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Autore: Mikirise    04/11/2014    1 recensioni
Qualsiasi cosa succeda, segui il piano, Peeta. Ricorda:
Punto Uno: Trova la Ragazza dagli Occhi Grigi.
Punto Due: Mantienila in salvo finché non incontrerete un Posto Sicuro
Punto Tre: Portala sana e salva al Posto Sicuro.
E se tra il Punto Due e il Punto Tre la Ragazza dagli Occhi Grigi si fosse innamorata di lui… Peeta non fingerà di non aver pensato tutto nei minimo particolari.
Ma quello che sulla carta è semplice, beh, nella vita non è esattamente così semplice.
E questo è così frustrante!
[AU!PercyJackson]
{Storia partecipante a "AU Contest- Wherever we are" di Emmastarr}
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: M I K I (Su Efp), MichiGR (sul Forum)
Fandom: Hunger Games
Titolo: Sembrava veramente molto più semplice
Rating: Verde
Personaggi: Peeta Mellark, Katniss Everdeen
Genere/Avvertimenti: Avventura, Romantico
NdA: Immaginare un Peeta bambino girare per gli Stati Uniti d'America alla ricerca della sua Ragazza dagli Occhi Grigi mi ha divertita ed intenerita. Non so quante persone condividano la mia visione di Peeta mezzosangue, figlio di Apollo, ma pensandoci e ripensandoci, non sono riuscita ad immaginarlo in nessun'altra maniera. Perché, per come la vedo io, i figli di Appollo sono figli del Sole e portano il Sole nella vita delle persone.

Ma sono felice che il contest di Emmastarr mi abbia dato la possibilità di maturare quest'idea, che non so se avrà un continuo, ma alla quale mi sono molto affezionata.

Buona lettura!







 

Sembrava veramente molto più semplice

E lo sarebbe stato se non ci fossero di mezzo profezie, papà divini impiccioni, satiri ubriaconi e fratellastri narcisisti


Un ringraziamento speciale a Mary-chan, che mi ha fornito la giusta dose di autostima e, come sempre, alle mie sorelline, che penso siano le mie fan numero uno (in due, sì, è spiritualmente possibile)
 
 
 
 

Capitolo 1


Ricordare: dal latino recordari; derivato da cor, cordis 'cuore'. Ripassare con il cuore.










"Dai, Peleo" mormorava il ragazzo, avvicinandosi al drago che custodiva il Campo, con una bistecca in mano ed un sorriso rassicurante "Vieni a mangiare" continuò accovacciandosi accanto al muso della bestia.

Peleo teneva il muso poggiato sull'enorme zampa, con un solo occhio aperto sul biondo, che lo carezzava. Mosse la coda, che avvolgeva il pino intorno a cui era sdraiato e Peeta sobbalzò, mordendosi il labbro per non gridare come una scolaretta. Se i draghi possono ridacchiare per i loro scherzi, Peleo lo fece, accomodandosi meglio sull'erba fresca.

"Molto divertente" borbottò Peeta "Ma adesso devi mangiare. Sei il drago più viziato che io abbia mai conosciuto"

Il drago non prese bene il tono seccato del biondo e, se fosse stato un umano, avrebbe alzato un sopracciglio, pensando a come punire l'insolenza del figlio di Apollo. Quando Peeta gli porse di nuovo una bistecca dal vassoio che portava con sé, ridacchiò di nuovo e sbuffò, lanciando verso il biondo del fuoco.

Peeta saltò indietro, sorpreso e più che convinto che Peleo lo volesse morto.

La sua maglietta arancione con la scritta "Camp Half-Blood" e la doverosa, quanto illecita, aggiunta della scritta "Rules- Romans Suck - Finnick è il mio fratellone preferito" -fatta ovviamente da Finnick Odair, dopo che Katniss l'aveva rubata al biondo-, si era bruciata nella parte più bassa e il ragazzo portò le sue mani trai capelli, sperando di non trovare una parte completamente calva sulla sua testa. Non perché s'interessasse seriamente dei suoi capelli. Più che altro lo preoccupava la possibile tragedia che Portia e Delly avrebbero messo su, vedendolo tornare senza la sua bellissima, quanto non curata, bionda chioma.

