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Autore: Marguerite Tyreen    05/11/2014    1 recensioni
[Platoon]
Per il soldato Chris Taylor la guerra è finita da ormai vent'anni anni. Ma, durante una visita al “Vietnam Veterans Memorial” i ricordi torneranno ad assalirlo e dovrà fare i conti con se stesso, con il cambiamento e con la morte dell'uomo che gli insegnò la vita e l'amore nell'inferno del Vietnam.
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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These wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just too much that time cannot erase.
(Evanescence, My Immortal)

 

La morte si sconta vivendo.
(G. Ungaretti)

 

 

My Immortal

 


 

Gennaio 1988. Washington, D.C.
 

La guerra non è mai finita. Può essere terminata quella che faceva esplodere lampi di napalm ai confini della Cambogia (e, per noi, ai confini del mondo), quella che contrapponeva due colori, versando poi sangue ugualmente scarlatto sulle fronde e sui solchi di una terra sconosciuta, ma la battaglia interna a noi stessi ancora ci lacera. Il flusso inarrestabile del disprezzo verso ciò che siamo diventati e ciò che non siamo stati capaci di trasmettere sbatte contro le pareti del mio cuore e mi riporta qui, a maledire su una tomba vuota gli errori della Sorte nel punire l'ingiustizia degli uomini. Se mai esiste, solo Dio sa perché le vittime più martoriate sono quelle più innocenti, che piegano la testa sotto il giogo della crudeltà, accettando un vano sacrificio.
Chi ti ricorderà, Elias? Le lettere del tuo nome brillano dorate sul marmo nero, nel sole lontano di questo inverno, ma non sono che un rigo confuso tra mille, sul quale nessuno scorrerà più il dito quando avrò smesso di farlo io.
Se solo cessasse di assalirmi il ricordo dei momenti in cui facevo scivolare le mani tra i tuoi capelli, nell'immobilità di quelle notti distese come un sudario o nel frastuono delle lacrime di pioggia! Se solo smettesse la tua presenza di aleggiarmi attorno, se solo te ne andassi, Elias, come mi ha abbandonato il tuo corpo violentato dai proiettili! Tu, che hai visto in faccia l'orrore del 'Nam, afferra il coraggio e trova la tua pace e concedi a me di trovare la mia. Lasciami solo, perché così lo sono e non lo sono allo stesso tempo.


- Ehi, va tutto bene?
Era strano che nessuno dei nostri ti circondasse. Di solito un codazzo costante ti cercava come un oracolo per un consiglio, una canna, un sorriso, due parole su quella musica straniante che ascoltavi. E non c'era nulla che tu non dispensassi.
- Sì, va tutto bene, Chris. Stavo solo guardando le stelle.
Nel chiasso degli altri che ballavano nella baracca o di Barnes che, assieme ai suoi, faceva schioccare le linguette delle lattine e il mazzo delle carte, eri l'unico che sapeva stare in silenzio. Per qualche ragione, il silenzio fa paura in guerra, forse perché ci si aspetta di sentirlo squarciare dalle mine, forse perché ricorda troppo da vicino quello della morte e, allora, si cerca di riempirlo con ogni mezzo. In quel microcosmo governato da leggi rovesciate, serviva più animo per affrontare la quiete che lo scontro, sembrava più folle osservare le stelle che dare fuoco ad un villaggio.
- Vuoi sederti con me?
- Magari.
- Sei taciturno, Chris. Perché non parli? Perché hai smesso di scrivere a casa?
- Mi pare che le parole abbiano perso ogni valore, come se non fossero più guidate dalla ragione.
- Nulla lo è, qui. Ma basterebbe che le cose venissero guidate da un po' di umanità.
- Umanità, Elias? In guerra?
Hai riso, scrollando la testa: - Hai ragione: se ci fosse umanità, non ci sarebbe la guerra.
- E io che credevo fosse un segno di progresso prendervi parte... Che ragazzino idiota che ero! Stai cambiando tutte le mie prospettive, lo sai?
- Ne sono lieto. - il tuo sorriso da gatto, a labbra tirate e denti scoperti, ti illuminò – Spero di non starti facendo troppo male.
- Più della ferita che mi sono beccato, ma va bene così.
Mi stropicciasti la nuca con una ruvida tenerezza: - Sei la mia speranza, Chris.
Gli astri brillavano di una forza di cui non mi ero mai accorto, in solitudine.
- E tu sei la mia unica guida, Elias. Sono pentito, adesso, e ho paura.
- Di morire?
- Di aver perduto la mia innocenza.
- Quello è inevitabile, sei segnato. Ma ci sono io.
- Come?
Il tuo capo sulla mia spalla era un peso così dolce da farmi trattenere il respiro.
- Ci sono io con te, per affrontare il cambiamento. Puoi sempre trovarmi qui, - e indicasti la radura, con i palmi tesi verso terra – nel nostro posto. E, se me ne andassi...
- Taci, Elias! - presi ad accarezzarti i capelli senza più alcun pudore, per accertarmi della tua presenza.
- Ascoltami: se me ne andassi, dovrai cercarmi qui, invece. - le tue dita bruciavano sul mio petto, attraverso la stoffa ruvida della divisa – Promettimelo!
Affondai la mano tra le tue ciocche color sabbia: - Te lo prometto.

