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Autore: Alex96_    30/10/2014    3 recensioni
[Storia partecipante al contest di Chara "Peppa in Reverse"]
Dal testo:
"Non ce la faceva più. Era stanca, completamente esausta e prosciugata delle sue energie. Gli arti apparivano appesantiti e atrofizzati al suo stesso corpo e la sua mente ormai era solo un’insieme di materia celebrale. La sua vita era vuota, non c’era niente per cui valesse la pena lottare o, quantomeno, cercare di reagire. Si sentiva impotente e completamente succube della sua psiche malata che la teneva imprigionata nell’apatia. Non sapeva neanche quando fosse iniziata quella fase della sua vita; a volte quando ci pensava arrivava a credere fosse nata con lei. Non ricordava un momento nel quale avesse percepito qualcosa di diverso dal disinteresse, dalla noncuranza e dal distacco completo verso ogni aspetto della vita. Non rammentava di aver mai provato qualcosa anche remotamente simile a un’emozione: per lei non c’era mai stata una scintilla, mai un fuoco ad animarla, mai un brio, un desiderio di sperimentare e godersi i piaceri che offriva il mondo."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Non ce la faceva più. Era stanca, completamente esausta e prosciugata delle sue energie. Gli arti apparivano appesantiti e atrofizzati al suo stesso corpo e la sua mente ormai era solo un’insieme di materia celebrale. La sua vita era vuota, non c’era niente per cui valesse la pena lottare o, quantomeno, cercare di reagire. Si sentiva impotente e completamente succube della sua psiche malata che la teneva imprigionata nell’apatia. Non sapeva neanche quando fosse iniziata quella fase della sua vita; a volte quando ci pensava arrivava a credere fosse nata con lei. Non ricordava un momento nel quale avesse percepito qualcosa di diverso dal disinteresse, dalla noncuranza e dal distacco completo verso ogni aspetto della vita. Non rammentava di aver mai provato qualcosa anche remotamente simile a un’emozione: per lei non c’era mai stata una scintilla, mai un fuoco ad animarla, mai un brio, un desiderio di sperimentare e godersi i piaceri che offriva il mondo.
Si limitava ad esistere, non avvertiva il bisogno o la necessità di vivere, di emozionarsi e provare sentimenti, non voleva sopravvivere a niente. Le bastava essere al mondo e fluttuare leggiadra nella sua orbita. Come un fantasma di un’anima ancora legata al piano terreno, osservava le esistenze altrui da vicino, vedeva le persone attorno a lei crescere, scoprire il mondo giorno dopo giorno, innamorarsi e portare nuove vite al mondo.
Eppure lei non aveva mai avuto tali inclinazioni, non si era mai interessata all’altro sesso – o al suo stesso sesso, per quello che contava – e non aveva mai avuto intenzione di essere nient’altro che una spettatrice sulla Terra. Una piccola parte le suggeriva che non l’avesse sempre pensata così, ma anche se si sforzava non riusciva a ricordare un momento in cui avesse avuto altri non-sentimenti. Conduceva una vita perfettamente funzionale agli occhi scrutatori del mondo esterno: non aveva mai causato fastidi ai suoi genitori, aveva preso il diploma con il massimo dei voti e si era trasferita il più lontano possibile le sue finanze potevano portarla non appena aveva compiuto la maggiore età, si era cercata un lavoro ed era una segretaria efficiente e scrupolosa che svolgeva i suoi compiti nel migliore dei modi.
Eppure era diversa da tutti gli altri perché nella sua vita non aveva mai interagito con nessuno; non c’erano mai stati pigiama party con le amiche, accompagnatori per i balli scolastici o cene con i colleghi di lavoro. Non era mai riuscita a connettere neanche con i suoi genitori o a provare amore nei loro confronti; ricordava ancora quando la se stessa tredicenne gli aveva detto di non provare alcun sentimento. Poteva rammentare perfettamente lo shock e lo strazio dipinto sui loro volti, non erano emozioni che lei avrebbe mai sperimentato, ma ormai era diventata piuttosto brava nel decifrare quelle altrui. Quella sua uscita le era costata cara però e l’aveva trascinata dritta nel vortice di ospedali, centri psichiatrici, studi di psicologi e psicoterapeuti affermati. Termini come «Anaffettività», «Alessitimia», «Disturbo Antisociale di Personalità» l’avevano accompagnata durante tutta l’adolescenza senza significare per lei più di un’insieme di consonanti e vocali. Era incapace di provare emozioni? Lo sapeva già, ma i suoi genitori avevano bisogno di sentirselo dire da persone qualificate e considerato come loro erano le uniche due persone che non trovasse completamente insignificanti, li aveva assecondati; aveva preso i farmaci che le avevano prescritto ed era stata alle sedute di psicoterapia finché ogni dottore non le aveva dato lo stesso esito: lei non poteva essere curata.