Fortunatamente i suoi capelli erano intatti, ma intorno a lui si espandeva uno sgradevole odore di bruciato.

Peleo iniziò a rotolare su se stesso, o perché stava ridendo -meglio dire che si stava sbellicando dalle risate-, o per dimostrare che era un drago così adorabile che non ci si poteva arrabbiare con lui.

Peeta sorrise tristemente, scuotendo la testa.

Sarebbe morto a causa di un amico.

E non era solo una sua conclusione o un modo per lamentarsi, ma una profezia recitata prima da suo padre, poi dall'oracolo, ripetuta mentre cercava di arrivare al Campo Mezzosangue, qualche anno prima, da un'arpia e poi glielo aveva ricordato con una carezza Afrodite, quell'estate.

Sbuffò, sedendosi accanto al muso ancora sottosopra di Peleo e toccando nervosamente la collana che gli avevano donato una volta arrivato al Campo Mezzosangue.

Sarebbe caduto per mano amica.

Sembrava divertente, in effetti.

Le sue dita si fermarono sulla perla che aveva incastrato nella sua collana. Katniss ne aveva una identica, anche se cercava di nascondere quel segno di amicizia dietro la sua treccia. Effie diceva sempre che, più che segno d'amicizia, quella perla era molto simile ad una fede nuziale e farneticava sul fatto che le perle derivavano dal carbone. Finnick diceva che una figlia di Afrodite avrebbe sempre farneticato in quel modo, poi rideva, facendo commenti maliziosi sulla natura del rapporto di Peeta e Katniss; ogni volta che toccavano l'argomento Gale si incupiva e non diceva più una sola parola. Questo perché, secondo Delly, aveva una cotta non proprio segreta per la figlia di Ermes.

Bene Peeta, ricorda nomi e visi, perché uno di loro ti ucciderà, un giorno.

Peleo rimase con la pancia all'insù, lasciando che Peeta gli carezzasse distrattamente la pancia, preso dai suoi pensieri. Era incredibile quanto un drago potesse assomigliare ad un cane.

"Non era compito di Annie dare da mangiare a Peleo?" chiese Katniss, avvicinandosi al biondo.

Peeta alzò lo sguardo verso la ragazza, lasciando cadere sul suo collo la collana. "Sì" ammise, guardando la mora che studiava l'erba, cercando dei ragni a terra, con in mano un vasetto di vetro "ma è l'ultimo giorno di Finnick al Campo. Domani partirà per stare accanto a sua nonna, Mags, che sta male, e lo sai che non tutti sopravvivono, là fuori"

Katniss alzò lo sguardo da terra, cercando gli occhi azzurri di Peeta nella notte. Peleo chiuse gli occhi, spingendo il muso contro le braccia del ragazzo. Cercava carezze. "I giovani amori?" ripeté le parole che le aveva detto poche ore prima Effie Trinket, nella vana speranza che qualcun'altro si concentrasse sul lato romantico delle loro situazioni.

Sarebbe stato meglio così, molto più semplice, più adatto a ragazzi di sedici anni pensare che il loro più grande problema potesse essere un possibile amore a distanza, e non che il tuo attuale ragazzo potesse essere ucciso andando a visitare sua nonna.

Il figlio di Apollo aggrottò le sopracciglia, lasciando carezze distratte a Peleo, che altrimenti avrebbe continuato a spintonarlo "No," rispose, studiando il viso della ragazza "i semidei"

La figlia di Ermes prese un ragno che si arrampicava su un filo d'erba e, dopo averlo rinchiuso nel vasetto che aveva in mano, si sedette accanto a lui.

Iniziò ad osservare il ragno che aveva raccolto all'interno del vasetto.

