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Autore: Darkness_Angel    05/11/2014    6 recensioni
12 Luglio 1993.
Una data importante che cambierà la vita del Professor Frederick Chase radicalmente.
Nemmeno un ottimo studioso come lui avrebbe mai potuto prevedere ciò che sarebbe accaduto quel giorno, ciò a cui le sue azioni lo avrebbero portato.
Quello che accadde quel giorno combiò la sua vita, in meglio direbbe adesso, ma non subito l' arrivo di lei fu così gradito...
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Piccola Fanfiction senza Spoiler su un mortale, una Dea e l'arrivo di una nostra eroina.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Atena
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti :)
Questa è una piccola Ff su come, secondo me, potrebbero essere andate le cose tra Frederick e Atena prima e dopo l'arrivo di Annabeth :3
Zio Rick non ha spiegato bene come avvenga la gravidanza di Atena, quindi mi sono presa un po' di libertà nel descriverla rimanendo, però, sempre fedele alle poche informazioni che ci ha dato.
Direi che non c'è altro :)
Buona Lettura.

12 Luglio 1993
 

Il professor Chase finì in quel momento la sua lezione sulle strategie usate dall’America per far arretrare l’avanzata Tedesca durante la seconda Guerra Mondiale.
Come sempre i suoi studenti erano stati ad ascoltarlo rapiti, non c’era niente di meglio di una bella lezione di storia militare tenuta da un docente che ne era veramente interessato.
Frederick iniziò a riporre i suoi libri e i suoi appunti mentre gli studenti iniziavano a lasciare l’aula chiacchierando tra di loro sia della lezione appena terminata sia dei loro programmi per la settima. Il professore alzò lo sguardo per controllare ancora quanti studenti dovessero uscire dall’aula, a parte qualche ragazzo ritardatario non vi era nessuno, poi, prima di riconcentrarsi sui suoi appunti, vide una ragazza ancora seduta al suo posto in terza fila che lo sta osservando; decise di aspettare che la studentessa uscisse prima di andarsene, non gli sembrava corretto lasciarla lì.
Passarono i minuti, lui aveva finito di mettere a posto le sue cose ma la ragazza sembrava non volersene andare, continuava a fissarlo e poi a spostare lo sguardo sulla lavagna alle sue spalle dove vi erano scritti gli appunti della lezione, sembrava che volesse rimanere lì per sempre.
La guardò solo di sfuggita sperando che quelle occhiate bastassero per farle capire che doveva andarsene, ma la ragazza non si muoveva.
Doveva essere una una nuova studentessa, era la prima volta che frequentava la sua lezione, di questo era certo, avendo quella cattedra solo da due anni si ricordava facilmente le facce dei suoi allievi.
Frederick era riuscito ad avere quella cattedra per puro caso e fortuna; era fresco di studi e stava cercando un lavoro quando lo contattarono, non credeva che sarebbe riuscito a trovare proprio un posto per insegnare storia militare, molte Università non cercavano un professore così specializzato, cercavano soltanto un professore che insegnasse tutta la Storia, dai tempi più antichi sino ad oggi.
Dopo un po’ di tempo, nel quale la ragazza non si era mossa, Frederick capì che, se non interveniva, avrebbe potuto rimanere lì sino alla prossima lezione. Alzò lo sguardo e fissò la ragazza che, accortasi di essere guardata, ricambiò lo sguardo con un sorriso:
-  La lezione è finita  - la avvertì cortesemente
-  Lo so’ ed è stata una lezione davvero interessante  - gli rispose lei tornando a guardare la lavagna, Frederick stava per ribattere ma la ragazza continuò -  Mi chiedevo se avesse qualche minuto da dedicarmi per discuterne  - gli chiese infine tornando a guardarlo e sorridendogli.
Frederick rimase per un attimo spiazzato, nessuno studente gli aveva mai chiesto di potersi fermare con lui dopo le lezioni, non aveva idea di cosa risponderle ma alla fine decise di darle una possibilità; se la discussione fosse diventata troppo noiosa, avrebbe congedato la ragazza con la scusa di dover preparare la lezione successiva.
