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Autore: MrsDead    04/11/2014    2 recensioni
[creepy pasta]
Ciao a tutti sono Carli, e questa e' la storia su come ho fatto "amicizia" con Jeff the Killer.
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jeff the Killer
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti
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Tutto incominciò circa un mese fa. Avevo cominciato le superiori, nuovi amici, giornate di sole. Prendevo é prendo tutt'ora il treno per andare e tornare da scuola insieme alla mia amica Chiara chiacchieravamo e parlavamo del più e del meno prima che io scendessi alla mia fermata e lei scendesse a quella successiva. Tutto tranquillo insomma; le cose si fecero strane dopo due settimane di scuola. Quando il treno arrivò perché io salissi, prima che le porte si chiudessero vidi in lontananza un ragazzo, probabilmente sedicenne, girato di spalle: indossava una felpa bianca, con il cappuccio in testa, jeans neri leggermente strapparti e All Stars nere e bianche. Aveva le mani in tasca e sembrava che spuntasse qualche ciuffo di capelli nero. Aveva qualcosa di familiare, come se lo avessi già visto un milione di volte. Tutta la gente andò a sedersi e nel vagone rimanemmo solo io e Chiara; il pensiero ancora mi tormentava: chi poteva mai essere? Decisi di chiederle se anche lei lo avesse visto. "Di... Di cosa stai parlando, scusa?" mi rispose. Sembrava confusa, incerta. Probabilmente non lo aveva visto. Prima fermata. Le porte si aprirono e salirono poche persone che andarono a sedersi nei pochi posti rimasti; successivamente le porte si richiusero. "Quel ragazzo" le feci notare "Mi sembra di averlo già visto più di una volta". Lungo silenzio. Seconda fermata. Nessuno salì o scese. "Da come lo hai descritto" riprese Chiara "Mi viene in mente qualcuno...". Terza fermata. Scese un bel po' di gente: la prossima sarebbe stata la mia. "A dire io vero, mi ricordo pure il nome" mi disse. "Chi, dunque?" risposi con curiosità "Un nostro amico?". Lungo silenzio. A momenti sarebbe arrivata la mia fermata. "Ti ricordi dei Creepypasta?" mi disse. Come potevo scordarmene? Ci passavano le notti a spaventarci con quelle storie. Annuii. Poi mi venne in mente. "Vuoi dire che sia..." "...Jeff the Killer?" mi precedette Chiara. Ero stupita. "Non può essere lui" dissi "Non esistono i personaggi dei Creepypasta". Quarta fermata. Salutai la mia amica e scesi. "Creepypasta? Jeff the Killer? Improbabile" pensai come un'illusa. Mi dirigo verso scuola; come al solito, ci sono tanti studenti.  Le sbarre del treno si abbassano prima che io riesca a passare e mentre aspetto con fretta il passaggio del treno, ecco che lo vedo. Per la seconda volta. Dall'altra parte dei binari, vedo il ragazzo, questa volta rivolto verso di me: non riesco a scorgere il suo viso perché é coperto dai capelli neri e ha attorno alla bocca una sciarpa. I capelli mi ricordano... La pece. Sì! Come se fossero bruciati. Si alzarono le sbarre e attraversai, a testa china, senza guardare nessuno in faccia. All'improvviso, qualcuno mi passò di fianco e mi disse, raggelandomi il sangue:"Sorridi sempre". Mi girai di scatto, sempre camminando, ma non vidi nessuno. Arrivai a scuola, feci cinque ore di scuola, gli orari scolastici passarono bene. Quello che avvenne dopo no. Appena uscii da scuola, presi i miei auricolari e misi la canzone "Dino - Cranky": riusciva a ridurmi lo stress ogni volta che uscivo da scuola. Mi incamminai verso la stazione: non c'era nessuno, il volume era alto e se qualcuno camminava dietro di me non potevo sentirlo. Per un attimo mi sentì seguita e mi girai per un attimo: grosso errore. A circa cinque metri da me c'era di nuovo il ragazzo, con ancora addosso il cappuccio. Accelerai il passo e guardavo