Sapeva di star aiutando i suoi fratellastri in uno scherzo crudele ai figli di Atena -sembrava che finalmente Faccia da Volpe fosse riuscita a convincere i figli di Efesto a mostrarle dei tunnel segreti che collegavano le capanne tra loro. Col prezioso aiuto di Gale, Faccia da Volpe avrebbe trovato l'uscita per la Capanna Sei e liberato dei ragni mentre i figli di Atena dormivano. Questo perché uno di loro, un ragazzino appena arrivato aveva accusato i ragazzi della Capanna Undici di aver rubato il suo coltello, aggiungendo poi che i ragazzi della Capanna Nove non erano poi così utili, o bravi, o intelligenti. Grosso errore-, ma questo era stato l'unico modo per allontanarsi dal falò ed andare alla ricerca di Peeta, scomparso dai suoi radar per una settimana intera.

Non era lo stesso, dopo la missione di qualche settimana prima, e voleva assicurarsi che stesse bene, che fosse ancora Peeta Mellark, prima di tornare da Prim. Aveva bisogno di ricordare il sorriso caldo del biondo, di sapere che non le era sfuggito dalle mani, che continuava ad esistere.

Peeta non poteva scomparire. Non quando lei aveva così bisogno di lui. Non in tempi di una guerra imminente.

Sembrava che i mostri avessero iniziato ad attaccare i mortali, senza una ragione precisa. Li intrappolavano, per poi mangiarli, o fare qualsiasi cosa facessero i mostri normalmente. Era capitato che un segugio infernale rapisse giovani ragazze a New Orleans. Afrodite ed Artemide erano piuttosto irritate con questa faccenda, dovuto al fatto che il segugio infernale rapiva ragazze che o sarebbero potute essere delle perfette Cacciatrici, o erano prossime ad un innamoramento cruciale, con il quale la dea dell'Amore si sarebbe potuta divertire, attraverso Efesto TV. Visto che i segugi infernali da nessun altro posto potevano venire se non dall'Oltretomba, le due dee avevano iniziato a puntare il dito contro Ade, che, dal canto suo, aveva già minacciato Zeus di muovere guerra se si fosse ritrovato un'altra volta Artemide sotto casa sua, gridando di non rubarle le Cacciatrici. Poseidone fu accusato da Zeus di essere un ignavo, in quanto aveva scelto di non prendere una posizione riguardante la discussione ed Atena aveva dato ragione a suo padre, elencando i difetti dello zio ed il perché era lecito dargli una lezione. Apollo era andato in favore di Poseidone, dicendo che bisognava farsi un'idea di quello che stava succedendo prima di scagliarsi le peggiori armi gli uni contro gli altri, cosa che aveva fatto imbestialire Atena ed Artemide.

Tanto per cambiare, gli dèi erano pronti ad iniziare una guerra tra loro.

Finnick, Peeta e Katniss erano partiti per New Orleans, con la consapevolezza derivata dalla profezia che aveva recitato l'Oracolo di Delfi, la piccola Rue, che per uno di loro quel viaggio sarebbe significato la divisione della propria anima; in cosa, però, ancora non lo sapevano.

Arrivati a destinazione, all'ultimo momento -come voleva la tradizione dei semidei greci-, dopo un viaggio piuttosto travagliato, si erano trovati davanti un ciclope, che farneticava sul fatto che, per incontrare la pace e la serenità, dovevano far soffrire gli uomini e ricordare agli dèi quanto eroi, mostri e divinità minori fossero importanti per la sopravvivenza del mondo occidentale. Era un discorso piuttosto complesso e non poteva aver avuto origine da quel ciclope, che comunque aveva frainteso molti elementi del piano. Pensava, difatti, di dover uccidere i mortali e distruggere gli dèi, facendo in modo che solo le forze della natura, quelle più antiche, e gli eroi sopravvivessero; pensava di dover distruggere gli estremi delle società -le divinità ed i mortali- per trovare l'equilibrio, seguendo le antiche idee filosofiche della Grecia. Ma era solo una pedina di una forza più grande che non voleva nè l'equilibrio, né la pace, piuttosto il potere che tenevano in mano i Tre Pezzi Grossi.