-  Certamente, prima della prossima lezione ho un po’ di tempo  - le rispose cortesemente prendendo la sua ventiquattro ore dalla cattedra.
Finalmente la ragazza si alzò dal banco e si avviò verso la porta, Frederick si sentì sollevato, diede un occhiata veloce all’orologio, le dieci, la lezione dopo l’avrebbe avuta a mezzogiorno, poteva prendersi una pausa -  Magari potremmo discuterne davanti ad un caffè se non le dispiace  - aggiunse mentre raggiungeva la ragazza sulla porta
-  Come vuole lei professore  - gli rispose la ragazza sorridendogli.
Frederick si sentì leggermente a disagio, uscirono dall’aula nel caos degli studenti che cambiavano classe prima che suonasse l’ora successiva. La ragazza camminava al suo fianco, con una borsa a tracolla dove, molto probabilmente, teneva libri e quaderni. Ad una prima occhiata non sembrava una delle poche ragazze che frequentavano il suo corso, non voleva sbagliarsi, ma lei sembrava avere quasi la sua età.
-  Di cosa vorrebbe discutere?  - le chiese infine rompendo il silenzio
-  Delle strategie usate dai diversi paesi durante la seconda Guerra Mondiale  - gli rispose
-  Di qualche paese in particolare?  -
-  No, ogni paese aveva le proprie idee e motivazioni per agire in quel modo, vorrei sapere lei cosa ne pensa  - gli spiegò.
Da quel momento incominciò un dialogo su chi avesse fatto cosa e perché.
Frederick cancellò dalla mente l’idea di congedare la ragazza, lei sembrava saperne quasi quanto lui su quell’argomento e aveva la sua idea per ogni avvenimento oltre che un suggerimento.
Arrivarono alla caffetteria dell’Università ancora discutendo, si sedettero ad un tavolino dopo aver preso entrambi un caffè e continuarono a parlare; dalla seconda Guerra Mondiale passarono alla prima ed iniziarono a confrontare le loro idee anche su quella.
Frederick non credeva a quello che sentiva uscire dalla bocca di quella donna, quella non era una studentessa che imparava da lui, era una persona al suo livello con cui discutere e poi a lui interessava molto di più la prima Guerra Mondiale che la seconda, quindi non vedeva l’ora di trovare qualcuno con cui confrontare le sue idee.
Frederick lanciò uno sguardo rapido all’orologio che aveva al polso, mancava dieci a mezzogiorno, non se n’era accorto, ma erano rimasti a parlare per quasi due ore.
-  Mi dispiace moltissimo dover mettere fine alla nostra chiacchierata, ma tra dieci minuti ho lezione e devo andare  - si scusò alzandosi in piedi, gli dispiaceva veramente, non era una scusa.
La ragazza sorrise e si alzò insieme a lui, Frederick le porse la mano -  E’ stato un piacere discutere con lei signorina…  - ecco una cosa che si dimenticava sempre di fare prima di iniziare a parlare con qualcuno che non conosceva, chiedergli il nome.
La ragazza gli strinse la mano -  Può chiamarmi Atena  - gli rispose con un sorriso.
Frederick rimase un momento confuso, quello non era sicuramente un nome comune e poi era un nome, non un cognome -  comunque è stato un piacere anche per me professor Chase  - continuò. Frederick si riebbe dai suoi pensieri, non era il momento di pensare se quella donna avesse un nome comune o no; si strinsero ancora una volta la mano e poi si salutarono prendendo strade opposte.
 
Nei giorni seguenti, Frederick si accorse che Atena continuava a venire alle sue lezioni, quando spiegava gli capitava di osservarla e di chiedersi cosa pensasse lei, quali pensieri e idee affollassero la sua mente.
La sua curiosità era sempre soddisfatta alla fine della lezione, Atena gli chiedeva sempre se gli andasse di parlare di quello che aveva appena spiegato e lui non rifiutava mai, non poteva credere di aver trovato un’altra persona così interessata alla storia della strategia militare.
Ormai, quando parlavano tra loro, non si davano nemmeno più del lei, quando iniziavano a parlare non c’era motivo per smettere o per rendere formale la conversazione, Frederick aveva capito; ormai non erano più professore e alunna, ma due amici.
