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Autore: Stars Trail    06/11/2014    2 recensioni
Hajime non ha mai passato troppo tempo a dar peso a tutto ciò che sta attorno a Oikawa, semplicemente perché, da che ha memoria, per il suo amico è sempre stato così: alzarsi e splendere di luce propria, circondato prima una miriade di bambine e ora da un cumulo di adolescenti non meno adoranti è sempre stata la norma, più che l’eccezione. Per questo, alla fin fine, ha sempre preferito ignorare la stilla di gelosia in fondo al petto, perché la trova piuttosto stupida, oltre che inutile.
Essere gelosi di Oikawa? E perché mai?
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prompt della Shicchi su Nanodayolo: OiIwa - Oikawa è più dell'idiota che flirta con le sua fans, ma per Iwaizumi è più comodo pensare di no e ignorare il flirt che Tooru indirizza a lui. Almeno finché la cosa non sfugge di mano (dichiarazione + fluff/hurt/comfort).


Hajime non ha mai passato troppo tempo a dar peso a tutto ciò che sta attorno a Oikawa, semplicemente perché, da che ha memoria, per il suo amico è sempre stato così: alzarsi e splendere di luce propria, circondato prima una miriade di bambine e ora da un cumulo di adolescenti non meno adoranti è sempre stata la norma, più che l’eccezione. Per questo, alla fin fine, ha sempre preferito ignorare la stilla di gelosia in fondo al petto, perché la trova piuttosto stupida, oltre che inutile.
Essere gelosi di Oikawa? E perché mai?
A volte rimane nel suo banco a riguardare gli appunti di letteratura giapponese, con la faccia di Tooru che si interpone tra lui e i fogli e sorride con quell’espressione da schiaffi che Iwaizumi ha desiderato veder sparire dalla sua vista innumerevoli volte. Altre volte, semplicemente non regge il chiacchiericcio alto e fastidioso delle ragazze che gli sbavano dietro come se fosse davvero la persona più figa della scuola, e si alza dal suo banco per fare una passeggiata in corridoio ed eclissarsi in giardino per cinque minuti, il tempo di sentire i nervi distendersi e la sua voglia di prendere a calci il culo di Oikawa dissolversi nell’aria. O almeno, così crede.
Ci sono momenti in cui guarda Tooru e sa che dietro quell’atteggiamento tremendo c’è qualcosa di buono. Sa che dietro ogni sguardo gentile e ogni frase sussurrata con un velo di malizia c’è una persona intelligente, che ha sicuramente tanto da dare - o per lo meno, di questo vuole convincersi - e tanto di interessante da dire. Ma è in quei momenti che preferisce far finta che in fondo, Oikawa fa lo stupido semplicemente perché lo è, e non per chissà quale mistico motivo.
Perché abbracciarlo davanti a tutte le sue fan - perché di fan assatanate si parla - è un modo molto ovvio di dimostrare la propria stupidità, almeno a suo parere. Quello, e sentirsi chiamare Iwachan col tono alto di un bambino che non ha ancora capito che il suo posto nel mondo è lontano da lui.

Ci sono momenti, tuttavia, in cui le galline che vanno dietro Oikawa non esistono. E quelli sono i momenti peggiori, perché cose come la stupidità non esistono più. Sono quei momenti in cui Tooru è concentrato sulla palla, in cui si riscalda a muro e schiaccia come se ne andasse della sua stessa vita. Sono quei momenti in cui, quando lui è stanco, Tooru si avvicina con una borraccia e gli sorride in quel modo splendido che di solito riserva a chi gli lascia messaggi d’amore quotidiani nell’armadietto delle scarpe. A lui che di solito lascia l’impronta della scarpa sul suo posteriore, Oikawa non dedica altro che il suo nome storpiato del suffisso e biascicato come se stesse per morire, per cui vedersi di fronte qualcosa di simile è uno spettacolo che, in realtà, sta diventando piuttosto frequente.
“Hai fatto un ottimo lavoro oggi, Iwachan,” gli dice, passandogli una mano tra i capelli, e Iwaizumi è indeciso tra strappargli gli occhi o lasciarsi annegare in quel dolore dolce che sta prendendo forma alla bocca dello stomaco.

