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Autore: Colli58    02/11/2014    7 recensioni
“Scusa se ti sono sembrato arrabbiato prima… Non immaginavo che… le cose potessero andare così male tra noi. So che non ho il diritto di chiederti di più.”
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sentiva freddo, camminando lentamente al buio in direzione del suo ufficio. Allungò la mano e si appoggiò alla parete. Fece scorrere i polpastrelli sui libri riposti ordinatamente sentendone la varietà della dimensione e dello spessore delle coste. I libri erano stati un sollievo nei momenti peggiori del suo passato, stavolta non sembrava riuscissero a dargli la sicurezza e il conforto di cui aveva bisogno.
Si era alzato nel cuore della notte pervaso da brividi, non riuscendo più a prendere sonno.
Fantasmi vagavano per la sua mente urlando orrori che non riusciva a ricordare.
Kate aveva preso sonno da poco, non voleva svegliarla e turbarla ancora con il suo stato d’animo. Aveva già avuto la sua valanga di problemi a causa della sua scomparsa e un buon sonno le avrebbe fatto bene.
Sarebbe stato di giovamento anche per lui se fosse riuscito a farlo. Valutò per un secondo di poter assumere un sonnifero per riposare tranquillo, ma era cosciente che il suo stato d’ansia avrebbe reso inutile anche quel tentativo. Buttarsi su una soluzione alcoolica avrebbe amplificato solo gli incubi che popolavano la sua mente.
I suoi piedi scalzi lasciarono impronte evanescenti sul pavimento, ma non erano i piedi ad avere freddo.
Era qualcosa dentro di lui a raggelarlo. Erano l’insicurezza, il dubbio ed un profondo senso di colpa che lo stavano divorando.
Sedette stancamente alla sua scrivania. Si sentiva pesante, ingombrante e sbagliato. Sentì dolori in posti che non immaginava potessero dolergli, guardò le sue stesse mani, che avevano fatto cose che ignorava.
Il suo corpo aveva cicatrici che non conosceva, dolori nuovi che non conosceva.
Le sue mani potevano aver rubato, picchiato e ucciso. Potevano aver fatto cose orrende. Tanto orrende da non volerle ricordare.
Si sentiva male.
Si passò una mano tra i capelli arruffati e sudati. L’altra afferrò tremante il fascicolo con le sue foto, quei brandelli che ricostruivano solo una piccola, insignificante frazione dei suoi movimenti in quei due mesi di buio nella sua testa. Prove di qualcosa che era successo, in cui lui aveva avuto parte attiva e aveva fatto scelte. Fissò la foto che lo ritraeva accanto ad un cassone. La fissò a lungo chiedendosi cosa avesse fatto per non voler ricordare.
Sentì il peso di una colpa che non sapeva nemmeno quanto fosse vera ma certo aveva avuto ripercussioni sui suoi cari. La colpa più grossa era quella di essere stato lontano per così tanto tempo ma c’era dell’altro.
La colpa di qualcosa che non ricordava.
Che cosa aveva fatto? Perché aveva voluto dimenticare? Perché?
Se lo chiese tante volte fino a farsi bruciare la gola dal dolore.
Perché aveva scaraventato la sua famiglia in quell’incubo? Alexis, Kate e sua madre avevano vissuto nel terrore, ma soprattutto cosa lo aveva portato via da Kate il giorno delle loro nozze? L’amava così tanto e invece di un giorno di felicità le aveva dato due maledetti mesi di paura e dubbio. Due mesi che immaginò strazianti e febbrili nella sua ricerca.
Aveva fatto così tanto per arrivare alla sua fiducia e ora tutto era andato in pezzi. Lei aveva chiesto tempo per ricostruire il loro rapporto. Gli aveva detto che l’amava e che tra loro le cose non sarebbero cambiate, ma il suo chiedere tempo era sintomo di dubbio, di paura. Non le poteva dare torto. Sapeva di avere avuto un ruolo attivo nella sua lontananza, c’erano le prove, ma la paura di essere finito in un guaio fin troppo grande per lui lo stava attanagliando oltre al fatto che era ad un passo dal perdersi ed insieme perdere anche le persone a lui più care.
