Libri > Le Cronache di Narnia
Ricorda la storia  |      
Autore: Pevensie    01/11/2014    5 recensioni
Ambientato dopo L'Ultima Battaglia
«Susan avrebbe voluto credere a Narnia solo per rendere felice la sorella e veder sparire la delusione dai suoi occhi quando le diceva che erano tutte sciocchezze. Avrebbe voluto che fosse felice di lei almeno una volta nella vita. Ma non era mai successo, così come non era mai accaduto nemmeno con gli altri due. Tutti la odiavano perché aveva dimenticato cosa facevano da bambini. Ma non l'aveva dimenticato, l'aveva solo chiuso in un minuscolo cassettino della sua memoria. Tanto cosa importava di alcuni stupidi giochi d'infanzia?»
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Susan Pevensie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A






No need to say goodbye


Quel giorno il sole splendeva radioso nel cielo e i suoi raggi penetravano dalla finestra illumindando e scaldando quella dimora che non avrebbe più visto alcuna gioia.
Per Susan non esisteva niente di più raccapricciante del posto che lei chiamava 'casa'. Perché era stata così stupida da aver accettato di abitarla dopo che l'avvocato le aveva letto il testamento del Professor Kirke? 
Ogni tanto camminando distrattamente per i corridoi giurava di sentire ancora le loro risate. Allora doveva subito sedersi da qualche parte per non pensare a quel giorno che non riusciva a cancellare dalla sua memoria: ovunque fosse andata, qualsiasi cosa avesse fatto si sarebbe sempre ricordata del treno distrutto, di tutti quei poliziotti che le dicevano di calmarsi, degli occhi vitrei di Peter, del corpo schiacciato di Lucy e di quella strana smorfia di dolore sul viso di Edmund. E poi c'erano anche gli altri corpi: Eustace, il Professore, Polly, Jill e i suoi genitori. 
Una fitta lancinante le trafiggeva il cuore ogni volta e non c'era modo di fermarla perché i ricordi la sommergevano estraniandola dal mondo. Perdeva la cognizione del tempo e dello spazio e quando tornava alla realtà le serviva ugualmente qualche minuto per riprendersi. 
Era circondata di amici, aveva un marito che l'amava e una bambina adorabile eppure si sentiva così sola. Abbandonata a sé stessa, era stata obbligata a crearsi un muro che la dividesse dagli altri per la paura di perdere qualcun altro. L'unica persona che amava davvero era sua figlia: Annabeth. Appena l'aveva stretta fra le braccia, le aveva immediatamente ricordato quando aveva fatto lo stesso con Lucy. Era stata la prima a prendere in braccio sua sorella dopo sua madre. Per lo stesso motivo aveva insistito così tanto a darle un secondo nome: Lucy. Tutte le volte che l'abbracciava immaginava la sua sorellina e riusciva a provare una specie di allegra malinconia. Ma niente, nemmeno sua figlia, riusciva a essere lontanamente paragonabile a sua sorella. Così allegra, piena di vita e spensierata. Ma la cosa che più ammirava di lei era la sua volontà a non voler crescere mai. Ancora credeva, infatti, che Narnia, lo stupido mondo in cui i quattro fratelli fingevano di essere i re e le regine, esistesse davvero e tutte le volte che per sbaglio capitavano sull'argomento Lucy le ricordava tutte le avventure che avevano vissuto. Susan avrebbe voluto crederci solo per rendere felice la sorella e veder sparire la delusione dai suoi occhi quando le diceva che erano tutte sciocchezze. Avrebbe voluto che fosse felice di lei almeno una volta nella vita. Ma non era mai successo, così come non era mai accaduto nemmeno con gli altri due. Tutti la odiavano perché aveva dimenticato cosa facevano da bambini. Ma non li aveva dimenticati, li aveva solo chiusi in un minuscolo cassettino della sua memoria. Tanto cosa importava di stupidi giochi d'infanzia? 
Alcune volte eppure delle immagini delle fantasie che aveva a quei tempi le apparivano nitidamente davanti agli occhi. Si vedeva seduta su un trono circondata dai suoi fratelli, anch'essi re, in un castello di una bellezza magica. 
A vent'anni di distanza da quelle memorie ogni tanto sognava ancora di essere una sovrana insieme alla sua famiglia perché non avrebbe voluto essere in un posto diverso se non con le persone a cui voleva più bene al mondo in un luogo fantastico. Sapeva che tutti quei desideri avrebbero finito per ucciderla un giorno. 

