Polvere di Stella.
Una
questione di fiducia
Harry
Potter aprì lentamente la porta del terrazzo di Grimmuld
Place numero 12 e la
richiuse con altrettanta delicatezza.
In
casa sua regnava una strana pace che lui non aveva nessuna intenzione
di
rompere: Lily si era appena addormentata dopo due ore di pianto e i due
fratelli l’avevano seguita nel mondo dei sogni. James quel
giorno aveva dato il
meglio di sé.
Non
sapeva se fosse per colpa del nome o per colpa di chissà
quale legge
d’ereditarietà, ma quel bambino aveva sviluppato
un’incredibile tendenza al
disastro.
Poco
prima di cena James Sirius era sceso in salotto e senza farsi notare
aveva
agguantato il povero Grattastinchi che era stato loro affidato da
Hermione,
poiché lei e Ron erano andati a trovare i genitori della
prima.
Con
passo quatto si era rintanato in camera sua e gli aveva fatto bere una
pozione
dei Tiri Vispi Weasley. L’intruglio in questione si chiamava Risata istantanea e contagiosa.
Come
potete capire dal nome, il povero gatto aveva iniziato a emettere
strani versi
che avevano attirato tutta la famiglia Potter, che poco dopo si era
trovata a
ridere inconsciamente e aveva smesso solo quando Ginny tra una risata e
l’altra
si era decisa a porre fine all’incantesimo.
Guardando
il cielo, Harry si trovò ad osservare una stella che anni
prima aveva scrutato
allo stesso modo con io suo padrino su quel medesimo terrazzo.
Quella
sera Harry proprio non riusciva a
prendere sonno.
Ron
aveva deciso che era il momento
buono per russare come un trattore, Kreacher invece stava trafficando
al piano
superiore nell’intento di nascondere i cimeli della defunta
signora Black.
Mille
pensieri affollavano la sua mente
quella notte e la sua ansia aumentava sempre più.
Cedric,
i Dissenatori, Silente che lo
ignorava, i suoi amici che non gli raccontavano più nulla.
Scostò
le coperte e a piedi nudi raggiunse
il terrazzo, in cerca di un po’ d’aria.
Non era
l’unico, comunque, a non
dormire: c’era un’altra anima inquieta che girava
per casa.
Sirius
Black comparve sul terrazzo e si
sedette per terra accanto a Harry silenziosamente.
“Perché
non sei a dormire?” gli chiese.
“Ron
russa” mentì Harry, sapendo
benissimo che il motivo della sua insonnia era tutt’altro.
Sirius
si schiarì la voce “C’è
qualcosa
che ti agita, Harry?”.
Il
ragazzo rimase zitto per un attimo
prima di esporre le sue preoccupazioni.
“Sirius
… perché Silente non mi rivolge
la parola? Perché voi non mi raccontate niente
dell’Ordine? Non vi fidate più
di me?” aveva pronunciato quelle parole con una sorta
d’innocenza che quasi
commosse Sirius.
“Noi
ti vogliamo solo proteggere Harry;
non vogliamo che il sacrificio dei tuoi genitori sia vanificato per
colpa di
una parola di troppo”.
A quel
punto Harry scattò in piedi e
strinse i pugni attorno alla ringhiera della balconata.
Non
urlò, non diede di matto, né
strepitò. Parlò con voce basse e debole dalla
quale traspariva tutto il suo
rancore e il suo disappunto.
“Proteggermi!
Nel caso qualcuno se lo
sia dimenticato, in questi quattro anni mi sono protetto benissimo da
solo! Io
ho il diritto di sapere che sta succedendo, io ho bisogno di sapere! Ho
bisogno
della vostra fiducia, ho bisogno della tua fiducia!”.
Gli
occhi di Sirius luccicarono a quelle
parole. Era come se una parte di James fosse tornata.
“Harry”
cominciò “Io di fiducia ne so
qualcosa. Quando fui arrestato per colpa di Peter, mi sentivo
abbandonato dal
mondo, ma quello che mi faceva più male era sapere che
Remus, uno dei miei
migliori amici, mi credeva un assassino” prese fiato.
Harry
pensò che quello che gli stava per
raccontare dovesse costargli molta fatica e dolore.
“La
finestra della mia cella ad Azkaban
era troppo piccola e troppo in basso perché io potessi
vedere il cielo e una
delle poche cose che mi teneva in vita lì dentro, era il
pensiero che un giorno
avrei rivisto le stelle.
Ti
sembrerà stupido ma io ho sempre
creduto che le stelle non fossero altro che le immagini nel cielo di
chi ci ha
amato. Così m’illudevo che uscito di prigione,
guardando gli astri, avrei
ritrovato James che mi sorrideva dal buio della notte. E per me
è stato davvero
così”.
Puntò
il suo dito verso una stella
luminosa sopra di loro “Quella era la preferita di tuo padre:
diceva che
risplendeva come tua madre. E quella laggiù invece
è la mia”.
Poi
riportò la sua attenzione sull’astro
di James “Guarda, non vedi che sorride?”.
Harry
la fissò incerto per un po’, poi
scosse la testa in segno negativo.
Sirius
rise bonariamente e prese il suo
figlioccio per le spalle “Io ho molta fiducia in te, Harry.
Io
credo in te. E un giorno vedrai anche
tu il sorriso di James”.
Con
quell’assurdo discorso se n’era tornato a letto. Ma
aveva dato ad Harry
l’energia necessaria per affrontare le sue preoccupazioni.
La
porta del terrazzo si aprì di nuovo. Ginny lo aveva
osservato per tutto quel
tempo e infine si era decisa ad andare ad indagare le intenzioni di suo
marito.
Gli
passò un braccio intorno alla vita “Che fai? Non
viene a dormire?”.
“Sì,
vengo” poi riprese “Ginny, a te sembra che quella
stella stia sorridendo?”.
Sua
moglie corrugò la fronte “No, perché tu
vedi un sorriso?”.
“Sì,
ora lo vedo” affermò.
Ginny
rientrò in casa mentre Lily aveva ripreso la sua performance
di pianti e
lamenti.
“Ora
vedo il tuo sorriso, papà” ripeté.
E
per un istante, gli era parso che la stella di Sirius avesse brillato
un po’ di
più.