Katniss aveva piantato una freccia nel cuore del ciclope, senza battere ciglio, mentre Finnick e Peeta liberavano le ragazze dalla prigionia e dalle torture a loro inflitte.

Peeta avrebbe voluto aspettare, prima di uccidere il ciclope, per poter venire a sapere di più su quel piano delirante, per chi lavorava e cosa stava spingendo le stesse forze della natura contro gli dèi. Finnick gli aveva spettinato i capelli e detto di non farsi tanti film mentali: tutto sarebbe andato a finire bene.

Eppure gli attacchi ai mortali continuavano ed anche quegli strani sogni di Peeta, legati al fuoco, ad un castigo durato troppo tempo e a qualcuno che pensava ai mortali come ingrati.

In più, dopo quella missione, Afrodite aveva voluto ricordargli quella profezia proclamata sulla sua culla. Poi aveva riso e detto che si sarebbe divertita un sacco, guardandolo, che si era sempre divertita a guardarlo.

Peeta sospirò, mentre Peleo lasciava che delle nuvolette di fumo uscissero dalle sue narici, affumicandogli gli occhi azzurri.

"Peeta" chiamò Katniss, senza distogliere lo sguardo dal vasetto pieno di ragni "Io..."

Il biondo sorrise verso di lei, Peleo poggiò parte del suo muso sulle ginocchia del ragazzo, muovendo la coda intorno al pino. Il Vello d'Oro attaccato ad un ramo oscillò pericolosamente, ma nessuno dei due semidei se ne curò. "Mi chiedo quanti anni abbia Peleo. È qui da quando siamo arrivati, non è mai cambiato. A volte mi fa sentire piccolo come quando ho visto per la prima volta il Campo" Peeta aveva un sorriso nostalgico, mentre guardava la valle.

La figlia di Ermes sbuffò "Già che ci siamo arrivati, qui...", poi tentennò, non sapendo come continuare la conversazione. Di solito non era lei quella che doveva trovare le parole; di solito era Peeta che la trascinava in lunghe chiacchierate, nelle quali lei diceva ad occhio e croce tre frasi, ascoltando deliziata l'arte della parola tramandata da Apollo in suo figlio.

"Ce la siamo cavata bene, però" ridacchiò il ragazzo, continuando ad accarezzare Peleo.

"Certo, i gattini dovevano stare attenti con due dodicenni alla guida di una Ford" entrambi scoppiarono a ridere al ricordo di quella settimana di viaggio, la prima di un'amicizia. "Mi devi ancora spiegare come hai fatto a trovarmi" disse in un mormorio Katniss, asciugandosi una lacrima che le cadeva dall'occhio destro.

Sembrava strano, ma quando rideva con Peeta, quell'occhio lacrimava sempre. Secondo alcune leggende, quando una persona piange le si sta sciogliendo il ghiaccio intorno al cuore. Non per niente, ma in quei quattro anni aveva imparato a non dare per scontato che le leggende fossero completamente false. In effetti, Katniss si sentiva al sicuro ed al caldo solo col figlio del dio del Sole.

Peeta guardò la luna, che si rifletteva sul lago del Campo, dove il pomeriggio alcuni semidei si divertivano a gareggiare su canoe, mentre altri li guardavano dalla riva, commentando gli ultimi gossip del Campo, o come modificare le magliette arancioni, per farle sembrare più alla moda. "Anche tu mi fai sentire come la prima volta che ti ho vista"

Katniss sbuffò, poggiando accanto a lei il vasetto di ragni "Un ragazzino di dodici anni? "

Peeta rise "È qui che ti sbagli. La prima volta che ti ho vista, di anni ne avevo cinque."


