Anime & Manga > Saint Seiya
Ricorda la storia  |      
Autore: Woland Mephisto    01/11/2014    1 recensioni
Sentì due mani e due braccia che lo sollevavano dal pavimento e lo tenevano vicino a un petto caldo e col cuore pulsante. Sentì delle lacrime non sue che gli cadevano sul viso e lo solcavano. Si sentì meglio al pensiero che il suo adorato allievo non lo pensava un essere misero e senza pietà.
"Ti affido Athena, proteggila".

La fine della vita di Camus di Aquarius raccontata dai suoi ricordi, dal suo rimorso e dalla sua visione delle cose: nel freddo castello del dio della Morte, il Saint di Athena ci racconta la scoperta di poter essere Saint, l'amicizia con Milo dalla sua nascita fino alla fine, il rapporto con il suo allievo, il tradimento.
Troverà la forza di mostrarsi veramente, alla fine?
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Aquarius Camus, Cygnus Hyoga, Scorpion Milo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nell'oscuro, freddo palazzo di Hades, mentre Zelos di Frog infieriva sulle sue membra stanche e indebolite dal sorgere del sole, il cavaliere di Aquarius, cieco, muto e paralizzato com'era, tornava indietro, nelle passate memorie della sua breve vita.
Si vide passeggiare spensierato e felice tra i prati dalle alte erbe della campagna a est di La Roche-Sur-Yon, in cui viveva con i suoi genitori. Sorrideva sempre, quand'era bambino. Pensò che l'inverno era entrato nella sua vita troppo presto e che quelle passeggiate, quella leggerezza dell'animo, quel suono di risate semplici e vere non gli era mai più appartenuto dopo la sua infanzia.
Zelos, quel farabutto, quell'insolente, quel miserabile, continuava a prendere a calci il suo corpo inerme. Le sopracciglia gli si piegavano in un'espressione di dolore, ma dai suoi occhi traspariva soltanto vuoto.
Pensò alla sua prima casa, a La Roche-Sur-Yon, una piccola casa bianca, di un piano soltanto, circondata da un bellissimo giardino ben curato. In molte giornate di sole aveva giocato in quel giardino splendido, con i suoi amici, spesso rotolandosi anche nell'erba.
Da quanto non riusciva più a sentirsi felice?
Ricordò quel giorno in cui aveva incontrato Aiolos di Sagitter, di sette anni più grande di lui, in una delle stradine di campagna che stava percorrendo per tornare a casa. Gli era sembrato così forte e sicuro.
Per un momento, tra le malevole risate di Zelos, abbozzò un sorriso.
Aiolos...da anni non lo rivedeva! Avrebbe voluto chiedergli scusa per aver creduto alla facile menzogna, adesso che anche lui sapeva cosa significava esser scambiati per traditori, adesso che pur ricoperto dell'onta del tradimento stava morendo per la Dea, così come Aiolos stesso anni addietro.
Ricordava ancora chiaramente Aiolos che gli parlava, e sentiva in maniera distinta ogni articolazione prodotta dalla sua voce, quella voce che, da bambino, gli era sembrata così amichevole e vicina al cuore.
"Ciao, piccolo. Sono sulla strada giusta per La Roche-Sur-Yon?"
Lo guardava con sguardo rapito e nel contempo vivace e curioso.
"Sì, la strada prosegue per molto però" rispose lui.
"Grazie, piccolo, sei davvero molto gentile" ricambiò il ragazzo con la voce d'arpa.
"Posso venire con te?", ribatté con il sorriso più gioioso e impaziente che avesse mai avuto sul volto.
"Ma certo, sarebbe bello se mi accompagnassi!"
Sentiva già l'amicizia del ragazzo più grande insinuarsi nel suo giovane cuore. E non ebbe torto.
Perché doveva, ora, giacere inerme di fronte a un nemico così sfrontato e povero di spirito? Perché un uomo come lui, uno che aveva conosciuto un eroe, un eroe vero doveva subire quella vergogna che in quel momento non riusciva a scacciare dalla sua mente? E i suoi amici, lì, accanto a lui, non potevano neppure aiutarlo, trovandosi nella stessa, misera condizione.
Amici...
Amico...
Rivide per un momento dinanzi a lui uno sguardo caloroso e pieno di vitalità, appartenente a due meravigliosi occhi azzurro cielo.
