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Autore: Fanny Jumping Sparrow    01/11/2014    2 recensioni
Era convinto di essere l’unico ad avere il potere di decidere della propria sorte e di quella di chiunque osasse sfidarlo.
Invece alla fine aveva dovuto sottostare ad un umiliante compromesso per sopravvivere.

L’ambiguo legame tra Davy Jones e il Kraken attraverso il punto di vista del dannato capitano dell’Olandese Volante.
Titolo preso in prestito da un brano dei meravigliosi Coldplay.
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Davy Jones
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Swallowed in the sea



Scivolò stancamente sui tasti consunti, componendo un accordo disarmonico.
Non era abbastanza ispirato né dell’umore consono per suonare, così, accendendosi la pipa, uscì dalla sua fatiscente cabina e si concesse un giro sul cassero.


Un asfissiante senso di sconfitta gli soffocava le vene.

Nel cielo livido di pioggia sospesa un sole pallido si riverberava nelle acque agitate e verdastre del mare di inverno.
Panorama desolante e terribile. Spietato e affascinante. La sua bellezza prepotente e primordiale accompagnava ogni singolo giorno della sua prolungata esistenza, eppure quando il suo sguardo lo sfiorava, lo rivoltava sempre nel profondo.
Smania, dolore, eccitazione.
Lo amava. Non ne aveva mai abbastanza di contemplarlo, non avrebbe mai voluto separarsene, nonostante il male indicibile che gli aveva inferto e per il quale lo odiava.
Ne era diventato schiavo, credendo di possederne il controllo, di non soggiacere a quei vincoli materiali e mentali che limitavano le vite degli altri.

Era convinto di essere l’unico ad avere il potere di decidere della propria sorte e di quella di chiunque osasse sfidarlo.

Invece alla fine aveva dovuto sottostare ad un umiliante compromesso per sopravvivere.

L’umidità salmastra impregnava ogni putrido legno appestato di sangue su cui si scontrava la solerzia delle braccia della ciurma, che invano si adoperavano a scrostarlo.
- Lasciate stare le pulizie da vili donnicciole e occupatevi di riapprontare le vele, piuttosto, rognose carogne! – li linciò con spasmodico astio, riprendendo ad aspirare con ingordigia l’acre esalazione dal retrogusto insopportabilmente rancido.
D’altronde alla morte e al suo mefitico tanfo aveva fatto l’abitudine, ci si era addirittura deliziato a tal punto da percepire come nauseabonda e opprimente l’aria che ne fosse priva.

L’oceano in fondo non era nient’altro che un’infinita palude traboccante di morte.

Prima o poi si riappropriava di ciò che era sua proprietà.

E finalmente gli aveva restituito uno dei suoi più formidabili tesori.

La scelta di condannarlo era stata inevitabile. Si era imposta perché quel pezzo di carne fradicia non smetteva di palpitare freneticamente, ricordandogli che esisteva ancora, anche se da anni immemori l’aveva rinnegato ...





“Non riuscirete a braccarlo. Non ha bisogno di emergere in superficie come balene e capodogli. E inoltre è molto più grande, robusto e furbo di qualsiasi fiera marina abbiate mai incrociato. Le vostre ridicole armi gli faranno il solletico.”
Aveva confutato con sprezzo i piani di azione avanzati dagli ingenui e arroganti marinai della Corona britannica.

Lord Cutler Beckett, il loro altezzoso rappresentante, non aveva permesso all’insolente sarcasmo con cui li aveva tacciati di intaccare i suoi ambiziosi propositi. Aveva oltrepassato con flemma il suo viscido leccapiedi Mercer, intimandogli con un gesto affettato di farsi da parte, e lo aveva affrontato con l’imperturbabile sicurezza di chi era consapevole di detenere il coltello dall’estremità del manico.

“Confido che la vostra comprovata conoscenza in materia saprà suggerirvi la tecnica più opportuna con la quale farlo abboccare”, aveva pronunciato adulandolo con schietta diplomazia.

Davy Jones conosceva perfettamente l’immane forza e l’insaziabile appetito di quel mostro. Era in grado di accartocciare vascelli di considerevole stazza come fossero fuscelli e di divorare interi equipaggi senza lasciare traccia. Li seguiva, giacendo dormiente sul fondale, a meno che l’allettante richiamo di una carneficina non lo destasse dal suo apparente letargo.