Kate, stava perdendo qualcosa di lei.
Il nodo alla gola ed il bruciore agli occhi divennero così forti che si sentì soffocare e lasciò che le lacrime salate trattenute a forza fino a quel momento sgorgassero liberamente. Rigarono il suo volto affranto mentre chinava la testa appoggiando la fronte sul ripiano e portandosi entrambe le mani al capo.
Si chiese chi era davvero, quale mostruosità aveva voluto dimenticare? Che cosa aveva fatto?
Le spalle furono scosse da brividi e i singhiozzi trattenuto a forza nel petto squassarono il suo torace.
Il respiro venne a mancare. Il dolore era così forte che non riuscì a fermarsi.
Il freddo nelle ossa lo fece rabbrividire singhiozzando. La paura che tutto finisse, che tutta la sua vita esplodesse in un attimo si fece avanti nella sua mente e sconvolse la sua già fragile capacità di controllo.
Pianse per lunghi minuti senza alzare il capo.
Non si accorse di lei che aveva fatto capolino nella stanza, svegliata dalla sua assenza.
Erano passati troppi pochi giorni da suo ritorno perché Kate potesse dormire serena. La sua mancanza nel letto era una cosa con cui aveva convissuto forzatamente per quei due mesi, ma lui ora era a casa. Solo non era nel loro letto.
Lo vide piegato su sé stesso, fragile come non le era mai sembrato. Vulnerabile e spaventato. Fece qualche passo avanti verso di lui.
Lo sentì piangere e un dolore acuto le attraversò il petto.
Appoggiò delicatamente le mani sulle sue spalle, prima di stringerle in un abbraccio.
Lui non si mosse, continuò a piangere senza alzare la testa.
Kate non disse nulla. Si abbassò verso di lui baciando il suo capo chino, aspettando che quel momento di sfogo passasse. Rick stava soffrendo, quello che gli era accaduto lo stava spaventando a morte e sebbene per alcuni giorni avesse cercato di vivere normalmente la realtà delle cose stava facendosi largo nella sua mente e stava chiedendo il conto.
Lunghi respiri mentre le spalle vibrano ancora in un tremore innaturale fecero pensare a Kate che si stesse calmando. Lo vide alzare un po’ la testa e far scorrere la mano sul viso asciugandosi le lacrime. Si strofinò il naso e strinse le labbra. Ma non alzò la testa del tutto. Si girò sulla sedia mentre Kate si raddrizzava attendendo un suo movimento. Lui tuffò il viso nel suo ventre cingendole la vita. Restò così per altri minuti. Kate accarezzò le sue spalle e la sua schiena con dolcezza.
“Va tutto bene” disse per confortarlo. Ma sapeva che in fondo non era la verità. Non andava tutto bene e non erano ancora arrivati ad affrontare quella situazione per davvero.
“Vedrai si sistemerà tutto. Tornerai alla tua vita e staremo di nuovo bene.” Mormorò.
Lui sembrò annuire ancora con il respiro irregolare.
“Mi dispiace Kate. Davvero non sai quanto mi dispiace… Non volevo farti questo. Non volevo ma l’ho fatto.” Mormorò con voce rotta dai singhiozzi. “Io volevo solo sposarti…” Scosse il capo stringendosi di più alla donna. Kate strinse gli occhi impendendosi di piangere.
“Non l’hai fatto per ferirci, Rick, qualsiasi cosa ti sia successa, hai fatto quanto in tuo potere per restare in vita e tornare da noi.” Disse in un sussurro.
Lui scosse il capo. “Come lo sai? E se avessi voluto dimenticare perché ho fatto qualcosa di orrendo? Qualcosa per cui tu non mi avresti più amato?” Chiese alzando finalmente il capo per guardarla.
Gli occhi erano quelli di un bambino spaventato. Il suo blu spento da un ombra di dolore, le labbra semiaperte in quello spasmo faticoso che era diventata la sua respirazione.
