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Autore: Patta97    06/11/2014    2 recensioni
- Tieni sotto controllo quella faccia, moglie – la rimbrottò. – E dammi un po’ di carattere.
- Non c’è nulla che non vada con la mia faccia e con il mio carattere – replicò lei, portandosi le mani sui fianchi. – Cerca di dare una regolata al tuo, piuttosto.
*
L’asfalto su cui Melody sedeva era scivolosa e bagnata e le scale antincendio sotto le quali aveva cercato riparo gocciolavano, creando strani rumori sibilanti. Le ricordavano loro, le ricordavano qualcosa, le ricordavano… cosa?

River porta il Dottore nella New York degli anni '80...
Note: Twelve/River, angst, malinconico, triste, tante lacrime
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Pond, Doctor - 12, River Song
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciao!
Quanto amo scrivere di River e Twelve? Troppo. E il fatto che probabilmente non li vedrò mai insieme, mi fa venire ancora più voglia di scriverci su.
Questa purtroppo mi è uscita un po' triste, but who cares...?
Spero vi piaccia, datemi un parere,
Chiara :)



 
From screams to a smile




La TARDIS atterrò senza rumore e senza dare nell’occhio, in un vicolo cieco sporco ed umido di pioggia.
La testa del Dottore fece capolino dalle socchiuse porte di legno blu e la sua faccia incuriosita si trasformò in una irrimediabilmente delusa.
River lo superò ed uscì nell’aria del vicolo, umida e con lo strano odore della pioggia; la stessa aria che adesso stava velocemente trasformando i suoi capelli in un adorabile disastro. Le sue spalle erano stranamente rigide mentre scrutava ciò che le stava intorno, dall’asfalto scivolosa alle gocciolanti scale antincendio addossate alle mura di mattoni della casa alla loro sinistra.
Il Dottore si rimangiò il commento acido che quel posto deprimente gli ispirava ed aggrottò le sopracciglia, dubbioso.
- River – chiamò, incerto.
La vide sospirare e girarsi lentamente a guardarlo, con un sorriso finto sulle labbra.
- Tieni sotto controllo quella faccia, moglie – la rimbrottò. – E dammi un po’ di carattere.
- Non c’è nulla che non vada con la mia faccia e con il mio carattere – replicò lei, portandosi le mani sui fianchi. – Cerca di dare una regolata al tuo, piuttosto.
Fu allora che il Dottore si decise a uscire dalla cabina. Era il modo in cui questa rigenerazione sembrava occuparsi di una River emotiva o triste: la faceva arrabbiare. Perché aveva scoperto che è molto più facile passare alle risate dalle urla piuttosto che dalle lacrime.
- Andiamo? – chiese River una volta che lui l’ebbe raggiunta. E il Dottore accettò e strinse la mano tesa di lei, perché il contatto fisico sembrava dare così tanto conforto a tutti - meno che a lui.
 
*
 
- La casa è questa – disse River, fermandosi all’improvviso di fronte a un basso cancello di ferro.
- Che casa? – chiese il Dottore, sapendo già la risposta.
- Dove hanno vissuto Amy e Rory – rispose comunque lei. – Dove sono cresciuta io.
 
