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Autore: ShadowsOfBrokenGirl    08/11/2014    0 recensioni
In un grande prato pieno di papaveri rossi ce ne sono due candidi, rari e bellissimi. Le donzelle che si recano a raccogliere i fiori, osservano quei due esemplari inconsueti e rinunciano a strapparli. Per loro i papaveri devono essere necessariamente rossi e quei due non sono altro che un errore a cui la natura non è stata capace di rimediare.
Quei due fiori sono Destiny e Fabrizio, che ognuno a modo suo si distinguono dalla società che li guarda e non riesce a comprenderli. Quando il caso un giorno li farà incontrare nascerà tra i due un'amicizia che supererà ogni ostacolo e li aiuterà ad andare avanti. Si trasformerà in amore?
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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 Mi piegai e strappai con quanta forza avevo quel ciuffetto d’erba. Alla fine aprii la mano e vi ritrovai un gruppo di ramoscelli di diversa lunghezza evidentemente rovinati.
-Che cosa hai fatto? Dovevi raccoglierli, non tirarli! Adesso non posso più usarli.- mi rimproverò Flora.
Mi scusai dispiaciuta. Una folata di vento mi colpì il viso e scompigliò la mia chioma chiara.
Il paesaggio che ci circondava era tetro e malinconico. Un cielo grigio dalle sfumature violacee, completamente coperto da nuvole cariche di pioggia. Alberi spogli ci avvolgevano in quella radura priva di vita. La natura era morta e le uniche piante sopravvissute ai primi freddi, erano le erbe curative di cui Flora si serviva.
La mia amica si avvicinò a me e appoggiò le sue mani sulle mie spalle, coperte dal sottile tessuto della camicia logora. Mi guardò negli occhi preoccupata e mi chiese cosa fosse accaduto.
Fino a quel momento era stata molto discreta. Nonostante mi avesse visto presentarmi al campo in tarda mattinata, con i capelli scompigliati, il viso pallido e stravolto, gli occhi sottolineati da profonde occhiaie, non mi aveva chiesto spiegazioni. Adesso però non era riuscita più a trattenere la sua preoccupazione ed era stata costretta a chiedermi notizie. 
-Ci hanno scoperto!-esclamai, sospirando triste.
Mi strinse a sé e accarezzò i miei capelli, ancora umidi per la rugiada mattutina che mi aveva fatto da letto.

Nessuna delle due osò più spiccicare parola. Ci limitammo a passeggiare pensierose per le viottole di campagna.
Costeggiammo numerose case con le mura di mattoni rossi, quasi completamente ricoperte dall’edera. Gli altissimi pini dal fogliame scuro erano gli unici arbusti sopravvissuti all’implacabile e forte vento autunnale. Le panchine di legno, disposte lungo la strada, erano nascoste da decine di foglie dai colori accesi.
Un forte aroma di vino mi penetrò nelle narici : respirai profondamente a pieni polmoni quell’odore. A pochi metri di distanza da noi era raggruppato un gruppo di persone, circondate da bambini che gridavano e cantavano. In un’enorme cesto erano stati versati diversi chili di uva e delle donne li stavano pigiando con i piedi.
Flora vide l’allegria e la festa di quel rituale e decise di prendervi parte. Si voltò verso di me e mi esortò a seguirla.
–Dai sarà divertente!-esclamò entusiasta.
Non ero però in vena di svagarmi e quindi mi limitai a fermarmi a pochi passi dalla folla per poterla osservare.
Si fece spazio nell’affollamento e raggiunse la cesta, poi appoggiò le mani su questa e vi entrò dentro. Cominciò a calpestare i chicchi d’uva, sporcando i suoi piedi e il lembo della veste, e a cantare strane canzoni di tematica campestre. Gli altri la accompagnavano, battendo le mani a ritmo e ripetendo le sue parole. Ammirai il sorriso stampato sul suo volto e la sua gioia contagiosa. Mi dissi che avrei fatto di tutto per essere solare e spensierata come lei. Piuttosto che essere sempre sola ed eternamente condannata alla tristezza. Chissà se ero ancora in tempo per cambiare.

