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Autore: theperksofbeinglawliet    08/11/2014    6 recensioni
Novembre 1992.
Taylor è la numero uno indiscussa della Wammy's House di Londra. La vita per lei non è semplice all'orfanotrofio tra relazioni sociali praticamente inesistenti o complicate e un passato tremendo con cui fare i conti.
Ma il peggio per lei sta per arrivare.
E se qualcuno le portasse via l'unica cosa che le è rimasta? Se qualcuno venisse a rivendicare la sua leadership? E se questo qualcuno fosse proprio quello che sarà destinato a diventare il detective numero uno al mondo ovvero L?
Con questa fan fiction farete un viaggio nel periodo dell'adolescenza di L, trascorso nella Wammy's House di Londra, attraverso il punto di vista di Taylor. Inoltre verrete a conoscenza di un caso molto particolare a cui L lavorerà prima del caso del serial killer di Los Angeles...
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Watari
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO
 

Da due anni non sono più Kay Pierce.
Avevo una normale vita da bambina e dei genitori che mi volevano bene, quando lo ero.
Avevo otto anni quando accadde quella cosa.
Non amo molto parlare di quel periodo della mia vita, vi basti sapere che un giorno un signore sulla cinquantina, vestito completamente di nero e con in mano una valigetta anch’essa nera, mi disse che i miei genitori erano morti e che mi avrebbe portato in un posto per bambini “speciali” dove qualcuno si sarebbe preso cura di me. So che può sembrare stupido accettare di andare in un qualsiasi posto con un uomo vestito completamente di nero.. Non so come spiegarvelo, ma sapevo che quell’uomo non era malvagio, c’era qualcosa in lui che mi ispirava fiducia e il mio istinto mi diceva di seguirlo. E il mio istinto aveva sempre avuto ragione per ora.
Questo posto era la Wammy’s House ed è tutt’ora la mia casa.
Durante il viaggio il “signore in nero”, come avevo iniziato a chiamarlo, mi disse che la Wammy’s House era un orfanotrofio per bambini e ragazzi con straordinarie doti intellettive.
Ricordo che, quando arrivammo, la fitta nebbia aveva impedito ai miei occhi di vedere l’intero edificio, ma, per quello che riuscii a vedere, ebbi la conferma di non trovarmi in un orfanotrofio qualunque come aveva detto il “signore in nero”.
Il “signore in nero”aprì il cancello nero e, solo quando se lo chiuse dietro di sé, mi resi veramente conto che da quel momento la mia vita avrebbe preso un corso del tutto differente.
Da allora sono un’altra persona.
Il “signore in nero” mi guidò attraverso il giardino seguendo un piccolo sentiero sterrato che portava alla porta d’ingresso dell’orfanotrofio. L’edificio era strutturato su due piani e da una prima occhiata potevo ipotizzare che fosse stato costruito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Man mano che mi avvicinavo ad esso riuscivo a scorgere dettagli che non ero riuscita a cogliere a causa della nebbia, come le persiane color verde scuro e le pesanti tende beige che non lasciavano intravedere nulla all’interno dell’edificio.
Quando entrai, rimasi incantata per alcuni secondi ad ammirare l’arredamento dell’orfanotrofio.
Pannelli di legno decorato da disegni verdi ed oro decoravano le pareti, gli arredi ottocenteschi erano mantenuti splendidamente, tanto da sembrare nuovi di zecca, il pavimento interamente in legno scricchiolava leggermente ai nostri passi. E poi il lampadario. Era tutto in vetro soffiato, aveva almeno un centinaio di gocce di cristallo che riflettevano i colori della sala e che dondolavano leggermente producendo un flebile e dolce tintinnio.
Ma la cosa che più mi stupii fu che non c’era un filo di polvere. Come si faceva a mantenere così pulito un posto così grande?
I miei pensieri furono interrotti dall’arrivo di un signore che si presentò come Roger che congedò il “signore in nero” e mi fece accomodare nel suo ufficio. Una volta seduti mi fece un sacco di domande. Sospettai che sapesse già tutte le risposte e che fosse solo un modo per vedere se gli avessi detto la verità. Risposi a tutte le domande sinceramente anche se odiavo non poterne fare a mia volta e, credetemi, ne avevo un bel po’.
Poi mi raccontò di come un brav’uomo avesse deciso di costruire degli orfanotrofi “speciali” per bambini estremamente intelligenti che sarebbero stati sottoposti ad un personale metodo educativo per sviluppare le loro capacità con lo scopo di indirizzarli in diversi campi del sapere in base alle inclinazioni di ciascuno. In seguito mi fece visitare l’intero istituto, mentre intanto mi spiegava brevemente cosa prevedeva questo “personale metodo educativo”.
- Bene, d’ora in poi non sarai più Kay Pierce. Dovrai usare un altro nome per salvaguardare la tua sicurezza. Quale scegli? - mi chiese Roger una volta tornati nel suo studio.
Può sembrarvi strano, ma mi aspettavo una richiesta del genere. Nulla in quel posto, da quando il “signore in nero” aveva fatto la sua comparsa, mi portava a pensare che il misterioso uomo mi stesse mentendo e che mi avrebbe portato in un orfanotrofio normale, in cui i bambini si svegliavano con la speranza che qualcuno venisse a prenderli o con il conto alla rovescia dei giorni che restava loro da vivere in quel postaccio. No, questo posto era diverso. Qui non c’è mai stato spazio per i giochi e per le false speranze.
Dovevo crescere in fretta se volevo puntare alla vetta.
- Taylor. Il mio nome sarà Taylor. -
  
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