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Autore: bemyronald    09/11/2014    13 recensioni
«Sei un cretino» sentenziò Hermione che teneva ancora le braccia strette al petto, come per impostare una certa distanza. Ron annuì e prese a guardarla in silenzio, resistendo all'impulso di accarezzarla.
«Non credo di avertelo mai detto» disse senza smettere di fissarla. «La prima volta che ti conobbi, dissi a Harry che avrei preferito che il Cappello Parlante mi smistasse in qualsiasi Casa, a patto che non fosse la tua stessa Casa»
«Carino da parte tua. E posso sapere perché ora mi stai dicendo questo?» chiese Hermione, fingendo un certo distacco. Un po' più sicuro, Ron portò la mano sul suo viso che sfiorò appena.
«Be', perché a quanto pare nulla è cambiato: resto un cretino. Ma meno male che esistono cose come la fortuna, il caso, il destino, il fato o come vuoi chiamarlo... insomma, qualche anno dopo avrei baciato il vecchio Cappello Parlante canterino per averci smistato nella stessa Casa»
La storia si è classificata Prima al contest Romione, che passione! indetto sul forum di EFP da Hermione Jean Granger.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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A chi ha imparato ad aspettare.
A chi merita tanto.
A chi crede di non essere speciale, ma lo è.
A chi aspetta ancora.
E un po' anche a me, per tante ragioni.

 
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Things that fall

petals
teardrops
snowflakes
rain
stars
tides
eyelids
time
shadows
leaves
the Sun
and I,
for you.

 

Sabato. Sinonimo di riposo. Poltrire a letto. Rilassarsi. Per tutto il giorno magari. E dimenticare quel pessimo venerdì terminato ormai ore fa. Ah, sì, il sapore del dolce far niente... Come no, tra un po' Hermione mi butta giù a calci, pensò Ron, sbuffando e immergendo la faccia completamente nel cuscino. Buttò un'occhiata di sbieco alla sveglia: appena le 9:05. Perfetto, poteva starsene lì un'altra mezz'oretta magari... ma poi un odore intenso di caffè e una fragranza invitante, raggiunsero il suo olfatto e il suo cervello... ehm, il suo stomaco, si svegliò di colpo. Dopotutto, non sarebbe stato poi così faticoso scendere un paio di scale e raggiungere in cucina la sua adorata e apprensiva fidanzata...
«Ronald, ti vuoi alzare? Datti una mossa!»
Come non detto. Il tono di voce che sfiorava l'isterismo, raggiunse la camera da letto. Accidenti, era capace di farla irritare col solo pensiero. Ci sapeva proprio fare però.
«'giorno anche a te» così un Ron insonnolito, ancora in canottiera e coi capelli completamente sconvolti, varcò la soglia della cucina strascicando pesantemente i piedi. La sua figura assonnata e disordinata era in netto contrasto con quella della sua dolce metà, già attiva e vestita di tutto punto.
«Cosa hai preparato di buono?» le chiese scoccandole un bacio tra i capelli.
«Quello che c'è tutte le mattine. E sbrigati che dobbiamo andare» ribatté Hermione in tono asciutto.
«A-andare...?» chiese Ron lascinadosi cadere sulla sedia, sbadigliò rumorosamente e agguantò la sua tazza di caffè.
«La conferenza, Ron! La conferenza sui diritti dei Centauri! Mi avevi garantito la tua presenza» sbottò Hermione, sgranando gli occhi.
«La conf... oh, sì, ma certo! Oggi è sabato. Come ho fatto a...»
«Dimenticartelo? Ah, be', sarebbe una sorpresa se tu ricordassi qualcosa una volta tanto! Te l'ho anche detto ieri! Ma tu, no! Tu non mi ascolti» replicò Hermione stizzita.
«Non è vero che non ti ascolto, stavo solo... Oh, perché ti arrabbi? Dovrei essere arrabbiato io! Lo sai che ieri sera i Cannoni sono stati massacrati? E io non dico nulla! Ti ho fatto arrabbiare nel sonno, per caso? A me sembra di essere più amabile del solito stamattina» borbottò con un'espressione innocente, ma una volta captato lo sguardo truce di Hermione, sparì all'istante dietro la Gazzetta del Profeta.
«Ottocentonovanta a trecentoquarantadue, Hermione. E tu sbuffi e ti agiti perché mi sono solo dimenticato della Conferenza. Una sconfitta vergognosa, se ne parlerà per secoli. Oh, sì...» disse in tono melodrammatico, scuotendo il capo dietro il quotidiano. Non vide la reazione di Hermione, la sentì sbuffare pesantemente e, anche senza guardarla, avrebbe potuto giurare che fosse più che esasperata. Adorava stuzzicarla, era sempre stato così, con la sola differenza che adesso sapeva come zittirla e sapeva come rimediare. Si distrasse momentaneamente dalla lettura, mentre la sua mente vagava in cerca della soluzione giusta per addolcire la parte acida che quella mattina Hermione aveva deciso di sfoggiare abilmente. Poi l'occhio cadde su due buste semiaperte, proprio lì sul tavolo, di fronte a lui. Due buste dall'aria ufficiale. Lasciò andare il giornale sul piano del tavolo e allungò un braccio per afferrarle. Avevano un'aria così familiare. Era proprio lei, non poteva sbagliarsi...
«Hogwarts...» disse a voce bassa, fissando e sfiorando con la punta delle dita il sigillo di ceralacca con il classico stemma che riportava una grossa 'H' e gli animali che rappresentavano le quattro Case. 
«Hermione» la chiamò schiarendosi la voce. «Quando pensavi di dirmi che sono arrivate due lettere da Hogwarts?» domandò, corrugando la fronte e continuando a fissare la missiva senza decidersi a sfilare la lettera. Faceva un certo effetto pronunciare quelle parole e trovarsi tra le mani una lettera proveniente da quel luogo.
«Oh» cominciò Hermione, voltandosi verso di lui e dando le spalle alla credenza. Per qualche strano motivo sembrava agitata. «Sì... io... io me ne sono dimenticata, non...»
«Dimenticata?» chiese Ron, guardandola dubbioso, mentre un sorrisetto divertito minacciava di comparire sul suo volto. Hermione sospirò, lasciò perdere la sua momentanea occupazione e si accomodò sulla sedia di fronte a Ron.
«Leggila. È lo stesso messaggio per entrambi. Voglio sapere cosa ne pensi» 
«Hai aperto e letto la mia posta, Hermione?» chiese Ron scrutandola severo.
«Oh, io non... insomma, pensavo... non fare lo scemo!» borbottò Hermione mollandogli uno schiaffo sulla mano, mentre un ghigno attraversava il volto di Ron.
«Be', se la McGranitt mi avesse scritto una proposta strettamente personale?» annuì serio, mentre estraeva la pergamena dalla busta indirizzata a lui.
«La professoressa McGranitt, Ron! O meglio, la Preside. Muoviti, leggila» sbottò Hermione spazientita.
«Va bene, va bene» mugugnò Ron, mentre spiegava il foglio e si schiariva la voce.

Caro signor Weasley,
l'intero corpo docenti è lieto di invitarla ad un evento speciale che si terrà alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts il giorno 22 dicembre. Scopo di tale evento sarà quello di trasmettere tra le nuove generazioni di studenti l'ideologia e l'importanza dell'unione e della cooperazione tra maghi. Riteniamo che la presenza e le parole di figure di riferimento come la sua e quella di alcuni suoi colleghi, possa in qualche modo influire positivamente su queste giovani menti, su questi giovani maghi, cosicché questi possano imparare dal passato e crescere in armonia, approfondendo tramite quelli che considerano modelli da seguire e imprimendo quelli che sono i veri valori. Fiduciosi in una sua attiva partecipazione alla serata.
I migliori saluti,