Kate espirò abbassandosi sulle ginocchia. Prese il suo viso tra le mani e appoggiò la fronte alla sua.
“Non sei quel tipo d’uomo. Non sei crudele. Ma qualsiasi cosa sia successo hai voluto tenerci lontano dal pericolo. Quel video dice tante cose…” Spiegò ad occhi chiusi. La sua natura era quella di un bambino curioso, ma sapeva diventare forte per proteggersi e soprattutto per proteggere la sua famiglia. Kate pensò che era riuscito a sopravvivere in una situazione estremamente pericolosa. Era riuscito a tornare a casa ad un costo elevatissimo, ne era certa ormai.
Aveva dubitato di lui per mesi e per questo si sentiva in colpa.
Le prove, Esposito che c’era andato giù pesante e Lanie che era sempre lì a chiederle per quanto tempo l’avrebbe difeso ignorando le evidenze.
Sì. Aveva dubitato di lui e della sua sincerità.  Ma tutto quello era passato ormai, aveva guardato oltre, aveva visto il suo dolore genuino e la sua paura. Erano paure vere e non certo una farsa.
Ringraziò di non aver ceduto al dubbio, di non aver buttato tutto alle ortiche quando in molti glielo suggerivano oltre ad una parte di lei stessa. Aveva avuto ragione sul suo uomo e quei mesi di dubbio sarebbero rimasti solo nel senso di colpa che sentiva nei suoi confronti. Non se ne sarebbe mai andato in quel modo, non Rick dopo gli anni di attesa, di fatica per arrivare a lei. Non avrebbe nemmeno dovuto accettare il dubbio, ma era nella sua natura analizzare le prove. Fare congetture.
Appoggiò la testa a quella di Rick. “Sei tornato. Sei voluto tornare. Questo mi basta per ora.”
Lui si scostò cercando i suoi occhi. “Ma un giorno questa cosa ci esploderà in faccia Kate, ne sono sicuro. Ci distruggerà la vita quando questa storia verrà di nuovo a bussare alla mia porta…”
Lei negò con il capo.
“Se tornerò a bussare alla tua porta, troverà anche me. Non ti lascerò solo.” Replicò con forza. Accarezzò il suo viso. “E non lascerò certo che ti riporti lontano da me.”
Con una mano Kate asciugò le lacrime di Rick.
Gli occhi stanchi di lui si richiusero. Il respiro era ancora irregolare e affaticato. La sua crisi non era ancora passata. Lo vide stringere i denti, deglutire la saliva che aveva invaso la sua bocca durante il pianto. Deglutì più volte come a voler ricacciare il dolore giù per lo stomaco.
“No so più chi sono. Vi ho fatto del male e non so il perché. Ma se cerco le risposte vi farò altro male oltre a farlo a me stesso. Non so che fare…” Mormorò abbassando di nuovo la testa e stringendo la mascella con forza. “Non voglio mettervi in pericolo, ma come posso convivere con questo…” aggiunse con un sospiro profondo.
Il respiro affannoso lo aveva reso anche più stanco. Il suo corpo aveva subito violenze e privazioni e ne portava tutti i segni. Rick sembrava sfinito.
Kate toccò la sua fronte. Aveva un po’ di febbre.
“Potrai conviverci, ma non fare il mio stesso errore, non farti sopraffare…” replicò Kate accarezzandolo.
Rick fece scivolare le sue mani dai fianchi di lei alle spalle, con un movimento lento.
“Scusa se ti sono sembrato arrabbiato prima… Non immaginavo che… le cose potessero andare così male tra noi. So che non ho il diritto di chiederti di più.” 
Kate deglutì stringendo gli occhi. Rick aveva preso male la sua richiesta di prendersi un mese di tempo prima di riparlare di matrimonio.
“Rick non voglio allontanarmi da te. Voglio solo che troviamo il modo di metabolizzare tutto questo ok? Tu ne hai bisogno. Io pure…” Il nodo alla gola pressante ora ce l’aveva anche lei.