Sentì qualcosa tirarle l'orlo della gonna del suo vestito e tornò con la testa al mondo reale: ogni tanto le succedeva di inseguire il filo logico di alcuni pensieri e non riusciva più a liberarsene, le circondavano il collo e la soffocavano lentamente. Sua figlia le sorrise e le chiese il motivo per cui si era messa così tanto rossetto sulle labbra, pensava che fosse bella anche senza. Annabeth aveva 8 anni ed era la bambina più adorabile e sveglia che avessse mai visto. Senza risponderle prese un fazzoletto e se ne tolse un po'. Un sorriso nacque involontario sul viso della figlia. Amava renderla felice.
-Scommetto che non sei venuta qui per dirmi di togliermi il rossetto.- le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio mentre aspettava una sua risposta.
-So che fra poco dobbiamo andare alla festa della Signora Morrison e che detesti questo gioco ma mi chiedevo se avessi voglia di giocare a nascondino con me..- Non era la prima vola che Annabeth le faceva quella richiesta ma solitamente era sempre presente suo marito, Benjamin, che faceva giocare la bambina. Ma quel giorno egli era per lavoro a Londra e a casa erano solo loro due. 
Ricordi su ricordi le annebbiarono la vista ma una delle parti più recondite del suo cuore le suggerì di assecondare Annabeth. 
In pochi secondi la bambina corse allegramente a nascondersi mentre lei iniziava a contare. Quando ebbe finito Susan si guardò intorno e mise una croce immaginaria sul suo passato, avrebbe dovuto essere forte per il suo bene più prezioso, Annabeth. 
Percorse velocemente tutti i corridoi, senza alcun risultato. Quel posto era davvero fantastico per giocare a nascondino, era talmente grande che essere trovati risultava al quanto difficile. Susan stava scendendo le scale quando si ricordò di un posto in cui non aveva cercato la figlia, invertì la direzione in cui andare ed ebbe la strana impressione di sapere esattamente dove si trovasse la bambina. 
Arrivata a destinazione, sollevò lentamente la parte superiore di una panca e due occhietti vispi spuntarono dall'ombra. Il posto dove lei era solita nascondersi era diventato quello della figlia. Si accorse solo in quel momento di quanto le somigliasse, di quanto fosse cresciuta per la sua età, di quanto usasse la logica in qualsiasi situazione, di quanto sperava diventasse il più possibile diversa da lei. 