Minerva McGranitt
la Preside


«Wow...» fu il semplice commento di Ron che non riusciva a staccare gli occhi dalla pergamena. Rimuginò su alcune frasi prima di alzare lo sguardo confuso su Hermione che lo fissava con un'espressione ansiosa dipinta sul volto, mentre le sue dita tamburellavano impazienti  sul legno del tavolo.
«Allora?» gli chiese fissandolo. «Cosa ne pensi?»
Ron indugiò ancora qualche secondo sull'invito.
«Io non... attiva partecipazione alla serata...» lesse con gli occhi puntati sul foglio.
«Sì, Ron, attiva» ribadì Hermione irritata.
«Che cosa...?» chiese lui perplesso.
«Attiva, Ron! Attiva! Devi partecipare attivamente. Dobbiamo prepararci per un discorso, presumo. Suppongo che tutti si aspettino che i grandiosi eroi Harry Potter, Ron Weasley e Hermione Granger portino pace e amore all'interno della scuola o al Ministero o in tutto il mondo magico e non... oh, e visto che sono tanto bravi questi ragazzi, perché non diffondere parole d'amore anche al Paiolo Magico, magari?» diede una risatina nervosa. «E poi scommetto che ci saranno i giornalisti e... e domande... e interviste e cose così» Hermione sembrava in preda ad una crisi di nervi. Ron quella scena l'aveva già vista una volta. Forse due o anche tre... o forse più volte.
Trasse un lieve sospiro e ripiegò la pergamena. Si passò una mano sul viso.
«È per questo che sei così agitata, vero?» chiese mentre le parole venivano soffocate dalla mano che gli copriva interamente la faccia.
«Come? Io non sono agitata» ribatté Hermione.
Ron la ignorò, allontanò la mano dal viso e prese a guardare Hermione.
«È per questo che sei agitata. Non per la Conferenza di oggi. Sarà l'ennesima, non puoi essere tanto nervosa» disse sorridendole. Hermione lo fissò per qualche secondo, poi decise di cedere e annuì appena.
«Perché?» domandò Ron, senza troppi giri di parole. Se c'era una cosa che aveva imparato nella vita, era che con Hermione bisognava sempre andare al punto cruciale della questione.
«Io... io non lo so» rispose insicura Hermione, tornando a guardarlo.
«Non vuoi tornare a scuola?» chiese Ron, che fece scivolare il braccio lungo il tavolo per coprire la mano di Hermione con la propria.
«Può darsi» biascicò lei.
«Vediamo. Hai paura di Gazza» disse Ron, annuendo comprensivo. «Ma può darsi che l'hanno buttato fuori, sai»
Hermione rise piano, poi scosse il capo.
«Be', la vecchia megera non può essere. E giuro che io non ti tormenterò più per copiare gli appunti di Rüf! Hai paura di Fuffi?»
«La smetti?» disse Hermione ridendo, mentre lui le accarezzava il dorso della mano.
«Allora cos... ci sono: Mirtilla Malcontenta! Per forza» esclamò, battendo vincente un pugno sul tavolo.
«Non fare lo scemo» Hermione continuava a ridacchiare nervosamente.
«Me lo vuoi dire allora? Non abbiamo tutto il giorno, sai» puntualizzò Ron con un sorriso furbo, senza smettere di carezzarle la mano.
«Come sei insensibile» sbuffò lei incrociando le braccia al petto. Ron la fissò per un momento, poi si alzò di scatto dalla sedia, fece il giro del tavolo e una volta raggiunta, Hermione cominciò a fissarlo interrogativa dal basso. Ron le porse una mano che lei afferrò per poi tirarsi su, con aria afflitta.
«Che vuoi?» gli chiese scettica.
«Ehi, come sei insensibile» ribadì Ron inarcando le sopracciglia, rubandole un sorriso. «Tanto prima o poi me lo dirai. So che vuoi dirmelo» aggiunse cominciando ad accarezzarle di nuovo il dorso della mano col pollice, mentre con la mano libera le cingeva la vita per avvicinarla a sé.
«A cosa devo tutta questa perspicacia?» chiese Hermione sorridendo. Ron sbuffò, fintamente infastidito. 
«Lei mi sottovaluta, signorina Granger. Non so, sarà la sua influenza» affermò con un'alzata di spalle. «Comunque, ho percorso molti passi per raggiungerti, quindi ora me lo dici» disse infine, guardandola serio e stringendole la mano. Hermione accennò un sorriso e prese un profondo respiro prima di cominciare a parlare. 
«Mi mette in agitazione il fatto di dover parlare a tutti quei ragazzi. Non lo so perché, so solo che è una gran bella responsabilità, non credi? Insomma, le parole hanno un certo peso, sono di assoluta importanza e loro, i docenti, si fidano di noi, ci hanno affidato un compito. Questi ragazzi sono delle menti in erba, bisogna fare molta attenzione alle parole che si utilizzano. E... e parlare davanti a tutti di ciò che abbiamo fatto, di ciò che è giusto o sbagliato... parlare di etica, di valori a dei ragazzi che si aspettano tanto, che in un certo senso si fidano di noi... io... non so, mi manda in confusione, ecco» buttò fuori tutto d'un fiato, distogliendo lo sguardo da Ron e guardandolo di tanto in tanto, distrattamente. Ron tenne lo sguardo su di lei durante tutto il discorso, non potè proprio impedire ad un sorriso di farsi largo sul suo viso. Tipico di Hermione, pensò. Ormai era diventata così prevedibile per lui. Gli veniva da ridere, ma non lo fece perché sapeva che si sarebbe infuriata e agitata più di quanto non lo fosse già. Hermione, dopo aver tirato un altro sospiro, si decise a guardarlo.
«Be', non dici niente?» chiese preoccupata. «Oh, che cosa stupida» borbottò subito dopo scostandosi appena da lui e portandosi entrambe le mani sul volto.
«Hermione, sto parlando con la persona che tra qualche ora avrà di che argomentare dinnanzi ai più rispettabili pezzi grossi del Ministero della Magia!» cominciò Ron, scostandole dolcemente entrambe le mani dal viso e stringendole. 
«Questo non c'en-...» 
«E non è assolutamente la prima volta che lo fai» la ignorò Ron. «Senza poi contare che queste persone hanno chiesto personalmente di ascoltarti. Quindi non capisco di che ti preoccupi. Tu ci sai fare, accidenti! Vai lì e dì ciò che senti» concluse semplicemente Ron, con una leggera scrollata di spalle. Hermione annuì distrattamente, assumendo un'espressione concentrata. Era la tipica espressione che assumeva ogniqualvolta ascoltava il suo interlocutore ma, nel mentre, una parte della sua mente continuava a lavorare frenetica. Ron la conosceva bene quell'espressione.
«Be', è un po' diverso» disse all'improvviso, sospirando e portando di nuovo lo sguardo su di lui. «Qui si tratta di ragazzi che stanno crescendo e che hanno bisogno di modelli da seguire, in grado di...»
«E allora, Caposcuola?» la interruppe Ron sottolineando il termine. «Hermione Granger non può dare loro degli ottimi consigli?»
«Be', chi lo dice che sono ottimi?» domandò Hermione, contrariata.
«Io! Non ti basta? Non ti fidi? Guarda che io sono cresciuto con te e vorrei farti notare lo splendido esemplare di uomo che è venuto su» confermò Ron con un tono pomposo che gli costò un buffetto sulla fronte. Rise e Hermione sbuffò di nuovo.
«Non so... e poi tornare di nuovo a scuola... non so se mi va davvero...» 
«Tu ci sei già tornata» intervenne Ron.
«Sì, ma da normale studentessa, non da... da...»
«Da centro informazioni post-guerra per le imprese eroiche?» le accorse in aiuto Ron.
«S-s... sì! Come dici tu» confermò staccandosi improvvisamente da lui e fissando un punto del pavimento.
«Avanti, Hermione, per una sera saremo di nuovo a Hogwarts, insieme! Pensa... pensa che per una volta non sarà per una commemorazione, non sarà in quei giorni tristi... per una volta sarà diverso e... e bello» disse sottovoce, con un tono di voce serio. Si avvicinò di un passo a Hermione e le accarezzò la guancia. «Saremo ad Hogwarts e basta. Fallo per la professoressa McGranitt che si fida ciecamente di te, fallo per i ragazzi. Scommetto che non vedono l'ora di ascoltarti» le disse strizzando l'occhio. «Dopo chiamo Harry. Miseriaccia, se non è stato invitato lui! Sarà fantastico» aggiunse sorridendo apertamente. Hermione non potè fare a meno di sorridere davanti all'entusiasmo contagioso di Ron che l'attirò di nuovo a sé, stringendola.
«Allora, ci scriverà un discorso degno di Caposcuola? Degno di Hermione Granger?»
Hermione rise piano, avvolse le braccia attorno al busto di Ron e poggiò la testa al suo petto.
«Ci proverò» disse infine mentre Ron rispondeva all'abbraccio e appoggiava la guancia sui suoi capelli, che cominciò ad accarezzare con lenti movimenti del capo. Poi chiuse gli occhi, concentrandosi sui pochi suoni che riusciva a percepire. Avvertiva il respiro regolare di Hermione e si concentrò completamente su quel suono lento e rasserenante, fino a quando un altro rumore, più fastidioso, non attirò la sua attenzione. Quel maledetto rubinetto continuava a gocciolare ininterrottamente.
Merda, l'idraufilo. Pensò, o almeno così gli pareva si chiamasse. E lui, ad insaputa di Hermione, si era completamente scordato di chiamarlo la mattina precedente. Entrambi avevano provato con qualche incantesimo, ma nulla, quel coso sembrava stregato o chissà che, quindi avrebbero dovuto ricorrere ai metodi babbani: avevano proprio bisogno dell'idraufilo. E lui avrebbe dovuto chiamarlo proprio in quel momento, senza che lei si accorgesse di nulla. Poi però la stretta di Hermione e le sue carezze e il calore che cominciava ad avvertire in zona orecchie, lo distrassero e il suo pensiero passò dall'idraufilo a lei. Di nuovo. Una come lei non poteva essere nervosa per un discorso, non ce n'era motivo! Ma Hermione era fatta così. La preoccupazione di fare qualcosa di sbagliato o addirittura di inutile per quelle giovani menti, la turbava. Avvertiva già il peso della responsabilità. Ancora ricordava quando aveva ricevuto il suo incarico di Caposcuola. Erano insieme e un silenzio tombale aveva avvolto la stanza della ragazza mentre i suoi occhi scorrevano veloci le parole scritte sulla pergamena giallastra. Era rimasta a fissarla per parecchi interminabili secondi senza fiatare, e Ron, per un folle momento, credette che riportasse solo voti negativi e che questi le avrebbero impedito di recuperare il settimo e ultimo anno. Ma poi, improvvisamente, Hermione era esplosa in un pianto di gioia, che dopo qualche minuto si era trasformato in un pianto isterico. Dubbi su dubbi! Domande su domande! Ron dovette ricorrere al suo metodo migliore per calmarla e... sì, proprio zittirla.
Le donne! pensò, Sono strane, le donne!
Adesso era riuscito a tranquillizzarla con più facilità rispetto alla prima volta. E tra l'altro, quella volta, per una battutaccia finale si era pure beccato Storia di Hogwarts dritto in testa. E quando un'Hermione in preda ad una crisi isterica, ti molla storia di Hogwarts in testa...
Ma la mattina era appena cominciata e poteva ancora stuzzicarla un pochino. Lui voleva ancora stuzzicarla un pochino. Un ghigno gli attraversò il volto, prima di posarle un leggero bacio tra i capelli.
«Hermione?» ruppe il silenzio con un sussurro.
«Mmh?»
«Non è che mi potresti scrivere il discorso?» domandò nel modo più naturale possibile.
«No!» sbottò Hermione con la testa ancora poggiata al suo petto. Ron la sentì reprimere una risata.
«Solo l'introduzione? Una piccola-piccola? Per piacere...» si lagnò di nuovo Ron.
«Non se ne parla» ribatté Hermione asciutta.
Di nuovo silenzio.
«Hermione?» la chiamò ancora, a voce bassa.
«Che cosa c'è adesso?»
«Mi chiedevo solo se potevo avere un bacio. Uno piccolo-piccolo» 
La ragazza allontanò la testa dal suo petto per guardarlo in viso. Ron sfoggiò uno dei suoi bronci migliori di sempre. Hermione sciolse l'abbraccio, portò le mani al suo viso che cominciò ad accarezzare lentamente.
«Prima devi chiamare l'idraulico. Se non vuoi che cominci ad urlarti contro» disse fissandolo, senza smettere di sfiorarlo.
Cazzo, lo sa. pensò allarmato Ron, non riuscendo a capire come avesse fatto a scoprirlo, dal momento che lui le aveva detto l'esatto contrario. Ma non ebbe altro tempo per riflettere perché le carezze di Hermione ridestarono completamente la sua attenzione. Sorrise malizioso e l'avvicinò ancora a sé. «Ah, è così che si chiama» bisbigliò avvicinandosi pericolosamente al viso della ragazza che ora aveva preso a carezzargli il collo.
«Non fare il finto tonto con me» disse Hermione, ridacchiando piano, mentre Ron le si avvicinava ancora, a tal punto da sfiorarle le labbra. «Ti avevo chiesto di chiamarlo ieri» mormorò sulla sua bocca. «So che non l'hai fatto. Ma devi farlo, continua a gocciolare, come faremo a...» 
Ma Ron non seppe mai cosa non sarebbero riusciti a fare, perché subito annullò la breve, inutile distanza che li separava. La zittì baciandola con una delicatezza così estenuante da farla arrendere all'istante. Sembrava che lei non avesse né la forza né la volontà di opporsi. Le labbra di Hermione si schiudevano senza esitazione al dolce tocco di lui, mentre le sottili dita vagavano tra i capelli già scarmigliati di Ron, con una lentezza e un'accortezza tali da fargli venire i brividi. Ron, per qualche minuto, prese ad accarezzarle i fianchi, sfiorando il leggero tessuto della camicia. Poi allontanò le mani per posarle sui polsi e risalire lentamente lungo le braccia, giunse alle spalle e le sfilò la giacca blu notte, che finì sul pavimento della cucina. Hermione non parve dargli peso, anzi, agganciò una mano dietro la nuca di Ron e lo attirò più vicino a sé, aumentando il ritmo del bacio. Lui sorrise appena contro le sue labbra pensando che quella mattina gli era andata bene su più fronti: buon consigliere, ottimo baciatore. Mancava il terzo punto. Il terzo round. E sapeva che l'avrebbe vinto. Ma proprio mentre la sua mano scivolava dalla spalla di Hermione al primo bottoncino della camicia, lei si staccò lentamente da lui e sorrise istintivamente, ad occhi chiusi. La treccia accuratamente legata qualche oretta prima era ormai spettinata e la camicia scomposta. Ma Ron notò tutt'altro. Hermione aveva le gote di un rosso grazioso e non appena riaprì gli occhi, cominciò ad osservarli rapito. Sembrava proprio che gli sorridessero. Erano accesi, intelligenti, vivaci. Brillavano di quella luce che lui amava da morire e che era in grado di cambiargli la giornata. E il suo viso sembrava decisamente più rilassato. Quella visione lo fece sorridere spontaneamente in risposta. Be', quello poteva assolutamente considerarsi una sorta di terzo round... e sì, lui l'aveva vinto. Ovviamente. A volte si chiedeva se al mondo esistesse qualcosa di più bello del guardare Hermione Granger. Probabilmente no e lui avrebbe voluto guardarla per sempre, in ogni momento, e avrebbe potuto renderlo possibile... avrebbe potuto...
«Chiama l'idraulico» mormorò Hermione senza smettere di sorridere. «Datti una sistemata a questi capelli che sono un disastro, vestiti e vedi di sbrigarti perché se facciamo tardi t'ammazzo» concluse senza distogliere gli occhi dai suoi e scostare la mano dalla nuca.
«Tu però me lo correggi il discorso, vero?» chiese Ron con un sorriso furbo. Hermione alzò gli occhi al cielo.
«Sì sì, va bene!» esclamò sorridente. Ron si avvicinò di nuovo a lei.
«Idraulico, capelli, vestiti. Cercherò di non farmi ammazzare. Vado» disse prima di posarle un leggero bacio sulle labbra. E in un istante, lasciò la cucina. Hermione raccolse la giacca ai suoi piedi e fissò per alcuni secondi il punto in cui era sparito Ron. Pensò a ciò che le aveva detto. Lei si fidava di lui e adesso sentiva che ce l'avrebbe fatta.
Con tutti quei gesti e quei sorrisi, entrambi avevano contribuito a migliorarsi la giornata. Decisamente.
Oh, l'avevo detto io che ero più adorabile del solito stamattina, pensò Ron compiaciuto, mentre componeva il numero dell'idraufilo.