Era ancora ragazzo, quando, arrivato al tempio insieme ad Aiolos, che era andato a cercarlo in Francia per addestrarlo con gli altri giovani compagni, aveva d'istinto sentito di dover rispondere alla frase di un ragazzo dai capelli color dell'oro. Questo ragazzo, della sua stessa età, aveva semplicemente detto "Ciao a tutti, io mi chiamo Milo!", e aveva sorriso con allegria e vitalità. Nessuno, però, gli stava rispondendo. C'erano un ragazzo molto alto e grosso e uno dai lineamenti baschi che parlavano da una parte, poi c'era un gruppetto di tre ragazzi, uno biondo, molto tranquillo, con gli occhi chiusi, un altro con i capelli color paglia e gli occhi chiari e un terzo con i capelli di un biondo tanto chiaro da risultare facilmente uno proveniente dal Nord Europa e gli occhi dolcissimi, che parlavano a bassa voce e molto timidamente; infine, c'erano altri due ragazzi che se ne stavano ognuno per conto proprio, l'uno dai capelli argentei e l'aspetto corrucciato che stava appoggiato a un muro, e l'altro che era intento a guardare il cielo con i suoi occhi verdi, e sembrava molto contento. Allora decise di farsi coraggio, e rispondere "Io mi chiamo Camus", tendendogli la mano. Milo aveva una stretta di mano molto forte e decisa, a differenza della sua che era gentile e sembrava molto più distaccata.
Per anni erano stati migliori amici, per anni si erano amati come fratelli! Il pensiero di uno era quello dell'altro. Si capivano con un solo sguardo, e spesso con lui ne avrebbero avuto bisogno un po' tutti.
Ma quand'è che aveva cominciato a diventare così freddo?
Milo...era sempre pronto ad aiutarlo, quando ne aveva bisogno! E senza neanche che glielo chiedesse...e ora, che cosa poteva pensare di lui?
Si ricordò dell'investitura; quel giorno era stato così felice di aver ricevuto l'armatura di Aquarius per cui tanto si era addestrato, per cui tanto aveva studiato, per cui tanto aveva lottato! Era il giorno più felice della sua vita. Si rivide, in ginocchio, mentre, indossando quasi tutta l'armatura, il Gran Sacerdote del Sacro Tempio gli poneva l'elmo sul capo.
"Giuro di servire la Dea Athena e combattere per lei, di difenderla a qualunque costo, finché la Pace non regni sovrana o la morte mi colga".
Quello era il giuramento. E lo aveva sempre rispettato, a qualunque costo per davvero! Non avrebbe mai pensato che il prezzo sarebbe stato anche quello dell'ignominia e del sangue di un compagno.
Si ricordò che dopo la cerimonia, Milo lo guardava intensamente.
"Perché mi guardi in quel modo, amico mio?"
"Non so se è una mia impressione, ma non sembri particolarmente felice. Eppure hai sudato tanto per quell'armatura!"
"Ma che dici? Oggi è davvero il giorno più felice della mia vita, è la realizzazione di un sogno!"
"Allora perché non ti ho ancora visto sorridere, oggi?"
"Sarà perché il mio addestramento mi ha chiuso anche più di prima...mi è difficile, ora, riuscire a esternare davvero i miei sentimenti e i miei pensieri. Quanto t'invidio, Milo!"
"E perché dovresti invidiarmi? Non ho nulla che tu non abbia!"
"E invece, caro amico, ti invidio, perché nei tuoi occhi e sul tuo volto tutti possono leggere ciò che vuoi esprimere, e tutti ci vedono sempre energia, vitalità e forza! Ogni emozione passa attraverso i tuoi occhi...le mie, invece, se ne restano rintanate nelle cavità del mio cuore."
"Ma non c'è nulla da invidiare in questo! Sei un'ottima persona anche tu, e qui al tempio lo sanno tutti! Vedrai che un giorno riuscirai anche tu a mostrare tutto ciò che provi."
Non aveva saputo credergli. Eppure c'era stata una volta, una soltanto in cui aveva mostrato davvero il suo dolore.
Gli tornò alla mente il suo amato allievo. Anche lui sapeva sorridere e gioire, e dimostrare le sue emozioni.
Hyoga...era stato per lui l'allievo perfetto, colui di cui era stato maggiormente fiero! Si sentì, per un poco, soddisfatto di sé stesso, mentre quell'abominio ancora lo derideva e premeva i piedi sul suo capo.
Ma quanto era dolce, e contemporaneamente doloroso, in lui, il pensiero di Hyoga.
Si ricordò dell'angoscia che provò nella sua discesa verso la settima casa, dopo essere intervenuto nella mente di Gemini per salvare l'amato allievo dalla Dimensione Oscura. Come avrebbe fatto ad insegnargli la freddezza se per primo si mostrava così preoccupato per la sua sorte? Avrebbe dovuto far leva su ogni sua minima energia per mostrarsi il più possibile disinteressato a lui. Quel ragazzo doveva assolutamente togliersi dalla testa i fantasmi del suo passato, solo così poteva diventare un eroe e continuare la sua missione. E lui, Camus, avrebbe fatto qualunque cosa per fare in modo che ciò si compisse.
