungo la collina, e che ad ogni giorno che passava si facevano, agli occhi degli assediati, un po’ più vicine.

«Questa guerra è iniziata quando mio nonno era ancora un bambino. E probabilmente i miei figli faranno in tempo ad avere dei pronipoti prima che qualcuno cominci anche solo a pensare di farla finire.»

Una palla di fuoco lanciata da uno dei lagni colpì in pieno una delle barche da trasporto, che stipata anche di munizioni e polvere pirica esplose in un tremendo boato illuminando a giorno il fiume e liberando una potente esplosione.

«Un tempo, questo fiume divideva in due i nostri due Paesi» disse, con fare quasi sconsolato, tornando a guardare il suo inatteso ospite. «Ma aver riconquistato le terre che ci erano state tolte ormai non basta più al nostro imperatore. Ne ha fatta una questione personale. Loro hanno occupato la nostra terra, noi occuperemo la loro.

Invece, ormai sono quasi sei mesi che siamo bloccati qui, ad assediare questa maledetta città, e quei bastardi non ne vogliono sapere di cedere.»

Il giovane non sembrava ascoltarlo, ed osservava con fare distratto la grande mappa della regione srotolata sul tavolo al centro della stanza, puntellata in ogni dove da soldatini e bandierine.

«Ma immagino che questo non le interessi. Dico bene signor…»

«Arthur» rispose lui con un mormorio appena percettibile, ulteriormente affievolito dal cappuccio del pesante mantello che gli cingeva le spalle.

Gli ufficiali presenti si guardarono tra di loro, perplessi e confusi.

«Ah già, signor Arthur. Ho sentito molte storie sul vostro conto. L’imperatore sembra tenervi in grande considerazione. Mi hanno detto che avete anche salvato il principe Philip da un tentativo di omicidio organizzato dalle spie del regno.»

«È stato solo un caso.»

«Sapete che mi sono sempre domandato come foste fatto? Non sembrate esattamente come vi dipingono i racconti popolari.»

«La lettera dell’imperatore che vi ho mostrato mi autorizza a transitare per questa regione e ad entrare nel regno» tagliò corto il giovane. «Vi sarei grato perciò se mi indicaste il punto più agevole per poter guadare il fiume.»

«Punti agevoli ce ne sono quanti ne volete, il problema è stabilire se siano sicuri.»

Le urla dei sopravvissuti all’affondamento dell’ultima barca e portati faticosamente a riva risultò più eloquente di qualunque altra parola.

«Quei maledetti lagni battono il fiume in lungo e in largo. Di dieci barche ne abbattono ogni volta almeno tre. È dura trovare un punto di guado in cui non si rischi la vita.

Però so che c’è un vecchio villaggio di pescatori a sud di qui, a una decina di miglia. Sicuramente ora sarà abbandonato, ma forse c’è ancora una barca con cui potrete attraversare il fiume.»

Detto questo il generale si affrettò a scarabocchiare un foglio di autorizzazione che avrebbe protetto Arthur dalle pattuglie disseminate lungo tutta la sponda, o che più realisticamente avrebbe protetto loro da lui.

«Posso domandarvi di preciso cosa state andando a fare nel regno?»

«Sto cercando qualcuno.»

«Dia retta a me, non esiste nessuno tanto pazzo da avventurarsi in quell’inferno, tra credenti infervorati, tagliagole e predicatori folli, soprattutto ora che infuria questa benedetta guerra.»

«La persona che cerco non rifugge le guerre» replicò il giovane prendendo il documento arrotolato e facendolo scomparire dentro il mantello. «Le provoca.» e detto questo fece per lasciare la tenda

«Ho sentito che siete interessato a storie e leggende inerenti alla scomparsa o distruzione di città e villaggi» lo intercettò il Generale prima che potesse uscire. «Quando ero bambino i vecchi del villaggio parlavano di una cittadina poco oltre il confine, Ludgored, che secondo loro sarebbe stata spazzata via in una notte da un demone bianco.»

Arthur si bloccò, stringendo con forza il lembo della tenda, quindi, con l’anziano comandante che lo guardava sorridendo, se ne andò senza dire un’altra parola.

 

Fuori dalla tenda, seduto attorno ad un bivacco, un ragazzetto dall’aria ebete era intento a spillare a carte qualche soldo ad un gruppetto di soldati.

Aveva un portamento leggermente gobbo, occhi di un blu insolito e capelli ispidi biondi nascosti quasi interamente sotto un vistoso cappello a cuffietta.

I soldati si erano già insospettiti per il suo continuo vincere, e i loro dubbi divennero certezza quando, chinatosi a raccogliere l’ennesima vincita, il ragazzetto fece scivolare inavvertitamente fuori dalle maniche una piccola collezione di re e di assi, sbiancando subito per lo spavento.

Fortuna volle che il giovane dal mantello nero che la truppa aveva visto entrare nella tenda del Generale si ritrovasse a transitare in quel momento accanto al fuoco, procedendo tuttavia per la sua strada senza fermarsi ad assistere alla situazione.