“Mi piaci tanto, Iwachan.”
Hajime si irrigidisce appena, voltandosi per guardarlo mentre davanti a loro il sole affoga ne grigio spento dei palazzi. “Non dire idiozie, stupido. Non sono cose che si dicono così apertamente e alla leggera.” Oikawa mette su uno dei suoi soliti bronci, guarda altrove, e se non fosse per la luce rossastra che colora le strade, Iwaizumi potrebbe quasi giurare che la punta delle sue orecchie è leggermente rossa.
“Non è detta alla leggera,” sbotta quello, e la sua voce gli arriva alle orecchie quasi distorta, infastidita. Si limita a scrollare le spalle e a riprendere il cammino, intimandolo di seguirlo prima che il sole sparisca del tutto e facciano tardi per cena.

È corso via non appena ha sentito il richiamo delle ragazze provenire dagli spalti, e Oikawa si è girato per dare loro tutte le attenzioni del caso. Non ha idea del perché ultimamente certe sceneggiate gli fanno venire il voltastomaco; o meglio, un’idea ce l’ha, ma è così terrificante che non vuole nemmeno provare a prenderla in considerazione. È talmente preso a cercare di calmare la sua irritazione che non si accorge di due braccia che scivolano sulle sue spalle e lo stringono appena, un mento appuntito che preme contro la sua testa per un istante, prima di scivolare di lato.
“Iwachan, va tutto bene?” chiede Oikawa, il suo respiro caldo che gli accarezza la guancia e lo fa rabbrividire. Iwaizumi non sa come reagire, perché se da una parte vorrebbe prenderlo a calci fino a farlo implorare di risparmiarlo, dall’altra aleggia il piacere per essere riuscito ad attirare la sua attenzione nonostante quelle oche starnazzanti. In mezzo, lo stomaco ignora qualunque reazione possibile per stringersi in una morsa che lo fa sospirare appena.
“Sto bene. È solo un crampo al polpaccio,” si inventa così su due piedi, ma sa che Oikawa è abbastanza intelligente da capire che è una balla bella e buona. Per fortuna, lo asseconda.
“Trattati bene, lo sai che sei prezioso,” risponde allora l’altro, e Hajime non sa cosa lo lasci più spiazzato, se quelle parole dette con una dolcezza quasi nauseabonda o il fatto che prima di uscire dagli spogliatoi Tooru lascia un bacio sulla sua guancia.

Tooru Oikawa sta flirtando con lui. Alla fine non ha potuto far altro che accettare la cruda verità, perché altrimenti non potrebbe pensare a un modo per scappare dalle sue grinfie. Si sente strano, a essere dalla parte di chi cade nella trappola delle sue lusinghe - ha resistito per anni, e adesso ci casca come un bambino che crede che il bubusettete si mangi una persona intera anziché nasconderne solo il viso. Respira, inspira, cerca il controllo dove non c’è, mentre Tooru gli passa una penna e sorrise, gli offre metà del suo pranzo e sorride, gli alza sempre la palla e sorride. “Stai bene, Iwachan?”, “Prendi una gomma, Iwachan, hai bisogno di zuccheri!”, “Bella partita, Iwachan!”, “Ti va se torniamo assieme, Iwachan?”, sono tutte frasi che gli sono state rivolte così tante volte, nella sua vita, che aveva pensato non ci avrebbe più fatto caso, e adesso invece non fa altro che sentirle quasi a ripetizione, e a percepire qualcosa che prima non c’era, lì in mezzo, non c’era davvero.