La donna lo sorprendeva tutti i giorni, non c’era argomento che non conoscesse, poteva anche iniziare a parlare dell’uso delle suole delle scarpe come ingrediente principale per il pranzo delle truppe ed era sicuro che lei gli avrebbe saputo scrivere almeno una ricetta.
Atena era intelligente e scaltra, non si lasciava influenzare dai pensieri altrui, pensava sempre con la sua testa e quando era decisa su qualcosa, i suoi occhi grigi sembrano minacciar tempesta.
I suoi occhi erano veramente lo specchio della sua anima, tutte le emozioni che le passavano per la testa si riflettevano in quei due bellissimi occhi grigi che, si era accorto solo di recente, di essersi fermato a guardare molte volte, perdendocisi.
-  Frederick, mi hai sentito?  -
Frederick scosse la testa richiamato dalla voce della donna che lo osservava dubbiosa mentre due ciocche di capelli castani sfuggite alla coda gli ricadevano ai lati del viso.
-  Scusami, dicevi?  - le chiese riprendendosi e tornando a concentrarsi sulla discussione e non solo sui suoi occhi.
Atena rimase per un secondo dubbiosa, ma poi riprese a parlare come se non fosse accaduto nulla.
Come sempre il giorno dopo, a manca un quarto alle nove, gli alunni iniziarono ad entrare nella sua aula, Frederick li guardò entrare tutti finché non la vide, Atena gli sorrise e lo salutò con un gesto veloce e impercettibile della mano, lui gli rispose con un sorriso e poi tornò velocemente nei panni del professore.
Alle nove in punto, Frederick incominciò la lezione con il suo solito entusiasmo, solo che quel giorno c’era qualcosa di diverso. Tutte le volte che incrociava lo sguardo attento di Atena non riusciva a guardare altrove, alcune volte rischiava persino di perdere il filo del discorso.
Era da poco che gli succedeva, spesso si ritrovava a pensare alla ragazza, magari stava leggendo un articolo che gli interessava e subito gli veniva in mente di chiederle la sua opinione.
Silenziosamente Atena si era fatta largo nella sua testa e sembrava volerci rimanere.
Riuscì a concludere la lezione senza problemi nonostante la sua attenzione fosse rivolta principalmente ad una alunna; come sempre gli altri ragazzi iniziarono ad uscire dall’aula chiacchierando tra di loro, mentre invece lei rimaneva al suo posto.
Quando rimasero solo loro due, Frederick alzò lo sguardo e le sorrise -  Anche oggi vuoi discutere della lezione?  - le chiese anche se conosceva la risposta
-  Certo, se hai tempo  -.
Dieci minuti dopo erano seduti su una panchina nel giardino dell’Università a parlare animatamente. Ormai avevano praticamente discusso di qualsiasi cosa riguardante la seconda e, soprattutto, la prima guerra mondiale, e così avevano iniziato a parlare di guerre molto precedenti a quelle. Atena era molto ferrata soprattutto sulle guerre combattute durante il periodo di massimo splendore della Grecia, un pomeriggio erano anche finiti a parlare della guerra di Troia.
Frederick sapeva qualcosa di quel periodo, ma non molto, così, quando la donna gli raccontava, lui pendeva dalle sue labbra, bevendo le parole come se fossero acqua fresca, sembrava quasi che lei avesse partecipato a quelle guerre.
-  Sei così preparata anche sul periodo Romano?  - le chiese
-  No, non mi piacciono i romani  - gli rispose rabbuiandosi, gli occhi grigi si fecero di pietra
-  Beh certo, tu sei una Dea Greca, no?  - scherzò pensando di risistemare la situazione con una battuta, questa però ebbe l’effetto contrario; la ragazza scattò subito in allarme guardandolo negli occhi -  Cosa… ma cosa dici?  - gli chiese
Frederick si sentì in imbarazzo -  Il tuo nome  - le spiegò -  Atena era la Dea Greca della strategia militare… era solo una battuta riuscita molto male  - si scusò
La donna sembrò tranquillizzarsi e scoppiò a ridere -  E’ vero, scusa non le capisco subito le battute  - si scusò a sua volta.