Stava per versare calde lacrime anche lì, davanti alla grande arpa di Pandora, per aver tolto il ricordo di una madre a un ragazzo. Al suo allievo, che per lui era ormai come un figlio. Ma si trattenne, come sempre aveva fatto in tutti gli anni addietro.
Si rivide mentre lo rinchiudeva, senza pietà, nella bara di ghiaccio. Voleva solo proteggerlo, ma soffriva anche nel farlo in un modo così crudele. Era quello l'unico momento in cui aveva saputo mostrare i suoi sentimenti. Ma perché riusciva a mostrare solo dolore? Perché non riusciva a mostrarsi mai contento?
Non era più felice da tempo, eppure sapeva della felicità che avrebbe potuto avere.
Quando vide Milo sulla soglia dell'ottava casa, mentre risaliva alla sua, cercò di non farsi vedere in lacrime. Ma sapeva di non poter nascondere nulla al suo migliore amico. E, infatti, Milo gli venne incontro, proferendo queste parole:
"Che cos'hai, Camus? Non ti ho mai visto in questo stato! Che cosa può mai rappresentare per te quel ragazzino impudente?"
"E' come un figlio per me, non parlare di lui in questo modo!"
"Camus, sei fuori di te. Non mi hai parlato con questa foga..."
"Hai ragione, amico, perdonami. Mi sento così male, così misero, ad aver rinchiuso il mio allievo prediletto in quel feretro. Sono un uomo senza umanità!"
"Non è vero, Camus, e il fatto che tu dica queste parole lo prova; ti prego, ora, smetti di piangere. Mi fai preoccupare."
"Non spendere le tue energie a preoccuparti per un essere miserando come me. Non merito la tua attenzione, Milo, non merito l'attenzione di nessuno! Ho fatto una cosa orribile, e mi sento così colpevole..."
"Camus, hai fatto la cosa più giusta per lui. Lo so che vuoi proteggerlo. Non volevi che venisse ucciso da uno di noialtri, e posso comprenderti. Calmati, ora, te ne prego."
"Mi calmerò. Ma ti prego, ora lascia che torni alla mia casa. Ho bisogno di stare da solo."
E' incredibile, era passato tanto tempo e sentiva la comprensione e la vicinanza di Milo ancora sulla pelle e dentro l'anima. Cosa avrebbe dato per poterle meritare ancora!
Più misero ancora era diventato da quel giorno funesto. Sì, il giorno della sua stessa morte. E ancora rimpiangeva di essere morto senza nemmeno aver detto una parola di gratitudine e affetto al suo amico più fidato. Non lo aveva mai salutato davvero, non gli aveva mai detto di volergli veramente bene. Gli aveva solo detto di voler stare da solo.
Ed è proprio da solo che morì, quel giorno.
L'ultima cosa che vide furono le lacrime calde di quell'allievo che l'aveva superato. E si rese conto di essere inutile. L'unica utilità della sua vita era stata quella di poter aiutare il suo allievo a superarlo. Ma non aveva avuto nessun altro ruolo, nessun'altra importanza. L'inutilità era l'espressione del suo essere. Non riusciva nemmeno ad esternare le sue emozioni, che utilità poteva avere uno come lui?
E in quel momento più che mai lo pensava. Che utilità poteva avere un uomo inerme, preso a calci da un viscido putridume disgustoso, che aveva fatto della sua vita un niente, che aveva tradito, seppur falsamente, la Dea a cui si era votato, che aveva ucciso un suo nobile compagno, che era ormai nudo davanti a se stesso? Oh, nessuna. Nessuna vita era mai stata sprecata quanto la sua.
Si morse la lingua, il dolore era forte, per i calci, per i ricordi, per la lingua stessa. L'ultima cosa che aveva visto da vivo era il calore delle lacrime del suo allievo, lui che era sempre stato così gelido e distante.
Il gelo, come nella vita, lo aveva avvolto anche nella morte. Il freddo che aleggiava nella Caina lo travolse una volta disceso dall'undicesima casa fino agli inferi truci.
Sembrava eterna la sua sofferenza nel ghiaccio, quando invece si sentì sollevare da una mano calda.
Oh, la sensazione di calore che pervade il corpo dopo un lungo congelamento, com'è violenta, ma quanto è piacevole! Non avrebbe mai potuto desiderare qualcosa più del calore.
Era Shion che lo traeva fuori dalla prigione di ghiaccio che, supino, lo teneva congelato fino agli occhi, in modo che le lacrime si congelassero appena uscivano fuori dalle palpebre sofferenti. Che atroce supplizio, anche per un uomo che aveva vissuto nel gelo la maggior parte della sua esistenza!
