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Autore: Stars Trail    05/11/2014    1 recensioni
A tredici anni, Midorima guardava ad Akashi come se fosse l’obiettivo da conseguire, il traguardo da raggiungere, l’ideale da perseguire.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Shintarou Midorima
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A tredici anni, Midorima guardava ad Akashi come se fosse l’obiettivo da conseguire, il traguardo da raggiungere, l’ideale da perseguire. Per quanto fosse ben capace di andare avanti per la propria strada senza sentire l’impulso di emulare qualcuno, Shintarou non poteva fare a meno di guardare di sfuggita quella schiena ricurva sulla scrivania, a perdersi nelle sfumature rosse dei suoi capelli e a chiedersi ingenuamente se prima o poi lo avrebbe raggiunto, senza pensare ad altro che al proprio rendimento scolastico.

A quattordici anni, davanti alla lenta rovina di quell’esempio che non era più davvero sicuro di voler seguire, Midorima si chiedeva se quel qualcosa che di sbagliato c’era in Akashi potesse essere in qualche modo derivato da un suo comportamento. Erano domande dettate puramente dal ritrovarsi di fronte a qualcosa di troppo grande da affrontare per un adolescente, e dalla totale incapacità di poter fare qualcosa per aiutare l’altro - altro che, a quanto pareva, non aveva davvero bisogno del suo aiuto. A tredici anni, Midorima sentiva qualcosa annodarsi alla base dello stomaco, mentre giocava a shogi con Akashi, ma non era ancora capace di dargli un nome.

A quindici anni anni, di fronte a quella che poteva essere considerata a tutti gli effetti una dichiarazione di guerra, Midorima sentiva un pezzo del suo cuore scheggiarsi, e cominciava a rassegnarsi all’idea di aver perso qualcuno di prezioso.

A sedici anni, davanti agli occhi di Midorima c’era un Akashi che sorrideva, un Akashi che non vacillava, un Akashi che liberava la sua anima di un peso che lui non era mai stato capace né di vedere né di sopportare, mentre stringeva la mano piccola di Kuroko e lo ringraziava. Di fronte ai suoi occhi, Akashi riacquistava la sua identità, tornava ad essere quello per cui Midorima alzava lo sguardo durante le lezioni, quello per cui suonava quando si trovavano insieme nella classe di musica, quello per cui sacrificava tempo prezioso allo studio per perdersi tra le pedine di un gioco che, per quanto poco istruttivo potesse essere, li teneva legati. Davanti allo sguardo della sua squadra, Midorima sentiva i pezzi del suo cuore tornare al loro posto e realizzava che il nome di quella sensazione all’altezza dello stomaco lui l’aveva sempre conosciuta, ma non era mai riuscita ad accettarla perché troppo assurda, troppo astratta.
L’amore per Akashi gli aveva frantumato di nuovo il cuore nel momento stesso in cui aveva osato pronunciare il suo nome a mezza voce dagli spalti del palazzetto, e Akashi aveva cercato il suo sguardo come se lo avesse sentito.
Non glielo avrebbe mai potuto dire.

“Shin-chan, ultimamente mi sembri più triste del solito. Sicuro che vada tutto bene?”
“Chi si fa gli affari suoi campa cent’anni, Takao.”

Ha ventisette anni quando, dopo anni di silenzio, Midorima riceve una lettera da Akashi.
Dentro non c’è nulla di buono: se ne accorge dalla grossezza della busta, dalla carta color panna decorata con pizzi e una gemma di plastica perlacea che riflette blandamente la luce del sole. Trattiene il fiato, mentre rilegge l’indirizzo e prega che ci sia un errore - qualunque errore va bene, purché cancelli la sensazione orribile che si sta facendo spazio nel suo petto.
L’Oha Asa lo aveva avvertito.
Si chiude la porta alle spalle e ne cerca l’appoggio, mentre le sue dita tremano e il suo cervello smette di pensare.
A Midorima Shintarou.