Rick tirò su con il naso. I suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime e Kate lo strinse a sé.
“Come farai tu a conviverci, hai dubitato di me, io stesso dubito di me!” Sbottò con un gesto irato della mano che gli costò molta fatica. Kate afferrò la sua mano e la strinse.
“Ho dubitato è vero, ma ora so che non avrei dovuto. Non farò lo stesso errore e sai perché?” Gli alzò la maglia e indicò il suo fianco e la cicatrice di una ferita recente.
“Non sei scappato perché non ti volevi sposare con me. Ti hanno fatto del male. Ti hanno rapito e qualsiasi cosa sia successo, qualcuno ha permesso che tu ti salvassi, che tornassi a casa.” Accarezzo la ferita e poi abbassò la maglia sentendo Rick rabbrividire al suo tocco.
Rick alzò il capo. “Mi hanno permesso di tornare. Gliel’ho chiesto io…” Valutò cercando di fare chiarezza nei suoi pensieri.
“Se fossi stato dalla parte sbagliata della barricata, non saresti tornato vivo. Pensaci. Qualcuno ti protegge.”
Rick spalancò la bocca. Non aveva ancora pensato alle possibilità.
“Mi avrebbero ucciso...” Kate annuì. Le persone sbagliate lo avrebbero fatto senza pietà.
Rick sembrò afferrare il suo punto di vista.
Kate si alzò da terra, le ginocchia erano doloranti per essere rimasta in quella posizione a lungo e fece in modo che Rick si alzasse con lei. Lo abbracciò e l’uomo cercò di calmarsi prendendo lunghi respiri.
“Hai la febbre, torniamo a letto.” Mormorò Kate. “Sei sfinito.” Aggiunse.
“Non sono stanco…” replicò Rick. Lei sorrise con dolcezza.
“Forse la tua mente lo ignora, ma il tuo corpo sa di esserlo. Sa cosa ha passato. Sei stato ferito, non sappiamo come tu ti sia nutrito ma sei dimagrito. Hai girato mezzo mondo… Hai bisogno di riposo.” Sottolineò.
Rick rabbrividì di nuovo.
“E sei pure scalzo… Vieni.” Kate lo accompagnò verso la camera da letto. Lo aiutò a stendersi e lo coprì per bene.
Rick si coricò sul fianco. Trovò le coperte ben strette sul collo un sollievo per i suoi brividi di freddo.
Kate si mise a letto accanto a lui. Rimase seduta accarezzando la sua testa scarmigliata lentamente. Il respiro di Rick tornò ad essere più regolare.
“Ti amo.” Disse piano. “Perdonami.” Aggiunse. Chiuse gli occhi. Si mosse sul fianco ed emise un gemito sommesso. Qualcosa faceva male lì. Kate si morse un labbro preoccupata.
Appena possibile doveva far rivedere Rick da un medico. Il dolore non era un buon segno e la febbre era dovuta alla fatica o a qualcosa d’altro? Lanie aveva accennato a malattie tropicali che aveva contratto. Forse c’erano effetti collaterali di cui dovevano venire a conoscenza. Sospirò mettendosi sotto le coperte con lui.
“Ti amo anche io.” Rispose baciandolo sulla guancia calda. “Cerca di dormire.”
L’indomani avrebbe chiamato la Gates e chiesto qualche giorno libero. Ne avevano bisogno entrambi e lei non se la sentiva di lasciare Rick solo dopo quella notte così difficile.
Non lo aveva mai visto piangere in modo così disperato. Forse l’unica volta era stato in occasione del rapimento di Alexis. In quel caso aveva reagito con rabbia. Ma stavolta le sue lacrime era scese copiose, cariche di dolore e di smarrimento.
Aveva bisogno di aiuto e lei glielo avrebbe dato. Lo aveva riavuto con sé, la richiesta disperata che aveva espresso ogni notte al cielo in quei due mesi era stata esaudita ed era felice di potersi prendere il giusto tempo per guarire con lui.