«Mio signore, aspettatemi!» strillò il ragazzetto correndogli dietro, ma riuscendo a raggiungerlo solo al limitare del campo.

Insieme, o per meglio dire camminando uno due passi avanti all’altro, percorsero in silenzio la strada che correva lungo l’argine del fiume, raggiungendo nel cuore della notte il villaggio abbandonato di cui aveva parlato il Generale.

Tutto intorno era solo buio e silenzio, e persino gli echi della battaglia sembravano molto più lontani; le case erano fatiscenti, alcune incendiate, e quelle poche barche che non erano già state assalite dalle conseguenze dell’incuria apparivano bruciate e devastate, segnali inequivocabili del passaggio di soldati e saccheggiatori.

«Che seccatura» mugugnò Gora avventurandosi in quella specie di cimitero di legno. «Però a ben pensarci potremmo usare il vostro potere, mio signore. Con le sue capacità sarebbe uno scherzo arrivare dall’altra parte.»

L’interessato però non rispose, quasi non lo avesse sentito, seguitando a guardarsi attorno.

«Ah già, dimenticavo» si rispose da solo. «Se usiamo i nostri poteri, quelli ci beccano subito. Dico bene?»

Alla fine, aperta la porta di una specie di rimessa, Gora si imbatté in un piccolo barchino da tre posti provvisto di remi, un po’ vecchio e scolorito ma a prima vista in buono stato.

«Ehi, questo sembra a posto! Forse possiamo usarlo! Mio signore!»

Quando si volse, però, Arthur si stava di nuovo allontanando.

«Vado ad esplorare la zona.»

«Come!? Ma, mio signore! Dobbiamo mettere la barca in acqua!»

Ma fu tutto inutile.

«In altre parole dovrò farlo da solo» imprecò tra sé e sé, prendendo dopo poco a tirare quella barca incredibilmente pesante verso la sponda. «Un giorno o l’altro lo uccido, parola mia!».

 

Arthur girò attorno al villaggio, raggiungendo la palizzata mezza abbattuta ed avventurandosi tra le poche casupole che sorgevano subito dopo di essa.

Non c’era segno di cadaveri o di combattimenti; probabilmente gli abitanti avevano fatto in tempo a scappare.

Entrato in una di quelle catapecchie, il giovane si inginocchiò accanto a quello che restava di un focolare, saggiandone la cenere; era fredda e bagnata, e doveva essere passato molto tempo dall’ultima volta che une pentola era stata scaldata lì sopra.

«Non può essere» mormorò con fare preoccupato. «Anche qui?»

Due occhi rossi si accesero nel buio, strisciando con fare serpentino a pochi passi dal tetto impagliato, puntandosi minacciosi verso il giovane di spalle. Lui non si mosse, apparentemente ignaro, ma come un sibilo sinistro riecheggiò nel silenzio, e quegli occhi si avvicinarono, si volse con grazia felina, afferrando in una morsa la testa triangolare di un essere a metà tra un insetto ad un serpente, la pelle nera e grinzosa, simile al carbone, una bocca a più mandibole concentriche ed un lungo corpo sinuoso, che immobilizzato tentava inutilmente di liberarsi.

Dopo averlo stretto fin quasi a soffocarlo Arthur lo sbatté violentemente a terra, schiacciandolo sotto il piede, e un attimo dopo che ebbe infilato la mano nel mantello il luccichio scintillante di una lunga e slanciata lama diamantata parve quasi accecare la creatura, che ebbe appena il tempo di guardare quell’oggetto meraviglioso prima che la punta gli tranciasse di netto la testa, tramutando tutto il suo corpo in una fuliggine densa e fangosa simile a catrame.

Nello stesso istante Gora, che era riuscito finalmente a mettere a mare la barca e cercava di riprendere fiato, quando una improvvisa e sgradevole sensazione lo fece trasalire.

«Ma cosa…» disse incredulo.

Quando raggiunse, di corsa, la capanna, Arthur ne stava già uscendo, la spada ancora in mano e lo sguardo basso.

«Mio signore, era…»

«È passato da qui. Era uno dei suoi servitori.»

«Quindi… era davvero… un seed

«Muoviamoci.»

Senza aggiungere altro salirono entrambi in barca, immergendo i remi in acqua e prendendo a pagaiare il più velocemente possibile verso l’altra sponda, mentre i fuochi in lontananza aumentavano progressivamente di intensità, tingendo il cielo nero di un tetro bagliore rosso sangue.

 

 

Nota dell’Autore

Salve a tutti!^_^

Eccomi qua con una nuova storia, stavolta eccezionalmente distaccata dalle altre inerenti alla saga di Tales Of, la cui lunghezza dovrebbe attestarsi attorno agli 8-10 capitoli, prologo escluso.

Come ho accennato nell’introduzione si tratta di un sequel de “La Mano della Dea”, scritto dalla mia grande amica e beta Ely, ovviamente con il suo benestare.

Se non l’avete fatto andatela a leggere, perché merita, senza contare che in caso contrario vi sarebbe difficile riuscire a capire questa.

Spero che incontrerà il vostro interesse.

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
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