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Autore: EleEmerald    30/10/2014    1 recensioni
Cosa faresti se incontrassi una persona come te, identica in tutto e per tutto? Riusciresti a fidarti dei tuoi genitori che affermano tu sia loro figlia? La protagonista della nostra storia dovrà fare i conti con un'inevitabile verità. Tra amori, bugie, pianti e paure, la ragazza scoprirà chi è veramente.
"La ragazza tende la mano per aiutare ad alzarmi. Alzo la testa e spalanco la bocca. La ragazza davanti a me ha i capelli castani come i miei, più corti però, le arrivano alle spalle. Ha il mio stesso viso e ha gli occhi di un azzurro chiarissimo. Siamo due gocce d'acqua. Identiche."
Genere: Malinconico, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell'autrice: Ehi! Lo so...non mi faccio sentire da settimane e dico "Ehi" (Ogni riferimento ad Harry Potter non è puramente casuale) In queste settimane sono stata sommersa fino al collo da verifiche e interrogazioni  e ho scritto questo capitolo nelle pause dello studio. Questo capitolo è dedicato a Shadow writer perché è stata lei a chiedermi di scriverlo. Lo so. Fa abbastanza schifo e siccome era corto ho aggiunto quell'epilogo di cui vi ho parlato l'altra volta che fa tre volte più schifo. Vi prego perdonatemi. Alla prossima storia e buona lettura. 


È passato un mese e mezzo dopo il mio incontro con il medico. Fa così freddo che un semplice calorifero non basta a riscaldare neanche una piccola stanza. La neve ha cominciato a cadere ieri a piccoli fiocchi e ormai tutta la città è coperta da un sottile strato di ghiaccio.  Strofino le mani per scaldarmele, nonostante stia indossando dei guanti blu, intonati alla sciarpa, e poi torno a dare la mano a Marco. Ho sempre odiato i fidanzati che si danno la mano per strada e ora sono una di loro, non capivo perché lo facevano, mi sembrava così stupido. Ma avere la sua mano nella mia mi fa sentire sicura e felice e quando me la stringe so che non sono sola al mondo. Stiamo andando in quel posto in cui vado molto spesso ormai: la casa di Elettra. Ho finalmente deciso di raccontare tutto quello che mi è successo ai miei genitori e per farlo ho bisogno di lei. 
Lei esce subito di casa, indossa un cappellino rosso e un giubbotto che ha l'aria di essere molto pesante e molto più caldo del mio, vorrei indossarlo io perché ho l'impressione che potrei morire di freddo da un momento all'altro. Il suo sguardo indugia sulle nostrr mani unite e poi fa un grosso sorriso. Marco non mi aveva mai tenuto la mano o baciato di fronte a lei. In effetti non so neanche che effetto gli faccia andare in giro con due ragazze identiche, se fossi lui sarei molto a disagio. Ho chiesto a Marco di accompagnarmi da Elettra prima di tornare a casa perché avevo paura di fare la strada da sola, non volevo pensare a cosa sarebbe potuto succedere dopo. 
- Vi accompagno fino a casa - dice.
Lo ringrazio mentalmente. 
Elettra inizia a raccontarmi quello che le è successo il giorno prima, non sembra agitata, in fondo lei ha già risolto tutto. Ma io ho già aspettato molto era meglio farlo molto prima.
Arrivati a casa vedo mia madre che mi aspetta, guardando fuori dalla finestra. Le faccio segno di chiudere le tende e di tornarsene in cucina e lei fa finta di farlo, ma so che in realtà sta guardando. 
Prima che possa avvisare Marco che mia mamma ci sta guardando lui mi da un bacio a stampo e mi augura buona fortuna, andando via. Mi volto verso la finestra, rossa come un peperone ma mia mamma non c'è, probabilmente è andata a ridacchiare da mio padre. 
Entro in casa e dico a Elettra di aspettare a entrare in cucina dai miei genitori quando glielo dirò io. In cucina mia mamma sta raccontando a mio padre quello che ha appena visto, gesticolando.
- Mamma, papà voglio dirvi una cosa importante - dico io con un sospiro.
Mia mamma si volta verso mio padre terrorizzata: - Che cos'è successo?
- Vi prego non reagite male. Vi ricordate quando vi ho chiesto se avevo una parente di nome Elettra?
- Si - dice mio padre - Non ne hai.
- Non è proprio esatto - guardo la porta.
- In che senso? - chiede papà. 
- Nel senso che ho incontrato una ragazza e...Insomma lei è uguale a me - controllo la loro reazione.
- Stai pensando che ho abbandonato una bambina? Non potrei mai farlo. Sarà sicuramente una coincidenza e poi non credo che tu sia così uguale a lei - dice mia mamma, sta cercando di capire quello che ho detto.
- Siamo identiche mamma...
Si porta le mani al viso. 
- ...ma è tutto risolto. Ho aspettato di scoprire tutto prima di dirvelo.
- Cosa dovevi dirci? Cos'hai scoperto?
Vado ad aprire la porta e faccio entrare la mia "gemella". Mia madre resta un po' sulla sedia, immobile, poi si alza di scatto per correre da Elettra, mio padre impallidisce sulla sedia. 
- Sei uguale a Christal - dice mia mamma con una mano sulla guancia di Elettra.
- Ehm si - lei arrossisce a quel contatto con una sconosciuta.
- Mamma, mettiti seduta.
Guardo Elettra e insieme gli raccontiamo tutta la storia. Il nostro incontro, le nostre chiamate, le scoperte in ospedale e la ricerca di Christian Meroni. Mio padre è sempre più pallido e non apre bocca. Poi arriviamo alla spiegazione dell'uomo. 
- Quell'uomo - dice mia mamma con una rabbia che non le ho mai visto dentro prima - Voleva portarti via da me. Come ha potuto pensare una cosa simile? Non avrebbe riavuto indietro sua moglie. 
- Lo so - dico.
- Ti ha resa uguale a qualcuno. Ti ha obbligata ad essere come lei.
- No.
- Perché no?
- Io non sarò mai la sua Federica. Io sono soltanto io. Sono tua figlia e lo sarò per sempre, non me ne importa niente dei legami di sangue, un vero genitore è quello che cresce il figlio.
Si alza per abbracciarmi e scoppia a piangere. Stringo l'abbraccio e guardo mio padre, che mi sorride. In fondo sono molto simile a loro, ho preso le loro abitudini. Poi sento l'abbraccio sciogliersi e mia mamma si fionda su Elettra, che fa un balzo indietro ma non riesce a sfuggire comunque dall'abbraccio di mia madre. 
- Non so neanche come ti chiami - dice attraverso l'abbraccio.
- Elettra - risponde lei. E io sorrido.
- Da noi sarai sempre la benvenuta.
E con queste parole so già che Elettra farà per sempre parte della mia vita, come una sorella.


