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Autore: Alfred il sanguinario    09/11/2014    1 recensioni
Era il 17 Giugno 1969 ad Albuquerque, New Mexico, quando Patricia Joan Chesher, dodicenne, s'incamminò per vendere biglietti della lotteria. E non fece mai più ritorno.
La polizia pensò ad un'allontanamento volontario. Peccato che c'erano ben tre sospetti; tre uomini del quartiere che avevano le loro buone ragioni per uccidere la ragazza.
Io non so come siano andate le cose, posso solo provare a immedesimarmi in Patty, durante quella calda estate nella 'Terra degli Incanti', quando il suo piccolo, felice mondo, fu distrutto da qualcuno di più grande di lei.
Ad oggi il caso rimane insoluto. E so di non poterlo risolvere certo io, ma questo fatto di cronaca stava diventando un'ossessione per me, e penso che scriverne mi farà bene.
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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Patricia alzò lo sguardo dai biglietti della lotteria che stava riordinando.
“Salve” disse cortesemente, nonostante le vene le si stessero ghiacciando. Davanti a lei si palesava il suo vicino di casa: un alcolizzato di cui tutto il quartiere raccontava cose orribili. A scuola le sue amiche dicevano che se lo vedevi per strada, dovevi cambiare lato. Eppure Patty doveva vendere dei biglietti, per conto di suo fratello. Non poteva e non voleva tornare a casa a mani vuote, senza nemmeno un soldo, e poi non poteva certo mettersi a correre via così, d’impeto.
Era il 17 Giugno 1966, ad Albuquerque, ed erano circa le due e mezza del pomeriggio. Il sole cocente donava alla città un’atmosfera intorpidita e desertica, e Patty, forse per calmarsi, si sventolò nervosamente.
Il vicino sorrise, mostrando tutti e trentadue i denti cariati.
“Posso comprare un biglietto?” chiese, con una voce roca e rovinata dal fumo.
Patty annuì. Per evitare un contatto con le mani viscide di quell’uomo, passò i biglietti sul tavolo.
Lui li raccolse in malo modo e li ficcò, senza troppo interesse, nella tasca. Dalla stessa tasca, dopo aver frugato per un po’, estrasse una banconota da 5 $ e la poggiò sul tavolino.
“Non ne ha una da un dollaro?” chiese Patty. Si sentì come se avesse appena detto una bestemmia, perché temeva una pessima reazione dell’uomo.
Egli invece si scostò i capelli grigi e unti dal volto e frugò nel portafogli.
“Mi dispiace, devo averle spese tutte al pub.” disse, con aria desolata.
Non sembrava ubriaco, né drogato, certo il suo alito indicava che era un assiduo frequentatore di locali dove l’alcool scorre con la stessa velocità dell’acqua, ma tutti raccontavano che era perennemente sbronzo, e per nulla affidabile.
Patty si voltò, per prendere la borsa con i resti che era certa di aver appoggiato sullo sgabello accanto a lei. Ma non c’era alcuna borsa.
Non riuscì a controllarsi nell’emettere un gridolino di disapprovazione. “Che sbadata!” disse, toccandosi con la mano destra la fronte.
Sentì che aveva la punta delle dita fredde e umidicce. Era terrorizzata.
Il suo sguardo incrociò gli occhi gelidi dell’uomo che stava davanti a lei.
Lui sospirò. “Non preoccuparti, mi darai il resto un’altra volta.” disse.
- Perfetto – pensò Patty. Ora le toccava rivederlo per farsi dare il resto.
“Può darlo anche a mio fratello, John.” disse lei, cercando di scrollarsi la possibilità di incontrarlo nuovamente.
Il vicino annuì e si voltò, poi camminò fuori dalla visuale.
Patty sospirò. Si sentì sicura di sé, avendo guadagnato ben 5 dollari dal vicino che tutti temono.
Buttò un’occhiata all’orologio da polso, e decise che doveva tornare in casa a prendere la borsa con i resti, nell’eventualità di altri clienti.
Si diresse verso San Pedro Street, ossia la strada in cui abitava. Probabilmente a casa c’era qualcuna delle sue sorelle, forse Paula, visto che non faceva quasi niente tutto il tempo.
Patty entrò nel portone e salì le scale di marmo. Non appena entrò nell’appartamento trovò sua sorella Paula sdraiata sul divano che guardava la televisione.