Rick aprì gli occhi lentamente. Sentì la pelle del suo viso tesa e secca e si ricordò di non essersi sciacquato il viso prima di tornare a letto. Le sue lacrime si erano asciugate sulle guance, lasciando la pelle secca per il sale. Fece una smorfia tendendo la pelle con le dita. Aveva pianto come un bambino e Kate lo aveva coccolato, rassicurato e messo a letto. Che donna stupenda.
Quel pensiero gli fece sentire una stretta al cuore.
Kate si era già alzata e probabilmente era anche già uscita per recarsi al distretto in fondo era tardi.
Non aveva lasciato alcun messaggio sul comodino però. Gli sembrò strano.
Si mise a sedere sul letto e si guardò intorno. I vestiti del giorno prima di Kate stavano ancora sulla sedia, non c’era traccia del suo pigiama così come non c’era nemmeno la sua vestaglia.
Girò su se stesso facendo scivolare fuori le gambe dalle coperte e mise a sedere sul bordo del letto appoggiando lentamente i piedi a terra prima di alzarsi definitivamente. Si sentiva debole e un capogiro lo aveva fatto desistere dall’alzarsi velocemente. Allungò un piede e avvicinò la sua ciabatta. Poi fece altrettanto con l’altro e una volta a tiro di entrambe le mise ai piedi alzandosi.
La testa girava un po’ ma non era così grave. Uscì dalla stanza e sentì la voce di Kate parlare con qualcuno.
Era al telefono. Sembrava tesa e stava chiedendo delucidazioni mediche. Probabilmente per lui.
Uscì in soggiorno.
Kate era appoggiata di spalle al bancone della cucina. Con il telefono all’orecchio parlava lentamente.
“Voglio solo sapere se le sue ferite sono a posto e se ha bisogno di cure per quelle influenze tropicali. Ha avuto la febbre stanotte. Ha… avuto una crisi…” La sentì dire.
Strinse la mascella ascoltando attentamente.
“Lanie sono preoccupata per la sua salute, ha dolori al fianco… No, non ho voglia di parlare ora…” Disse Kate con voce rotta.
La vide mettersi una mano in fronte. “No, non voglio nemmeno più sentire parlare di queste cose. Non voglio ancora dei dubbi. Abbiamo sofferto già troppo. Voglio solo che le cose si calmino e che lui torni a stare bene. Tutto il resto verrà dopo. Sono sempre intenzionata a sposarlo...”
La mano di Rick raggiunse il telefono di Kate, abbassandolo. Lei si voltò e vide i suoi occhi smarriti.
“Basta.” Mormorò contrito scuotendo il capo.
Kate gli fece un sorriso. Tornò a portare il telefono all’orecchio.
“Ci sentiamo un altro giorno Lanie. Fammi sapere solo che farmaci posso dargli.” Chiuse quindi la telefonata lasciando l’amica senza un saluto. Avrebbe capito ne era certa.
Lei e Rick avevano bisogno di tempo, ma non di altre discussioni per mettere in dubbio loro stessi.
“Hai ragione.” Disse a Rick appoggiando il telefono sul bancone. “Basta discussioni.”
Dondolarono abbracciati per alcuni minuti godendo della presenza reciproca come una cosa nuova e necessaria. Rick era felice di averla ancora accanto. Che non fosse ancora dovuta scappare.
“Pensavo fossi già uscita per andare al distretto.” Disse infine rompendo il silenzio. Lei sciolse l’abbraccio e appoggiò la testa alla sua spalla.
“Ho chiesto una settimana di ferie.” La luce negli occhi di Rick si accese di nuovo. Bastava così poco per renderlo felice, anche se i fantasmi di quella notte sarebbero tornati presto.
“Bella notizia!” Rispose con un sorriso.
“Stavo per preparare la colazione. Come ti senti?” Kate allungò una mano e sentì la temperatura della sua fronte con il dorso. “La febbre sembra essersene andata.” Commentò quindi.
“Kate…” Replicò lui. “So che non sono tutti stati dalla mia parte in questi ultimi tempi. Ma… sebbene me la sia presa un po’ con Esposito, non hanno torto del tutto…” Scrollò le spalle.