“Il Kraken non attacca a suo piacimento. A lui serve un’esca viva. E siamo noi di solito a fornirgliela”, si era tradito svelando il segreto legame con quel terrificante segugio.

Un’espressione algida e bieca era balenata sul volto del capo della Compagnia delle Indie Orientali.
“Quand’è così, il nostro amico sarà accontentato al più presto”, aveva mormorato semplicemente, freddandolo.
E, rindossando i guanti di velluto, si era diretto con indifferenza verso la passerella, scortato dal suo fedele seguito.


Non aveva tardato a mettere a disposizione uno spaurito gregge di sacrificabili come pasto.
Chi fossero o da dove provenissero quegli sciagurati, non si era preoccupato di chiederglielo, immaginando si trattasse di rifiuti della società, imprigionati con chissà quali pretesti per essere immolati alla superbia e alla brama di dominio del cinico stratega.

“Perché non si oda grido di gioia e con speranza non guardi più al cielo l’uomo ….”
La voce per un attimo si era spezzata nell’articolare quella formula.

L’argano aveva iniziato a girare ugualmente, e il suo cigolare e stridere gli erano apparsi più accentuati del solito. Una recondita e torpida parte di sé aveva osato sperare che il vecchio ingranaggio si inceppasse o che qualcuno di quei disgraziati si ribellasse all’ordine.
Ipotesi insensata. Quale iniziativa poteva pretendere da scellerate larve prive di coscienza, che si illudevano di essere ancora vive solo se avevano la possibilità di trucidare altri miserabili? Quei maledetti mercenari, ottusi peggio di muli, si affannarono a muovere la ruota, affinché la spaventosa bestia venisse attirata nella subdola trappola.

Il pesante martello schiantandosi propagò un’onda d’urto che scatenò un terremoto sottomarino. L’eco di un ruggito sommerso attraversò la crespa distesa azzurra e un’enorme ombra, risalendo rapidamente dalle profondità, si abbatté sulla chiglia beccheggiante della nave alla deriva, risucchiandola in un vortice di schizzi e spuma.

I derelitti a bordo cominciarono a gettare grida di terrore e disperate richieste d’aiuto.

Sublime musica per le sue orecchie.

I colossali tentacoli emersero strisciando sinuosi sulle ruvide pareti dello scafo, saggiando con le ventose la consistenza della preda, valutandone i punti deboli, quelli in cui attaccare senza tregua. Entrarono nei boccaporti, spazzarono il ponte, trascinarono via ogni artiglieria, e, spingendosi più in alto, sradicarono alberi e pennoni, avventandosi infine sulle vittime predestinate per quel succulento banchetto.

C’erano uomini, donne, vecchi, ragazzini e perfino qualche soldato caduto in bassa fortuna.
Strepitavano come ossessi, dimenandosi invano nelle loro catene di ferro, e tutto quel vociare e cozzare di metallo e carne acuiva l’istinto distruttivo e rapace del gigante marino.

Davy Jones impugnò il cannocchiale per godersi meglio il macabro spettacolo e, in un barlume di moralità, pensò che raramente gli era capitato di imbattersi in un uomo tanto spregiudicato e spregevole quanto quell’anemico nanerottolo inglese.

Lord Beckett, sul suo lustro veliero ancorato poco lontano, trangugiava comodamente il suo insulso tè, assistendo all’orrenda strage che stava consumandosi sotto i loro occhi, ammirato e impressionato da quell’incontenibile fenomeno della natura.

Al suo confronto perfino il Demonio avrebbe dovuto sentirsi quasi una nullità assoluta.
 
Non aveva ancora visto di quale devastazione fosse capace l’Olandese Volante.
Vantava un arsenale capace in pochi istanti di mandare qualsiasi imbarcazione a salutare gli abissi, senza darle il tempo di contrattaccare la sua smisurata potenza di fuoco. Avrebbero iniziato a crivellare il leviatano con una raffica di granate per istigarlo a volgere le sue grinfie verso di loro. E, una volta ottenuta la sua attenzione, lo avrebbero sistemato con qualche altro colpo ben assestato, rispedendolo nella voragine dell’Inferno da cui proveniva.