Le diedi la notizia mentre si stava pulendo i piedi, sporchi di succo d’uva con uno straccio che i contadini le avevano offerto.
-Sto pensando di lasciare il campo. Di cambiare vita.- esclamai, interrompendo il suo fiume di parole gioiose. 
Alzò la testa all’istante e mi fissò a bocca aperta. Aveva smesso di strofinare il panno contro la sua pelle. Avevo ottenuto tutta la sua attenzione.
-Sono stanca di essere disprezzata da tutti. Voglio essere un’ordinaria ragazza di paese. Scioccamente banale e comune. Non sarò più una zingara.-
-Te lo ha chiesto Fabrizio?- mi interrogò, puntando i suoi occhi nei miei.
-No. Tuttavia devo ammettere che è per lui che lo faccio. I suoi genitori non approveranno mai la nostra relazione, finché sarò quella che sono. E avessi visto con quale sguardo mi ha guardato sua madre e cosa ha detto! Mi ha accusato di non essere una persona rispettabile! Io non tollero più il biasimo delle persone.-
-E vuoi rinnegare te stessa per un' amore passeggero? Se affidi tutta te stessa a lui, quando ti lascerà cosa ne sarà di te?-
-Io non sono una zingara e lo sai. Io non ho una casa. Per me lui è casa. E se sono obbligata a fare questo sacrificio per lui,per essere finalmente felice, sono pronta a farlo!-
Scosse il capo in segno di disapprovazione e gettò a terra lo straccio con rabbia. Poi lo riprese e terminò di ripulirsi. Quando ebbe finito mi accarezzò una guancia.
-Continuo a credere che tu stia sbagliando, ma sei troppo testarda perché riesca a farti cambiare idea. Ti esorto però a pensarci attentamente prima di fare qualcosa di avventato. Non lasciare che sia l’amore a guidare i tuoi passi!-
-E cosa, dunque?-
-Il senno! La ragione!-gridò, gesticolando come una teatrante.
-Cosa ti avrà mai fatto questo sentimento per odiarlo tanto?- mi lagnai. 
-Nulla. Sono solo una persona ragionevole.-rispose, sfuggendo al mio sguardo e fingendo un sorriso.
Si infilò di nuovo le scarpe e si avviò lungo il sentiero, a passo svelto. Quando la ragiunsi, il sorriso era scomparso dal suo viso.
Vi era dunque anche per lei una ragione per cui soffrire. Talvolta anche il Sole non riesce a splendere.
-Ogni donna ha un segreto. Ha un’ amore sciupato che affiora e divora il suo cuore malato.-le cantai le parole di una vecchia e splendida canzone.
I suoi occhi le si fecero umidi e scosse il capo.
–Non voglio parlarne. Sappi solo che non sei stata l’unica a sognare di volare via. L’illusione di potersi librare in volo è magica. Quando precipiti nel vuoto, però, quando ti senti inghiottita da quell’abisso, credi di morire. Ma alla fine si sopravvive. Anche se ti senti più svuotata. Adesso non credo più in nulla, se non nelle mie azioni. Sono solo loro a garantirmi un buon futuro.-mi gridò stizzita. 
Ascoltai dispiaciuta le sue enigmatiche parole e non dissi più nulla per tutto il tragitto. Non potevo sapere allora cosa l’avesse spinta a pronunciarle, quale delusione le avesse sconvolto la vita.
Appresi solo dopo che cosa le fosse successo qualche anno prima che noi diventassimo amiche.
Un soldato, dall’affascinante accento settentrionale, si era recato al campo ed era rimasto affascinato da lei. Dalla sua bellezza naturale. Dalla sua intelligenza. Dalla sua schiettezza. Dalla sua gaiezza.
Anche lei a quel tempo desiderava vivere una vita lontana dal campo e lui le aveva promesso proprio questo. Le raccontò che l’avrebbe portata via con lui, quando sarebbe tornato nella sua bella Firenze. Quando gliene parlava, Flora riusciva già a vederla davanti ai suoi occhi, cullata dal suono delle sue parole che illustravano e dipingevano una città antica e misteriosa, piena di monumenti, in cui ovunque si respirava cultura. Migliaia di negozi e boutique all’ultima moda, di cui lei sarebbe stata un assidua frequentatrice. I suoi occhi brillavano, quando ci pensava.
Tuttavia quando la famiglia del ragazzo aveva scoperto che il loro rampollo aveva intenzione di sposare una zingara, si erano opposti. Nulla di simile alla mielosa e triste storia di Romeo e Giulietta. Lui aveva considerato che, sposando la candidata proposta dalla sua famiglia, avrebbe mantenuto un tenore di vita agiato. Perché rinunciare alla sua città, alla sua villa, ai suoi soldi per un bel visino?
Così era sparito, senza dir parola. Flora aveva trascorso interi mesi a chiedersi dove fosse andato, inventando per se stessa le migliori tra le menzogne. "Sarà andato a chiarire la questione con la sua famiglia" "Sara stato costretto ad allontanarsi per degli affari" "Presto tornerà da me" 
Aveva scoperto solo in seguito che lui aveva sposato un’altra e che vivevano insieme a Firenze. Il suo cuore, così come i suoi sogni erano caduti in pezzi. Aveva dunque smesso di credere negli uomini, limitandosi ad usarli per migliorare la sua vita. Alcune zingare del campo mi avevano riferito di una sua relazione segreta con un uomo più adulto, grazie al quale era riuscita ad ottenere numerosi contatti a cui vendere le sue erbe. Mi ero sempre chiesta chi fosse ma non riuscii mai a scoprirlo. 
 