**** 

«Io odio la Materializzazione. Sempre detto» brontolò Ron, mentre tentava di districare il piede destro dalle grinfie di un cespuglio. «Perché non ci siamo Materializzati direttamente in Sala Grande e basta?» disse, dando un ultimo e definitivo strattone. Hermione si girò di scatto fulminandolo con lo sguardo. Aprì la bocca per parlare, o forse per urlargli contro, ma Ron la precedette, lanciando un'occhiata fugace a Harry.
«Non ci si può Materializzare entro i confini di Hogwarts» esclamarono all'unisono, cominciando a sghignazzare come due ragazzini.
«Vedo che a ventidue anni finalmente l'avete imparato» sbottò Hermione, scatenando l'ilarità di Ginny. Infreddoliti, avanzarono per la via principale di Hogsmeade, immersa dalla neve. Buttarono occhiate raggianti ai negozi che li circodavano: Mielandia, l'Emporio degli Scherzi di Zonko, I Tre Manici di Scopa... c'erano tutti e quel che li circondava, era proprio come loro ricordavano. Il villaggio era affollato come sempre, e l'aria natalizia che si respirava era a dir poco meravigliosa e così tremendamente familiare. Ron fu invaso da una sensazione di nostalgia. Istintivamente si voltò verso Harry che ricambiò sorridendogli ed entrambi intercettarono lo sguardo di Hermione. Nessuno dei tre parlò. Si guardarono semplicemente, stupiti, sorridendo apertamente... ricordando. Si stavano avvicinando ad Hogwarts. Dopo essersi fermati dinnanzi ad un paio di negozietti nuovi e dopo aver letteralmente trascinato via Ron dalla vetrinetta di una nuova pasticceria, raggiunsero Hogwarts dopo una buona mezz'ora di cammino.
Il castello si ergeva in tutto il suo splendore. Era da togliere il fiato. Era sempre stato così. Le Torri est e ovest erano illuminate, testimoniando la presenza dei Grifondoro e dei Corvonero nei rispettivi dormitori, e fiocchi di neve scendevano lenti, adagiandosi delicatamente sui prati circostanti. Nulla era cambiato, persino dal camino di Hagrid fuoriusciva il solito fumo che provava la sua presenza in casa. Per qualche minuto, tutti e quattro i ragazzi, fissarono rapiti la loro vecchia scuola e il familiare paesaggio tutt'attorno. Poi, silenziosamente, avanzarono verso il castello, oltrepassarono il portone di quercia e un improvviso calore li invase. Un calore strano. 
«Bentornati a casa» sussurrò Ron.
Il calore di casa.
Ron si voltò verso Hermione che con una mano teneva la sciarpa oltre il mento, fin sopra al naso. Incontrò subito i suoi occhi e sorrise dolcemente nel vederla commuoversi. Le prese la mano libera, intrecciando le loro dita. Era una delle sensazioni più strane e al tempo stesso più belle che avesse mai provato. Ogni passo, ogni centimetro di quel pavimento di pietra, era già stato calpestato da loro, per anni. Raggiungere le aule per le lezioni, correre verso il campo di Quidditch, sgattaiolare via sotto il Mantello dell'Invisibilità. Anche durante la guerra avevano attraversato quei corridoi e calpestato quegli stessi pavimenti, ma i bei ricordi avrebbero sempre avuto la meglio. È sorprendente quanto un solo luogo possa suscitare tanti ricordi e quanto questi possano in qualche modo mettere a dura prova il nostro stato d'animo. È un po' come una dolce tortura fatta di una piacevole miscela di sensazioni di gioia, nostalgia e anche dolore. Una miscela che quasi far venir voglia di piangere. 
Tutti li riconobbero e gli strinsero la mano: gli insegnanti, vecchi e nuovi, alcuni membri del Ministero, giornalisti mai visti ed altri già incontrati, alcuni dei vecchi compagni di scuola, quelli che come loro avevano vissuto la guerra. C'era Neville accompagnato dalla sua energetica nonna, e Luna nel suo sgargiante vestito verde. C'erano anche i signori Weasley, Percy e Bill. Charlie era impegnato col lavoro, e Ron sapeva che George non sarebbe venuto, nonostante, in cuor suo, ci avesse sperato tanto. Genitori, Prefetti, Caposcuola, ragazzi di ogni anno e casata strinsero la mano ai tre Grifondoro, eroi del Mondo Magico.
Gli studenti, che sarebbero partiti quella sera stessa per l'inizio delle vacanze natalizie, indossavano la divisa della propria Casa di appartenenza, ma non erano seduti ai propri tavoli, anzi, c'era un mix di colori che andava dal blu, al rosso, al giallo, al verde. 
Nel momento in cui la preside McGranitt prese parola, il brusio nella Sala Grande si spense.
«Bene» si schiarì la voce. «Volevo ringraziare tutti voi per essere qui, stasera. E grazie per aver risposto all'invito della vostra vecchia scuola» disse poi, rivolgendo un sorriso ai vecchi studenti seduti alle sue spalle, tra i professori. «Vi sono molto grata» disse facendo un breve inchino e voltandosi di nuovo verso gli effettivi allievi e i loro genitori che occupavano le quattro tavolate della Sala Grande. «Vedete, nel momento della crescita è facile perdersi. La vita ci pone davanti a delle scelte, e dobbiamo essere noi in grado di scoprire quale sia la strada giusta da cominciare percorrere. Per formarci, per renderci sempre migliori. Non dubito che i vostri genitori vi abbiano insegnato quelli che sono giusti valori, la morale. Ma siete voi i veri protagonisti e semmai doveste commettere errori, ci sarà sempre una seconda opportunità. C'è sempre una seconda opportunità. Ricordatevi che quando ci si sente smarriti, è saggio ritornare sui propri passi. Ognuno sia fiero ed orgoglioso della propria Casa, porti alto il nome di essa. Ma non dimentichiamoci l'importanza dell'unione, della collaborazione e, qui sento di dover citare un grande mago, Albus Silente: anche se veniamo da luoghi diversi, i nostri cuori battono all'unisono. Grazie a tutti, davvero. È molto, molto importante questa serata. Ma adesso bando alle ciance, la parola spetta a voi ragazzi e a coloro che hanno effettivamente dimostrato l'importanza dell'unione: un applauso per favore a Harry Potter, Ronald Weasley e Hermione Granger»
Applausi scroscianti e fischi riecheggiarono nella Sala. Ron si sentì arrossire sulle orecchie e sforzò un sorriso, mentre stringeva la mano di Hermione, immobile, al suo fianco, e sentiva Harry alla sua sinistra borbottare: «Merda. Merda». Ginny, rossa in volto per lo sforzo di non scoppiare a ridere, diede una spintarella ad Harry che si alzò di scatto dalla sedia e si diresse dalla professoressa McGranitt.
«Per Merlino, farà un casino con tutti quei fogli!» esclamò Ginny continuando a sghignazzare, seguita subito da Ron. 
I discorsi dei tre ragazzi furono estremamente illuminanti - il tocco femminile di Ginny e Hermione fu alquanto evidente - con una giusta aggiunta di ironia che caratterizzava i discorsi di Harry e Ron. Gli studenti ascoltarono attentamente e sembrarono particolarmente rapiti dalle parole di Hermione. Ron lo sapeva, non aveva avuto alcun dubbio. Lei aveva un dono per queste cose.
«Io lo sapevo» le sussurrò all'orecchio non appena lei gli fu vicino. Hermione lo guardò interrogativa. «Li hai stregati» disse Ron sorridendo.
«Oh, io non... cioè, sì, hanno ascoltato ma...»
«Ma nulla, sei stata bravissima» asserì Ron, scoccandole un bacio sulla guancia. Hermione arrossì e sorrise in risposta, prima di cominciare a far scorrere lo sguardo sulla Sala. Ron prese a guardarla, assorto. Era tutta la sera che perdeva secondi impegnato a fissarla e ancora non le aveva detto quanto la trovasse bella. I capelli castani erano mossi e lucenti, raccolti in una crocchia elegante dalla quale un ricciolo era sfuggito e di tanto in tanto, con un gesto nervoso, lo riportava dietro l'orecchio. Proprio come fece in quell'istante. Ron avrebbe preferito che lo lasciasse libero, che le scendesse in modo da accarezzarle il profilo. Il vestito color glicine le lasciava le spalle scoperte e scendeva morbido fin sulle ginocchia. Ron adorava quel vestito. In realtà adorava tutti i suoi vestiti... be', sì, adorava lei nei suoi vestiti, ma questo le stava in un modo particolarmente grazioso... Hermione si voltò e lo guardò interrogativa accorgendosi del suo sguardo.
«N-niente» borbottò Ron che, colto in flagrante, arrossì sulle orecchie.
«Signorina Granger, signor Weasley!» una vocetta stridula fece sobbalzare entrambi. Una strega tarchiata con un vestito rosa confetto e un mago che armeggiava con una vecchia macchina fotografica, gli si pararono davanti. «Ve ne prego, qualche domanda. Signorina Granger, una cosa di cui lei non ha mai parlato prima d'ora, ma che sarei davvero curiosa di sapere, così come lo sono i nostri lettori: dove sono stati i suoi genitori durante tutto il periodo della Guerra Magica? Visto il suo stato di sangue, saranno stati in costante pericolo. Li ha protetti? Se sì, in che modo?» domandò subito la giornalista senza dar loro il tempo di realizzare che erano praticamente stati incastrati. Ron si voltò verso Hermione che era impallidita e sembrava turbata, fissava gli orrendi occhiali rosa shocking della strega. Era proprio il genere di domanda che la ragazza detestava, quel genere di domanda che aveva sempre evitato, e Ron lo sapeva. Si schiarì la voce e prese parola.
«Se non ne ha mai parlato, vuol dire che evidentemente non vuole...» disse in tono asciutto, afferrando la mano di Hermione. Fece per andarsene, ma un block notes e una piuma gli svolazzarono davanti e Ron dovette fermarsi per scacciarli con la mano.
«E gli Horcrux?» domandò intanto la vecchia strega, speranzosa. «Come avete fatto? Era Magia Oscura oltre ogni immaginazione e voi eravate solo dei ragazzini che...»
«Davvero non è la serata giusta per parlare di questo... suppongo sappiate già abbastanza. E se ora volete scusarci» ribatté infastidito e trascinò Hermione con sé. Cominciò a camminare a passo svelto e si fermò solo quando si sentì tirare il braccio da Hermione. Si voltò verso di lei e vide che indicava un gruppetto di persone, da cui sbucavano indomabili capelli corvino.
«Eccolo lì. Lo sapevo...» disse Hermione con un gesto nervoso della mano, e con Ron alle calcagna, avanzò in quella direzione con passo deciso.
«Dove vai? Mi sa che dovremo aspettare un po' prima che lo lascino in pace... e non vorrai che fermino anche te?» si affrettò a dire Ron cercando si stare al passo.
«Aspettare... non essere sciocco. Harry non vuole tutta quella gente addosso, lo sai»
«Ok, ma cosa intendi fare, scusa?» chiese Ron guardandola dubbioso. 
«Gli salviamo la serata naturalmente. Vieni» rispose Hermione cercando di farsi strada tra un giornalista e l'altro.
«Oh, abbiamo anche la vicedirettrice del Dipartimento della Regolazione e Controllo delle Creature Magiche e l'Auror Weasley» esclamò una giornalista eccitata, estraendo velocemente un paio di piume dalla borsetta.
«Bene, intervista al trio al completo. Come vi siete sentiti quando...?» cominciò un giornalista, prima di essere interrotto da Hermione.
«Noi veramente siamo venuti per comunicare a Harry che la preside McGranitt gradirebbe la nostra presenza, sa, lo scopo della serata» disse Hermione con un sorriso sprezzante.
«Scusi?» chiese un giornalista tozzo coi baffi che le stava di fronte. 
«Ho detto che la professoressa McGranitt gradisce la presenza di tutti e tre. Quindi se non vi dispiace dobbiamo portar via Harry» ribadì spazientita, mentre afferrava il polso di Harry. 
«Scusi, signorina Granger, ma noi qui stiamo lavorando» disse una donna alta e snella con voce autoritaria.
«Oh, ma certo, signora giornalista. Ma credo che abbiate avuto così tante occasioni in passato per parlare con Harry e fargli tante di quelle domande»
«Sicuro, ma come può immaginare, questa sera...»
«...Questa sera temo che dovreste farne a meno. Con permesso. Grazie» terminò Hermione con un tono che non ammetteva repliche, trascinandosi dietro Harry, mentre Ron trotterellava al suo fianco. Il gruppetto di giornalisti fissò sbalordito i tre per qualche secondo.
«Ragazzetti...» commentò acida la giornalista alta e snella, riposando la piuma che aveva smesso di scrivere da sola, nella borsetta rossa.
«Giornalisti!» sbottò seccata Hermione senza fermarsi e stringendo istintivamente la presa sul polso di Harry. «Credono di avere il diritto di dover sapere sempre tutto su tutti. Ogni santissima volta» sbuffò sonoramente. Ron intercettò lo sguardo di Harry ed entrambi sorrisero divertiti.
«Hermione, dove...?»
«Taci, Ron. Cammina e basta» sbottò lei svoltando un angolo.
«Ma Hermione di là c'è un banchetto che...»
«Stammi bene a sentire» cominciò voltandosi così bruscamente che Harry dovette aggrapparsi al braccio di Ron per non perdere l'equilibrio e cascarle addosso. «Non ho intenzione di passare la serata a sfornare informazioni su quanto sia successo in quell'anno, anche perché ne ho abbastanza e stasera proprio non ne ho voglia. E anche Harry non deve farlo e nemmeno tu! Quindi non voglio vedere giornalisti o fotografi che ci ronzano attorno peggio di Mosche Crisopa» disse in tono rude puntando il dito minaccioso contro Ron, che stavolta la guardava allarmato.
«Hermione, il polso...» tentò Harry, in tono cauto.
«Oh, sì, certo...» disse Hermione liberandolo dalla presa. Trasse un respiro e si lasciò cadere sul primo scalino della larga scalinata principale.
«Scusate» borbottò poi, fissandosi i piedi. «È che proprio non li reggo. Ecco perché non volevo venire»
«Tranquilla, Hermione» disse Harry sedendole accanto. «Non vorrei dire di averci fatto l'abitudine perché è pur sempre fastidioso... ma, sai, a volte bisogna farlo... fin quando stanno buoni, ovviamente»
«Ma tu non devi, Harry, non per forza!» lo interruppè Hermione guardandolo seria. «Tutto quello che volevamo dire l'abbiamo già detto in passato, ora basta. Ci sono cose che... cose che non vogliamo che tutti sappiano... perché insistere?» mormorò cupamente.
«Perché sono giornalisti» rispose semplicemente Harry. «Be', comunque sia, grazie per avermi salvato, ragazzi. Sarebbe stata una vera pacchia dover passare una serata del genere attorniato da giornalisti. Voglio dire, siamo ad Hogwarts!» esclamò guardando raggiante prima Hermione, poi Ron.
«Già, siamo ad Hogwarts» ripetè quest'ultimo, in piedi di fronte a loro. «Quindi ora che facciamo?»
«Che vuoi dire?» chiese Hermione, accigliata. «Restiamo qui finché non andranno via, prima o poi si stancheranno di... che c'è?» chiese Hermione visibilmente irritata dallo sguardo scettico dei due.
«Fammi capire, Hermione: siamo di nuovo ad Hogwarts, tutti e tre, ospiti speciali e tutto il resto e tu vuoi startene su uno scalino per tutta la sera?» chiese Ron strabuzzando gli occhi. «Se proprio non possiamo goderci il banchetto, allora andiamocene in giro, no?» disse con un'alzata di spalle mentre Harry annuiva, concordante.
«Non credo proprio che dovremmo andarcene in giro per il castello, Ron!» sbottò subito Hermione.
«E perché no?»
«Perché... perché non possiamo! Siamo ospiti di un evento, non dovremmo gironzolare come se fosse casa nostra!»
«Però possiamo starcene qui, sui gradini, a gelarci il sedere? Non è molto intelligente» 
«Ragazzi...» Harry tentò di richiamare la loro attenzione, con scarso risultato.
«Non è questo il punto, Ron! I giornalisti tra un po' andranno via e potremo tranquillamente tornare in Sala Grande» 
«Ragazzi...» riprovò Harry, invano.
«Sì, be', ma intanto non possiamo starcene qui, non possiamo sprecare la serata! E poi non sappiamo nemmeno quando e se andranno via!»
«Ragazzi!» questa volta il volume di voce di Harry, attirò l'attenzione di entrambi. «Se continuate così state pur certi che i giornalisti verranno qui! Allora, possiamo fare un giro e poi torneremo in Sala Grande... non facciamo niente di male, in fondo. Avanti, Hermione, come ai vecchi tempi!» concluse Harry dandole uno schiaffetto sulla mano. Hermione lo guardò, poi guardò Ron che le porse la mano, rivogendole un sorriso incoraggiante.
«Come ai vecchi tempi... con voi è sempre "vecchi tempi"! Mi fate sempre fare le cose più irrazionali e teoricamente sbagliate» sbuffò afferrando la mano di Ron che la tirò su, scoppiando in una fragorosa risata, seguito da Harry.
«Allora, da dove cominciamo?» chiese poi Ron mentre tutti e tre si incamminavano su per la scalinata.
«Diciamo che dovremmo cominciare dai bagni femminili al primo piano» propose Harry ridacchiando. Ron e Hermione lo fissarono perplessi. «Al primo anno Hermione è stata attaccata lì da quel Troll di montagna, no? Un po' come se... come se la nostra amicizia fosse cominciata da quel disastro» spiegò Harry, senza guardarli e arrossendo leggermente.
«Oh...» esclamò Hermione sorridente. Ron gli diede una pacca amichevole sulla schiena.
«Io avrei un'idea migliore» disse, sovrapponendosi tra i due. «Se mi seguite»
«Non ce lo dirai fin quando non lo scopriremo una volta giunti sul posto, vero?» chiese Hermione, arrendevole.
«Corretto. Ti devi fidare» confermò Ron, cingendole la vita, mentre lei lasciava andare uno sbuffo, spazientita.
«Sai, Harry, credo che Hermione ci abbia sempre fatto il filo» mormorò improvvisamente Ron voltandosi verso Harry.
«Be', in effetti, adesso che ci penso, è stata tra i piedi fin dal primo momento» disse Harry annuendo nel tentativo di apparire convincente, mentre reprimeva una risata.
«Ehi!» esclamò Hermione interrompendo il dialogo tra i due. «Guardate che io sono qui»
«E allora?» fece Ron osservandola dall'alto dei suoi centimetri. «Stiamo dicendo la verità»
«Io non vi facevo affatto il filo, ero solo... solo...»
«Attratta dal mio fascino. Lo so, Hermione, non te ne devi vergognare, è una cosa normalissima» terminò Ron, con aria tronfia. Hermione alzó gli occhi al cielo.
«Io ricordo» intervenne Harry, continuando a sghignazzare, «che quando rientrò per la seconda volta nel nostro scompartimento, disse una cosa... del tipo che fosse tornata da noi perché gli altri si comportavano in modo immaturo. Te lo ricordi?» (**)
«No, a dire il vero» rispose Ron fingendosi pensoso. «Però ricordo quanto fosse irritante la sua sola presenza» e quella confessione gli costò una gomitata tra le costole.
«Hermione, sei crudele!» biascicò Ron, fermandosi sul posto e massaggiandosi. «E noi che ti abbiamo anche salvata, eh!»
Hermione lo fissò inarcando le sopracciglia.
«Tu mi avevi fatta piangere» gli ricordò, pungente.
«Sì, va bene, però tu proprio non evitavi di correggere ogni mia minima mossa» ribatté Ron.
«Scusa tanto! Non lo facevo con cattiveria!»
«Secondo me a voi due l'aria di Hogwarts nuoce» intervenne Harry a voce alta per sovrastare i due, spostando lo sguardo dall'uno all'altra. «Siamo qui da soli, da nemmeno un quarto d'ora, e avete battibeccato per i 3/4 del tempo»
Ron guardò Harry che cercava di mantenere un cipiglio serio. Poi guardò Hermione, e tutti e tre scoppiarono a ridere. Ci sono quelle cose che non cambiano, mai.
«Be'» disse Ron dopo qualche minuto, asciugandosi le lacrime, «tutto sommato, bisogna ammetterlo: come avremmo fatto senza la nostra Hermione, eh, Harry?» smise di ridere, ma il sorriso non scomparve. Hermione aveva le gote arrossate e lo fissava tra il sorpreso e il compiaciuto.
«Oh, io proprio non saprei» disse Harry a voce bassa portando il suo sguardo su Hermione.
Era una di quelle situazioni cariche di tante emozioni e quel pizzico di genuino imbarazzo. Quel genere di situazione che non richiede necessariamente uno scambio di parole, perché esse risultano superflue. Negli sguardi che il trio si stava sambiando, c'era tutta la consapevolezza e la gioia di aver trascorso metà della loro vita insieme. Quelle vite che avevano messo costantemente a dura prova quel sentimento chiamato amicizia.
Hermione fece un respiro tremulo. Era visibilmente emozionata.
«Non penso di avervelo mai detto, ma credo che voi mi siate piaciuti sin da subito» disse sorridendo. «Insomma, sapete quando si parla di sensazioni a pelle? Ero una bambina, non avrei saputo spiegarlo e non so spiegarlo nemmeno ora, in realtà... però so che è stata una sensazione puramente istintiva. E be', devo ammettere di non essermi sbagliata» concluse facendo spallucce. Poi senza dar l'agio ai due di dir qualcosa, si sporse leggermente verso di loro, e portando le braccia al collo, abbracciò entrambi. Tutte e tre chiusero gli occhi e in silenzio si lasciarono andare a quell'abbraccio che racchiudeva quanto di più sincero potesse esistere. C'era tanto, c'era tutto. E loro lo sapevano. Per quanto tempo fosse passato, per quante cose nella loro vita fossero cambiate, quel filo invisibile che li legava, era ancora ben saldo.
«Vi voglio bene» il sussurro di Harry giunse flebile, leggero, sincero alle orecchie dei due amici.
Quando sciolsero l'abbraccio, Ron vide Hermione scacciare via una lacrima sfuggente una seconda volta quella sera e lui, di nuovo, le strinse la mano. Poi, senza aggiungere altro, ripresero a camminare. Ron li condusse attraverso il percorso più lungo, in modo che potessero attraversare quei corridoi così familiari. Era bello toccare quei pavimenti e chiacchierare tra quelle mura che racchiudevano i ricordi più belli quanto quelli peggiori che avessero mai vissuto. Fu persino un piacere rincontrare Pix il Poltergeist che svolazzava sulle loro teste con un secchio carico di un liquido giallognolo tra le mani, li superò canticchiando:

Il mondo magico sa bene
che grazie a Potty e suoi amici 
non deve più subir pene.
Per stasera Pix non li toccherà
ma in altre occasioni 
di loro non avrà pietà.


«D'accordo, d'accordo» disse all'improvviso Harry. «Ovviamente abbiamo capito dove ci stai portando, ma non credo che...»
«Io invece credo di sì. Troveremo un modo. Forza» li incitò Ron allegro, che stringeva ancora la mano di Hermione. Proseguirono ancora per qualche metro, un'ultima scalinata e si ritrovarono di fronte un quadro, un quadro che per anni avevano visto aprirsi e chiudersi alle spalle...
«Wow» esclamò Ron. «Perfino la Signora Grassa è sempre la stessa»
«Come, prego?» la voce della Signora Grassa arrivò in modo chiaro e autoritario.
«E adesso?» mormorò Hermione a Ron, che si schiarì la voce.
«Dicevo, lei è sempre la stessa» ribadì deciso.
«Be', certo che t'aspettavi? Che invecchiassi? Ma bando alle ciance... parola d'ordine?»
«Ah, ecco... vede, noi in verità non...» cominciò Ron che subito fu interrotto dalla Signora Grassa.
«Niente parola d'ordine, niente ingresso» asserì lei tranquillamente.
«Sì, ma lei sa chi siamo noi?» insistè Ron speranzoso, indicando Harry e Hermione.
«Ma certo che lo so, per chi mi hai preso?» 
«Be', allora perché non...»
«Ma tu saprai certamente chi sono io, ragazzo» lo interruppè di nuovo lei. «E saprai senz'altro che senza parola d'ordine, non è possibile accedere alla sala comune Grifondoro» concluse in tono solenne. Ron imprecò sottovoce, mentre un gruppetto di ragazzini, tra il primo e il secondo anno, si fermò sull'ultimo scalino, chiacchierando vivacemente. Guardò distrattamente in quella direzione, poi gli venne un'idea.
«Psss» bisbigliò. «Ehi, nanerottoli!»
«Ron!» lo pizzicò Hermione. «Non chiamarli così»
«Dai, venite» disse, ignorando Hermione ed avvicinandosi al gruppo. Istintivamente, i ragazzini si voltarono verso di loro e cominciarono a fissarli, sbigottiti.
«Ehm, ciao» tentò Ron. Ma nessuno dei ragazzi proferì parola, così Hermione si fece avanti.
«Ciao» provò sorridendo. «Noi siamo Hermione Granger, Harry Pot-...»
«Sappiamo chi siete, ovviamente» rispose con tono arrogante una bambina con ricci capelli neri raccolti in una coda. Ron rimase un attimo spiazzato dal tono della ragazzina, ma sforzò un sorriso.
«Oh, bene» intervenne, «quindi magari potrete aiutarci. Ecco, noi vorremmo entr-...»
«Certo che non possiamo aiutarvi» lo interruppe la medesima bambina. «Voi non siete più in questa scuola, non avete alcuna autorizzazione e non avete la parola d'ordine. Quindi è semplice: non potete entrare. E poi dovreste essere alla festa» concluse altezzosa. Ron la fissò per qualche secondo.
«Ma tu chi sei?» le chiese, tra il divertito e l'irritato.
«Gabriella Craig» rispose fissando torva Ron.
«Ehm...» cominciò Harry, attirando l'attenzione di tutti. «Gabriella, vogliamo solo dare un'occhiata alla nostra vecchia sala comune, sai, tornarci dopo tanto tempo» disse, cercando di essere più convincente possibile.
«Ma anche la Signora Grassa vi ha negato l'accesso. Le regole sono...»
«Oh, andiamo, Gabriella!» la interruppe il ragazzino biondo alla sua destra. «Ci sono gli eroi del mondo magico in carne ed ossa fuori la nostra sala comune e noi non li facciamo entrare? Chi può vantarsi del fatto che non solo appartengano alla propria Casa ma che ci siano anche stati, in effetti, nella propria Casa?»
«Ah! Questo è parlare da vero Grifondoro» fece Ron, mentre il ragazzino arrossiva violentemente. «Hai sfidato quest'osso duro di ragazza» tutti scoppiarono a ridere, persino la ragazzina si aprì a malincuore in un sorriso.
«E va bene!» disse infine. «La parola d'ordine è Acromantula»
«Scherzi» fece Ron, rabbrividendo disgustato.
«Daremo solo un'occhiata, poi andremo via» disse Hermione cordialmente.
«Ma no, potete stare tutto il tempo che volete! Dopotutto è la vostra Casa» affermò un ragazzino alto dietro Gabriella e il bambinetto biondo.
«Questi piccoli Grifondoro, crescono così bene» mormorò Ron portandosi teatralmente una mano sul cuore. 
«Be', grazie tante ragazzi, davvero. Sarà un onore ritornarci» disse Harry stringendo la mano ai ragazzi che sembravano intimoriti e al tempo stesso fieri come non mai di appartenere ai Grifondoro. Un ragazzino con i capelli neri e gli occhi blu, tirò timidamente l'orlo della giacca di Ron. Sembrava così piccolo, doveva avere appena undici anni.
«Io... ehm... volevo... volevo dirti che sei il mio preferito, Ron Weasley» disse avvampando all'istante. «Che me lo puoi fare un autografo?»
«Oh, sì... ma certo, certo. Come ti chiami, giovanotto?» chiese Ron, sorridendogli.
«Daniel... Daniel Grint» (*) disse a voce bassa, senza smettere di fissarlo.
«Ecco a te, Daniel» disse porgendogli la pergamena firmata. Il ragazzino gli fece un enorme sorriso, poi si voltò a guardare Hermione.
«Sei... sei bella come nelle foto» disse tutto d'un fiato, arrossì e filò dai suoi amici che intanto chiacchieravano con Harry. Hermione sorrise intenerita.
«Allora, la parola d'ordine?» chiese stizzita la Signora Grassa, trovandoseli nuovamente di fronte.
«A-acro... io non ci posso credere!» borbottò Ron. Hermione rise, si schiarì la voce e disse con sicurezza:
«Acromantula» e proprio come tanti anni prima, il ritratto si spalancò e diede libero accesso alla sala comune di Grifondoro. I tre si girarono un'ultima volta per salutare il gruppo dei piccoli grifoni.
«Gabriella, vedrai che otterrai tutti Eccezionale ai tuoi G.U.F.O. e ai tuoi M.A.G.O. e come minimo diventerai Caposcuola e membro del Ministero o cose così» disse Ron mezzo voltato, ridacchiando. La ragazzina lo guardò perplessa e prima che qualcuno potesse aggiungere altro, Hermione lo spinse con molta poca grazia oltre il quadro.
«Per tutte le barbe di Merlino, piccole Hermione Granger si moltiplicano» borbottò, continuando a sghignazzare.
«Stasera sei così simpatico e di compagnia» ribatté Hermione sarcastica. Ron le scoccò un veloce bacio sulla guancia, poi tutti e tre rimasero a contemplare la stanza che li circondava. Era vuota e silenziosa e così perfettamente accogliente. Come lo era sempre stata. Tutto era rosso e oro, dalle pareti, alle tende, ai tappeti, alle poltrone, ai divanetti. Per qualche minuto girovagarono in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri e ricordi. Poi Hermione si avvicinò al camino spento, agitò la bacchetta e un calore avvolse gradualmente la stanza. Sia Ron che Harry si avvicinarono sorridenti. Ron si lasciò subito cadere sulla poltrona.
«I nostri posti migliori» disse sorridendo. Harry stava fissando le fiamme nel camino con una strana espressione seria dipinta sul volto.
«Tutto bene, Harry?» chiese Hermione esistante, ancora in piedi al suo fianco.
«Oh, sì» rispose in fretta Harry, sforzando un sorriso e lasciandosi andare sul divanetto di fianco la poltrona su cui era seduto Ron.
«Be', è strano» riprese dopo parecchi secondi di silenzio, assumendo un'espressione accigliata e continuando a fissare il fuoco. «È strano come un vecchio luogo possa suscitare tanti ricordi belli e che alcuni di essi facciano anche un po' fanno male, no?»
Ron incontrò subito lo sguardo triste di Hermione. Ricordò che tra quelle fiamme, molti anni prima, la testa di Sirius era apparsa un bel po' di volte, sempre quando Harry aveva bisogno di lui. E lui c'era sempre stato, aveva sempre rischiato tutto per Harry...
«Oh, Harry...» bisbigliò Hermione, evidentemente indecisa se abbracciarlo o meno.
«È tutto ok» disse subito Harry scuotendosi dai suoi pensieri. «Mi era solo venuto in mente...» guardò prima Hermione poi Ron, che ancora lo fissavano preoccupati. «Davvero» aggiunse con un lieve sorriso.
«Hogwarts sarà sempre questo per noi, no?» intervenne all'improvviso Ron, tenendo lo sguardo concentrato sulle fiamme. «Voglio dire... qui abbiamo vissuto un mucchio di cose, ci sarà sempre questa... questa sorta di forte contrasto... però è il nostro posto. E anche se dopo... sì, insomma, dopo la guerra in un certo senso mi spaventava tornare qui... adesso invece mi sento a casa... e so che continuerà ad essere così. Perché lo è da sempre» aggiunse sospirando, mentre Harry e Hermione annuivano lentamente.
«Be', ma ora mi avete trascinata fin qui» disse dopo un po' Hermione, accennando un sorriso e tornando a guardare i due ragazzi. «Mi avete convinta a girovagare per il castello... non vorrete mica che me ne penta?»
«Giammai. Avrei giusto due annedoti divertenti e davvero interessanti da ricordare. Potrei, per esempio, cominciare da una canzone e dalla partita migliore che si sia mai vista nella storia Hogwarts» Ron scattò in piedi, fronteggiando i due seduti.
«Perché Weasley è il nostro re, ogni due ne para tre...» cominciò a canticchiare agitando lentamente i pugni in aria in segno di vittoria.
«Oh, no!» esclamarono all'unisono Harry e Hermione, portandosi le mani al volto, esasperati. E così, un tour di ricordi, li riportò indietro di qualche anno e le risate spensierate dei tre riempirono il silenzio di quella che sarebbe sempre stata la loro seconda casa.
Avevano quasi smesso di ridere ricordando un Malfoy versione furetto, quando alcune voci giunsero dal buco del ritratto della Signora Grassa che si era appena aperto.
«Te l'ho detto, Livia, lui non ha voluto nemmeno sentir-... ma che cosa ci fate qui, dovreste essere... per tutti i Gargoyle! Voi... voi siete...» la prima ragazza che si era affacciata nella sala comune, fissava i tre con aria sbigottita, mentre l'amica le pizzicava un gomito. Harry, Ron e Hermione, che intanto erano scattati in piedi, si scambiarono uno sguardo, imbarazzati.
«Stavamo giusto andando via, volevamo solo...» cominciò Harry che subito fu interrotto.
«No no, non importa! Insomma, voglio dire, voi qui... wow!» la ragazza avanzò a passo veloce verso di loro, seguita dall'amica, ammutolita. Si presentò come Janine Miller, Caposcuola, e strinse velocemente la mano a Harry e Hermione.
«Piacere, R-...»
«Ronald Weasley. Sì, certo, lo so» disse sorridendo apertamente a Ron, stringendogli la mano con un po' troppo entusiasmo. 
«Oh... ehm... chiamami pure Ron» disse lui, arrossendo appena. Era molto alta, qualche centimetro in meno rispetto a Ron, aveva spalle larghe e la pelle candida e curata, gli occhi di un verde luminoso. Una spilla di Caposcuola era appuntata accuratamente sul maglioncino e i lunghi, lisci capelli biondo cenere le ricadevano morbidi sulle spalle. Hermione si schiarì la voce più rumorosamente di quanto avrebbe dovuto e la ragazza sembrò destarsi lasciando andare la mano di Ron e tornando a guardare alternativamente tutti e tre.
«Allora, come vi siete intrufolati qui?» chiese allegramente.
«Oh, abbiamo persuaso dei piccoletti a dirci la parola d'ordine» rispose Ron passandosi con disinvoltura una mano tra i capelli.
«Immaginavo» disse Janine ridendo apertamente e portandsi una mano alla bocca. Hermione, visibilmente irritata, spostava velocemente lo sguardo accigliato dall'uno all'altra. Ron, momentaneamente ignaro di quelle occhiatacce fulminee, sorrise compiaciuto. 
«Come vi sembra Hogwarts?» chiese rivolta a tutti e tre, anche se l'ultimo sguardo cadde, casualmente, su Ron.
«Be', sai, ci abbiamo passato così tanti anni, insieme, la conosciamo molto molto bene... è proprio insieme che l'abbiamo conosciuta» intervenne Hermione in tono altezzoso, fissandola a braccia conserte.
«Oh, sì, certo... Intendevo dire come vi è sembrata adesso, dopo esser ritornati, che effetto vi ha fatto» puntualizzò lei in tono cortese. Se possibile, questo fece infuriare Hermione ancora di più, sembrava si stesse trattenendo dall'urlarle contro. Con un tempismo da manuale, Harry, che si trovava tra Ron e Hermione, prese subito parola.
«Sì... ehm... sì, in qualche modo ci è sembrata sempre la stessa, voglio dire, la Sala Grande, il banchetto...»
Ron non riuscì ad afferrare molto di quel che diceva Harry. Era distratto, per qualche strana ragione, cominciava a sentirsi estremamente in imbarazzo, fuori posto e... accaldato. Janine ascoltava il discorso di Harry annuendo e sorridendo, e di tanto in tanto, lanciava fugaci occhiate a Ron. Lui, d'altro canto, riacquisì un minimo di lucidità e cominciò a rendersi conto della situazione. La prima cosa che avvertì, fu lo sguardo truce di Hermione che mandava silenziose e pericolose scintille. Ingoiò il vuoto, e se qualche minuto prima aveva pensato bene di passarsi una mano tra i capelli per fare il gradasso, in quel momento si grattò istintivamente la testa, impacciato... si sentiva piccolissimo. Mentre Harry portava avanti il suo discorso, il ritratto si spalancò nuovamente e stavolta apparvero due facce amiche, e a Ron sfuggì un respiro di sollievo.
«Sapevo che vi avrei trovati qui» disse Ginny allegra, che era seguita da Neville. «Non voglio sapere chi abbiate costretto a rivelare la parola d'ordine. Non so perché ma credo ci sia lo zampino di questi due e quando c'è lo zampino di questi due, non è mai nulla di buono. Comunque, Harry... la professoressa McGranitt vorrebbe parlarti... fatti del Ministero, reparto Auror e quant'altro» 
«Oh, sì, va bene» disse Harry, che raggiunse Ginny.
«Voi siete Caposcuola e Prefetto, dico bene?» chiese Neville, rivolgendosi alle due ragazze che annuirono. «In Sala Grande c'è bisogno anche di voi. La McGranitt dice che bisogna controllare la lista delle partenze» spiegò Neville con un'alzata di spalle.
«Certo, arriviamo» disse sbrigativa l'amica di Janine, così entrambe strinsero la mano a Ron e Hermione.
«È stato un piacere, Hermione... Ron...» fece Janine, stringendogli la mano ed indugiando qualche secondo di troppo, sorridendo in un modo eccessivamente allegro. «A presto». E insieme all'amica, si avviò verso il buco del ritratto, scomparendo con Harry, Ginny e Neville.
Il silenzio della stanza era interrotto a tratti dallo scoppiettio del fuoco. Ron e Hermione erano in piedi, a qualche passo di distanza, intenti a guardare in qualsiasi direzione, meno che verso l'unica persona presente nella stanza.
«Carina, vero?» disse improvvisamente Hermione in tono fermo, cominciando a gironzolare attorno alle poltrone vicino al fuoco.
«Chi?» domandò istintivamente Ron, dandosi mentalmente dello sciocco.
«Neville» rispose Hermione in tono sarcastico, fermandosi sul posto a braccia conserte e guardandolo con uno spaventoso cipiglio.
«Oh... tu dici la... oh, no no, se credi che io... no, no» borbottò Ron, visibilmente teso. Hermione si era avvicinata di qualche passo a lui, lo sguardo intimidatorio. «Troppo... troppo... ehm...» continuò Ron, mordendosi il labbro inferiore, maledicendosi per non aver chiuso il becco.
«Troppo cosa? Avanti, dillo! Formosa?» 
«No!» disse subito Ron, arrossendo. «Non ho detto... io non...»
«Credi che io sia stupida, Ron?» domandò Hermione, con pericolosa calma.
«No, certo che no...»
«E allora non voglio che tu mi prenda in giro» ribatté in tono gelido.
«C-cosa dici? Io non ti sto...»
Hermione con uno scatto fulmineo superò Ron.
«Ehi, ehi!» poche falcate e Ron le sbarrò la strada. «Dove vai?»
«Da Harry e Ginny»
Ron le afferrò un polso.
«No» disse bloccandola.
«Lasciami» sbottò Hermione, guardando prima la mano di Ron che la tratteneva e poi lui.
«No» ripeté intestardito Ron.
«Non fare lo stupido»
«Senti, mi dispiace» provò Ron, speranzoso.
«Sì, certo. Ovviamente» sbottò Hermione. «Mollami, Ron. Ti affatturo»
«Perché non mi credi?»
«Ah, già, è vero... il mi dispiace! E perché dovrei crederti sempre? È mezz'ora che fissi la Caposcuola, e poi balbetti se ti chiedo se la trovi carina» disse Hermione fissandolo cupa. «Sai cosa? Odio questi comportamenti patetici ed infantili, odio essere presa in giro. Ora, per favore, lasciami»
Ron la guardò per un paio d'istanti, finché non lasciò andare la presa.
«Scusa» bisbigliò mortificato, guardandola mentre si massaggiava il polso e indietreggiava di un passo. Si aspettava che scattasse verso l'uscita, ma Hermione non si mosse, rimase lì con lo sguardo basso. Ron sospirò.
«È stato davvero irrispettoso» continuò sottovoce. «È vero, è una ragazza molto carina. E non avrei dovuto... insomma... soprattutto davanti a te... non avrei dovuto nemmeno girarci tanto attorno quando me l'hai chiesto» Hermione alzò lo sguardo su di lui, stavolta più che arrabbiato, appariva serio. «E poi sono un idiota... stasera non ho ancora trovato due secondi per dirti quanto ti trovo bella» le orecchie di Ron assunsero una leggera sfumatura di rosso, e intanto trascorsero cinque, dieci, venti, trenta secondi. Quelle parole alleggiavano nell'aria, mentre i due ragazzi continuavano a scrutarsi seri, senza batter ciglio.
«Non sopporto nemmeno quando fai il ruffiano» precisò Hermione, immobile nella sua posizione.
«Perché credi che non sia pienamente sincero?» chiese Ron.
«Perché sei così, quando devi farti perdonare, dici cose...»
Ron rise piano.
«È tutta la sera che ti guardo e non te ne sei nemmeno accorta» sussurrò, senza smettere di sorridere.
«Non è detto che non me ne sia accorta... ma, sai, non so ancora leggere nella mente» rispose Hermione, continuando a sostenere il suo sguardo.
«Certo, ma tu sai fare tutto... quindi pensavo che magari...»
«Stai facendo il ruffiano» lo interruppe Hermione sorridendo appena, suo malgrado.
«Vero» confessò Ron, ghignando.
«Sei un cretino» sentenziò Hermione che teneva ancora le braccia strette al petto, come per impostare una certa distanza. Ron annuì lentamente e prese a guardarla in silenzio, resistendo all'impulso di accarezzarla.
«Non credo si avertelo mai detto» disse d'improvviso, senza smettere di fissarla. «La prima volta che ti conobbi, dissi a Harry che avrei preferito che il Cappello Parlante mi smistasse in qualsiasi Casa, a patto che non fosse la tua stessa Casa» (***)
«Carino da parte tua» ribatté Hermione accigliata. Ron rise e si avvicinò di un passo.
«E posso sapere perché ora mi stai dicendo questo?» chiese Hermione, fingendo un certo distacco. Ron pensò a quanto fosse una pessima attrice. Un po' più sicuro, portò la mano sul suo viso che sfiorò appena.