 

 

E come potrei non cercarti? Sono incatenato al tuo riflesso, alla vita che in pochi mesi mi hai dato, mentre tutto attorno moriva, mentre io credevo di essere spirito e invece ero solo bozzo.
Ero arrivato per scavare nell'oscurità, nel fondo di me stesso, per trovare un anonimato che nascondesse ai miei occhi il fallimento che mi avevano fatto credere di essere. E tu mi hai messo di fronte all'oggettività come uno specchio.
Non riesco a dimenticarti, Elias. Forse sono io che non ti lascio libero, ma mi hai regalato troppo perché possa rassegnarmi allo scorrere del tempo.
Mi possiedi, possiedi la mia parte migliore.
Sei la mia ferita perenne che non si rimargina, che sanguina ogni volta in cui risento la tua voce in sogno. E non c'è riposo, come durante i turni di guardia giù nel 'Nam.
Il dolore è più vero del vero, più vero dei corpi che mi cadevano davanti.
Non ti ho mai chiesto perché fossi disceso in quell'inferno. Non ti ho mai chiesto molte cose e molte altre non te ne ho dette. Non ti ho mai confessato che ti avrei scelto contro Barnes e contro tutti. Non ti ho mai giurato che ti amavo, nemmeno quella volta. Che eri mio, il mio Elias.

 

 

Non so dove fossero i ragazzi, quella notte: probabilmente a rimpolpare le fila della squadra di O'Neil, uscita in ricognizione.
Tu fumavi, abbandonato sull'amaca, come d'abitudine; una gamba dondolava fuori dalla rete, la mano libera appoggiava sul petto nudo con una sensualità che non sarebbe concesso trovare in un compagno d'armi.
La radio trasmetteva un pezzo dei Doors, forse
Light my fire, forse The end.
- Posso? - accennai alla tua sigaretta.
- No...
- Solo un tiro! Dai, Elias!
- No, no, no... - con aria maliziosa avevi teso il braccio per allontanarla dalla mia portata. Sarebbe bastato poco per impossessarmene, ma preferii stare al tuo gioco. Non credevo che avrei potuto trovare un simile erotismo in quel massacro: ma tu eri forza vitale che si sprigionava, che straripava impetuosamente e mi contagiava.
- Elias, per favore!
I tuoi occhi così azzurri, all'improvviso, non erano più puri: - Metti la bocca qui.
Le tue labbra socchiuse chiamavano le mie, le tenevano prigioniere con il fumo che mi entrava nella gola assieme al tuo soffio. Tentavo di limitare ogni movimento, ma le tue mani ai lati del viso erano una presa sicura e inebriante, la lingua che accarezzava la mia senza posa era un buon motivo per non sfuggirti, per desiderare di più. Per desiderare te, in una forma fisica che cristallizzasse il calore fuso di questo sentimento a cui non sapevo dare un nome.
Il piccolo morso al mio labbro mi fece sussultare.
- Elias...
Nessuna risposta, solo un susseguirsi di baci sempre più voraci e profondi, con cui disperatamente cercavamo di tenere insieme i pezzi di una realtà che si frantumava.