“Mi aspettavo di più dagli amici… ma vi ho messi tutti a dura prova. Capisco. Non litigare con Lanie…”
Rick cercò gli occhi di Kate. Lei sorrise.
“Non stavo litigando. Su alcune cose lei ha le sue idee, ma ho fatto una scelta e lei la deve accettare. Io ho scelto te. Nella buona e nella cattiva sorte… uh?”
Rick la strinse a sé con un sorriso. “Ah… sulla cattiva sorte abbiamo già dato. Spero che ora si passi a quella buona…” La sua risata leggera era un buon segno.
Rick si sentì sollevato. Kate sarebbe stata al suo fianco per fugare le sue paure.
“Hai fame? Io sì…” Decretò lei baciandolo poi dolcemente. Giocò con le sue labbra e sentì ancora il sapore salato dalle sue lacrime.
Rick sorrise senza allontanarsi.
“Pensavo che non volessi farlo per paura di contrarre una febbre tropicale…” Commentò divertito.
Kate alzò le spalle. “No, eri solo senza respiro. So com’è una crisi di panico…” Disse addolcendo il tono della voce. Lui annuì. “Ho piantò come un bambino…” rispose quasi vergognandosi.
Aveva avuto paura e si era fatto letteralmente divorare dall’ansia.
Guardò casa sua. La sua mente ricordava di non essersi mai allontanato, ma la verità era che era stato lontano e quel posto, il suo calore ed il senso di sicurezza che gli donava dovevano essergli mancati molto.
“Possiamo stare in casa a guardare vecchi film? Mangiare popcorn…” Disse mordendosi le labbra. “Voglio ricominciare dalle cose di base.” Aggiunse con un sorriso.
“Ok. Mi aiuti con la colazione? Te la senti?”
“Chef Castle non si tira indietro. Solo non farmi girare le frittelle al volo. Non credo di riuscire a riprenderle…” fece una smorfia indicando la propria testa con l’indice della mano sinistra e l’ilarità li pervase.
Era un piccolo passo. La normalità sarebbe tornata. La fiducia era già tra loro. L’amore anche, quello non se n’era mai andato.
Qualcosa in futuro sarebbe accaduto e quei giorni di tensione sarebbero tornati, Rick sperò solo lasciasse ad entrambi il tempo di godersi la loro vita insieme. Forse era solo quella la ragione del suo non voler ricordare: tornare alla normalità perché tutti loro potessero avere una vita piena e felice. Perché la linea temporale che e stata bruscamente interrotta con il suo rapimento fosse ripresa. Non poteva chiedere di riprendere da dove aveva lasciato, però il punto fermo era proprio lì: Kate, Alexis e sua madre. La sua casa, la sua vita di scrittore. Il mese di tempo che si erano dati non era poi così lungo e lo avrebbero visto scivolare via velocemente, per poi tornare a riparlare di loro, per ora accettava la scelta di Kate di prendersi il loro tempo per stare insieme e rimettere terreno solido sotto i piedi di entrambi.
Rispetto alla notte precedente Rick riuscì a trovare un’ancora a cui aggrapparsi.
Lei e la loro famiglia erano la migliore ancora che potesse desiderare.

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Ho letto alcune storie qui, molto belle e che spero di aver tempo di commentare a breve, che mi hanno ispirato questa cosina dopo aver rivisto i primi episodi della settima stagione. Le lunghe ore in colonna danno da pensare e uno il tempo lo deve ammazzare in qualche modo.
Sennò ammazza il primo automobilista che fa una stronzata, e non sono nemmeno così rari eh!!
Sono drammaticamente indietro con tante cose a parte… un certo capitolo… di una certa storia in cui “lui” ci lascia… e mi son sentita un po’ morire, ma arriverò a commentare anche quello! Mannaggia!
Grazie a tutte quelle creature che mi leggono. Perdonate la mia assenza, momenti difficili.
A presto.
Anna

  
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