Sta impazzendo, non c’è altra soluzione. Non vuole subire passivamente il flirt, non vuole subire e basta. Ed è il pensiero che gli martella con più costanza nella testa finché un giorno, all’ennesima richiesta di Oikawa, Hajime sbotta e stringe i pugni, guardandolo dritto negli occhi come se fosse una belva feroce pronto a divorare la preda.
“Devi smetterla.”
“Di fare cosa?”
Iwaizumi si massaggia le tempie e sbuffa una volta, e poi un’altra ancora, mentre si chiede perché non possa semplicemente schiacciare un bottone da qualche parte dietro la testa e spegnersi - o spegnere Oikawa, il che sarebbe un favore per la nazione intera.
“Di trattarmi come se fossi una di quelle ragazze che ti viene dietro.”
Fa davvero fatica a controllare la voce, Iwaizumi. Vorrebbe essere calmo, freddo, distaccato, e invece sente il tono farsi incerto mentre cerca di scandire le parole alla bene e meglio per non doverle ripetere una seconda volta. Nel frattempo, il cuore ha preso a battergli nello stomaco, ed Hajime è sicuro che se non si muove, nessuno lo salverà dall’attacco di cuore in arrivo.
Il viso di Oikawa si colora di una tonalità che a Iwaizumi non piace. Sta già per ritrattare quanto detto - solo per il quieto vivere, si ripete mentalmente - quando Tooru mette di nuovo su il broncio e incrocia le braccia al petto, e stavolta non è sera, stavolta il sole di mezzogiorno brilla nel cielo domenicale come se fosse in procinto di esplodere.
Sono rosse, quelle orecchie.
“Non ti facevo imbecille fino a questo punto, Iwachan. Io non ti tratto come se fossi una delle mie fan. Io ti tratto come se fossi Iwachan.”
E solo Dio sa cosa questo dovrebbe significargli.
“Non è quello che vedo io.”
“Perché sei un imbecille. Te l’ho detto,” sbotta, mentre scioglie le braccia e queste cadono lungo i fianchi. Tooru fa un passo verso di lui, ed è inquietante, perché ha negli occhi uno strano luccichio, la scintilla della determinazione che di solito brilla solo quando giocano una partita importante - è la scintilla che vede scoppiettare quando di fronte a loro c’è la Karasuno e la mente di Oikawa è occupata solo dal nome di Kageyama. “Iwachan, io non so più come fartelo capire. Ti assisto dopo ogni allenamento, e non capisci. Divido il cibo con te, e non capisci. Ti dico che mi piaci, e non capisci! Io non so davvero cos’altro devo fare per farti capire che sono serio. Perché sono serio, Iwachan. Sono terribilmente serio.”
Hajime lo fissa come si guarderebbe un alieno. Apre la bocca, la richiude, e mentre stringe i denti realizza che è terrorizzato, all’idea che lui possa piacere a uno come Oikawa, perché è una cosa che va oltre le sue aspettative e non può accadere davvero.
Non può.
“Smettila di prendermi in giro,” sbotta, e il tono di voce di alza più di quanto vorrebbe, dissipandosi nell’aria quando i suoi occhi incrociano quelli di Tooru e sembrano quasi feriti. “Devi piantarla,” riprende, e non da all’altro nemmeno il tempo di rispondere che gli dà le spalle, e prende la strada di casa ignorando che cosa l’altro abbia intenzione di fare.
“Sei un idiota!” sente alle sue spalle, e Hajime non sa se credergli o no, ma non importa.

