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Autore: Gio_Snower    31/10/2014    2 recensioni
[Liceo!AU - JeanMarco]
Jean Kirshtein partecipa alla festa di Halloween a cui è stato invitato con il migliore amico e fidanzato, Marco Bodt, e la sua allegra e scapestrata cerchia di amici.
Non si aspetta di certo lo "scherzetto" che subirà...
Dalla fic:
«Ecco, bravo il mio ragazzo», esclamò Marco ridendo piano. Le lentiggini coperte dal trucco.
«Ripetilo dopo, quando siamo in privato», gli sussurrò Jean prima di baciarlo.
Marco arrossì.
«Non in pubblico, Jean!», protestò, ma le sue labbra furono subito coperte dall'altro.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Conny Springer, Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Marco Bodt, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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HALLOWEE
 



Le luci troppo forti, la musica alta, una casa piena zeppa di adolescenti e alcolici non sorvegliati; questa era la festa a cui Jean Kirshtein stava partecipando travestito da scheletro grazie a una tuta nera con bianche ossa fosforescenti e un buon trucco sul viso: era Halloween.
Quasi tutto il Liceo di Trost era a quel party, così non gli fu risparmiata la vista dell'odiato, ma nemmeno troppo, Eren Jaeger.
L'arroganza e la stupidità di quel ragazzo lo innervosivano, specialmente i suoi discorsi sul come vivere la loro vita. Che ne sapeva lui? Ognuno poteva decidere per sé e, soprattutto, era naturale cercare il meglio fin da subito, invece di un peggio che può essere migliorato.
Quando l'ennesimo idiota ubriaco lo urtò, i suoi nervi erano già a pezzi, e stava per picchiarlo quando una risata calda e una mano si posarono su di lui.
«Dai, Jean», disse il ragazzo vicino a lui, fissandolo con i suoi caldi e neri.
«Marco, ma...», provò a protestare lui, ma il sorriso dell'altro lo bloccò. Non ammetteva repliche, così come non acconsentiva alla violenza; cosa naturale per Jean, collerico di carattere. Sospirò e si calmò, incapace di combattere l'altro o di contrariarlo.
«Ecco, bravo il mio ragazzo», esclamò Marco ridendo piano. Le lentiggini coperte dal trucco.
«Ripetilo dopo, quando siamo in privato», gli sussurrò Jean prima di baciarlo.
Marco arrossì.
«Non in pubblico, Jean!», protestò, ma le sue labbra furono subito coperte dall'altro. Jean approfondì il bacio, tanto che Marco dovette arretrare e appoggiarsi alla parete. Quasi si staccarono erano rossi in viso, accaldati e un po' eccitati. Jean si leccò il labbro e ghignò.
«Grazie per il dolcetto», disse facendogli l'occhiolino.
«Non volevo lo scherzetto», mormorò Marco, una mano sul viso a bloccare il rossore.
All'inizio Jean, dopo averlo baciato, arrossiva completamente, andando quasi in ebollizione quanto era in panico e accaldato. Ora, dopo averci preso la mano, arrossiva appena un poco, per poi guardarlo con luccicanti occhi ambrati. A Marco questo non dispiaceva per nulla.
«Vado a prendere da bere», annunciò il ragazzo dai capelli neri. L'altro annuì, sebbene si mostrasse tutt'altro che felice.
La gelosia di Jean lo rendeva estremamente felice, poiché la provava anche lui per Jean. Era una delle prove del loro amore quel piccolo senso di possesso nei confronti dell'altro.
Era al tavolo del punch, riempito di dolcetti e decorazioni, quando un ragazzo dalla pelle leggermente abbronzata e dagli occhi del colore dell'acquamarina si avvicinò, un sorriso strafottente sul volto.
«Ehi, Marco!», lo salutò, alzando la mano. Era vestito da Zombie e gli stracci ricoprivano il suo corpo atletico, anche se rimaneva più basso di lui.
«Eren», disse, ricambiando il saluto amichevolmente.
«Bel costume», si complimentò il ragazzo, osservando il costume da Frankestain di Marco.
«Anche il tuo», rispose sorridendo, mentre versava il punch rosaceo dentro due bicchieri alti e trasparenti.
«Senti, è tutto pronto per quello che sai», lo informò Jaeger.
«Non credo sia...», provò a dire Marco, ma in quel momento qualcuno chiamò Eren.
«Scusa, devo andare, alle dieci e mezza davanti alla festa, allora!», disse il ragazzo e tornò nel mezzo della folla.
