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Autore: Tamar10    07/11/2014    3 recensioni
Fitz era stato in coma per quindici giorni dopo l'incidente e ogni giorno c'era stata Simmons seduta di fianco al suo letto. Poi un giorno Fitz si era svegliato e Simmons non c'era più.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jemma Simmons, Leo Fitz
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Si accorse subito, appena aprì gli occhi, che c'era qualcosa che non andava. Ovviamente – come ebbe ampiamente modo di scoprire successivamente – c'erano una marea di cose che non andavano, a partire dal balbettio fino alla consapevolezza che Ward li avesse traditi. Eppure la sensazione che avvertiva non era niente di tutto questo, ma più che altro qualcosa nello spazio che lo circondava, come se non riuscisse a trovare l'oggetto che – diamine! – era sicuro di aver lasciato appoggiato lì vicino.
La sieda di fianco al letto, vuota, gli provocava un disagio e un dolore inspiegabile. Sembrava rinfacciargli ogni su più piccolo errore e dava fastidio come una brutta ferita ancora non rimarginata del tutto.
Non era bastato che Skye ci si fosse seduta sopra durante la sua visita (durante la quale c'erano stati pianti e abbracci e niente che fosse riuscito a rassicurarlo) per coprirla e allontanarne il pensiero. Anzi in qualche modo sembrava ancora più sbagliato, come se non spettasse a lei colmare quel vuoto.
I dottori, gli aveva riferito Skye, avevano detto che la sua non era una vera e propria amnesia. Leo era...confuso. Per questo non riusciva a ricordare o si dimenticava frammenti del passato. La buona notizia, però, era che con il diminuire delle dosi dei farmaci e col passare del tempo la confusione sarebbe svanita e i dottori erano fiduciosi che avrebbe recuperato a pieno le proprie capacità mentali, come prima.
Fitz però sapeva che niente sarebbe più stato come prima.
 
§

Il giorno dopo Leo riuscì a dare un nome al vuoto sulla sedia: Jemma.
Con quella consapevolezza si accorse di provare ancora più dolore – ed era sicuro che non sarebbe bastata tutta la morfina del mondo per farlo cessare – poiché non solo il mondo era sbagliato, ma anche incompleto.
 
§

Non pensò di chiedere dove fosse. Essenzialmente perché all'inizio anche solo pensare faceva male. Come se sul fondale dell'oceano la sua testa si fosse riempita di acqua e non ci fosse abbastanza spazio per il suo cervello, che veniva quindi compresso.
Ovviamente Fitz sapeva che non stavano così le cose – nonostante tutto era ancora uno scienziato - ma in fondo, per quanto ne sapeva lui, la natura poteva essere impazzita. Niente gli sembrava funzionare correttamente o trovarsi al posto giusto.
Simmons non era più accanto a lui.

§

Come pronosticato dai dottori col passare dei giorni il suo stato di confusione svanì, al contrario non recuperò a pieno le sue facoltà: balbettava, spesso aveva dei buchi e lasciava le frasi incomplete, gli tremavano le mani e non era più efficiente come un tempo.
Ironia della sorte, lui, che era solito aggiustare le cose, si era rotto.
E gli sguardi compassionevoli che gli rivolgevano i suoi compagni di squadra non facevano altro che acuire quella sensazione, come se fosse ormai solo il riflesso di un'immagine irrecuperabile.

§

Se lo era chiesto, all'inizio era solo un dubbio, poi ogni giorno come una domanda ossessiva e tormentosa. Sarebbe cambiato qualcosa se mentre pensava fosse sul punto di morire non avesse detto quelle cose a Jemma? Lei non se ne sarebbe andata?
Era stato un idiota, se avesse saputo come si sarebbero messe le cose avrebbe continuato a fare finta di niente. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, rinunciato a tutto, pur di averla vicina.

§
 
Loro erano i FitzSimmons, un'unica parola, i loro cognomi erano legati assieme come una cosa sola. Non importava quello che provavano l'uno per l'altra, quello che provava lui, perché erano uniti sempre e comunque in caso di bisogno
ma adesso i FitzSimmons non esistevano più. Era rimasto solo Fitz, troppo breve, banale, inutile. Un nome incompleto come le frasi che lui era più in grado di terminare.
Come se insieme a lei se ne fosse andata la sua capacità di esprimersi.

§

Inaspettatamente fu May, che era solita non parlare mai, a dare la risposta alla domanda che Leo non aveva il coraggio e la forza di porre.
“Se ne è andata e non tornerà. Di sicuro non in tempi brevi” sentenziò un giorno, dopo averlo colto a guardare il vuoto con aria assente.
Non che non lo sapesse, ma aveva bisogno di sentirlo. Magari gli sarebbe stato utile anche un ceffone, per convincerlo che quello non si trattasse di un incubo, ma non arrischiò a chiederlo. Con la May non si poteva mai sapere e stava già provando abbastanza dolore.