12 anni dopo.
La prima volta che le vidi attaverso lo schermo sorrisi, me lo aspettavo. Dentro di me lo sapevo. La vita ama farci degli scherzi, spesso sono cattivi ma ce ne fa anche di meravigliosi. Come questo. 
Quando lo raccontai a Elettra lei si mise a ridere, credeva la stessi prendendo in giro ma non era così e quando capì che era vero mi strinse in uno di quei caldi abbracci, pieni di amore e felicità, che ricordi per tutta la vita. Aspettavo due gemelle. Omozigote, identiche. Mi ero sempre chiesta come fanno genitori a riconoscere i loro figli ma ora lo so. Nessuno è mai uguale e io lo so meglio di chiunque altro. Una madre sa sempre riconoscere i figli. Anche se spesso, lo ammetto, chiamo Elena con il nome di sua sorella, Beatrice, e viceversa, spero che capiscono qual è il loro nome. Marco è un padre fantastico. Mattia ora ha 20 anni ed è il classico ragazzo per il quale tutte farebbero follie, anche se probabilmente non gli correrebbero dietro se sapessero che quando è con le bambine diventa un bambino anche lui, ma è un bravissimo zio anche se ha rischiato di far cadere Elena due o tre volte. Mamma e Papà ormai considerano Elettra parte della famiglia e lo è davvero. Con quella scoperta la mia vita ha preso una svolta stupenda. Non è stata una cosa brutta incontrare Elettra, anzi. Anche se ho passato un brutto periodo, in cui non sapevo chi ero, ora so chi sono più che mai, e non me lo scorderò mai più. FINE.
  
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