ogni tanto dietro di me. Era sempre lì, mi seguiva. Mi misi a correre e cominciò a correre pure lui! Per arrivare alla ferrovia dovevo percorrere dei binari morti, dove da vari anni non passava più nessun treno e per arrivarci dovevo superare uno scavalco. Mi facevano male le gambe. "Ci manca poco" mi ripetevo "Non mollare". Non guardavo più indietro, pensavo solo a sfuggirgli. Scavalcai, ricominciai a correre, il cuore batteva fortissimo, quasi non mi venia da piangere. Arrivai alla stazione. Mi guardai attorno ma non lo riuscivo più a vederlo: proprio in quel momento arrivo il treno. Grazie a Dio. Salii sul vagone e rimasi in piedi. Il cuore mi batteva ancora forte: chi poteva mai essere? Decisi di non dire a nessuno di ciò che mi é successo. Arrivai a casa, pranzai, feci i compiti, cenai e venne l'ora di andare a dormire. Feci un incubo. Era tutto nero e c’erano solo due figure, la mia e quella del ragazzo di oggi, pero’ senza cappuccio. Entrambi correvamo, io con le lacrime agli occhi e lui con un sorriso sinistro. Poi la scena si taglio’ e quella successiva fu peggiore: lui, con un coltello, mi accoltello’ allo stomaco, mi si avvicino’ all’ orecchio e mi sussurro’ "Non credere agli altri. Sono reale. Sono Jeff the Killer". Mi alzai di scatto. Era mattino. Sudavo, il cuore batteva a mille, mi tremavano le mani. Non c’era dubbio: Jeff the Killer era reale e mi stava inseguendo per uccidermi, da un momento all’ altro. Non credo sia stata una coincidenza quel sogno della notte precedente; così, appena salii sul treno con Chiara, decisi di raccontarglielo. "Dunque" mi disse "Sei sicura che sia lui?". Annuii. "Mai stata più sicura di così. Il mio timore é che venga a trovarmi". Avevo paura, mi ricominciarono a tremare le mani e a battermi forte il cuore. La mia amica notò la mia preoccupazione e mi consolò dicendomi che non sarebbe mai successo. Quando ad un tratto arrivai alla mia fermata e lo vidi. "C-Chiara" dissi con voce tremante "É-É lui". Era Jeff the Killer. Non indossava il cappuccio, aveva la sciarpa che gli copriva il naso e la bocca e i suoi occhi neri mi fissavano, parevano brillare: le mani erano sempre in tasca e proprio lì sapevo che teneva il coltello. Chiara mi guardò negli occhi e mi disse:"Corri. E non voltarti mai". Feci come mi disse: cominciai a correre, spintonai varie persone e scivolai per poter oltrepassare l'asta prima che arrivasse il treno. Non mi fermai; corsi, corsi, corsi, arrivai dall'edificio scolastico ed entrai. Per una volta, potevo dire che la scuola mi aveva salvato la vita. Tutto il resto della giornata passò bene, finché non arrivò la notte. Un altro incubo. Era tutto nero, come nell'altro sogno, tranne che c'ero soltanto io. Il silenzio venne interrotto da una risata, la quale mi raggelò il sangue. Davanti a me, si presentò con la sua magnificenza, il temibile Jeff the Killer. Mi ricordo ancora ogni piccolo particolare. Si avvicinava sempre di più a me, ma non riuscivo a reagire. Mi prese con la mano destra la guancia: era fredda, forse come il suo cuore. Successivamente, con l'altra, mi puntò il coltello alla gola. Mi svegliai di soprassalto ma qualcuno mi fermò. Jeff era sopra di me e con la mano fredda mi tappò la bocca e disse:"Dormi...". Era la fine, lo sapevo. Mi avrebbe ucciso. O almeno, quello che pensavo. Stava per estrarre il coltello quando gli scansai la mano dalla bocca e gli dissi, piano:"Fermo!". Perplesso, si spostò appena da me. Io continuai. "Possiamo risolvere questa situazione in un altro modo". Si sedette davanti a me. "Cioè? Al posto di ucciderti che dovrei fare?" disse con un tono alquanto irritato. "Intanto raccontami: perché uccidi persone a caso? E perché hai scelto proprio me?". Non lo avrei mai detto. Jeff the Killer che risparmia una persona. Me per giunta! Mi raccontò