Calò il silenzio, Frederick continuava a pensare di aver fatto un passo falso, e la sua testa gli diceva che non sarebbe bastata quella spiegazione per rimediare -  Senti, a casa sto lavorando ad un progetto sulla prima Guerra Mondiale  - incominciò imbarazzato -  Sto cercando di ricostruire in scala la terza battaglia di Ypres, e mi piacerebbe se tu mi aiutassi per il posizionamento delle truppe  - le spiegò
Atena si fece pensierosa e gli occhi grigi brillarono come quando qualcosa la interessava -  Mi farebbe molto piacere, ma come mai ti interessa proprio quella battaglia?  - gli chiese curiosa
-  Credo che ci sia ancora qualcosa da dire su di lei  - le rispose.
-  Vorrei proprio sapere cosa, allora, quando posso venire?  - gli chiese prendendolo alla sprovvista.
-  Domenica pomeriggio, così non ci sono intralci con l’Università?  - le propose
-  Va bene, dove ti raggiungo? -
Frederick prese un foglio da un blocco a quadretti, prese una matita vi scrisse sopra il suo indirizzo e poi glielo porse, Atena lo osservò e annuì -  Sai arrivarci?  - le chiese
-  Certo, ci vediamo lì Domenica per le tre, allora  - concluse la donna
Frederick annuì sorridendole.
 
Domenica, secondo Frederick, arrivò troppo presto.
Gli sembrava che quell’invito fosse più di un semplice invito per un meeting storico. Quando era da solo non faceva altro che pensarci, ormai aveva capito che Atena gli piaceva, ma la donna non aveva mai mostrato nessun interesse, oltre quello professionale, verso di lui.
Ma ormai non ci poteva fare nulla, l’invito c’era e alle tre in punto di Domenica, il campanello del suo appartamento suonò.
Frederick andò ad aprire, Atena gli sorrise e si salutarono velocemente mentre lei si levava la giacca e l’appendeva all’appendi abiti dietro alla porta.
Frederick le fece strada sino al suo studio, l’appartamento non era molto grande, ma per lui bastava e avanzava.
Entrarono nello studio e lui si avvicinò ad un tavolo già pitturato dove sopra vi erano disposti diversi soldatini dei due schieramenti avversari sparsi alla rinfusa.
-  E’ tutto ancora molto approssimativo  - disse quasi per scusarsi, quando la donna si mise ad osservare tutto curiosa.
Atena ignorò quello che aveva detto -  Come hai intenzione di sistemarli?  - gli chiese
-  Ho diversi libri e fotocopie di libri che spiegano il dispiegamento delle truppe, pensavo di confrontarli e poi posizionare i soldati  - le spiegò dimenticando la timidezza iniziale
-  Bene, cosa stiamo aspettando?  - gli chiese la donna sorridendogli.
Frederick tirò fuori tutti i libri e i vari documenti che aveva e ne porse metà ad Atena, si misero a leggerli e a confrontarli, poi uno dava le direttive e l’altro sistemava carri armati e soldati.
Passarono così tutto il pomeriggio, correggendo e rivedendo quello che avevano trovato, si accorsero che ormai si era fatta sera quando dovettero accendere la luce per poter continuare a vedere.
Frederick sospirò e si sedette per terra di fianco ad Atena circondata da libri -  Direi che per oggi può andare  - le disse mentre entrambi guardavano il lavoro che avevano fatto -  Anche se non abbiamo trovato molto su come posizionare i Sopwith Camel  - commentò pensieroso
-  Beh, potrebbe essere questa la cosa ancora da dire che cercavamo  - gli ricordò lei.
Frederick rimase un attimo immobile, non riusciva ancora a capacitarsi di come quella donna riuscisse a capirlo così bene.
-  Possibile, anzi ne sono sicuro  - concordò sorridendole -  Credi di poterti fermare ancora un po’ per vedere se riusciamo a scoprire qualcosa in più?  -
-  Forse è meglio prendersi una pausa  e poi continuare  - suggerì lei.
Frederick ammise che non aveva tutti i torti. Lasciò Atena a sistemare qualche carta mentre lui andava a prendere una pizza all’angolo.