 

 

Ed è quello che ancora provo a fare, ma non ci riesco, senza di te.
Ho conosciuto il tuo sapore, il tuo profumo, il tuo eroismo. Tutto mi è precipitato addosso in maniera estrema, ti ho amato per le grandi cose senza conoscere i dettagli banali. Chissà se, come me, iniziavi mille progetti senza riuscire a portarli a termine. Chissà se sapevi suonare la chitarra, se ti piaceva viaggiare, se sognavi di vedere Parigi, se dormivi acciambellato, quando ti trovavi in un vero letto. Se tutto questo manca, si può considerare amore? Mi domando come lo reputi tu, ovunque sia ora, se riesci ad intuirlo dietro i tre colpi che ho rivolto a Barnes. Il dolore mi è esploso dentro, l'odio mi ha sopraffatto.
Avete lottato per il possesso della mia anima e, alla fine, lui ha vinto. Il male ha vinto.
Non so se, con la tua bontà, puoi concepirlo, Elias. Non so neppure se hai mai capito che amavo l'uomo, dietro al mentore.

E lei ha i tuoi stessi occhi: lo noto ancora prima che abbia posato la punta delle dita sul tuo nome, sulla “N” finale, mentre io sto carezzando la “E”.
- Chris Taylor?
- Sì? Sì, sono io.
- Lo immaginavo. E' come Elias l'aveva descritta. Sono Emma Grodin, sua sorella.
Non ti somiglia. Sorride, non ti somiglia, ma ha i tuoi occhi, segnati da una sottile trama di rughe.
- Non sapevo avesse una sorella.
Non so quasi nulla, se ci penso.
- Sì, Elias era il mio fratellino. - ti cerca nell'impersonalità del monumento e ciò che trova sembra addolorarla di più – Sono vent'anni proprio oggi. Mi manca.
- Manca molto anche a me. Darei qualsiasi cosa per poter tornare indietro e dirgli almeno che gli ho voluto bene.
- Sono certa che lui l'abbia saputo. Parlava sempre di lei nelle lettere che mi mandava: scriveva che era la sua speranza per il futuro. Ho l'impressione che lei gli abbia reso quei mesi più sereni, Chris e le sarò sempre grata per questo.
- E io lo sarò a lei per le sue parole, Emma. E a Elias per tutto il resto. Conserverò la sua memoria finché vivrò.
- Vorrebbe conservare anche una sua fotografia?
- Mi piacerebbe molto.
Apre la borsetta ed estrae dal portafoglio un tuo ritratto. Non è di quelli rigidi e formali realizzati da un fotografo, sembrerebbe più uno scatto spontaneo, famigliare. Sorridi, con la gota poggiata sul palmo e siedi sulla scala d'ingresso di una casa di campagna, una di quelle con il portico di legno che si apre sull'aia, dove poter fumare le sere d'estate sulle sedie a dondolo. Quasi non ti riconosco, senza la divisa, in una semplice camicia bianca con le maniche rimboccate. Sei bello e mi sembra di averti raggiunto. Ancora non so se come me cominciavi mille progetti, se suonavi la chitarra o sognavi Parigi, ma so che avevi una casa con il portico e che il bianco ti stava bene e, nel vuoto lasciato dalla tua assenza, basta a ritrovare un attimo di sospirato calore. Basta a farmi credere che posso essere di nuovo qualcuno di cui non devo vergognarmi.
Quanto al resto, a ciò che ero diventato con Barnes, per colpa di Barnes, voglio che sia sepolto con lui. Però io non dimentico: non vivo solo per raccontare e per ricostruire, Elias, ma vivo soprattutto per scontare la mia pena, sopportando i giorni che mi separano dalla morte, che mi separano da te.
E forse allora potrò davvero raggiungerti, forse allora potrai continuare ad amarmi come avevi fatto qui. Io non smetto un solo istante. Ti amo, Elias.
Ti amo.

 

 

Fine



Credits & Desclaimer:
I personaggi e il contesto di questa storia – scritta senza fini di lucro – non mi appartengono, ma sono di proprietà di mr. Oliver Stone.
Il titolo è preso a prestito dall'omonima canzone degli Evanescence, My Immortal.



Grazie a tutti per essere passati. Un bacio!
Marguerite <3

   
 
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