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Autore: Daleko    09/11/2014    1 recensioni
Lia non riusciva a respirare, si muoveva come nella gelatina, sentiva i suoi passi pesanti e impotenti; soffocava nei sorrisi dei concittadini che la chiamavano per nome.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Catene


Lia aveva ventisei anni e da ventisei anni viveva nello stesso edificio di mattoni rossi, di fianco al minimarket. Lia aveva studiato infermieristica nel vicino paese, tornando a casa ogni sera per cenare assieme agli anziani genitori. La vita lì era tranquilla, Lia sorrideva e quando scendeva la nebbia poteva diventare una persona reale. 

Quella sera Lia poteva finalmente passeggiare per le strade limitrofe ai campi, sicura di non essere vista da nessuno. Era ormai un'antica abitudine, dettata dal bisogno recondito che le ardeva dentro: il bisogno di vivere, di essere oltre che esistere. In paese tutti conoscevano tutti, tutti erano imparentati con tutti, tutti sapevano tutto e tutto interessava tutti. Lia non riusciva a respirare,  si muoveva come nella gelatina, sentiva i suoi passi pesanti e impotenti; soffocava nei sorrisi dei concittadini che la chiamavano per nome. «Delia!» urlavano per strada. «Delia, buongiorno! Come stai? Cos'hai fatto ieri? Dove stai andando?» chiedevano curiosi donne e bambini, con gli occhi e con le parole mentre gli uomini si toglievano il cappello. «Delia!» esclamava sua madre quando rientrava, quando tornava con la corriera delle venti. Lia sorrideva e aspettava la nebbia, sorrideva e aspettava di tornare Lia. Quando camminava nel suo mondo grigio, lontana da tutto e da tutti, ventisei anni di Delia sparivano e tornava la voglia di correre nel freddo della sera. 

Lia aveva amato un ragazzo, una volta; l'aveva amato nell'unico modo in cui le avevano insegnato, con gli occhi e con le parole. Quando il resto del paese scoprì la sua passione, il ragazzo sparì e lei si ritrovò sulla bocca di tutti. Che ragazza deplorevole!, dicevano, e la madre si vergognò di lei. Lia aveva diciott'anni ed era ancora Delia, soccombeva alla vita di paese senza vie di fuga; non sapeva cosa fare della sua vita, così faceva quello che le dicevano gli altri. All'Università scoprì un mondo diverso che allargò il suo: c'era vita al di fuori delle strade in cui era cresciuta, c'era speranza al di fuori dei sorrisi che conosceva da sempre. Lia voleva andare via, ma non poteva: la nebbia era tutto ciò che poteva avere di suo in quell'appartamento nell'edificio di mattoni rossi, tutto quello che aveva di personale nella sua vita. Le persone guardavano, le persone scrutavano, le persone puntavano il dito!  

Lia piangeva, seduta sul ciglio della strada. Sapeva che da lì si sarebbe snodata nei campi per molti chilometri, raggiungendo altri paesi e altre città. Altre nazioni, forse; Lia non guidava. Era una donna, perché una donna avrebbe dovuto guidare quando c'era la corriera? Lei non aveva una risposta. A casa aveva imparato a cucire, all'Università aveva imparato a fare un'iniezione, in città aveva imparato a comportarsi secondo il galateo. Nella nebbia... Nella nebbia Lia imparava i colori delle lacrime, il freddo che le entrava nella gonna stringendola libidinosamente come mai nessun ragazzo avrebbe fatto, nessuno almeno disapprovato dalla famiglia. Nella nebbia cessava la vita da Delia, la nebbia uccideva la società per permettere la rinascita dei suoi desideri. 

Sognava, Lia. Sognava un cavallo bianco con su un cavaliere, che l'avrebbe presa con sé per continuare su quella strada. Cos'avrebbe trovato tra un chilometro, tra dieci o venti? Non lo sapeva, non l'avrebbe mai saputo; alle ventitré doveva essere a casa, nel suo letto caldo, lontana dalle nebbia e dalle finestre dei vicini indiscreti. Alle ventitré la luce si spegneva e il silenzio calava.  

Delia era nel suo letto, alle ventitré.  Alle ventitré Lia moriva in una piccola lacrima, soffocata dal cuscino.  

   
 
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