§
 
Leo aveva accettato il fatto che Jemma se ne fosse andata, quindi quando la vide accanto a lui come un'infermiera premurosa pronta a completargli le frasi, a prendersi cura di lui e a stargli vicina capì subito che si trattava di un'allucinazione. Era giunto al punto di non potersi fidare neanche della propria mente, l'unica cosa che pensava non l'avrebbe mai tradito.
“Sei una bugia” le sussurrò, esasperato dalle sue stesse condizioni.
“Non è vero” rispose lei.
Leo rise – anche se di divertente non c'era proprio nulla –, Jemma continuava a non saper mentire. Leo continuava a scegliere di credere alle sue bugie.

§

Col tempo la Jemma della sua mente prese a svanire insieme alla speranza che le cose sarebbero potute tornare come prima. Nonostante non desse questa impressione Fitz era forte, tenace e non era disposto a mollare tutto. Lo S.H.I.E.L.D. era il suo sogno (il loro), aveva giurato fedeltà e lui era un uomo di parola.
Si rendeva conto di aver fatto enormi progressi rispetto a quando si era svegliato, ora riusciva a lavorare meglio e aveva riacquistato fiducia nelle proprie capacità. Doveva andare avanti. “Il passato è passato” per citare uno dei cartoni animati che a Simmons piacevano tanto. Non aveva senso soffermarsi sui vecchi ricordi e c'erano pensieri che Leo non si sentiva ancora pronto ad affrontare.
Gli altri ragazzi del team gli davano una mano, perfino Trip, che non gli era mai stato a genio, stava diventando un interlocutore gradito con cui svagarsi un po'.
Eppure quando restava solo Jemma tornava, più triste e trasparente, quasi come un fantasma, come se stesse lentamente sbiadendo e sapesse che il suo destino sarebbe stato quello di scomparire del tutto.
Una parte di Leo era straziata dalla nostalgia per lei, l'altra avrebbe voluto cacciarla via e dimenticare il più velocemente possibile.
Come diceva uno dei filosofi moderni prediletti da Simmons “L'oblio è una forma di libertà”.

§

Quando scoprì che Jemma Simmons lavorava sotto copertura nel quartier generale dell'Hydra, Fitz fu investito da un miscuglio di sentimenti talmente violenti e disparati che per poco non perse l'equilibrio.
C'era la rabbia, perché nessuno glielo aveva detto prima e, nonostante le cose fossero cambiate, lo S.H.I.E.L.D rimaneva un'associazione segreta piena di segreti in cui perfino gli agenti più fidati non avevano diritto a informazioni così importanti.
Poi sopraggiunse l'amarezza che portava valanghe di immagini di una Jemma Simmons intenta a fare qualcosa di veramente utile e a rischiare la propria vita lontano senza di lui. Aveva deciso di lasciarlo così, in un momento tanto dedicato, per fare una cosa così pericolosa.
Infine arrivò la preoccupazione e il dolore: non era pronto a perderla di nuovo dopo che aveva già dovuto dirle addio. La tenera Jemma, che aveva poca esperienza sul campo e che non sapeva mentire, aveva scelto di assumersi un compito così rischioso.
Fitz sperò con tutto sé stesso che, come lui, anche gli agenti dell'Hydra fossero disposti a cedere al suo sorriso gentile e a credere alle sue bugie.

§

“Ciao Fitz”
Leo quasi non ci credette quando la vide. Era cambiata in quei mesi: aveva tagliato i capelli, di solito raccolti in una rigida coda ora cadevano sciolti ad incorniciarle il viso; sembrava leggermente dimagrita, un po' consumata, forse dall'ansia; perfino il suo stile era diverso, di solito semplice e quasi scolaresco, ora più curato e maturo. Non era più la ragazza che gli aveva teso la mano il primo giorno di accademia, con un sorriso radioso che l'aveva immediatamente fatto sentire meno disorientato e fuori luogo.
Era cambiata radicalmente, non solo in quei mesi di distanza, ma anche durante il periodo dopo la loro unione al team di Coulson. All'inizio non se ne era accorto poiché stavano cambiando insieme, ma vederla ora, così all'improvviso dopo tanto tempo, riportava prepotentemente la sua attenzione su ogni piccola diversità e Fitz era quasi in grado di contare una ad una tutte le differenze, che come microscopiche cicatrici si sommavano acquistando evidenza.
“Simmons” sussurrò esprimendo tutto il suo sbigottimento “Sei proprio tu?”
Ovvio che fosse lei, la sua mente – pur così geniale – non avrebbe mai saputo riprodurre in maniera così perfetta quel suo sorriso luminoso né il tono dolce, quasi da far male, della sua voce quando pronunciava il suo nome. Era lei, ma allo stesso tempo non era più la sua Jemma.
“Certo che sono io. Chi altro dovrebbe essere?” chiese lei innocentemente.
Non sapeva, non avrebbe potuto sapere, e in quel momento Fitz capì che l'altra Jemma – la vecchia lei – non sarebbe tornata mai più.
Leo sorrise e basta, senza rispondere. Le labbra aperte, come la voragine che aveva nel cuore.