Cenarono parlando delle loro ipotesi sul perché i biplani non fossero nominati spesso nei libri che avevano, poi, dopo aver finito di mangiare, invece di tornare nello studio, per qualche ragione Frederick tirò fuori un Risiko, che era stato un regalo per la sua laurea da parte di un suo vecchio amico, e si misero a giocare.
La partita durò almeno due ore e mezza, cambiando direzione ogni dieci minuti, ma alla fine Atena lo batté senza ombra di dubbio.
La donna lanciò un occhiata rapida all’orologio appeso sul muro della cucina -  Forse è meglio che vada, domattina abbiamo tutti e due lezione  - gli ricordò con un sorriso.
Frederick guardò l’ora, non aveva tutti i torti, era quasi mezzanotte -  Si, forse è meglio  -
La accompagnò alla porta rimanendo in silenzio, quando stava con lei le parole sembravano sfuggirgli dalla bocca -  Vuoi che ti accompagni a casa?  - le chiese d’impeto
La donna gli sorrise -  No, da qui a casa mia non c’è molto, non ti preoccupare  - lo rassicurò rinfilandosi la giacca.
Ci fu un momento di silenzio, ma fu Atena ad interromperlo -  Spero di poter ritornare per finire di aiutarti con la ricostruzione  - gli disse
-  Certo, quando vuoi  - la rassicurò.
-  Allora, ci vediamo domani a lezione  - concluse lei prendendo la porta, Frederick si mosse più velocemente e gliela aprì -  Si, a domani  -.
Si guardarono per un secondo, incerti su come salutarsi, troppo amici per scambiarsi solo una stretta di mano. Frederick sentì che quello era il momento giusto, che se non lo avesse fatto adesso non l’avrebbe fatto mai più, si avvicinò lentamente alla donna e la baciò sulla labbra delicatamente; quando si ritrasse, si accorse che lei era arrossita ma che non era sconvolta, sorrideva.
-  Allora a domani  - ripeté la ragazza uscendo dall’appartamento, lui non disse nulla e la salutò mentre andava in strada e spariva dietro l’angolo.
Da quella sera e, dopo quel bacio, tra di loro si instaurò una strana relazione.
Continuarono a vedersi, sia dopo la lezione che a casa di Frederick per continuare il progetto sulla terza battaglia di Ypres, però quando erano soli, alcune volte, qualche bacio scappava e ormai qualsiasi barriera ci fosse stata tra loro due era crollata.
Frederick non poteva chiedere di meglio, ormai era da quasi tre mesi che si vedevano, lui amava Atena e lei lo ricambiava, non gli importava se i baci che si scambiavano ogni tanto non erano quei baci da film che duravano per ore, a lei non piacevano troppo quel genere di effusioni,  l’importante per lui era poter rimanere ancora con lei e parlarle.
Come ogni Domenica, oltre al Mercoledì e il Giovedì, quella sera Atena sarebbe venuta a casa sua nel pomeriggio per continuare i loro progetti, ma Frederick decise di volerle fare una sorpresa.
La mattina andò in Università, avrebbe chiesto l’indirizzo della donna alla segreteria, con la scusa di doverle portare alcuni appunti che aveva dimenticato, e la sarebbe andata a prendere davanti a casa. L’Università era quasi deserta, percorse i corridoi privi di studenti e andò direttamente alla segreteria, dove, la donna dietro al bancone lo salutò sorridendogli -  Salve professor Chase, come posso esserle utile?  - gli chiese
-   Mi servirebbe l’indirizzo di una mia alunna per riportarle un quaderno che ha dimenticato in aula  - le spiegò tranquillo
La donna esitò un secondo ma poi annuì -  Certo, sa’ dirmi il nome o il cognome?  - gli chiese andando a controllare sul computer che aveva al fianco.
-  Atena  - le disse.
La donna digitò qualcosa sulla tastiera e aspettò, ma poi si fece dubbiosa -  Non risulta nessun iscritto con questo nome, è sicuro che sia giusto?  - gli chiese
Frederick rimase un attimo meravigliato, le chiese di riprovare mettendo la “h” tra la “t” e la “e” ma il risultato era sempre lo stesso, alla fine salutò la donna, tormentato dai dubbi.