Quando tornammo al campo, chiesi se avessero ricevuto qualche messaggio per me e fui sorpresa nel sapere che non ve ne era alcuno. Mi recai immediatamente, senza nemmeno accettare la ciotola del pranzo che le mie compagne mi avevano offerto, alla casetta nel bosco. Non trovai nulla nemmeno lì. Rovistai in ogni angolo di quella minuscola costruzione, come se fosse stato possibile che lo avesse nascosto. Perché avrebbe dovuto occultare un biglietto che voleva trovassi?
Quando ebbi finito, uscii delusa all’esterno e nemmeno mi accorsi della sottile ma fitta pioggerella che filtrava attraverso le foglie degli alti alberi. I sospiri mi sollevano il petto. I pensieri riempivano la mia testa. Le gocce di pioggia mi bagnavano completamente. I denti mordevano nervosamente il mio labbro inferiore. I piedi si immergevano nelle pozzanghere, createsi dove vi erano delle buche.
Mentre stavo per superare il confine tra il mondo delle zingare e il resto della città, vidi Flora corrermi incontro. Mi fermai e la attesi impaziente.
-Vuole vederti questa sera. Alla stazione abbandonata.- furono le uniche parole che riuscì a pronunciare, col fiatone provocatole dalla corsa.
Il viso con cui mi aveva annunciato quelle parole non mi rassicurò affatto. Appoggiai la mia faccia sulla sua spalla esausta. Avevo trascorso una giornata tremenda e pensai che ciò che mi aspettava sarebbe stato peggiore.
          
Incontrare Fabrizio quella serata fu come rivivere un incubo. Camminai sui binari abbandonati di una vecchia ferrovia in sfacelo. Stremata e intirizzita per il freddo, procedetti da sola nell’oscurità. Scorsi la sua sagoma con difficoltà. Quando i suoi occhi scuri incontrarono i miei più chiari, il coraggio gli mancò. Cominciò a correre e mi incitò a seguirlo. Cercai di muovere le gambe il più possibile, ma non riuscivo proprio a raggiungerlo.
Alla fine fu lui a fermarsi in un punto in cui le rotaie non c’erano più e al loro posto era cresciuto un manto di erbaccia scura. La luna fece capolino da dietro ad una nuvola scura e ci illuminò. Lui col volto turbato. Io con un’espressione preoccupata.
-Mio padre ha accosentito affinché studi medicina a Roma.-esclamò secco.
-Wow! Ma è fantastico!- gridai entusiasta.
Mi chiesi perchè mi stesse dando una notizia così bella con un'espressione così seria.
-Parto domani per Roma-aggiunse.
-Domani? Ma non devi prima completare il liceo?- chiesi sorpresa.
-Lui sostiene che se mi diplomassi in un liceo di Roma avrei più possibilità di essere accettato all’Università, che come sai si trova lì.-
Era palese che quella era una semplice scusa. La vera ragione che aveva spinto suo padre ad inscriverlo in una nuova scuola era allontanarci. E nessuno dei due poteva impedirglielo.
Sfoggiai un’enorme sorriso finto e lo baciai, sorprendendo entrambi con la mia audacia.
Le mie labbra impressero sulle sue tutta la mia malcelata tristezza e frustrazione. Quando ci staccammo sussurrò un misero “Mi dispiace”.
-Perché mai? Hai sempre sognato di entrare a medicina e finalmente potrai realizzare i tuoi desideri! Sono felice per te!-
Mi scrutò con attenzione e cercò di capire, guardandomi negli occhi, se stessi dicendo sul serio. Riuscii a nascondere la mia enorme tristezza e a sostenere il suo sguardo per diversi minuti. Gli strinsi forte le mani e lo salutai.
Scappai poi veloce, mentre lui mi pregava di incontrarci il mattino successivo per accomiatarci un’ultima volta. Per un estremo saluto. 

Tornata al campo, mi resi conto che trascorrere una gran manciata di tempo all’umidità può portare a conseguenze gravi.
Quando mi stesi sul telo che mi faceva da letto, la testa mi scoppiava e il mio corpo era scosso da forti tremori. Ero febbricitante e non lo sapevo. L’indomani stetti così male che non riuscii a svegliarmi prima di mezzogiorno, mandando dunque all’aria il mio incontro con Fabrizio.
Quando rinvenii, non feci che rammaricarmi di essermi assentata senza aver avuto la possibilità di comunicargliene la ragione. Mentre gettavo le mie parole al vento, mi immaginavo il ragazzo in viaggio mentre si dispiaceva e si chiedeva perché non fossi andato a salutarlo. Era triste e amareggiato e non poteva sapere quanto lo fossi anche io. Credeva che avevo rinunciato a lui, che non avevo mai tenuto a lui. Non sapeva quanto si sbagliava.
 
E' sincero il segreto è quella musica dolce 
che in passato l'ha fatta sognare 
e che adesso non serve ad un bel niente 
Se c'era una volta l'amore, ho dovuto ammazzarlo

Ragazzi! Spero vi piaccia questo capitolo! La canzone cantata da Destiny a Flora e i cui versi sono scritti anche qui sopra è "Se c'era una volta l'amore"

 
  
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