*
 
- Mi ero rigenerata da poco, ma le cose non andavano meglio di prima – gli confidò River, una volta che si furono seduti sui gradini di fronte la porta dipinta di blu. – Se fosse continuata ad andare in quel modo, sarei morta di fame per la seconda volta…
C’era un dolore indescrivibile sul suo viso e il Dottore dovette distogliere lo sguardo, arrabbiato. Quando tornò a guardarla, River era più tranquilla e con un accenno di sorriso tremolante.
- No – disse deciso il Dottore, prendendo un respiro profondo e stringendole la mano che non aveva lasciato neanche per un secondo. – Lo sai, non c’è bisogno di nascondersi, non da me. Non da questo me – precisò.
Le lacrime cominciarono allora a scorrere, dagli occhi grigi, sugli zigomi, fino al mento, ma River non le spazzò via con un gesto frettoloso della mano; non fermò i singhiozzi e non fermò il tremore alle mani e il Dottore vide finalmente qualcosa di estremamente bello e fragile ed unico, qualcosa di indicibilmente triste, qualcosa che i suoi occhi antichi e scettici non avevano mai neanche sognato di poter osservare: una River Song senza barriere. Una River così diversa da come l’universo la conosceva. La sua River.
Fu allora che la porta alle loro spalle si aprì e si affacciò una bambina con due lunghe trecce.
- Vi ho sentito parlare – li accusò, più che giustificarsi. – Siete venuti a portarmi via?
- Sì – rispose River alla se stessa più giovane, la voce sorprendentemente ferma.
Melody corse dentro, lasciando la porta aperta.
- River, io non posso fare questo – scattò il Dottore.
- Lo so! – lo interruppe sua moglie. – È una cosa che devo fare io. Ti chiedo solo di aspettarmi qui ed esserci quando avrò finito.
Il suo sguardo era intenso ed ancora ricolmo di lacrime. Era così River che i cuori del Dottore smisero di battere per un attimo; ed annuì.
 
*
 
Ci fu un fulmine a ciel sereno e River ricomparve davanti ai suoi occhi.
- Sei rimasto – constatò, cercando di non dare a vedere il proprio stupore.
- Hai fatto? – fu la risposta del Dottore , mentre la scrutava.
- Se ho appena lasciato una bambina strappata ai genitori in un posto che non conosce? – chiese lei, ironica. – Sì, ‘ho fatto’.
- Perché adesso? – domandò lui, ignorando il suo sarcasmo.
- Amy me lo ha detto. Non voleva che io vedessi Rory morire: è malato.
- Beh, adesso lo sai, quindi che differenza fa? – sbottò il Dottore, leggermente ferito.
River lo colse di sorpresa e lo abbracciò, nascondendo il viso contro il suo petto, ascoltando il suono ritmato e rilassante dei suoi cuori. Lui non cinse le proprie braccia attorno al corpo di lei, ma le intrecciò fra i suoi ricci ribelli, spingendo ancora di più il respiro di sua moglie contro di sé e lasciando che la propria camicia si bagnasse di lacrime.
 
*
 
Notte. Era notte e faceva freddo. Melody strinse attorno al proprio nuovo corpo le piccole braccia, cercando di riscaldarsi con il piccolo maglione che aveva trovato in un cassonetto qualche giorno prima.
L’asfalto su cui sedeva era scivolosa e bagnata e le scale antincendio sotto le quali aveva cercato riparo gocciolavano, creando strani rumori sibilanti. Le ricordavano loro, le ricordavano qualcosa, le ricordavano… cosa?
Scosse la testa cercando di ricordare qualcosa che forse aveva fatto bene a dimenticare. Qualcosa che popolava i suoi incubi. Creature piene di odio e vendetta. …O forse l’odio e la vendetta erano i suoi? Non capiva e faceva male. I crampi le attanagliavano la pancia e gli incubi le infestavano la testa. Tossì e si abbracciò le gambe, sentendo sempre più freddo.
Poi vide una luce quasi accecante nel buio, udì una risata incredula e calda, sentì un abbraccio confortante. E riuscì a scivolare nel sonno.
Forse passarono ore o giorni, ma quando si svegliò, sentì attorno a sé una sensazione di caldo quasi soffocante. Ma era un caldo accogliente, buono. Forse quel calore significava casa, ma non sapeva cosa fosse, una casa. Con le mani scostò quello che le stava addosso e capì che erano coperte. Non aveva mai avuto delle coperte o un letto. Era una piacevole novità.
La stanza era piccola e con le pareti blu. Le piaceva, il blu.
E, mentre faceva vagare per la stanza gli occhi stanchi ed assonnati, la notò: era addormentata su una poltrona accanto al letto. Era una donna adulta, forse sulla sessantina, coi capelli lunghi di un arancione sbiadito. E, in un moto di consapevolezza, Melody la riconobbe.
‘Mi hai trovata’ pensò, con la gioia che le riempiva velocemente il petto, così violenta ed improvvisa da fare male.
Sua madre aveva mantenuto la promessa: Melody non sarebbe più stata sola.
  
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