Non che le interessasse ovviamente, non conosceva altra vita che non fosse quella da spettro, non avrebbe mai concepito mischiarsi ai suoi coetanei in luoghi affollati come pub o discoteche, eppure le era impossibile ignorare che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato dentro di lei.
L’aveva sempre saputo ed era per questo che all’età di venticinque anni si era rivolta nuovamente alla terapia da un dottore anticonformista che le aveva dato una definizione atroce nel momento in cui l’aveva vista:  «bambina viziata e piagnucolona che non ha mai avuto problemi nella vita e se n’è creati di nuovi e strambi». Era rimasta sorpresa più dalla consapevolezza di essere in grado di provare stupore, che dalla schiettezza dell’uomo e aveva smesso di andarci subito dopo quella prima visita. Non aveva bisogno di cambiamenti, poteva continuare perfettamente a condurre la sua esistenza come aveva fatto prima di incontrarlo. Nonostante tutto però aveva sperimentato giorni carichi di agitazione nei quali era stata sempre all’erta, come se da un momento all’altro avrebbe potuto essere soggetta di un repentino sbalzo umorale che l’avrebbe improvvisamente portata singhiozzare disperata o a sospirare in preda alle illusioni indotte dall’amore. Ma niente di tutto ciò si era realizzato: le sue paure non si erano manifestate e lei era finalmente tornata alla sua routine consistente di una corsa mattutina seguita dalle ore di lavoro, da un pranzo in casa e dal pomeriggio trascorso tra faccende domestiche, zapping alla TV e la lettura di un buon libro.
Per la prima volta però la noiosa routine che aveva sempre apprezzato la infastidiva terribilmente, le ore sembravano essere infinite e i giorni non passare mai e lei non sapeva come scuotere se stessa affinché non provasse più quel cruccio.
E poi c’era stata quella prima volta. Un banale incidente mentre cucinava e si era tagliata su un dito, ma era bastata quella singola stilla di sangue, quel bruciore provato dalla lama e quella scarica di adrenalina per farle rizzare la peluria e salivare la bocca dall’entusiasmo. Ma era ridicolo ciò che stava sperimentando, così si era forzata a scuotere la testa e aveva lasciato scorrere l’acqua sotto al dito, anche se le si era formata una strana sensazione alla bocca dello stomaco alla quale non aveva potuto opporre resistenza.
Non era stato fino a mesi dopo che aveva iniziato a guardare con rinnovato interesse le vene azzurrine dei polsi. Avevano un aspetto così allettante tanto le domande che affollavano la sua mente – avrebbe prevalso il dolore o l’eccitazione? Fino a quanto a fondo poteva andare? Come sarebbe stato vedere le sue lenzuola immacolate ricoprirsi di sangue scarlatto? Se ne sarebbe accorto qualcuno se non fosse sopravvissuta?.
La morbosità dei suoi pensieri non la spaventava affatto, sentiva solo pervadersi da una crescente euforia che mai prima l’aveva sfiorata.
Era iniziato così, come un esperimento sociale per testare i suoi limiti, ma si era trasformato subito in qualcosa di estremamente pericoloso e letale già dal secondo taglio, al quale era seguito un terzo  e un quarto e un quinto e un sesto e, ben presto, le sue braccia grondavano sangue. Fiotti e fiotti di liquido denso e rosso impregnavano le sue lenzuola egiziane e un odore metallico rendeva l’aria satura. Sentiva il suo respiro farsi sempre più lieve, i suoi arti erano ormai pesi morti e atrofizzati che la tenevano immobile al letto e la stanchezza la trascinava in un mondo di ombre e silenzi eterni. Era libera, finalmente e totalmente libera





Angolo Autrice:

Salve a tutti! Questa storia è partecipante al contest indetto da GiunsPeppa In Reverse”  e ho cercato di interpretare le caratteristiche del mio pacchetto al meglio delle mie possibilità con una donna anaffettiva e incapace di provare sentimenti, che non ha ambizioni, niente da guadagnare o perdere nella vita e che pertanto non le interessa neanche morire. 
Non ho altro da aggiungere, credo di essere riuscita con la storia a trasmettere il mio messaggio, quindi ringrazio chi l’ha letta e vorrà farmi sapere cosa ne pensa ^^
Grazie mille a tutti, Alex. 

Link utili: Pagina Autrice FB - Profilo FB - Profilo EFP - ASK
   
 
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