«Ti sei incantato?», gli domandò Jean raggiungendolo, l'espressione abituale e le sopracciglia aggrottate, come sempre. Gli unici momenti in cui Jean si rilassava del tutto erano quando facevano l'amore, pensò Marco distratto, per poi arrossire violentemente a un cenno dell'altro.
«Guarda quell'idiota di Conny», indicò con la testa il ragazzo vestito da scheletro.
Marco vide Conny, un loro amico basso e pelato, un po' stupido e con una cotta senza speranza per Sasha, ballare mezzo nudo su un tavolo la danza hawaiana e mangiare al volo i dolcetti che gli tiravano fra le risate, gli applausi e le urla di incoraggiamento.
Scoppiò a ridere.
«Vuoi ballare per me, dopo?», domandò a Jean. Poi arrossì vedendo la reazione dell'altro che era diventato rosso fino alla radice del capelli scuri e il cui naso sfavillava come quello di Rudolf la Renna.
Poi partì la vera musica e Jean si lanciò a ballare insieme a Sasha, Conny, Reiner, Berthold, Eren, Mikasa e a un Armin impacciato e a disagio.
Marco si unì a loro, ridendo alle mosse strampalate dei suoi amici. Reiner e Berthold scimmiottarono un balletto classico, in cui Bert era la prima ballerina, Sasha si mise a ballare, abbassandosi sempre di più con la schiena sotto l'asta umana, Armin, tenuta da Eren e Mikasa. Diede una testata ad Armine quando si tirò su all'improvviso alla vista di una mela caramellata.
Jean si mise a ballare la disco-music insieme a Eren, risultando ridicoli e impressionanti così tanto che tutti risero fino al mal di pancia e alle lacrime.
Quando furono le dieci, Eren e Conny sparirono, come nel nulla.
Marco si guardò intorno, volendogli dire che non era tanto sicuro di quello che avevano organizzato, che si era pentito e che non credeva fosse una buona idea, ma i due ragazzi non si trovavano.
Ymir e Historia parlavano con Annie in disparte, mentre Sasha si abbuffava vicino a loro.
«Senti Marco», iniziò Jean, «non capisco perché tu ti sia arrabbiato così tanto ieri».
Il ragazzo travestito da Frankestain guardò il suo compagno negli occhi, cercando le tracce di uno scherzo.
«Perché sei un cretino», gli rispose.
«Ma...».
«Guarda Jean, stai zitto», lo rimbrottò. Non era da lui arrabbiarsi così tanto, ma quello che aveva fatto l'altro ieri l'aveva mandato su tutte le furie.
«Come vuoi», rispose Jean, ma i suoi occhi dicevano che avrebbe ripreso l'argomento poiché era testardo come un mulo. E altrettanto stupido, pensò Marco, comparando il suo ragazzo a un animale conosciuto per i suoi colpi di testa e per la sua apparente stupidità, causata dall'irruenza della sua natura.
Alle dieci e mezza lo portò fuori nel luogo stabilito. Quando vide il luccichio, il segnale concordato, si girò verso Jean e con un sorriso gli disse si aspettarlo lì.
Il ragazzo vide Marco attraversare la strada, due fari all'improvviso, un rumore forte e l'impatto.
Vide Marco cadere sul cemento, il sangue spargersi sotto di lui in un pozza.
Qualcuno urlò.
Jean si sentì sprofondare, il corpo improvvisamente pesante, il cuore che sembrava aver smesso di battere, la testa svuotata e gli occhi vitrei.
«Marco...», mormorò sotto shock. «Marco!», urlò il suo nome quando si fu un attimo ripreso.
Corse verso di lui e si accucciò. Il ragazzo sembrava svenuto e ricoperto di sangue, sembrava morto. Il volto sbiancato dal trucco, gli occhi chiusi, la bocca aperta da cui una lacrima di sangue cadeva.
«Marco, rispondi!», urlò, prendendolo fra le braccia, ma il ragazzo non reagiva. Le lacrime iniziarono a scendere sul suo volto, scendendo dagli occhi ambrati di Jean fino al volto di Marco.
Il ragazzo aprì gli occhi.
«Non piangere», disse.
Eren e Conny spuntarono dal nulla.
«È uno scherzo Jean, ci sei caduto con tutte le scarpe», gli dissero, vedendolo così sconvolto. Nessuno s'era aspettato una reazione così violenta da parte sua, che si sfogava solo nei momenti di ira o di estremo cinismo.
«Tu...», mormorò guardando Marco, «Deficiente!», gli urlò contro.
«Jean...», sussurrò Marco, abbassando lo sguardo.