§

C'era stata una notte in cui si era fermato appena fuori dalla porta della camera di lei. Era stato cinque minuti nel corridoio buio con la mano chiusa a pugno sospesa in attesa di bussare, il braccio oscillava piano sfiorando il legno della porta senza mai avere il coraggio di toccarlo davvero.
Poi quel silenzio teso era stato rotto dal suono del primo singhiozzo. All'inizio erano sporadici e lievi, tanto da pensare che fossero frutto della sua mente, ma poi aumentarono di frequenza e volume fino a diventare un vero e proprio pianto sommesso.
Per Fitz non fu difficile figurarsela rannicchiata sul letto col volto rigato da lacrime, quel viso dove di solito c'era spazio solo per sorrisi.
Era pietrificato, la mano ad un millimetro dalla porta, mentre il suo cervello lavorava febbrilmente cercando di fare la scelta giusta. Un tempo Fitz non avrebbe avuto un attimo di esitazione, sarebbe entrato di slancio e avrebbe fatto di tutto per consolarla, ma ora sapeva che niente sarebbe servito.
Quelle lacrime erano per lui, per causa sua.
Strinse il pugno con più forza e poi lasciò ricadere il braccio, inerme, lungo il fianco. Un tempo non avrebbe avuto esitazioni, ma lui non era più quello di un tempo.
Senza un ulteriore gesto o una parola Fitz abbandonò il corridoio buio camminando piano.

§

Il giorno dopo sul bancone del suo laboratorio Fitz trovò un bigliettino tutto ripiegato. Per un momento il suo cuore sprofondò fino al pavimento, temeva che fosse un messaggio da Simmons in cui gli diceva che se ne era andata nuovamente.
Lo aprì carico di timore. Sopra c'era stampato:
 
FitzSimmons [s.m. pl.]
 
1 coppia di genietti, membri fondamentali dello S.H.I.E.L.D
2 il loro compito è inventare e aggiustare le cose
3 riconoscibili a chilometri di distanza grazie all'evidente affetto che provano l'uno per l'altro

don't forget, 
Skye


Leo non poté trattenere un sorriso. Skye non si faceva mai gli affari suoi, ma in questo caso aveva ragione: lui e Jemma erano i FitzSimmons, una squadra. Erano sempre riusciti ad aggiustare tutto, cosa importava se il loro rapporto si era crepato? Anche questa volta avrebbero trovato una soluzione. Non importa quanto tempo o fatica ci sarebbero voluti, Fitz era pronto ad affrontare qualsiasi cosa pur di recuperare il rapporto con Jemma.
Destino volle che proprio lei entrò in quel momento in laboratorio con passo incerto portando in mano due tazze di tè.
“Vuoi?” chiese con semplicità.
Leo sorrise, il dolore che gli aveva premuto incessantemente nel cervello in quegli ultimi mesi sembrò attenuarsi. Per un attimo riuscì quasi a credere che tutto fosse tornato come prima, improvvisamente non era più solo.





 
 
Note:
FitzSimmons scritta abbastanza velocemente, ne avevo bisogno dopo i recenti sviluppi (e alla luce della pausa di AoS di questa settimana). Sono troppo belli e fa troppo male vederli insieme. In realtà voleva scrivere una storia angst in maniera devastante, ma poi ho deciso di darle un lieto fine. Per l'angst ho già pronta una bella Skyeward.
Passando ai dettagli tecnici: la citazione sull'oblio è del filosofo Khalil Gibran, mentre quella del cartone è tratta dal “Re leone”, le frasi del loro primo ri-incontro sono tratte pari pari dall'episodio 2x06 e infine il biglietto di Skye è quanto più simile ad una definizione da dizionario.
Il titolo (poco originale come al solito -.-") è una chiara allegoria di quanto poca Simmons ci sia in questa storia e tanto Fitz.
Grazie a tutti quelli che seguiranno/preferiranno/commenteranno <3
  
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