***

La festa era stata davvero stupenda, si era divertita tanto e avevano servito del cibo delizioso ma non si sentiva minimamente felice come quando aveva giocato qualche ora prima a nascondino con la figlia. Ritornare nei meandri del passato era riuscito a farle dimenticare il presente. Se Annabeth non fosse stata così stanca le avrebbe proposto di giocare nuovamente nonostante l'orario. 
Accompagnò sua figlia nella sua cameretta, la mise a letto e le lesse una fiaba. Per quanto le detestasse non trovava giusto privare sua figlia di quello svago. Chiuse lentamente la porta della stanza e percorse un lungo corridoio in procinto di andare a letto. Fu allora che lo sentì. Un rumore talmente impercettibile da sembrare irreale. Una sorta di flebile ruggito. In casa sua? Impossibile. Ma quando guardò la porta da cui era arrivato quel suono, il suo cuore iniziò a battere velocemente, sarebbe potuto schizzarle fuori dal petto. Cercò di calmarsi, anche se inutilmente. Pensò fosse solo un'altra delle sue fantasie che ogni tanto tornavano ad assillarla. Si ricordò, però, che quella porta era chiusa a chiave da anni e che, quindi, non poteva provenire alcun rumore da lì. Decidette di fare una prova quindi appoggiò una mano sulla maniglia e la abbassò delicatamente. Niente da fare, era chiusa. La speranza immotivata che aveva invaso il suo corpo se ne andò. Perché prima desiderava scoprire che la stanza si fosse aperta magicamente? Immediatamente si accorse che la bambina che c'era in lei aveva prevalso. Sognava che tutti i luoghi che aveva immaginato fossero reali. Rimase immobile in quel corridoio a ripetersi di abbandonare quei pensieri, era tutto inventato: in lei non c'era niente di speciale e Narnia non esisteva. 
Quandò si girò per andarsene, sentì un rumore del tutto differente da quello udito in precendenza e in lei naque una sensazione che crebbe fino a diventare una speranza. Si voltò bruscamente e quella speranza si trasformò in un pensiero silenzioso e successivamente in una parola silenziosa: la porta, come per magia, si era spalancata. 
Dopo una trentina di anni entrò nuovamente in quel luogo di cui ricordava ogni dettaglio alla perfezione. Una strana sensazione l'avvolse, come quando dopo un lungo viaggio si ritorna a casa e si prova la gioia di essere finalmente in un posto accogliente. Si avvicinò lentamente all'unico mobile che adornava la stanza. Il grande armadio scuro si innalzava possente e quando ne toccò l'anta un brivido le percorse la spina dorsale.
Un maestoso ruggito la fece girare lentamente. In quel momento trovò finalmente la conferma ai pensieri che l'attanagliavano da quando aveva sentito il primo rumore.
Avrebbe voluto correre ad abbracciare il grande leone come se avesse ritrovato un vecchio amico ma per qualche strano motivo non lo fece. Delle lacrime, invece, iniziarono ad attraversare velocemente il suo viso, prima una, due, poi divennero tante, troppe. 
-Cosa sei diventata bambina mia?- sentire la voce del leone dopo anni la riscosse da quel pianto. 
Aslan si avvicinò a lei e Susan gli accarezzò la criniera. Si ricordò improvvisamente del momento in cui lei e i suoi fratelli erano entrati dentro all'armadio e invece di trovarci pellicce, avevano scoperto un mondo innevato. La ragazza lo strinse forte a sé e quel gesto mostrò più gratitudine e rimorso di tutte le parole che avrebbe potuto pronunciare. 
-Quel che è stato è stato!- quelle parole le furono familiari. Ma certo! Erano quelle che aveva detto molti anni prima ad Edmund dopo che aveva tradito Narnia. Quindi ecco cos'era diventata, una traditrice. Ma non le importava, era riuscita a tornare sui suoi passi. 
-Posso tornarci un'ultima volta?- quella domanda sgorgò dal profondo del cuore di Susan, da quanti anni era che la nascondeva alla sua mente? Da quanto tempo aspettava di pronunciarla?
-Piccola mia, un giorno ci ritornerai e ci rimarrai per sempre. Ma per il momento devi vivere la tua vita qui e ricordare per non dimenticare. So che questa parole ti suoneranno strane, figlia di Eva, ma sei stata l'unica forte abbastanza da farsi una vita anche sulla Terra. L'unica che dopo avervi detto di cercarmi in questo mondo sia stata in grado di trovarmi. Non sono mai stato così fiero di te, Susan.- 
La ragazza pianse ancora, ma questa volta non di tristezza, bensì di gioia. Si era redenta e sapeva che i suoi fratelli -così come Aslan- erano finalmente felici di lei e che in quel momento erano a Narnia, la loro vera casa. 
Si asciugò le lacrime con i palmi delle mani e quando li tolse dal viso il grande leone era già sparito. Le sarebbe mancato, come le sarebbero sempre mancati i suoi fratelli ma da quel momento in poi in modo diverso. Sapeva che prima o poi si sarebbero ricongiunti.
Sussurrò un "addio" ma sapeva che non ce n'era bisogno, un giorno quando la morte l'avrebbe richiamata a sé, sarebbe tornata al luogo di cui era regina.