Akashi Seijuurou e XXX
Annunciano il loro matrimonio
Kyoto, 12 Luglio 20xx

Il resto delle parole è un mucchio di inchiostro nero che non ha interesse a decifrare.

Il tempo è crudele. Passa lento, ma quando Shintarou si rende conto che luglio è alle porte si chiede che fine abbiano fatto i giorni, come li abbia passati, che cosa sia successo nel frattempo.
Ha risposto ad Akashi - come poteva non rispondere? - ma nel frattempo il desiderio di bruciare l’invito, bruciare gli abiti comprati apposta per il matrimonio e sbattere la testa al muro nel vano tentativo di perdere memoria delle ultime settimane gli ha impedito di scrivergli qualcosa di più concreto di un grazie per l’invito che, a conti fatti, vuol dire tutto e non vuol dire niente. Potrebbe mancare per qualunque motivo, se solo volesse.
Potrebbe mancare e lasciare che la storia continui a fare il suo corso senza che Akashi sappia che cosa prova per lui. Shintarou si fissa la punta delle scarpe e deglutisce a vuoto, chiedendosi se sia la cosa migliore da fare. Sicuramente lo è per Akashi.
Sicuramente non lo è per lui. E allora chi salvare?

Ha una lattina di oshiruko in mano e la pazienza che si assottiglia mentre Takao ride al suo fianco. Ha voglia di spremergliela in faccia, la lattina, poco importa che sprechi da bere, poco importa che la bevanda sia ancora bollente, chi sentirebbe la mancanza di quella faccia da schiaffi?
“La pianti?”
“S-scusa Shin-chan,” ride, asciugandosi una lacrima, “è che sembri così disperato…”
Vorrebbe rispondere alla sua risata con un pugno dritto del naso, ma la verità è che ha ragione, ed è questa la cosa peggiore di tutte. Lui è davvero disperato.
“Non so cosa fare,” bisbiglia, e Takao di colpo smette di ridere e l’aria sembra così pesante da essere irrespirabile. Shintarou sente lo sguardo del suo ex compagno di squadra solleticargli la base del collo, e lui sente la voglia di piangere montargli nel petto. Sorride, sollevando appena la testa e guardando davanti a lui. “Non so davvero cosa fare.”
Si riscopre ad odiare il silenzio. La risata di scherno di Takao era migliore della pacca patetica sulla sua spalla.

L’undici di luglio grava sul suo petto come un macigno, che gli toglie il fiato e gli impedisce di pensare in maniera razionale. La tenuta degli Akashi sembra infinita, dietro il muro di cinta che fa ergere a malapena una torre. Manda giù aria che gli raschia la gola, mentre allunga il dito sul campanello e lo ritira per un paio di volte, almeno finché il cancello davanti a lui non si apre da solo con uno scatto della serratura. Shintarou rimane imbambolato a fissare l’ingresso, e solo dopo qualche secondo reagisce all’evento spingendo il cancello e mettendo piede nella tenuta. Akashi è a pochi metri da lui, con le braccia conserte e un sorriso triste sul volto.
Non era così che se lo aspettava. Si aspettava di vedere un viso stirato, raggiante, di trovarlo a braccetto di una futura consorte che lui avrebbe dovuto imparare quanto meno a rispettare, per amore di Akashi.
Per amore di Ak-
“Shintarou. Non ti aspettavo.”
“Non dire idiozie. Non ho suonato. Sapevi che ero lì.”
“Ops. Mi hai scoperto.”
“Perché?” chiede, rimanendo fermo sulla porta, ed è Akashi che gli si avvicina, lento e regale. Gli si ferma a pochi metri, quel tanto di spazio che Akashi non ha mai invaso, l’unico che gli abbia mai lasciato.
“Cosa, perché?”
“Perché sapevi che sarei venuto?”
“Perché ti conosco, Shintarou,” e Midorima lo guarda, sente lo stomaco stringersi, il cuore battere così forte che l’intera cassa toracica vibra. Se lo immagina allungare le mani sul suo viso, prenderlo dolcemente per obbligarlo ad annullare la distanza tra le loro bocche, ma non accade niente del genere. Akashi mantiene le braccia incrociate, mantiene il sorriso triste, e Midorima si chiede perché sia lì.
“Se mi conosci, sai anche perché sono qui,” e al suo cenno di assenso, lui annuisce, “perché vorrei davvero capirlo anche io.”