🔆🔅🔆🔅


Quando Apollo aveva detto a Peeta:"Preparati, ragazzino, perché morirai giovane, visto che sei mio figlio. Ma nel poco di vita che potrai vivere sarai un figone assurdo, quasi quanto tuo padre", il biondino aveva iniziato ad urlare verso la madre che un maniaco stava cercando di portarlo via.

Apollo aveva riso davanti alla reazione del figlio e, poggiandogli una mano sulla testa, lo aveva tranquillizzato, mormorando qualcosa sulle giraffe dello zoo, davanti a loro. Peeta aveva aggrottato le sopracciglia e preso dalle mani del dio lo zucchero filato, iniziandolo a mangiare nervosamente. "Non è un bel modo per dire Buon compleanno, sai?"

"Preferisci un haiku? Piccolo bimbo/già hai dodici anni/ non ti muovere di qui, altrimenti tua madre mi ammazza"

"Tu saresti seriamente padre dei Beatles?" sbuffò Peeta mangiucchiando.

"Loro mi hanno chiesto se sono seriamente padre di Shakespeare... certo che ho solo figli ingrati." Apollo rubò un po' di zucchero filato, infilandoselo in bocca con molta non-chalance "Senti, piccolo dongiovanni, so che vuoi seguire le orme di tuo padre, uomo fantastico e tutto il resto, ma iniziare questo viaggio, iniziarlo da solo, senza neanche un satiro custode... non è esattamente saggio."

Peeta girò la testa, lanciando uno sguardo a sua madre che, distrattamente annuiva alle parole di suo figlio maggiore. I suoi due fratelli, che di simile a lui avevano soltanto i capelli biondi, sbuffavano, camminavano con dei berretti sulla testa e dandosi pugni. Rigirò la testa, scrollando le spalle. Pensò di non essere indispensabile per la sua famiglia. Riprese a guardare le giraffe con molta insistenza, lasciando che lo zucchero filato si sciogliesse nella sua bocca.

"Potresti morire" lasciò chiaro Apollo, anche lui teneva gli occhi incollati sugli animali, senza il coraggio di guardare gli occhi azzurri di Peeta.

"Se continui così, potrei pensare d'essere importante" rise amaramente il ragazzino. Il dio del Sole fulminò con lo sguardo il figlio, in un rimprovero silenzioso e dolorante, in un muto "Sono tuo padre, ovviamente sei importante" . Peeta infilò le sue mani nelle tasche della giacca. "Mi hai detto che è impossibile sfuggire alle profezie"

"È così"

"Allora, nel frattempo, dovrò essere un figone da paura, come mio padre" sorrise, sgranchiendosi la schiena "Ho fatto un sogno, tempo fa. C'era una ragazzina che piangeva. Non capivo bene il perché, era su una collina, da sola, piangendo. Avvicinandomi, mi sono reso conto che piangeva su una tomba. Probabilmente era la tomba di suo padre, o comunque di qualcuno a cui voleva molto bene. Aveva due trecce, capelli scuri, occhi grigi. Se la vedessi adesso te la protrei indicare senza il minimo dubbio. Ha iniziato a cantare una canzone molto triste, parlava di un condannato a morte, di un appuntamento a mezzanotte. Non ho capito molto bene neanche questo. Quando mi ha visto sulla collina, ha piegato la testa e mi ha chiesto Quando vieni a prendermi?" gli occhi di Apollo studiavano il ragazzino, che s'infilava in bocca l'ultimo pezzo di zucchero filato. "Ieri, l'ho sognata di nuovo. È cresciuta, nel frattempo, porta una sola treccia, adesso, e non piange. Tiene per mano una bambina bionda. Non so se è sua sorella. Quando mi ha visto, si è avvicinata a me, mi ha posato una mano sulla guancia e mi ha dato un bacio qui" Peeta indicò la parte della guancia vicino al labbro, allontanando in fretta il dito indice, che aveva poggiato su di essa, come se il bacio di quella bambina -un bacio falso?- bruciasse sulla sua pelle "Mi ha detto È ora, non trovi? Devo andare a nord. Non so esattamente dove, ma a nord."