“Hai dimenticato la borsa dei resti, Patty.” le disse.
“Me ne sono accorta.” rispose lei. Poi la superò ed entrò nella sua stanza. Un disordine totale le si presentò.
In mezzo al disordine, quasi come parte di esso, stava un’altra sua sorella, Sabrina. Sdraiata sul letto di Patty, ronfava sonoramente. Accanto alla sua spalla destra c’era la borsa di Patty, un piccolo borsellino di stoffa color rosso.
La ragazzina, senza svegliare la sorella, lo prese e se lo mise a tracolla. Uscì dalla stanza, né silenziosamente, né sonoramente per svegliare Sabrina. Per un attimo era stata tentata di infastidirla, ma aveva preferito lasciar perdere.
Patty era la più piccola e, di conseguenza, per tutti era la più molesta. Ma ormai aveva dodici anni, e voleva sembrare un po’ più matura, e non un noioso e appiccicoso cagnolino da compagnia.
Scese le scale di corsa, temendo che vi fossero clienti in coda.
Quando arrivò si accorse che non c’era proprio nessuno davanti al suo banchetto.
Poggiò la borsa su uno sgabello, e si mise a braccia conserte, in attesa.
Una mano le si posò sulla spalla, e Patty si voltò bruscamente.
Ecco Frank Butler. L’uomo che disprezzava di più al mondo.
Avrà avuto circa cinquant’anni, un sorrisetto sarcastico stampato sulla faccia e i capelli ingrigiti in testa. Perché Patty provava tanto risentimento per un uomo, certo noioso e sfacciato, ma non poi così terribile? Se l’era chiesto spesso.
Questo brutto rapporto aveva fatto in modo che, ultimamente, lei e sua madre si trovassero spesso in conflitto. Questo perché Frank, un infermiere dell’Albuquerque Hospital, voleva sposare la madre di Patty.
“Tua madre vuole vederti.” Tuonò lui.
- Adesso vuole rendersi gentile facendo da tramite – pensò Patty.
“Ora non posso.” rispose.
“E invece devi. Ti porto io da lei, all’ospedale.”
Patty sbuffò sonoramente. “Non posso mollare tutto qui!” disse. Nonostante detestasse quell’uomo, cercò di sorridere. Impresa ardua, ma che strappò anche a Frank un sorriso.
“Zucca vuota di una Patty” disse, avvicinando pericolosamente una mano al volto della ragazza. Lei si scostò appena in tempo per evitare la carezza di quell’uomo.
Lui non sembrò deluso, anzi sorrise, e continuò: “E’ urgente, Patty. A scuola ci sono stati… dei problemi.”
Patty alzò le sopracciglia. “E che genere di problemi?”
“Credo riguardi tua madre e zio Lenville.”
Al solo sentire quel nome Patty rabbrividì.
“Lui non è mio zio.” ringhiò a denti stretti la ragazza. Ora che ci pensava, c’era al mondo qualcuno che odiava di più di Frank. Lenville Fey, un ‘verme strisciante che merita solo di morire’, per detta di sua madre. Perché Patty e le sue sorelle avrebbero detto di peggio.
‘Venite dallo zio!’ era solito sibilare a lei, Barbara e Sabrina. ‘Abbraccia lo zio’. Dio, che schifo quando le toccava abbracciarlo! Portava sempre la stessa camicia, sudata e unta, e il suo alito era nauseabondo.
Quando poi era venuto fuori che c’aveva provato con Barbara, aveva ricevuto l’ordine di levarsi dai piedi e non ripresentarsi mai più. Ordine che regolarmente infrangeva.
Patty salì sull’auto di Frank, sperando che mamma e Barbara stessero bene.
Poi di lei non ci fu più alcuna traccia. Una tale Babette disse di averla vista in compagnia di un ragazzo, un hippie sui diciotto anni, ma sappiamo che non fu così.
Chi uccise Patty? Zio Lenville? Frank? Forse il temutissimo vicino, Mr. Benton?
Questi, purtroppo, sono interrogativi a cui non avremo mai risposta. Tutti questi uomini sono ora deceduti, così come lo è la memoria di Patricia Joan Chesher, sorridente ragazzina di Albuquerque, che vide tramontare la sua vita quando in realtà doveva solo stare sorgendo. 

Angolo Autore: Questa storia è ispirata al fatto realmente accaduto nel 1969 ad Albuquerque. Non intendo in alcun modo infamare la memoria di Patty (se esiste ancora), ma intendo infamare la memoria del suo assassino - chiunque esso sia - che è ormai morto impunito. Spero che pagherà per quello che ha fatto nell'oltretomba. 

 
  
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