“Mio padre non mi ha mai lasciato libertà su nulla. Non mi ha lasciato libertà nemmeno su questo.”
È un bisbiglio appena accennato sulle sue labbra, quello di Akashi. Le parole non restano a lungo nell’aria, perché quello se le rimangia, incastrandole tra le loro bocche.
Akashi non sa di niente - non c’è il sapore di frutta ad addolcire le sue labbra, non c’è l’odore dei fiori di ciliegio a profumare la sua pelle, tutte quelle stronzate che gli capita di leggere nei manga di sua sorella sono fandonie a cui non doveva aggrapparsi per sviluppare le sue fantasie. Akashi sa di carne ferita, di labbra spaccate che chissà quante volte hanno perso sangue. Profuma di talco e seta, profuma di qualunque cosa che Shintarou vorrebbe imprimersi sulla pelle, e che semplicemente non può. Annaspa, mentre tenta di prendere aria, mentre sente le dita di Seijuurou affondare nei suoi capelli e sospirare contro la sua guancia. Lo stomaco è così stretto che teme non riuscirà mai più a mangiare; nella sua mente il nome di Akashi mischiato al suo rimbalza come la pallina di un flipper impazzito.
“Perché non me lo hai detto prima?” gli chiede, e Midorima sente la nota di dolore impressa nelle sue parole. Non è rancore, non è un rimprovero, è il sincero dispiacere di chi sente l’unica possibilità di salvezza scivolare via dalle dita - è quello che sente lui mentre lo stringe e si chiede perché debba sopportare una cosa del genere.
“Ho avuto paura.”
“E adesso non ne hai?” chiede, e lo guarda negli occhi. Midorima deglutisce, lo bacia, e la voglia di piangere si scioglie sulle sue guance.
“Da morire.”

 

Sta per perdere Akashi per sempre, eppure si sente come se avesse conquistato qualcosa - forse perché in fin dei conti è così. Si accarezza le labbra distrattamente, mentre la donna al fianco di Akashi sorride - non è amore, quello nei suoi occhi, è mero interesse. Midorima è sicuro che non ci sia amore, in quel rapporto; è sicuro che non ce ne sarà mai.
“Posso essere tuo, Shintarou,” gli ha bisbigliato all’orecchio mentre gli stringeva i fianchi e gli si imprimeva dentro, “posso essere tuo quando vuoi. Sei in ritardo, in ritardo mostruoso, ma sei arrivato. E sono qui, e sarò tuo per sempre.”
Non sopporta gli applausi felici degli invitati - persone che non ha mai avuto il piacere di conoscere, persone che non vedrà fino al prossimo evento eclatante, forse il funerale di Akashi senior, se per una volta la fortuna è dalla sua parte. Si alza dal suo posto ed esce all’aria aperta, tenendosi una mano sul petto e chiedendosi perché non abbia permesso alla paura di muovere i suoi passi quando ancora c’era una possibilità, quando Akashi poteva essere suo davvero, e non in questo modo.
Deve accontentarsi. Di per sé, è già un miracolo sapere che i suoi sentimenti sono in qualche modo ricambiati.
Deve accontentarsi.
Cerca un punto nascosto nell’immenso giardino, e si abbandona contro il muro con le mani sul viso, e il cuore che gli esplode in petto.
Deve accontentarsi.

   
 
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