che lui non decideva basandosi sull'aspetto fisico o psicologico, ma neanche a scelta casuale: specificò che nella mente dello psicopatico tutto avviene con una connessione logica che solo lui può comprendere. Qualcosa attrae l'insano ad una persona come una falena alla luce. "Così attraente e così bello" mi diceva "Così afrodisiaco. Sembra quasi che nella testa risuoni la tua canzone preferita". Parlammo della sua mentalità da assassino per quasi mezz'ora; poi mi venne un dubbio. "Ma tu come hai fatto ad entrare qua dentro?". "La finestra era aperta","E mia mamma? Non le hai fatto niente vero?". "No, volevo passare solo da te". Sorrisi. Non so perché ma sorrisi. Jeff si alzò dal letto. "Aspetta" gli dissi "Dove vai?". Si fermò, poi girò la testa e disse:"Il mio lavoro non finisce qui. Continuerò ad uccidere. E forse ci rivedremo". Dopodiché, si diresse verso il salotto ed uscì dalla finestra. "Lo spero" pensai. Mi riaddormentai. Il sogno fu molto confuso. Stavo correndo, inseguita da tre figure nere e grandi. Arrivai ad un vicolo cieco, le figure risero ma un urlo squarciò le risate e un coltello colpì le tre figure umane, vaporizzandole: era Jeff. E questa volta mi salvò la vita. Mi svegliai, mi preparai e, quando salii sul treno, raccontai tutto a Chiara. "Non raccontarlo a nessuno" mi raccomandai "Sai, non vorrei che...". "Sì sì" mi disse cordialmente. Eravamo quasi alla mia fermata. "E non sai quando ritornerà ?" mi chiese prima che le porte si aprissero. Scossi la testa e la salutai. Mentre mi incamminavo verso scuola, scrutai l'area circostante per vedere se c'era ma non riuscii a vederlo; quel giorno la mia e altre due o tre classi uscivamo prima da scuola, finalmente! Per tutta la giornata non vidi Jeff e provai, all'intervallo ad uscire fuori dall'edificio per vedere se c'era ma invano. "Verrà quando verrà" pensai. La campanella finale suonò e tutti noi uscimmo correndo. Quando la folla di gente se ne andò, mi fermai un attimo a prendere gli auricolari dalla cartella quando si avvicinarono a me tre ragazzi probabilmente della quarta o quinta; erano alti e di buona corporatura, due dei quali portavano quei cappelli con la visiera. Non ci feci tanto caso ma uno di loro, quello senza cappello mi disse, in tono arrogante:"Okay, va bene. Fuori i soldi". Arrogante. Io odio la gente arrogante. "Come scusa?". Si avvicinò con il viso a me e disse:"Hai capito bene. I SOLDI". Avevo paura. Darglieli o negare? "Io non ce li ho". La mia voce tremava. Si capiva benissimo che mentivo e che avevo paura. A quel punto, il "capo" rise e mi tirò su per il collo. Non riuscivo a respirare. Mi cadde la cartella. "Allora?" chiese. Non riscrivo a respirare e anche se riuscivo, non gli rispondevo. "Benissimo" finì. Mi buttò a terra e gli altri due mi calciarono sullo stomaco con gli anfibi. Forte. Mi mancò il respiro e per un attimo pensai che il mio cuore si fosse fermato. Mi vennero giù delle lacrime per il dolore. Con un cenno della mano, l'arrogante fermò loro. "Domani ritorneremo" mi disse, chinandosi su di me "E, se non ce li hai...". Sorrise. Quel sorriso da maligno. Se fossi stata abbastanza forte, lo avrei ucciso con le mie stesse mani. Si alzò e se ne andò, portandosi dietro anche gli altri due. Ero rimasta sola. Rimasi qualche minuto distesa; mi contorcevo per il dolore, faceva male. Tanto male. Mi alzai, presi la cartella e mi incamminai verso la stazione. Appena arrivai a casa, raccontai cio’ che avvertirono immediatamente la scuola. Tramite la mia descrizione, i docenti riuscirono a identificare i ragazzi e presero provvedimenti. Quando fu l’ora di addormentarsi, l’ansia e la paura mi avvolsero, facendomi preoccupare ancora di piu’ pero cio’ che sarebbe successo la mattina dopo.  
   
 
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