Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Nayuki911    08/11/2014    3 recensioni
Quando due anime solitarie si ritrovano a condividere un qualcosa di grande, inaspettato.
Diversi, a tratti simili, a tratti opposti.
Ma del resto, non si può completare un puzzle con pezzi uguali.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mikasa, Ackerman
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Have you ever fallen in ℒove?


Titolo: Have you ever fallen in ℒove?
Anime: L'Attacco dei Giganti
Rating: Verde
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Capitoli: 1 / 1 
Tipo di coppia: Het, Rivamika | Note: AU | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Mikasa Ackerman, Levi.

“Quando due anime solitarie si ritrovano a condividere un qualcosa di grande, inaspettato.
Diversi, a tratti simili, a tratti opposti.
Ma del resto, non si può completare un puzzle con pezzi uguali.”

 
 

"Perché ogni atomo che mi appartiene, è come se appartenesse anche a te."

 

Forse era proprio vero che l'amore fosse in grado di trasformare le persone. 
Perché in trentaquattro anni suonati, non avrebbe mai scommesso una moneta, sull'innamorarsi di qualcuno.
Perlomeno, non avrebbe scommesso sull'innamorarsi di lei.
Cosa l'avesse spinto a rimanerne incuriosito, se lo chiedeva ogni giorno in maniera costante, e nonostante ciò non riusciva a trovare una valida risposta. Era più probabile credere che Hanji avesse messo qualche sorta di veleno nel suo the, per esempio.
O almeno, questo accadde i primi tempi, quando provava a rifiutare con tutto se stesso l'idea di essere rimasto colpito da quella ragazza dai capelli corvini, che appariva tanto sfacciata quanto disobbediente.
Poi cambiò lei, cambiò lui, cambiò il loro rapporto, e iniziarono a parlare, quasi giornalmente.
All'inizio era più un:
«Caporale.»
«Mikasa.»
E sparivano entrambi nella penombra del corridoio in cui si erano incrociati, voltandosi le spalle.

Poi il loro dialogo migliorò di giorno in giorno, sino al trasformarsi in:
«Buongiorno, Caporale.»
«Mikasa.»
«...»
«...»
Almeno lei era senz'altro educata.
Non seppe dire come, non seppe dire perché, ma fu come se due anime solitarie si fossero appena ritrovate. 
Una sera, per qualche motivo arcano - e sperò non gli venisse mai chiesto nulla a riguardo, perché avrebbe imprecato in più lingue, per spiegarlo - si era ritrovato a raccogliere dei cocci di ceramica dal pavimento del proprio ufficio, lamentandosi in silenzio. Il tonfo doveva aver sicuramente destato attenzione, perché se l'era ritrovata lì, davanti la soglia della porta, con le braccia penzolanti, l'espressione interrogativa.
Senza dire una sola parola, lo aveva raggiunto, e ora era accanto a lui, accovacciata, a raccogliere alcuni pezzi di quello che probabilmente doveva essere un vaso, o una tazza.


Non la ringraziò.
Non lo fece mai.


Ciò che disse semplicemente, fu un:
«Ecco perché non mi fido di quei fottuti manici.»
Mikasa alzò lo sguardo, ci mise poco a cogliere il vassoio adagiato sulla scrivania, la teiera ancora fumante.
Sorrise appena, e la verità è che le venne davvero da ridere.

Neanche lei lo fece mai.

Si aiutarono a vicenda, quella sera, in silenzio. 
Nessun grazie, nessuna parola. Un "Buonanotte" e via, nelle proprie camere.
 
~

L'indomani, entrando nel proprio ufficio, fu sorpreso di trovare una tazza di the fumante, riconobbe subito la tazza, e non riuscì mai a credere di come fosse di nuovo intatta - non che i pezzi fossero particolarmente piccoli, ma.. chi mai avrebbe potuto fare una cosa simile?
Accanto, un bigliettino diceva: "Come vede, le cose possono essere messe a posto. Ma stia comunque attento."
Non la ringraziò mai, neanche per quello.
Eppure si sentì parecchio strano, non aveva mai ricevuto così tante attenzioni in poco tempo.

~
 
Ricordava spesso anche il giorno in cui si ritrovarono a sfiorarsi la mano, camminando l'uno di fianco all'altra. 
Colpa di quei corridoi sempre troppo stretti, si disse a mente.
Provò una leggera scossa, ma fece finta di niente e continuò per la sua strada.

~

Ricordava spesso anche il giorno in cui li aveva visti abbracciati; aveva provato un sentimento strano, parecchio vicino al disgusto. Eren non meritava tutte quelle attenzioni da parte sua, ma Mikasa stravedeva, per suo fratello. E distoglierla dall'affetto per lui sarebbe stato impossibile.


~

Ricordava sempre anche la sera in cui venne trafitto da un colpo di follia, e si era ritrovato a spingerla contro il muro di quel solito corridoio e cercare le Sue labbra morbide con le proprie. Un bacio semplice, proibito, così dal nulla. Ricordava bene di come una volta arretrato, lei avesse farfugliato qualcosa di strano, poco udibile, e di come, dopo un silenzio pungente, lo avesse afferrato di nuovo e attirato contro il suo petto, per baciarlo ancora.

Neanche quella sera, la ringraziò.
Eppure, inconsapevolmente, gli aveva dato modo di credere che non fosse tutto perduto. 
Che ci fosse una speranza, e che se anche avessero dovuto combattere per anni, sarebbero stati insieme, nonostante tutto.
Questo bastò ad entrambi per ritrovarsi ogni sera, qualche mattina, e ogni tanto qualche notte, a condividere l'amore di chi ormai nell'amore non ci sperava più. 

Eppure era successo, e quella mattina, una delle tante, svegliarsi al Suo fianco fu la sensazione più bella di sempre.
«Buongiorno..» aveva farfugliato lei, con la bocca ancora impastata dal sonno.
«Grazie.»
«Mh?»
Lei richiuse gli occhi, ma li spalancò subito dopo aver realizzato.
Quella mattina riuscì a ringraziarla. Finalmente, dopo mesi. Non seppe mai dire perché gli era stato così difficile da pronunciare.
Forse perché non era mai stato abituato a nulla di tutto ciò, perché svegliarsi con lei accanto dava un senso alla sua misera vita, o forse perché guardandoLa negli occhi, ci si vedeva riflesso, giorno dopo giorno.
Le diede un bacio casto sulle labbra, prima di sparire con lei sotto le coperte, e ringraziarla ancora, e ancora, tante altre piccole volte.

E lo avrebbe fatto sempre, d'ora in poi.

Ma non sarebbe comunque mai bastato.


 
«Se è tardi a trovarmi, insisti, se non ci sono in un posto, cerca in un altro, perché io son fermo da qualche parte,
ad aspettare te.» (Walt Whitman)
   
 
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