“Virare di proravia e armare i cannoni!”, aveva sbottato drastico e cruento, sebbene la sua voce non fosse stata incendiata dallo stesso sadico fervore di sempre.
Naturalmente, non gli importava nulla di quel bastardo, benché fossero fatti della stessa pasta avariata, affamati di urla strazianti e anime marce. Lo aveva capito dal primo momento in cui lo aveva scorto avvicinarsi, sfrontato e avido, ai resti di un massacro, per cibarsi della scia dei cadaveri scempiati lasciati dalle loro feroci incursioni. Era ricomparso la volta successiva, e quella dopo, sino a diventare una presenza costante e invocata.

Insieme erano stati i padroni incontrastati dei mari, ma ormai la situazione era cambiata.
Nel mondo non c’era più posto per entrambi.

L’imponente tagliamare fendette le onde pullulanti di corpi mutilati, puntando inesorabile verso la nuda carcassa che stava per affondare, frantumata tra le grosse zanne del mostro.
Una grandinata di piombo lo investì a tradimento, tenendolo sotto tiro sul fianco scoperto, strappandogli un ruggito terrificante e inducendolo a rituffarsi velocemente nell’oscurità, ferito, non ancora sconfitto.

Era solo il principio di quell’epico scontro, ne era certo.
Una colonna d’acqua infatti urtò contro la murata di tribordo, mentre quella di babordo tremò, la poppa cominciò a sollevarsi, ogni chiodo, trave e corda a vibrare, provata dal sostenere un peso abnorme e schiacciante. Il braccio tentacolare più lungo si insinuò sotto la carena, e con minimo sforzò mise fuori uso l'argano a martello, spezzandolo e lanciandone i frantumi sulla tolda.

Alcuni marinai abbandonarono i posti di manovra, non sapendo come comportarsi, altri  caricarono i cannoni laterali a scagliare a ritmo serrato, mancando miseramente il mobile obiettivo, che riusciva puntualmente a scansare la traiettoria dei proiettili.

Una ciclopica orbita sanguigna apparve da dietro il bompresso appuntito, fissando il Capitano dell’Olandese con moto di sfida, avvolgendo con maggiore presa le stritolanti spire al putrescente fasciame della nave spettrale.

Davy Jones sogghignò, un sogghigno amaro che gli contorse la faccia sfigurata.
Quel figlio di puttana era impavido, scaltro e forte, ma il suo cervello restava quello di un animale. Ignorava a quale micidiale arma fosse abbarbicato e lo scoprì troppo tardi.

Quello era stato il suo ultimo letale abbraccio.

Sei archibugi rotanti sbucarono dalla facciata di prua sputando un boato di massa incandescente che lo trafisse.
Un agonizzante ululato di pietra e fuliggine, poi i suoi pustolosi arti avevano perso vigore ed erano ricaduti mollemente nel vuoto, inabissandosi con un lugubre gorgoglio.



Lo aveva affrancato dal suo onorato servizio, dal suo debito.
Non gli doveva più niente.

Ora, almeno lui, giaceva, irraggiungibile e libero, inghiottito dall’oceano.



Kraken-4
Salute a voi, donzelle e marinai :)
Quali sono le ragioni che mi hanno portata a scrivere questa one-shot dai toni decisamente dark?
Il clima di queste feste macabre, non mi ha ispirata, tuttavia è stato il pretesto per pubblicare.
Da un po’ avevo voglia di staccarmi dallo scanzonato Capitan Jack Sparrow e dalla rigida struttura delle drabble. Anche Davy Jones è un personaggio ricco di sfumature, gli avevo già dedicato altre composizioni, perciò si potrebbe dire che sono tornata sul luogo del delitto :P
Avendo riflettuto sulla frase che Beckett pronuncia nel terzo film, "Credevo ti fosse apparso chiaro quando ti ho ordinato di uccidere la tua bestia", mi frullava l’idea di ripercorre gli antefatti di una scena non mostrata che a mio giudizio avrebbe meritato un maggiore approfondimento – come molte altre – e così ho cercato di darle forma, o meglio inchiostro (virtuale). Confido nel vostro giudizio per sapere se ci sono riuscita in qualche modo.

Intanto ringrazio quanti sono arrivati fin qui, dedicando qualche minuto del loro tempo alla lettura.
Al prossimo approdo!)

PS: il titolo è preso in prestito dalla omonima canzone dei Coldplay contenuta nell'album X&Y.


   
 
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