«Be', perché a quanto pare nulla è cambiato: resto sempre un cretino. Ma meno male che esistono cose come la fortuna, il caso, il destino, il fato o come vuoi chiamarlo... insomma, qualche anno dopo avrei baciato il caro vecchio Cappello Parlante canterino per averci smistato nella stessa Casa» Hermione lo fissava negli occhi, mentre Ron continuava a sfiorarle il volto con le dita, distrattamente. «E ora bacerei te per esserti fermata nel nostro scompartimento» sussurrò avvicinandosi pericolosamente alle labbra della ragazza che, un attimo dopo, scoppiò a ridere contro la sua bocca. Ron si allontanò appena e la fissò perplesso, mentre Hermione continuava a ridere con entrambe le mani sul volto.
«Ok, farò finta che tu non sia scoppiata a ridermi in faccia mentre stavo per... che cosa c'è?» disse Ron confuso, mentre la risata di Hermione aumentava di volume.
«È che tu... tu eri...» non riuscì a dire altro, era in lacrime, quasi piegata in due.
«D'accordo, ero?» chiese Ron spazientito. Ma dovette attendere una buona manciata di minuti prima che Hermione si riprendesse.
«S-scusa» gracchiò dopo un po' lei. Fece un paio di sospiri e col dorso della mano si asciugò qualche lacrima. «Volevo dire che eri così... così buffo!»
«Hermione!» fece Ron indignato. «Ridevi di me? Di me da piccolo?» 
«Dai! Ho solo detto che eri buffo» rispose Hermione sorridendo.
«E ridevi» ribadì Ron.
«Sì... eri così carino, sai, con le orecchie che arrossivano e queste guanciotte» disse, strizzandogli entrambe le guance, «e quella macchiolina nera qui» continuò, sfiorandogli il naso con l'indice. «E tutte queste lentiggini» bisbigliò sfiorandogliele lentamente. «E questi occhi vispi e curiosi»
«Come te lo ricordi?» intervenne Ron a voce bassa.
«Non me lo ricordo» disse Hermione continuando a carezzarlo, «ma so che è sempre stato così. Voglio dire, da quando mi ricordo di te...» mormorò arrossendo lievemente.
«Che ricordo hai di me?» chiese Ron senza pensarci.
«Vediamo un po'... eri l'essere più insensibile che abbia mai avuto la sventura di incontrare... anzi, più che insensibile, forse un po' spontaneo... un po' troppo, esageratamente spontaneo. Sì, ok, insensibile.  Irritante, testardo, immaturo, sì, e con un forte senso dell'umorismo che spesso creava qualche danno di troppo e...»
«Sai, non credo di voler saper al-...»
«Non ho ancora finito» disse Hermione allacciando le proprie mani dietro la nuca di Ron.
«Di Ron Weasley ricordo che era fastidioso... cielo, se lo era! Ed insicuro, ma così coraggioso... era protettivo, leale, sincero... certo, spesso preferiva i pugni alla bacchetta... ma ricordo bene la persona buona che era. E poi era così divertente!» terminò Hermione con un sorriso. «Potrei continuare se vuoi»
«No, grazie, devo ancora assimilare tutte quelle cose carine che mi hai detto inizialmente» rispose Ron, leggermente rosso in volto. «Allora sono perdonato?» chiese poi con un sorriso furbo.
«E chi l'ha detto?» ribatté Hermione col solito cipiglio.
«Avrei tanto voluto essere diverso con te, sai» disse improvvisamente Ron, tornando di colpo serio. Hermione fece per parlare ma le sue parole morirono sul nascere non appena Ron scosse il capo, deciso.
«Quando a volte ci penso, mi sento così ridicolo» rise imbarazzato, intrecciando le proprie mani dietro la schiena di Hermione per avvicinarla a sé. «Avrei potuto mostrare un po' più di fegato anche solo per parlare chiaro... e invece, proprio quando tutto cominciava ad essere più evidente, ho fatto lo stupido con un'altra solo perché ero impazzito al pensiero che qualcun altro avesse avuto quello che... sì, insomma, quello che io avrei voluto da tanto... l'ho fatto per farti ingelosire, ma poi mi sono reso conto, troppo tardi, di aver solo fatto del male... ed è stata una cosa così stupida!» concluse con una smorfia di disappunto.
«Ron, eravamo ragazzini, non c'è bisogno di...»
«Oh, sì che ce n'è» la interruppe Ron abbozzando un sorriso. «A volte penso che tu saresti dovuta essere l'unica e basta. Ma non pensare che io voglia fare il romantico del tipo: sei la sola che avrei mai potuto amare e blablabla... lo penso e te lo dico, qui, adesso, perché sento e so - lo so per certo - che è sempre stato così. Da quando io ricordi, ho sempre provato qualcosa. Qualcosa che però mi spaventava, che volevo evitare, qualcosa che pensavo fosse sbagliato e desideravo che mi fosse indifferente. Ma come si fa? Mi dicevo. Era una cosa di cui non avevo il controllo. Innamorarmi di te è stata una cosa di cui non avevo il controllo. E avevo solo paura... sai, questo genere di cose non è che siano proprio semplici...»
«Hai avuto rispetto per la nostra amicizia...» sussurrò Hermione, sovrappensiero.
«E timore di osare» terminò Ron in tono cupo, con gli occhi fissi in quelli di Hermione. 
Sospirò. 
«Se potessi tornare indietro, cambierei tutto... sarei diverso... così forse ti saresti risparmiata un po' di lacrime, eh?» disse, sorridendo amareggiato.
«E forse io non mi sarei mai innamorata di te» rispose semplicemente Hermione con un'alzata di spalle. «Io non cambierei nulla, invece, soprattutto lo stormo di canarini inferociti» entrambi risero, ma Ron si mosse a disagio. «Va bene così, Ron. C'è stato... ehm, qualche problema di... di tempismo, sì. Ciò che conta è... è sapere che ci siamo sempre stati l'uno per l'altra, anche se l'abbiamo dimostrato in strani modi» Hermione gli sorrise e Ron subito ricambiò, anche se con scarsa convinzione. «Dovevamo solo trovare un punto d'incontro. Tutto qui. Al sesto anno l'abbiamo quasi sfiorato... ma non ha importanza, se il tutto ci ha fatto arrivare fin qui»
«Ero quasi stato avvelenato» disse Ron, con tono colpevole, «e l'ultimo ricordo che avresti avuto di me...»
Hermione scosse freneticamente il capo come per scacciare via un ricordo terribile e Ron tacque all'istante. Trasse l'ennesimo sospiro prima si continuare.
«È che rimpiango di non aver detto o fatto delle cose. Adesso che siamo qui, nella nostra sala comune, non posso fare a meno di pensare a chi avrei voluto baciare per la prima volta nella mia vita... e non l'ho fatto. E invece avrei dovuto, perché lo desideravo» disse, senza distogliere lo sguardo da lei che lo guardava concentrata.
«Facciamo così» disse improvvisamente Hermione, «visto che ci tieni tanto e visto che non possiamo cambiar nulla, puoi provare a dirmi adesso, in questo momento, ciò che avresti voluto dire o fare allora» spiegò con semplicità.
«Adesso?» chiese Ron perplesso.
«Sì, adesso. Proprio qui, nella nostra vecchia sala comune. Prova... prova a tornare quattordicenne, quindicenne o magari sedicenne... come vuoi. Sorprendimi» disse infine e l'idea un po' buffa, fece sorridere entrambi.
«Oh... va bene, d'accordo. Be', io credo che... che avrei voluto guardarti sempre, sì, senza dover distogliere lo sguardo continuamente. Giusto per dirne una» cominciò, portandosi una mano alla testa per grattarsi la fronte, imbarazzato. «Però non l'ho fatto... cioè, lo facevo, a volte... ma poi tu ti voltavi verso di me...» ingoiò il vuoto. Per qualche strana ragione, avvertì un pizzico di disagio e le orecchie indistintamente in fiamme. Ed era strano, dal momento che ora era praticamente libero di guardarla come e quando voleva. Poi con un gesto istintivo, allungò una mano e portò il ricciolo sfuggito all'acconciatura di Hermione dietro il suo orecchio. «Avrei voluto fare questo. Tante volte» sussurrò con lo sguardo fisso nel suo mentre le sfiorava la guancia con le dita. «Ma non l'ho mai fatto. Non volevo che ti accorgessi del mio sguardo, figuriamoci sfiorarti» Hermione sorrise e rabbrividì avvertendo le dita di Ron sfiorarle il collo per poi poggiarsi dolcemente sulla spalla scoperta. Chiuse gli occhi quando Ron si calò verso di lei per posarle un bacio all'angolo della bocca. Gliene lasciò un altro e un altro ancora, una serie di piccoli baci lungo la mandibola fino a giungere al suo orecchio. Un odore destabilizzò del tutto l'attenzione di Ron. Quell'odore che aveva imparato a conoscere con gli anni, che avrebbe riconosciuto tra mille altri. Quell'odore che apparteneva al suo quotidiano. L'aveva percepito tante volte, lo conosceva a memoria ormai... ma ci fu una volta, una prima volta, in cui questo lo spiazzò completamente...
«La prima volta che mi sono trovato davanti ad un calderone di Amortentia, ho avvertito il tuo odore. È stata una cosa che mi ha fatto impazzire» le sussurrò all'orecchio mentre le accarezzava la spalla e sentiva la mano di Hermione poggiarsi cauta dietro la nuca. «Questo forse non te l'avrei mai detto. È imbarazzante perfino adesso» la sentì ridacchiare piano e ricominciò a baciarla, partendo dall'orecchio fino a raggiungere il collo, mentre la mano scendeva e risaliva con lentezza lungo il braccio di lei. Hermione teneva ancora gli occhi chiusi e la sua mano si muoveva leggera tra i fulvi capelli di Ron.
«Anch'io sentivo il tuo odore» bisbigliò lei, stringendo qualche ciocca di capelli rossi. «Sentivo l'odore dei tuoi capelli. E avvertivo l'aroma di erba appena tagliata... l'odore di casa tua» 
Ron sorrise spontaneamente e le lasciò un ultimo bacio sulla clavicola, assaporando il brivido che vide percorerla, prima di riportare lo sguardo nel suo.
«È una cosa che ha fatto impazzire anche me» concluse Hermione che riaprì gli occhi per incontrare lo sguardo azzurro di Ron. Si sorrisero, poi Ron prese le prese una mano per posarle un bacio sul dorso.
«Anche questo avrei dovuto fare» disse dolcemente. «Magari una sera... non so, per invitarti ad un ballo... prima che lo facesse qualcun altro. O ad una festa del patetico Lumaclub... Avrei voluto farlo, e non l'ho fatto» Hermione arricciò il naso e Ron glielo sfirò con l'indice. 
«Oh, questo non l'avresti mai fatto, lo so» disse Hermione, le cui guance esibivano graziose sfumature di rosso. «Non in questo modo, almeno»
«Sei adorabile quando arricci il naso e ancor di più quando fai la saputella» osservò Ron, senza impedire alle sue orecchie di assumere un colorito bordeaux. «Farò finta che tu non abbia messo in dubbio le mie doti di gentiluomo da adolescente... ma forse, no, non avevo abbastanza fegato per farlo... però avrei tanto voluto» 
Poi, inaspettatamente, poggiò la fronte su quella di Hermione.
«E c'è una cosa che avrei tanto voluto chiederti allora» Hermione annuì impercettibilmente. Ron ingoiò il vuoto. «Avrei tanto voluto essere più sfacciato e chiederti se... se tu fossi davvero innamorata di me» disse con espressione seria. Hermione non distolse lo sguardo, né battè ciglio. Ron spostò l'attenzione sulle loro mani, ancora unite, ma non abbastanza strette. Sollevò entrambe, schiacciando delicatamente il palmo contro quello di lei e osservò attentamente le loro dita che si muovevano lente in modo che combaciassero, si intrecciassero per poi stringersi, mentre con la mano libera le stringeva la vita, avvicinandola a sé. Riportò lo sguardo su Hermione. «Non te l'ho chiesto allora, e non credo che avrei mai avuto il coraggio di farlo. Quindi te lo chiedo adesso. Ti chiedo se sei davvero innamorata di me». Si scrutarono per un lungo istante, poi Hermione chiuse gli occhi e Ron sentì la stretta della sua mano farsi più decisa e il suo respiro lieve accarezzargli il volto. Pochi secondi dopo, Hermione li riaprì e mentre gli accarezzava dolcemente la nuca, si alzò di poco sulle punte per posargli un bacio leggero sulla bocca.
«Sì» soffiò sulle sue labbra. «Assolutamente ».
Un'enorme contentezza invase Ron, i suoi occhi luccicavano di una strana luce. Era una sensazione inspiegabile e piuttosto strana. Non è che spesso si dicessero cose del genere. Si conoscevano da tanto, avevano condiviso dolori e gioie. E si amavano, lo sapevano bene. C'erano volte in cui sentivano il bisogno di dirselo e quelle volte si rivelavano sorprendentemente speciali quanto vere. Le dimostrazioni non mancavano, forse erano persino più forti delle parole, ma a volte davvero non sembravano rendersi conto di quanto l'uno facesse bene all'altra e viceversa.
Hermione sciolse la stretta che teneva le loro mani legate per allacciare le proprie attorno il collo di Ron. I loro occhi si incrociarono ancora una volta, ed erano così vicini che i loro respiri si fondevano perfettamente.
«E dopo che avresti avuto la mia risposta, che allora sarebbe stata un flebile e tentennante 'sì', cosa avresti fatto?» mormorò, mentre la sua mano scendeva cauta dalla nuca al collo.
«Probabilmente mi sarei risvegliato da Madama Chips a causa di una sincope» Hermione scoppiò a ridere e fu seguita a ruota da Ron. Risero di gusto, abbracciati, per quelli che parvero interminabili secondi, e quando entrambi smisero e tornarono apparentemente seri, senza che i sorrisi scomparissero dai loro volti, Ron cominciò ad accarezzarle delicatamente ogni centimetro del viso. Le sfiorò la fronte, il profilo sul quale un altro ricciolo sfuggito si poggiava morbido e nel momento in cui Hermione chiuse gli occhi, le passò l'indice sulle palpebre, lungo il contorno degli occhi e lungo il naso. Le sfiorò le guance fino a giungere alle labbra alla quale dedicò qualche istante di più. Hermione teneva ancora gli occhi chiusi e sembrava aver percepito cosa sarebbe successo da un momento all'altro e quando accennò un lieve sorriso, Ron lasciò perdere il labbro inferiore e fece scivolare l'indice fin sotto al mento per sollevarglielo, pronto ad annullare la pochissima distanza che li separava. Nell'attimo che precedette il bacio non disse nulla, nessuno dei due proferì parola. Pensò che semmai ci fosse stato un primo bacio del genere, in un contesto come questo, con animi diversi rispetto a quelli del loro vero primo bacio, sarebbe stato proprio così. Avrebbe voluto assaporare e memorizzare istante per istante. In quei pochi secondi, avrebbe voluto guardarla negli occhi e accarezzarla. Nient'altro.
Nell'attimo che ne seguì, si chinò verso di lei e poggiò semplicemente le proprie labbra su quelle di Hermione senza porre fine alle carezze sul suo viso, e solo quando Hermione gli morse appena il labbro inferiore, Ron decise di andare più a fondo e, con gioia, subito ottenne la risposta della ragazza che schiuse le labbra e si lasciò condurre dal suo tocco attento e delicato. Hermione si appoggiò a lui, che le catturò il viso tra le mani per sentirla più vicina. Approfondì il bacio, accarezzandole cautamente le guance, il collo, la nuca, le spalle. Provò a pensare a come si sarebbe mosso con lei, un po' di anni prima, ancora sedicenne, in un momento come quello.
Miseriaccia ladra, io la sto baciando!, sorrise scioccamente, ma Hermione non parve accorgersene. Agganciò con un certo fervore la propria mano dietro la testa di Ron per avvicinarlo più di quanto non lo fosse già, per un contatto ancora più intimo. Oh, fanculo. Ora è ora! Si disse Ron in un breve istante di lucidità, prima che si sentisse tirare da Hermione che, con poca grazia, lo prese per il colletto della camicia. Ron l'assecondò subito tirandola leggermente verso sé, in modo che entrambi cascassero sul divanetto rosso di fronte al camino. Continuò a baciarla, in preda a una strana euforia e l'odore inebriante che percepiva, contribuì ad aumentare il suo entusiasmo.
C'erano cose della propria vita che amava incondizionatamente. Amava la sua famiglia e amava il Quidditch e i Chudley Cannons. Amava il suo lavoro. Amava le torte della mamma e i suoi maglioni che non erano più di quell'orribile color melanzana ma sempre caldi e morbidi, amava le coscette di pollo e le cioccorane con le figurine - meglio ancora se la faccia che vi era stampata sopra era la sua! - e amava quella cioccolata babbana che si sposava perfettamente con le nocciole, che Hermione chiamava Nutella. Amava Hermione. Oh, se l'amava. Amava guardarla e ascoltarla - ok, a volte non si direbbe ma non poteva negare che la sua voce era una specie di richiamo per lui... - . Amava l'odore della sua pelle e quello dei suoi capelli. E amava anche quelli. Amava il modo in cui portava i riccioli che non le davano pace dietro l'orecchio o quando glieli accarezzava e le sue mani si perdevano nella folta chioma. Amava persino i libri di Hermione e l'accortezza che la ragazza gli riservava. Amava il modo in cui voltava le pagine, con cura e delicatezza, sempre con la mano destra. Di Hermione amava ogni dettaglio, ogni espressione, ogni suo modo di fare. Amava le sue mani, quando arricciava il naso e amava le sue carezze. Amava quando gli sorrideva o quando lo guardava con quello sguardo intenso che sapeva essere riservato solo a lui. Come facesse a resistere senza sciogliersi miseramente ogni volta, ancora se lo chiedeva. E amava baciarla. Baciarla era una delle cose più belle del mondo. L'aveva sempre pensato, dal momento in cui le loro labbra si erano conosciute per la prima volta. Adesso poteva sfiorarla, abbracciarla, stringerla forte ed erano le cose più belle del mondo e lui poteva farlo. E tutte queste cose erano sue. In quell'istante si lasciò andare a quelle carezze e a quei baci. Era un serbatoio pieno zeppo di molteplici sensazioni, pronto ad esplodere. Sentiva brividi ovunque, tremava appena, e non c'era di certo freddo. Ma avvertiva anche uno strano calore che si irradiava dal petto e il cuore martellare prepotentemente contro la cassa toracica. Non era solito perdersi in ragionamenti così profondi o romantici, ma c'erano volte in cui, come quella sera, si sentiva talmente bene da non desiderare altro. Insomma, in momenti come quello, al mondo non poteva proprio esserci nulla di più bello, di più intenso.
Perfetti. Ecco cos'erano quegli istanti. Poteva fare in modo che tutto durasse per sempre. Poteva farlo, lui doveva farlo. Lui voleva che fosse sempre così. La strinse ancora sentendo che lei era tutta la vita che poteva esserci per lui...
«Sposami»