Non ha alzato nemmeno le tapparelle, quando è tornato a casa. Non c’era nessuno ad accoglierlo, quando è rientrato, e Hajime ha interpretato questo come un segno del destino. A passi veloci s’è diretto in camera sua, e senza nemmeno premurarsi di chiudere la porta ha cercato il conforto del suo letto.
Non vuole né vedere né sentire nessuno. Al diavolo gli allenamenti, al diavolo il telefono che vibra nello zaino, al diavolo i compiti per l’indomani.
Al diavolo Tooru.
È stanco di essere preso in giro. Ed è stanco di prendersi in giro. Ne avesse le forze riderebbe di se stesso: chi è l’idiota che può davvero entrare nel cuore di Oikawa? Solo perché lo conosce come le sue tasche non significa che abbia un passpartout che gli permetta di arrivare dove le sue ammiratrici non riescono.
Passa i minuti avvolto nel silenzio accogliente di casa sua, mentre sente lo stomaco attorcigliarsi e la voglia di piangere farsi spazio su per la gola. Non ricorda l’ultima volta che ha pianto, ma sicuramente non lo ha mai fatto per una cosa tanto sciocca come l’amore.
Sbuffa, divertito. Amore. Quando mai.
Il rumore del portone di casa che si chiude arriva alle sue orecchie, ma nessuno si annuncia, nessuno saluta. Non che gli importi, al momento. Potrebbe anche essere un ladro e lui non farebbe una piega. Chiude gli occhi, pregando di addormentarsi in un mondo dove Oikawa non è stupido - utopia, a ben pensarci, ma sognare in fondo non costa nulla. Ci riesce quasi, se non fosse per la mano che scivola lungo il suo fianco e il letto che scricchiola sotto il peso di un altro corpo.
“Che diavolo-”
“Shh, Iwachan;” sente, e il suo viso prende fuoco quando, dopo pochi secondi, realizza che è Tooru, quello che si sta stringendo a lui nel suo letto. Non ha le forze nemmeno per divincolarsi.
“... come hai fatto ad entrare?” chiede con uno sbuffo, sentendosi di colpo debole. Oikawa ridacchia sulla sua nuca, e lui sente lo stomaco vibrare.
“Ti ricordi quando sei andato a Kyoto e mi hai lasciato le chiavi per innaffiare le piante? Ecco, ho fatto una copia. Per i casi di emergenza.”
“Per i casi di emergenza, certo,” ripete, scuotendo appena la testa. Cosa poteva aspettarsi in fondo da una persona del genere?
Cala di nuovo il silenzio, e stavolta Iwaizumi non sa dire se sia confortante o meno. Sa che è strano, sentirselo addosso mentre la mano di Tooru gli accarezza la pancia e il suo naso sfrega contro la nuca.
“Iwachan. Vorrei che tu mi ascoltassi.” In risposta, mormora qualcosa che nemmeno lui riesce a sentire. Oikawa deve aver capito, invece, perché non si fa problemi a continuare. “Ti ricordi cosa mi hai detto quando avevamo dodici anni e io ti avevo detto che il tuo nuovo taglio di capelli faceva schifo? Mi hai detto che ero una persona insensibile, che dovevo mettere un filtro tra bocca e cervello e che ero uno stronzo. Sai, è stata la prima volta che qualcuno mi chiamava stronzo, quella. Ho pianto tantissimo, sentiti un mostro. Comunque, il punto non è questo. Il punto è che mi conosci, Iwachan. Sai che io quel filtro non l’ho mai messo. Non credo di aver mai mentito a qualcuno. Persino con le mie fan sono sincero. Loro meritano di essere volute bene, e calcolate, e trattate come principesse. E se lo sono con loro, non vedo perché non dovrei esserlo con te.”
Iwaizumi sospira, mentre le labbra di Tooru si appoggiano sulla sua nuca ed emettono uno schiocco leggero, che gli scoppia nella testa e gliela allegerisce. Gli viene quasi istintivo, cercare la mano che si muove in cerchi concentrici sulla sua pancia.
“Insomma,” continua poi, “quello che vorrei tu capissi è… che mi piaci, Iwachan. Mi piaci come il pane al latte, e tu lo sai che ne vado matto. Mi piaci come la pallavolo, mi piaci più di tutte le cose più belle del mondo messe assieme. E non sono mai stato così sincero come adesso.”
Oikawa trattiene il respiro. O forse è lui che ha smesso di funzionare e non se ne rende conto. Puntella un gomito contro il materasso, tenendosi su di esso per voltarsi e ritrovarsi col viso sorridente e appena arrossato di Oikawa illuminato appena dalla luce proveniente dal corridoio.
“... stai parlando sul serio?” chiede, con la voce così bassa da sembrare spezzata.
“Sì. Assolutamente.”
A quel punto, Hajime non sa più davvero cosa dire. Si umetta le labbra, mentre sente il viso accaldarsi. L’unica cosa che riesce a fare è lasciarsi scivolare di nuovo sul materasso, stavolta rimanendo supino, e farsi sovrastare da Oikawa: quello gli accarezza il naso con la punta del suo, prima di abbassarsi ancora un po’, quel tanto per riuscire a sentire il respiro sulle sue labbra.
“Mi piaci davvero tanto, Iwachan.”
E gli viene spontaneo, a Iwaizumi, abbracciare quel collo mentre l’altro preme contro le sue labbra. Gli viene spontaneo schiudersi al contatto, mentre sente la voglia di prendere Oikawa a calci scivolare fino a pieni, e poi dissiparsi nel nulla quando le loro lingue si sfiorano inesperte, quasi timide. Non ha granché idea di cosa debba fare, ma decide di affidarsi all’altro, per una volta, perché per quanto senta i suoi muscoli tendersi per il nervoso, il contatto non è affatto spiacevole. Sospira deliziato, quando Oikawa approfondisce il bacio, e solo quando finalmente si separano con uno schiocco dolce Iwaizumi si rende conto di essere a un passo dalla morte per infarto. Apre gli occhi per trovare quelli di Tooru fissarlo con insistenza, il rossore totalmente scomparso e una sicurezza disarmante che si fa spazio sul suo viso. L’unica cosa che Hajime riesce a fare, dopo il bacio, è semplicemente di affondare il viso tra le mani e grugnire di disperazione.
Tooru ride, e lui si sente morire dentro, fuori e tutto attorno.
“Sono felice che anche Iwachan ricambi,” risponde al suo gesto, e Iwaizumi sente le sue labbra premere contro il dorso della sua mano sinistra.
“Idiota,” dice semplicemente, e spera sinceramente che tanto basti a far capire all’altro che ha ragione, che ricambia da anche troppo tempo - e che gli nasconda invece quanto, alla fine, l’unico idiota tra i due sia lui.

   
 
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