Possibile che gli avesse mentito? Non rimaneva che chiederglielo.
Aspettò le tre di pomeriggio, Atena arrivò puntuale come sempre, lui la fece entrare, le sorrise e poi si scambiarono un rapido bacio -  Tutto bene?  - gli chiese lei mentre appendeva il cappotto
-  Dobbiamo parlare  - le disse sorridendole e accompagnandola in cucina.
Si sedettero al tavolo, Atena era corrucciata e, per la prima volta, spaesata -  Cosa vuoi dirmi? - gli chiese preoccupata.
Frederick sospirò e le raccontò tutto quello che era successo quella mattina, mentre parlava lei chinò il capo e annuì piano -  Ti chiedo solo di dirmi la verità  - concluse Frederick prendendole una mano, voleva sapere prima di commettere uno sbaglio.
-  Te la meriti, Frederick, ma io ti ho già detto chi sono veramente  - gli rispose con un sorriso
Lui si accigliò non capendo -  Te l’ho detto, io sono Atena, Dea vergine della strategia militare e della saggezza  - gli disse
Frederick rimase immobile, quello che gli stava dicendo doveva essere una bugia, o lo stava prendendo in giro o quella donna era una pazza.
-  Penso tu sappia che spesso gli Dei si avvicinano agli umani e … -
-  Ma questo succedeva secoli fa  - la interruppe -  e in Grecia, qui siamo a New York  - le ricordò incredulo
-  Ci siamo spostati  - gli rispose semplicemente -  ma prima di pensare che io sia una pazza, lascia che ti mostri  - gli chiese
Atena si alzò e prese la borsa che portava sempre con se’, la aprì e ne tirò fuori, al posto di libri e quaderni, un’egida e una lunga lancia e le poggiò sul tavolo. Frederick era senza parole, sfiorò le armi pensando che si dissolvessero ma invece rimasero lì.
Guardò la donna che gli sorrideva con il suo solito sorriso intelligente e seppe che non gli stava mentendo -  Sei davvero tu…  -
-  Se non ti bastano come prova posso sempre trasformarmi una civetta  - gli rispose Atena riponendo le armi nella borsa.
-  No, ti credo ma… perché io?  - le chiese
-  Perché sei interessante  - gli rispose sorridendogli.
Frederick si lasciò scivolare sulla sedia: lui, un professore alle prime armi, era stato scelto da una Dea perché era interessante… non poteva crederci.
-  Se è troppo per te, ti capisco. Me ne andrò e tutta questa storia finirà  - gli disse tranquillamente, Frederick si portò le mani alla fronte e scosse il capo ancora incredulo. La Dea sospirò, raccolse le sue cose e si avviò verso la porta, sapeva che quella era un opzione plausibile dopo aver rivelato chi era.
Stava per uscire dalla porta quando si sentì afferrare per un braccio, si girò e vide Frederick ad un passo da lei che la stava fissando, l’uomo la tirò a se’ e la baciò con più passone del solito, lei rimase sorpresa e ma non si sottrasse, quello poteva accettarlo.
-  Non te ne andare  - le sussurrò mentre si guardavano negli occhi -  abbiamo ancora una marea di biplani da sistemare, mi serve il tuo aiuto  - Atena scosse il capo e chiuse la porta, nascondendo infondo al petto un sentimento nascente.
 
La relazione non cambiò, Atena non andava più alle lezioni di Frederick, ma tutti i pomeriggi era da lui, sia per parlare dei loro progetti, tra cui uno che, se fosse andato a buon fine, gli avrebbe fatto prendere un dottorato a Harvard, sia di lei: Frederick le chiedeva qualunque cosa gli passasse per la mente.
-  C’è una cosa che però va messa bene in chiaro  - gli disse Atena dopo un bacio un po’ troppo impegnato da parte dell’uomo -  Sarebbe?  - le chiese allontanandosi
-  Sono una Dea Vergine, sai cosa significa?  - gli chiese
-  Certo che lo so’, ma io mi sono innamorato di te per il tuo cervello e non per il tuo corpo e poi, ora io non voglio figli o complicazioni, voglio solo dedicarmi ai nostri progetti  - le rispose sorridendole  e lasciandole un bacio sulla fronte.