Un lieve, flebile sussurro. Solo un sussurro appena udibile, che sfiorò le labbra di Hermione a due centimetri dalle sue. 
Si era staccato da lei con l'intento di recuperare qualche secondo d'aria, e l'aveva pensato. Una parola, una richiesta, una promessa. Era solo un sussurro intrappolato nei meandri della sua mente, nel suo inconscio. Chi altri vi poteva accedere se non lui stesso? Sposami. Era così forte e l'aveva pensato. Solo pensato. O almeno sperava che fosse così. L'ho solo pensato...
Quanti secondi passarono, Ron non seppe dirlo. Teneva gli occhi serrati col timore di incontrare quelli di Hermione. 
Non posso averlo detto davvero, si disse. Non in questo modo. Sentiva il respiro ansante di Hermione che andava via via a regolarizzarsi, ma non una parola, non un gesto o un minimo movimento da parte sua. Con un pizzico di coraggio, decise che era giunto il momento di scoprire se aveva effettivamente concretizzato quel pensiero, se era proprio questo che era riuscito a liberarsi tra tutti quelli che aggrovigliavano la sua mente.
Nell'istante in cui le sue palpebre lentamente si sollevarono, capì che avrebbe fatto bene a tenerle serrate per ancora un bel po'. Hermione lo fissava immobile, con un'espressione stupita impressa sul volto spaventosamente pallido. Teneva la bocca mezza spalancata e gli occhi fissi su di lui, sembrava quasi che le sarebbero usciti dalle orbite. A Ron bastarono cinque secondi per realizzare, dopodiché, portò entrambe le mani sul viso ed esclamò: «Dannazione!» lasciandosi cadere disteso sui cuscini del divanetto. «Dannazione» ripeté. «No, no! Non così!» farfugliò scuotendo la testa. Passarono parecchi secondi in cui il silenzio veniva interrotto dai borbottii sconnessi di Ron e dagli scoppiettii del fuoco a qualche metro da loro. Ron non sapeva quale reazione aspettarsi da Hermione, ma questo non gli impedì di visualizzare nella sua mente le diverse le possibilità: 1) Smaterializzarsi e sparire all'istante per salvarsi la pelle. Sciocchezze! Non ci si può Smaterializzarsi entro i confini di Hogwarts! Possibilità di fuga stroncata sul nascere. 2) Prendersi un bel ceffone da Hermione. E, be', se è meritato perché non prenderselo? 3) Aspettare che fosse lei ad andar via, indignata. Questo mi risparmierebbe un po' di dolore. Ma c'è pur sempre il dopo... 4) Restare in attesa, per la seconda volta nella sua vita, di uno stormo di canarini assassini. Via il dente, via il dolore... così dicono i Babbani, no? E poi i genitori di Hermione sono pure dentisti...
«Ron! Ma mi ascolti?» la voce di Hermione finalmente attirò la sua attenzione. «Smettila e dimmi qual è il problema!»
Ron sentiva una mano di Hermione premere sul suo torace, segno che si era avvicinata... e ancora non l'aveva schiaffeggiato. Forse c'erano possibilità che lei non avesse sentito... però, a giudicare da come lo stava fissando prima...
«N-niente» biascicò Ron con la voce soffocata dalle mani che gli coprivano il viso. «Fa come se non avessi detto niente»
«Oh, mi risulta un po' difficile, sai, restare indifferente...»
«Non doveva essere così!» sbottò inaspettatamente Ron, scuotendo con decisione il capo tra le mani. «Lo so che non é questo il modo giusto... insomma... io non... che schifo!» Hermione, con stupore di Ron, scoppiò a ridere. 
«Non ridere di me!» brontolò lui, senza avere la minima intenzione di scoprirsi il viso. Poi, con il suono della risata di Hermione che gli riempiva le orecchie, provò a riflettere. Non gli aveva urlato contro, non l'aveva schiaffeggiato, affatturato o altro, non l'aveva lasciato lì come un perfetto idiota - quale sono!, si rimbeccò - insomma, era lì che se la sghignazzava. Ma perché?
«Oh, che figura! Che figura! Che figura di merda!» mormorò disperato, mentre una nuova consapevolezza si faceva largo nella sua mente. Se Hermione non gli aveva rinfacciato di essere un insensibile con limitata varietà di emozioni pari a quella di un cucchiaino e non si era infuriata, allora doveva prendere in considerazione un'altra possibilità: quella della figuraccia. E che gaffe!
"Allora, come le hai chiesto di sposarla?" "Ah, niente, stavamo limonando sul divanetto della sala comune dei Grifondoro dove, tra l'altro, ci eravamo infiltrati e... come spiegarlo? Gliel'ho imposto, mi è più che altro... sfuggito."
Scosse determinato la testa, e captò le mani di Hermione, che aveva smesso di ridere, poggiarsi sulle sue.
«Potresti guardarmi, per favore?» chiese Hermione cercando di spinger via le mani di Ron, senza riuscire nell'impresa.
«Non posso» biascicò lui.
«Ron, smettila. Non fare lo stupido e togli queste mani» ribatté Hermione in tono fermo.
«Preferire sprofondare dalla vergogna... lasciami stare...»
«Giuro che se non la smetti di fare così, ti affatturo. E te lo meriteresti, sai? E non per... per quello che mi hai detto... ma per questa reazione» 
Ron non se lo fece ripetere una seconda volta e liberò il viso dalle proprie mani, ma tenne gli occhi ancora serrati.
«Devo dirti una cosa, mi guardi?» la voce di Hermione sembrava calma, ma questo non convinse Ron, troppo intimorito dalla prospettiva di affrontarla.
«Ti stai comportando come un bambino» proseguì Hermione, mantenendo lo stesso tono pacato. «E non c'è davvero bisogno di fare tutta questa scenata. Guardami» 
Qualcosa nel tono di voce di Hermione, per il modo in cui gli aveva sussurrato quell'ultima richiesta, convinse Ron ad aprire gli occhi che subito trovarono quelli scuri di Hermione che lo osservavano seri e attenti. Passarono secondi silenziosi e lo stato d'animo di Ron andava via via, senza alcuna ragione apparente, ad alleggerirsi.
«Una donna che io stimo molto» cominciò Hermione, con gli occhi puntati nei suoi, «e che ha fatto tanto per la vasta comunità Babbana, una volta ha detto: Ciò che conta non è fare molto, ma mettere molto amore in ciò che si fa. So cosa stai pensando. Stai pensando che avresti dovuto chiedermelo in un modo completamente diverso. Insomma, non è una cosa che si dice tutti i giorni. Stai pensando che magari avresti dovuto portarmi a cena fuori. Che avresti dovuto organizzare una serata speciale, e riservare tutte le attenzioni alla tua donna. Stai pensando che è questo che una donna si aspetta dal proprio uomo. Stai pensando che ti manca qualcosa, che manca proprio il simbolo che avrebbe dovuto sottolineare il tuo gesto e che quindi, secondo te, non avresti assolutamente dovuto dir niente. Che hai sbagliato. E ti senti fuori posto e inadeguato rispetto alla situazione in cui ci siamo accidentalmente ritrovati. Mi sbaglio, forse?» chiese senza smettere di fissarlo. Ron scosse leggermente il capo, ipnotizzato dalla voce e dall'espressione tranquilla di Hermione. «Be', se proprio ci tieni a saperlo, non me ne frega niente di tutto questo. E scommetto anche che hai pensato che ti avrei sicuramente rinfacciato il poco tatto e un'innata insensibilità, vero?» 
Ron annuì appena.
«Tu... tu sei incredibile» disse, con sguardo rapito. Hermione, che era seduta sul bordo del divano, china su di lui, ridacchiò mentre si avvicinava di più al suo viso. Poggiò una mano sul petto, all'altezza del cuore, mentre con l'altra cominciava ad accarezzargli alcune ciocche rosse poggiate sulla fronte.
«No, ti conosco. E conosco la tua spontaneità. È stata una delle cose che, disgraziatamente, mi ha fatto innamorare di te. E poi, scusa, quando mai io e te, insieme, abbiamo fatto le cose in modo normale, comune, come farebbero le persone sane di mente?» 
Ron sorrise tranquillo, beandosi del silenzio che ne seguì e del dolce tocco di Hermione, che non smetteva di carezzargli i capelli. Sembrava in attesa, ma dovette aspettare un paio di minuti prima che lui mettesse ordine tra i pensieri e rompesse il silenzio, mentre teneva la testa leggermente girata verso il camino.
«Hermione» la chiamò sottovoce, «però non è proprio così»
«Ah, no?» fece Hermione, sorridendo tra sé e sé, senza smettere di sfiorargli i capelli. Ron tornò a guardarla, serio.
«Voglio dire, hai ragione su tutto... ho pensato davvero tutte quelle cose... ma il fatto è che io... sì, insomma, le penso ancora» disse con una certa convinzione, trasse un sospiro prima di proseguire. «Ho detto che in passato avrei voluto essere diverso e che se avessi potuto, avrei cambiato molte cose... e poi, cosa faccio? Ti chiedo... cioè, non te l'ho proprio chiesto ma... sì, be', quello che voglio dire è che io voglio davvero essere diverso con te, adesso, proprio perché non l'ho fatto in passato. Voglio che tu ti senta importante, anche perché lo sei... vorrei essere in grado di dire e di fare le cose giuste al momento giusto... però a quanto pare dovrò fare ancora molta pratica, eh? Forse... forse ho rovinato questa cosa, lo so che non è stato il modo giusto. Accidenti, minimo avrei dovuto inginocchiarmi! E non ho nemmeno un misero anello, non ha alcun senso. Però ci stavo pensando mentre... sì, be', prima, no? Ci pensavo... pensavo a delle cose... delle cose belle... e allora mi è sfuggito... ma non sfuggito nel senso che non ci ho mai pensato prima d'ora e che quindi l'ho detto tanto per... in realtà io ci pensavo già da un po', ma non sapevo come fare a... be', dovevo pensarci ancora un po' per capire come fare, ma di certo non dovevo farlo così, in...»
«Ti amo» 