Apollo, nelle sembianze di un diciassettenne, annuì "Devo andare a schiaffeggiare Afrodite. Ha iniziato a giocare con te troppo presto."

"Sarebbe bello, vedervi fare una rissa. Sai lottare, papà?" scoppiò a ridere il ragazzino "Io sono Peeta Mellark, figlio di Apollo, tuo figlio, non ho paura di quella stupida profezia -anche se avrei preferito non conoscerla- e ti renderò fiero, anche se Afrodite sta giocando con me"

Apollo lanciò uno sguardo veloce alla madre di Peeta, che litigava contro i suoi figli a causa di una granita caduta sulla maglietta del maggiore e sospirò, grattandosi la testa. Poi sorrise, con la dolcezza di un padre, sfilandosi lo zaino che portava in spalla e dandola al figlio. "Finirai su Efesto TV" rise "Esci dallo zoo e troverai il mio ultimo aiuto per te in questo viaggio. Se Zeus verrà a sapere che mi sono impicciato così tanto nella tua vita, mi ucciderà... pazienza." Peeta lo squadrò dal basso all'alto, con aria interrogativa "E comunque, tu sei figlio di Apollo, il dio più figo dell'Olimpo"

Si alzò un forte vento, mentre il dio salutava con la mano il figlio, scomparendo. Peeta si era girato dal lato in cui soffiava il vento, socchiudendo gli occhi, a causa della forza di questo. Si mise in spalla lo zaino arancione che gli aveva donato il padre e guardò in alto nel cielo, costatando che, in effetti, non vi era neanche una nuvola su di lui. Eppure il vento iniziò ad ululare ancora più forte, facendo volare via il cappello dalla testa del semidio.

Il biondo vide in lontananza un'arpia, volando con uno sguardo piuttosto aggressivo verso di lui.

Riuscì solo a formulare la frase "Ma che fortuna!", prima di correre verso le porte dello zoo, cercando di non inciampare sui lacci delle sue scarpe.

Si voltò solo per un attimo a guardare i suoi fratelli e sua madre. Se la mamma ed il figlio mediano non si erano neanche resi conto delle azioni di Peeta, il fratello maggiore lo guardava sorridendo, alzò il braccio destro, facendo oscillare la sua mano aperta, in un segno di saluto ampio. Prima di rigirarsi e correre con tutto il fiato che aveva in corpo, il figlio di Apollo giurò di aver sentito la sua voce dire "Fa buon viaggio! Torna a casa quando puoi!"

Fu l'ultima volta che rivide la sua famiglia.

Uscito dallo zoo, si scontrò con una Ford rossa. Sentendo qualcosa nella tasca dei suoi pantaloni, ci infilò la mano, trovando le chiavi della macchina.

"Ho solo dodici anni!" gridò al cielo, ma non aveva tempo, per continuare ad imprecare contro suo padre; l'arpia era a pochi metri da lui, con un sorriso sulle labbra.

Peeta entrò nella macchina, accese il motore e, rompendo tutti i limiti di velocità, ignorando i cartelli stradali, sfrecciò tra le strade di Atalanta, cercando di non seguire il sole.

Quando si fermò, avendo seminato l'arpia, dopo aver messo benzina alla macchina, decise di controllare cosa suo padre avesse messo nello zaino arancione da lui portato.

Sapeva che c'erano un arco e delle frecce, un paio di fogli bianchi con delle penne, dei vestiti, una manciata di dollari e stranissime monete d'oro, grandi quasi quanto un palmo della sua mano, che poi avrebbe riconosciuto come dracme. Quello che non si aspettava di trovare fu un pezzo di crostata al lampone, con sopra un bigliettino che recitava Buon compleanno Peeta.

Già, buon compleanno.


 
  
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