Frederick sapeva che non l’avrebbe mai potuta avere in quel senso, ma a lui bastava averla accanto per sentirsi completo.
Atena gli prese la mano e vi mise dentro qualcosa -  Così avrai qualcosa che mi appartiene  - gli disse.
Frederick aprì la mano, dentro vi era un semplicissimo anello d’orato, lo prese tra le dita, poi prese un pezzo di spago da un cassetto, ve lo fece passare dentro e se lo legò al collo nascondendolo sotto la camicia.
Passarono ancora molto tempo insieme, il progetto per Harvard era completato, spedito alla commissione e quel giorno, Frederick aveva ricevuto la lettera che lo avvisava che il progetto era stato accettato e preso in esame, ora doveva solo dirlo ad Atena, qualche minuto e il campanello avrebbe suonato.
Ma passarono i minuti, poi le ore, i giorni ed infine le settimane, ma Atena non si fece più vedere. Frederick provò a mandarle un messaggio Iride come gli aveva insegnato ma lei non rispondeva, alla fine si arrese, e capì che lo aveva lasciato.
Nascose il loro progetto sulla terza battaglia di Ypres, distruggendo la struttura e anche qualche modellino. Preso dalla rabbia si levò l’anello dal collo e lo gettò in fondo ad un cassetto, non voleva più vedere nulla che appartenesse alla Dea.
Lui si era fidato, l’aveva amata veramente e lei si era solo presa gioco di lui.
 
Atena sospirò e guardò le chiazze di colore indistinte che erano New York a Giugno, vista dall’Olimpo.
Era successo di nuovo.
Era da un paio di giorni, prima della sua partenza,  che le era cominciato un leggero mal di testa e poi, una mattina, era apparsa, come sempre dal nulla, la pancia.
Succedeva sempre così, quando si innamorava di un mortale, e incominciava a sentire quel sentimento estraneo alla suo essere; anche se non si univa a lui fisicamente, rimaneva incinta.
La sua gravidanza era strana, incominciava a volte con una leggera emicrania e poi si ritrovava con la pancia all’improvviso. La gravidanza durava un mese e poi, al posto delle doglie, le si scatenava una terribile emicrania che rischiava di farla impazzire e perdere conoscenza ogni volta lasciandola alla fine distrutta come se avesse realmente partorito; finito il mal di testa si ritrovava vicino un neonato che piangeva e sgambettava, e adesso non sarebbe stato diverso.
Quando Afrodite l’aveva vista le aveva sorriso e le aveva detto ridendo -  Ancora? -.
A quel punto Atena aveva fatto come al solito, si era chiusa nelle sue stanze con l’unica compagnia di sua sorella Ebe, a tessere la coperta per il nascituro.
Un mese passò, e il fatidico giorno arrivò; l’emicrania le iniziò in piena notte e le durò fino a metà mattina del giorno dopo, stavolta le sembrò quasi più doloroso delle altre.
Poi all’improvviso tutto tacque e il dolore scomparve; Atena era sdraiata sul suo letto, si lasciò andare la testa e sospirò aprendo gli occhi per vedere cosa avesse generato questa volta.
Di fianco a lei vi era una bambina che piangeva annunciando a tutto l’Olimpo la sua  venuta al mondo. Atena la prese in braccio e la bambina si calmò subito stringendosi al suo petto e spalancando i suoi occhi grigi verso la madre.
La Dea le sorrise e le accarezzò la testolina sulla quale vi erano già dei radi capelli biondi; si prese un secondo per osservarla, poi si alzò, prese la coperta che aveva finito di tessere qualche giorno prima, con già il nome della piccola ricamato sopra con vicino una civetta, e ve l’avvolse dentro.
La bambina si era addormentata, cullata dal movimento della madre; ora veniva il momento, anche se non voleva ammetterlo, peggiore.