Difficile dire nel dettaglio cosa provò Ron, dal momento che percepì una serie di emozioni esplodere da ogni cellula del proprio corpo. Sentì il fiato mancargli e, se possibile, il suo viso divenne più rosso di quanto non lo fosse già. Forse per l'imminente imbarazzo, o forse fu solo istintivo se spostò lo sguardo sulle loro mani poggiate l'una sull'altra. Erano perfette insieme, sembrava quasi che si completassero. L'aveva sempre pensato. E lo pensò anche in quel momento mentre incastrava le proprie dita tra quelle di Hermione. Tornò a guardarla.
«Ti amo» sussurrò con una tale sicurezza da farla rabbrividire. Hermione sfoggiò uno di quei sorrisi in grado di mozzargli il fiato.
Oh, sì, ora sicuro mi verrà una sincope!
«Adesso basta» disse Hermione dopo un po', sciogliendo con lentezza la mano dalla stretta e posando le proprie ai lati del viso di Ron. «Sei tutto rosso» ridacchiò.
«Fa caldo. Colpa delle tue fiamme» mormorò sforzandosi di apparire serio, facendo un breve cenno al camino. «Ok, non solo quelle...» aggiunse poi in tono malizioso, mentre Hermione rideva piano e gli toccava lentamente le guance con entrambe le mani. Ron cominciò a guardarla, assorto.
«Allora deduco che il tuo sia un » disse sorridendo. Hermione lo osservò per alcuni istanti, poi si chinò su di lui.
«Sì» disse, prima di lasciargli un bacio sulle labbra con una certa enfasi. «Sì!» ripeté, posandogliene uno sul naso. «Sì, sì, sì» ribadì ancora, alternando ogni esclamazione con un bacio. Gli baciò ogni centimetro della faccia, con evidente gioia crescente. «Sì, sì e mille volte » affermò infine, con entusiasmo contagioso, tornando a posargli leggeri baci sulle labbra, più volte. Quando si allontanò appena da lui, Ron non poté proprio evitare che il suo sguardo puntasse sul sorriso della ragazza. Un sorriso autentico, quel sorriso che lui aveva avuto la fortuna di incontrare sulla sua via, e che spesso aveva provocato, proprio come in quel momento. Era così sinceramente bello. Come lo erano i suoi occhi, vivaci e intelligenti. Ron tenne lo sguardo fisso in quei due occhi scuri, in quel momento lucidi. Iniziò a giocherellare con un ricciolo che le era scivolato sul viso, sfiorandole il profilo sempre meno casualmente. Poi una lacrima di commozione colpì il pollice intento a sfiorarle uno zigomo.
«Miseriaccia ladra, però se mi piangi, posso anche non sposarti più. Posso risparmiarti questo irreparabile danno, davvero» bisbigliò, scacciando via una seconda lacrima.
«Sta' zitto» sussurrò Hermione, sorridendo. «Non dire niente, va bene?»
Ron rise piano, cercando di farle capire con quelle semplici carezze, quanto fosse grato di tutto quello che stava accadendo. Poi, con un gesto inaspettato, Hermione si chinò completamente su di lui. Allacciò le braccia attorno al suo collo e lo abbracciò forte. Ron sorrise sereno, cominciando ad accarezzarle i capelli, mentre sentiva il pianto silenzioso di Hermione e le sue lacrime accarezzargli il collo.
«Ron?» lo chiamò Hermione con voce soffocata, dopo interminabili minuti di silenzio. 
«Che c'è?» chise subito lui, lasciandole un bacio tra i capelli.
«Sono felice» mormorò, con il viso ancora completamente nascosto.
«Anch'io» rispose Ron, sorridendo spontaneamente e stringendola. «Sono felice»
La strinse ancor di più, sentendo che lei era tutta la vita che poteva esserci per lui.
Lo sapeva, l'aveva sempre saputo.