***


-...e i quattro bambini vennero nominati re e regine dal grande Aslan che diede un titolo ad ognuno di loro: Lucy la Valorosa, Edmund il Giusto, Susan la Dolce ed infine Peter il Magnifico. Furono dei sovrani clementi tanto che il periodo in cui regnarono venne chiamato Epoca d'Oro di Narnia. Ma, come tutte le fiabe più belle anche questa ha una fine, e per loro arrivò il momento in cui dovettero tornare a casa. Mancarono terribilmente ad ogni Narniano, tanto che le storie delle loro imprese vennero tramandate di generazione in generazione fino ad arrivare a me che le racconto a voi, nipoti, che le racconterete ai vosti figli e ai figli dei vostri figli, in modo che il loro ricordo non abbandoni mai il nostro mondo.- 
Quando Susan finì di raccontare la storia, James e Lily erano entusiasti. Con qualche parola era riuscita a portarli con sé a Narnia e non poteva essere più felice.
Leggermente zoppicante si alzò dalla sedia e spense la luce della cameretta dei bambini. Ansimante arrivò in camera sua. Ormai la vecchiaia si faceva sentire e quei pochi passi che da bambina erano una scherzo adesso erano divenuti difficili da fare. Aveva fatto fatica anche a narrare quel racconto ai suoi nipoti. Ormai, ogni movimento di qualsiasi parte del corpo richiedeva uno sforzo fisico che non sempre era in grado di affrontare. Era troppo vecchia. 
Dopo essersi stesa sul letto e aver chiuso pian piano le palpebre, si addormentò.
Pochi istanti dopo era da un'altra parte. Un sogno, si disse; ma era tutt'altra cosa. Si sentiva leggera, muoversi non procurava alcun sforzo poiché era tornata a quando aveva ancora tredici anni e poteva esercitare il pieno controllo su di sé.
Una piccola parte di lei lo capì immediatamente: anche il tempo sulla Terra era esaurito. Prima di andarsene avrebbe voluto salutare la sua nuova famiglia: Benjamin, Annabeth, il marito della figlia Daniel, Lily e James. 
Ben presto si ritrovò in un luogo che conosceva fin troppo bene e che tanto aveva sognato. Era così maestoso che dopo averlo visto per la prima volta era impossibile dimenticarlo. Era nella stanza principale di Cair Paravel: la Stanza dei Quattro Troni. Infatti questi ultimi si ergevano al centro di quella. Ma non le importava tanto dei troni quanto di chi era seduto su quelli. I suoi fratelli. Lucy, Edmund e Peter le sorridevano. Anche loro avevano capito che la morte aveva preso anche lei. Ma erano di ancora uniti e nessuno avrebbe potuto separarli di nuovo. 







 
Salve a tutti Narniani!
Grazie per aver letto questa
mia one shot! 
Spero tanto che vi sia piaciuta!
Le parti in corsivo sono frasi tratte 
da The Call e adattate a questa
storia!
Il personaggio di Susan mi ha
sempre attratta molto, quindi perché
non scrivere qualcosa su di lei?
Allora eccomi qui!
Ricordo qualche tempo fa di aver
letto una frase su di lei che mi ha colpito
molto:
"Susan è il più grande mistero che C.S Lewis
ci abbia lasciato".
Penso che rispecchi davvero tanto come 
"stanno le cose"!


   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Le Cronache di Narnia / Vai alla pagina dell'autore: Pevensie