Con un gesto della mano davanti a lei apparve una culla d’orata, diede un bacio sulla fronte alla bambina e poi ve la depose dentro -  Farai grandi cose, piccola mia  - le sussurrò lasciandole un’ultima carezza mentre bloccava il dolore sul nascere.
Si allontanò leggermente dalla culla e poi, con un altro leggero gesto della mano, il vento dell’Ovest, Zefiro, raccolse la culla portandola via.
 
Frederick ripose nella credenza il piatto appena lavato, si girò e sospirò davanti alla pila di compiti ancora da correggere; nonostante il dottorato appena vinto ad Harvard doveva ancora insegnare per portare a casa il pane tutti i giorni.
Si stava per sedere a correggerli quando sentì bussare sulla porta. Sospirò e andò a vedere chi era, aprì la porta pronto a scacciare via un venditore ambulante quando davanti a se’ si ritrovò una culla d’oro con dentro una bambina che dormiva tranquilla e beata.
Si guardò in giro ma non vide nessuno, prese la culla e la portò in casa prima che i vicini potessero vederla e iniziare a farsi delle domande. Frederick rimase immobile davanti alla culla, la bambina dormiva come se non si fosse accorta di niente, avvolta in una copertina arancione con ricamato sul davanti una civetta e di fianco il suo nome.
Una bambina, non era possibile, quella non poteva essere sua, Atena era una Dea vergine e sapeva per certo che lui non l’aveva mai toccata e, in ogni caso, ora non poteva prendersi cura di quella neonata, aveva amato Atena, lo ammetteva, ma adesso era passato più di un mese e lui si era rifatto una vita: no, quella bambina non gli ci voleva proprio.
Andò in cucina e aprì l’acqua creando un arcobaleno, prese dal suo comò l’ultima dracma che gli rimaneva e la gettò nell’arcobaleno recitando la formula per poter parlare con la dea; pochi secondi dopo, nella nebbiolina, apparve Atena.
-  E’ uno scherzo?  - le chiese senza nemmeno lasciarle proferir parola
-  No, quella è tua figlia  - gli rispose seria
-  Non è possibile! Io non ti ho mai sfiorata  - le ricordò
-  I miei figli non vengono concepiti come gli altri bambini, e non nascono nemmeno come loro - gli spiegò
-  Non mi importa com’è stata concepita o è nata, io non posso crescerla, riprenditela e crescila sull’Olimpo, io sono troppo occupato  - le rispose scocciato
-  Gli eroi devono crescere con il loro genitore mortale, non posso tenerla io  - gli rispose cercando di trattenere la rabbia la dea
-  Fai uno strappo alla regola! Dopo una Dea vergine che ha un figlio, credo che crescere un semidio sull’Olimpo sarà solo un’altra stranezza nelle vostre vite immortali  - le ricordò
Atena socchiuse gli occhi, era la prima volta che qualcuno si rifiutava di accettare suo figlio
-  Ti ho detto che gli eroi devono crescere con il genitore mortale  - scandì, poi, prima che Frederick potesse rispondere, chiuse il messaggio iride con un gesto iroso della mano.  
Frederick gridò frustato battendo un pugno sul tavolo, dopo tutto quello che gli aveva fatto passare ora gli veniva rifilata anche quella bambina.
La neonata scoppiò a piangere spaventata dopo il grido del padre, Frederick le si avvicinò cercando di capire cosa doveva fare, la bambina piangeva come una disperata agitando i pugnetti mentre gli occhi grigi gli si riempivano di lacrime.
Frederick la prese in braccio titubante sorreggendole la testolina, la bambina singhiozzò un po’, poi emise un verso di approvazione e gli sorrise.
Lui la strinse e sospirò -  D’accordo, troverò un modo per incastrare anche te nella mia vita, Annabeth Chase  -.

Fine.


Ecco qui la One-Shot.
Spero che vi sia piaciuta, mi raccomando recensite e fatemi sapere cosa ne pensate :)
Vorrei dire solo una cosa a chi avesse letto la mia altra Ff " Una Generazione Mortale "
: Non disperate! Entro fine mese pubblicherò il primo capitolo del Sequel :D
Direi che per ora è tutto,
Un abbraccio e un bacio,
Darkness_Angel.

 

  
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