Il patto che fece con Shion e gli altri compagni era davvero straziante. Un uomo non dovrebbe sopportare l'onta del tradimento sulla sua pelle, ma lui lo aveva fatto per lei, Athena. Aveva giurato, quel giorno, che a qualsiasi costo l'avrebbe protetta. E voleva mantenere la promessa, per sempre.
E così, dopo un lungo periodo di assenza si era ritrovato a contemplare, ancora una volta, le dodici case, coperto da un lurido manto scuro, mentre Shion stava tentando di piegare il suo fedele allievo. Passò la prima casa e sentì dietro di lui l'immenso cosmo di Libra. Erano davvero troppi anni che non sentiva quell'immensità!
E andava avanti, insieme a Saga e Shura, che come lui dovevano portare sulle gracili spalle umane il peso del menzognero misfatto.
Ricordò con amarezza e delusione l'uccisione del compagno più potente, Shaka di Virgo. L'uomo più vicino agli dei che moriva in un modo così terribile e dissacrante, colpito da un colpo proibito e senza ritegno. La macchia del disonore non sarebbe mai più andata via dalla sua anima.
Che cosa aveva pensato di lui Milo, quando lo aveva avuto di fronte, mentre si accingevano a scagliare ancora l'Athena Exclamation? Che cosa aveva pensato mentre lo portava in spalla fino al cospetto della Dea?
Oh, quello che aveva pensato lo aveva dichiarato apertamente dopo la morte della dea, quando Camus, cieco, aveva sentito due mani vigorose che gli attanagliavano la gola, e la voce di Milo ricolma di rabbia e di furia che gli rivolgeva le domande:
"Perché l'hai fatto? Perché tutto questo? Perché mi hai tradito, vecchio amico mio?"
Avrebbe voluto morire altre mille volte piuttosto che sentire quelle parole e quel disprezzo che l'amico più grande gli riversava addosso, in lacrime.
E ora era lì, dopo la sua missione di sangue, a prendere calci anche da un essere schifoso.
Ma ad un tratto sentì la voce di Hyoga, e degli altri amici, che si rivolgeva a Zelos lo schifoso, e che gli diceva di stare lontano dal suo maestro. Sentì che lo attaccava e lo distruggeva facilmente, con lo zero assoluto che dominava.
Sentì due mani e due braccia che lo sollevavano dal pavimento e lo tenevano vicino a un petto caldo e col cuore pulsante. Sentì delle lacrime non sue che gli cadevano sul viso e lo solcavano. Si sentì meglio al pensiero che il suo adorato allievo non lo pensava un essere misero e senza pietà.
"Ti affido Athena, proteggila".
Le sue ultime parole furono così sentite che lo fecero morire in pace.
Pieno di rimpianti, ma in pace.

 
°°°

Si ritrovò a indossare l'armatura davanti a un enorme muro da abbattere. Il Muro del Pianto.
Guardandosi attorno vide tutti i compagni di un tempo. Vide Aiolos, che abbracciava il fratello tanto amato, e che poi parlava con Seiya, con il suo bel sorriso gentile. Vide Libra e Shura parlare con Sirio e benedirlo e abbracciarlo. Vide Shun di Andromeda che sorrideva a tutti e andava verso Aphrodite, per salutarlo.
Vide il suo migliore amico, Milo, mentre da lontano gli sorrideva. E, guardando davanti a sé, vide Hyoga che andava ad abbracciarlo.
Aveva potuto riflettere tanto dopo il loro ultimo incontro al castello di Hades, e dopo aver saputo che il suo allievo lo ammirava ancora, che era ancora un punto di riferimento e un affetto caro che si portava nel cuore.
Non si era più sentito inutile, riflettendoci. E ora più che mai avrebbe espresso la pienezza della sua vita aiutando il suo allievo e gli altri cavalieri di Athena a superare quell'ostacolo apparentemente insormontabile. Sì, non era affatto un uomo misero e inutile!
Aveva tenuto fede al giuramento, aveva un affetto caro da poter abbracciare, il suo migliore amico gli sorrideva come una volta e sapeva che, anche se non era vicino a lui a dirglielo, gli voleva bene. E poi, è facile combattere contro i nemici, ma non lo è affatto combattere contro gli amici. E' il sacrificio più grande che si possa fare per la Giustizia!
Dissero ai cavalieri di Bronzo di allontanarsi subito.
Ed ecco che arsero. Sì, si consumarono nella luce dei loro Cosmi uniti per arrivare ad eguagliare la luce del sole. E' vero, gli uomini muoiono, ma i loro ideali restano saldi sulla Terra quando li si tramanda ad altri uomini che possano portarli avanti, nel tempo, fino all'eternità.
Prima di morire rivolse un ultimo sguardo a Milo, e nella pienezza dei loro cosmi riuscì a connettersi con lui, e intimargli:
"Ti voglio bene, e ti ringrazio per essere stato sempre con me".
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Woland Mephisto