05/11/2014
1 recensioni- Domani morirò – disse L.
A Mello sfuggì di mano la pistola che stava caricando; Near si arricciò una ciocca di capelli tra le dita.
L ingollò due cioccolatini e si leccò l’indice e il pollice. – Perché siete sorpresi? Domani farò saltare il Parlamento e il governo di Kira finirà, lo sapete -.
- Non vuol dire che anche tu debba morire! – Mello si fece avanti, il viso ancora infantile teso. – Quando Kira sarà morto, chi ci guiderà se non tu? –
L sorrise dolcemente. – Non sono mai stato un capo, Mello. Tutto quello che ho fatto, non l’ho fatto per governare io stesso – si alzò e si allontanò con la solita postura curva, lasciandoli soli nella stanza buia.
Mello raccolse con rabbia la pistola da terra. – Tu sei d’accordo con lui, vero? – ringhiò senza guardare Near.
Il ragazzino era chino su una piantina dettagliata di un edificio; scrisse qualcosa al margine con una matita. – Non sul fatto che debba morire. Ma in effetti penso anch’io che non sarebbe adatto a governare -.
Mello sbuffò, passando a caricare un fucile. – E allora chi cazzo ci guiderà? Ci vuole un capo -.
- Potresti esserlo tu, Mello -.
Cadde il silenzio, interrotto solo dai rumori secchi delle armi che venivano esaminate.
- Non prendermi per il culo, nano – disse infine Mello, gelido.
- Sono serio. Tu hai doti da leader che né io né L possediamo. E’ per questo che siamo in due. L ha scelto entrambi per completare la sua opera -.
- L non morirà – sibilò Mello. Near non rispose e abbassò nuovamente il capo sulla pianta.
Le voci dei ragazzi gli arrivavano come bisbigli sommessi lungo i corridoi. Doveva ammettere che gli dispiaceva lasciarli soli, ma era più che certo che se la sarebbero cavata egregiamente.
Masticando pensieroso un biscotto ricoperto di glassa, L scese lentamente la scala a chiocciola che portava ai sotterranei, giù fino ai corridoi bui e trasudanti umidità delle viscere della casa. Si fermò di fronte a una porta rinforzata e prima di entrare si calò la maschera sul viso.
La stanza non era altro che una fredda cella, con solo una branda per mobilio; sulla branda era distesa una figura minuta vestita di stracci, col cranio rasato e i polsi e le caviglie sfregiati.
L si chinò: dormiva. Il viso era pallido e magro, coperto di ecchimosi, tuttavia si intuiva la grazia dei lineamenti, le belle labbra rosa, le ciglia setose.
L si portò il pollice sulla bocca di plastica della maschera; poi, con una forza sorprendente per una persona così magra, sollevò di peso la ragazza addormentata.
Misa Amane. Non sapeva cosa pensare di lei, e cosa fare di lei. Era una collaborazionista del governo, così l’aveva definita sprezzante Mello; in realtà era di più, una pedina quasi indispensabile per Kira, ma L non voleva ucciderla. Inoltre, era già stata torturata a sufficienza dal governo e sottoposta da lui stesso a prove orribili, sebbene non gli fosse piaciuto farlo. Non c’era più ragione di tormentarla oltre, ormai.
Forse disturbata dal dondolio del movimento, Misa si mosse e aprì gli occhi. Nel vedere la maschera, tentò di divincolarsi debolmente, gemendo.
- Stai calma – le disse L, serrando la presa sul suo corpo.
- Stai calma?! Come posso stare calma? Mi hai torturato in tutti i modi possibili... Io voglio tornare a casa! – i suoi occhi si riempirono di lacrime e si mise a piagnucolare.
L la ignorò, procedendo per la sua strada; la portò fuori, sotto la pioggia che scrosciava impietosa.
Misa rabbrividì nel sentire le gocce gelide battere sul corpo, scivolare lungo le ferite, mentre L rimaneva immobile, il viso rivolto verso il cielo.
La ragazza si mosse per sciogliersi dalla presa di L e lui questa volta glielo permise; posò a terra i piedi nudi e si strinse le braccia al petto per scaldarsi, ma allungò il collo per catturare qualche goccia con la lingua.
- Cos’avevi detto una volta... che Dio è nella pioggia? –
Non viste, le labbra di L si piegarono in un sorriso storto, malinconico. Misa gli si avvicinò e posò le mani sui lati della maschera, ma lui svicolò dalla sua presa, i capelli resi ancora più lucenti dalla pioggia.
- Domani è il 5 novembre -.
Misa aggrottò la fronte. – E allora? – fece, con qualcosa dell’antica nota polemica.
L non rispose. Quando ormai le braccia di Misa erano insensibili per il freddo, lui parlò di nuovo: - Le campane suonano fortissimo stanotte. E’ ora -.
" />Molti si chiedono chi fosse davvero L, dietro quella maschera, dietro i dolci e la postura curva.
Se chiedeste a Near e a Mello, il primo risponderebbe che era qualcosa di più di un maestro, il secondo qualcosa di meno di un padre.
Se chiedeste a Misa, lei sarebbe quantomeno confusa e non saprebbe rispondervi; dopotutto, l’aveva conosciuto prima come nemico, poi amico, poi nuovamente aguzzino e infine...?
Tutte queste cose sono vere, senza dubbio. Ma se aveste chiesto a L in persona, lui si sarebbe stretto nelle spalle, avrebbe bevuto un sorso di tè molto zuccherato e avrebbe detto in tono leggero: La Giustizia.
Non so che dire, se non che questo collegamento tra V e L è troppo bello per essere ignorato. Vi lascio qui qualche informazione su Guy Fawkes e il testo con traduzione della filastrocca e qui qualcosa su V per Vendetta, se non conoscete il film. E nulla, L mi manca tanto e spero di non aver scritto una stupidaggine U.u