 

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(*) Aha! Nome e cognome scelti non a caso! Personalmente adoro quei due. Ci tenevo a sottolineare la cosa, eheh.
(**) «[...] Non avete mica fatto a botte? Sareste nei guai ancora prima di arrivare!» «È stato Crosta, non noi» disse Ron guardandola storto. «Ti dispiacerebbe uscire mentre ci cambiamo?» «Va bene... Sono venuta qui soltanto perché là fuori c'è gente che si comporta in un modo molto infantile, e corre su e giù per i corridoi» disse Hermione con voce altezzosa. «A proposito, hai il naso sporco, lo sapevi?» Ron continuò a guardarla mentre usciva. (Harry Potter e la Pietra Filosofale, pag. 107, cap. 6)
(***) «Sapete in quale Casa andrete? Io ho chiesto in giro, e spero di essere a Grifondoro; sembra di gran lunga la migliore; [...] E voi fareste meglio a cambiarvi, sapete? Credo che tra poco saremo arrivati» E se ne andò portando con sé il padrone del rospo smarrito. «Qualunque sia la mia Casa, spero che non sia anche la sua» disse Ron. (Harry Potter e la Pietra Filosofale, pag. 104, cap. 6)


Angolo di un'autrice che non possiede il dono della sintesi u.u
Bene. Se siete arrivati fin qui, vi dico 'GRAZIE', se siete arrivati fin qui e sono riuscita a rubarvi un sorriso, vi dico di nuovo 'GRAZIE' e posso ritenermi soddisfatta e davvero felice. Torno dopo più di un mese e mi viene giù una roba infinita, me ne rendo conto, ma suppongo che chi conosce le mie storie, avrà capito che non ho per niente il dono della sintesi, lol. La storia doveva raccontare solo dei tre ad Hogwarts, ma poi ho deciso di voler aprire con una scenetta tutta Romione, perché i Romione sono sempre cosa buona e giusta. Spero che vi abbia incuriosito parola dopo parola e che nonostante la lunghezza la lettura sia risultata piacevole. Spero che questi Ron e Hermione vi abbiano colpito e che le vicende raccontate risultino verosimili. A volte temo di esagerare con la dose di fluff... che ne dite? C'è una giusta spolverata di romanticismo? E, raga, quello "sposami" improvviso ve lo aspettavate? Perché io no (?) cioè, non era in programma ed è uscito così... una sera, mooolto tardi, dopo una pessima giornata. Era da un po' che avevo in mente di far tornare il golden trio ad Hogwarts, e la storia cominciava man mano a prendere forma nella mia mente... poi ho deciso di impegnarmi a scriverla per un contest - e uno dal titolo Romione, che passione! meritava la mia assoluta attenzione - ed eccola qui... nonostante alcuni dubbi, ammetto di essere abbastanza soddisfatta del risultato finale. Mi sono emozionata nel raccontare e spero di avervi regalato piacevoli sensazioni, dall'inizio alla fine. Ora basta, passo a ringraziare i miei lettori (coloro che mi hanno inserito tra gli autori preferiti... dovete essere matti e io amo i matti, eh :D), quelli che mi lasciano sempre un parere o quelli che lo faranno per la prima volta. Ringrazio i lettori silenziosi che si limitano a leggere e ad inserire le storie tra le preferite/seguite/ricordate... GRAZIE, spero con tutto il cuore di lasciarvi sempre un sorriso. A prestissimo (ho taaanto materiale pronto per essere pubblicato, vedrete!)

peace, love and Romione
Jess



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