«Sei vivo!», esclamò Jean abbracciandolo, seppellendo il volto rigato di lacrime nell'incavo della sua spalla.
Marco lo abbracciò, sentendosi uno schifo.
«Scusami Jean, scusami», ripeté.
«Noi andiamo, amico», disse Conny guardando Eren che annuì. Marco chiuse gli occhi in segno di assenso, poi posò una mano sulla nuca di Jean e iniziò ad accarezzarlo, cercando di calmarlo.
«Ho avuto così tanta paura...», mormorò il ragazzo, la voce spezzata, il segno delle lacrime sul suo volto.
«Shhh, mi dispiace, ma calmati, sto bene».
«Per fortuna...», fu la risposta di Jean, «Ma perché l'hai fatto, stupido idiota?!»
«Per ieri», fu la replica seria di Marco che si staccò e si alzò insieme all'altro.
«Ma...».
«Mi hai profondamente ferito Jean», mormorò il ragazzo dai capelli neri in tono amareggiato. Non mostrava spesso i suoi veri sentimenti se non con lui. Era come se il carattere di Jean, anzi, lui stesso, lo obbligasse ad aprirsi, a parlargli come non riusciva a fare con nessun altro.
«Te lo dirò oggi».
«Dimmi».
«Ieri è venuto mio padre, sa che sono fidanzato con un ragazzo», gli rivelò Jean.
«E?», domandò Marco.
«Non ne è felice, vuole mandarmi in una scuola militare, ma mia madre si è opposta poiché...», arrossì violentemente e si bloccò.
Esortato dallo sguardo dell'altro, continuò.
«Gli ho detto che ti amo molto e che volevo vivere la mia vita con te... Ero disperato», confessò.
Marco iniziò a ridere. Si sentiva così felice!
«Siamo due cretini, eh?», borbottò Jean.
«Sì!», fu l'allegra risposta del ragazzo.
Un sorriso complice bastò a far passare tutto.
Ritornarono alla festa mano nella mano, così felici e soddisfatti e innamorati che sembravano brillare di luce propria; si divertirono ancora un po' e a mezzanotte annunciarono agli altri che se ne andavano.
Ritornavano a casa di Jean, vuota a causa dell'assenza quasi universale dei loro genitori che, a causa del lavoro, si assentavano lasciandolo da solo.
Salirono le scale baciandosi, abbracciati in una morsa piena di eccitazione, gli ormoni a mille.
Entrarono in camera sua e Jean spinse Marco sul letto mentre si tirava giù la cerniera del costume e l'altro si toglieva la maglietta e si apriva i pantaloni sbrindellati e fintamente sporchi.
Jean salì sul letto e iniziò a baciarlo profondamente e a scorrere con la mano sui petto e sul ventre del suo ragazzo che gemeva sotto quelle carezze e gli teneva le mani dietro al collo, esigendo di più.
La mani di Jean scesero lentamente, in una sensuale carezza, e tolsero lentamente i pantaloni e gli slip al compagno che arrossì violentemente.
Ghignò vedendo l'eccitazione dell'altro, così si abbassò e decise di vendicarsi per il brutto scherzo subito. Iniziò a mordicchiarlo, a torturarlo, a lasciarlo prima che l'altro raggiungesse la piena soddisfazione.
«Jean, Jean», continuava a mormorare Marco fra i gemiti.
«Insieme», sussurrava l'altro.
Nascondeva l'emozione che lo prendeva ogni volta.
Tutte le volte che facevano l'amore, Jean si sentiva come se fosse la prima.
Lo toccava, lo esplorava, lo faceva gemere assaporando il suo della sua voce come se non l'avesse mai sentita prima, come se non conoscesse il corpo di Marco, ogni sua singola lentiggine, a memoria.
Arrivò il momento in cui Marco si aprì a lui e Jean non esitò a spingersi, unendo i loro corpi, facendoli diventare un tutt'uno. Per tutta la notte lo amò.
Nel mezzo, non poté non arrossire e eccitarsi alle parole d'amore del suo ragazzo che tra un ansimo e l'altro boccheggiava e balbettava dei «ti amo» pregni di significato, di vero amore e sentimento.
Quando finirono, Marco si appoggiò al braccio muscolo di Jean con la testa, esausto.
Lo baciò sulle labbra e gli sorrise.
«Voglio uno scherzetto del genere anche il prossimo anno!», esclamò.
«Io faccio a meno dello scherzetto, ma voglio sicuramente il dolcetto», fu la risposta di Jean.
Marco ridacchiò, poi si addormentarono, pienamente soddisfatti dell'Halloween passato. 

 
   
 
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