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Autore: Son of Jericho    09/11/2014    2 recensioni
Certe volte, senza saperlo, ci ritroviamo a tenere in mano il destino delle persone.
E anche se è molto più grande di te, è in quei momenti che devi chiederti se davvero hai la forza di fare la cosa giusta.
Perché nessuno ha mai detto che certe decisioni siano semplici o indolori.
[dal testo]
Quante volte avete sentito o letto la frase: "sembrava una mattina come tante, ma ancora non sapevo che sarebbe successo qualcosa che mi avrebbe sconvolto la vita"?
Tante, ne sono certo, eppure... quella fu davvero quel genere di mattina.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I

 

Quante volte avete sentito o letto la frase: "sembrava una mattina come tante, ma ancora non sapevo che sarebbe successo qualcosa che mi avrebbe sconvolto la vita"?

Tante, ne sono certo, eppure... quella fu davvero quel genere di mattina.

E' passato un po' di tempo, ma se dovessi dire con precisione quanto o quando esattamente è successo, probabilmente non ci riuscirei. Magari è un disperato tentativo del mio subconscio di far sparire questo ricordo dalla mia memoria, anche se, fino a qui, non è che ci sia riuscito proprio bene.

Frammenti di quell'immagine, che a lungo ha continuato ad inseguirmi e a tormentarmi come un incubo, sono ancora presenti.

Pareva davvero una mattina come tante. La giornata era iniziata nello stesso banale modo delle precedenti, con la sveglia che trillava prima dell'alba e che per l'ennesima volta rischiava di finire frantumata sul pavimento o di spiccare il volo fuori dalla finestra.

Mentre il sole se ne stava ancora rintanato, prima di fare capolino da dietro le montagne che occupavano il panorama della mia terrazza, io svolgevo l'ormai consolidata routine mattutina di preparazione per andare al lavoro, muovendomi con la stessa agilità di un robot a cui non cambiano l'olio da anni.

Uscito da casa, mi aspettava il solito noiosissimo tragitto in auto. Avevo imparato le strade a memoria meglio di un navigatore satellitare, cosa che però non mi impediva, come ogni giorno, di imbattermi in quella coppia di semafori che sembravano avere i sensori satellitari puntati dritti su di me, e che puntualmente scattavano nel momento meno opportuno. Per non parlare dei classici individui in bicicletta, attempati personaggi che riescono con un semplice mezzo a due ruote a intralciare l'intero traffico di quelli a quattro, fissati come con la colla al centro della carreggiata, e che non accennano nemmeno per scherzo a scansarsi perché tu possa superarli. E poi, tanto per cominciare al meglio la giornata di lavoro, c'era da affrontare la proverbiale lotta per trovare un misero parcheggio.

L'ufficio in cui lavoravo contava sei persone, ed oltre me, era così composto: c'era Arianna, la segretaria, Sandro, il progettista, Edoardo, il tecnico elettronico, e Lorena, l'impiegata commerciale.

Infine, a completare la formazione, c'era "Il Capo", un essere infido e dal doppio volto stile Harvey "Due Facce" di Batman: un giorno era come il tuo migliore amico, l'altro diventava una figura oscura e crudele alla MegaDirettoreGalattico di Fantozzi.

Quel giorno, però, ricordo che tra le postazioni di lavoro si respirava un'aria molto più leggera. Il capo era impegnato in un viaggio d'affari in uno di quei paesi stranieri dal nome impronunciabile, e che finché non lo senti non sai nemmeno che esiste, e saperlo lontano faceva apparire l'ufficio automaticamente più largo e comodo.

Eravamo tutti liberi di adempiere ai nostri compiti come ritenevamo opportuno, senza fiato sul collo, senza cane a mordere le caviglie, senza ordini, e soprattutto senza possibilità che il nostro superiore potesse telefonare per impartirli, perché laggiù ovviamente non c'era campo, e perché se anche fosse riuscito per miracolo a trovare delle tacche, nessuno si sarebbe sognato minimamente di rispondere.

Insomma, sembrava tutto tranquillo, liscio e in pace come un fiume appena nato dalla sorgente che scorre spensierato lungo le pareti della sua montagna, per poi andare a tuffarsi nel mare.

Per quanto mi riguardava, alla mia scrivania i minuti passavano lenti tra un click del mouse e un tasto premuto sulla tastiera, davanti a quel monitor che come ogni giorno rifletteva il mio sguardo per ore. Il mio ruolo prevedeva che mi occupassi dei sistemi informatici aziendali, e quel computer, che dopo mesi ero riuscito a personalizzare ad ogni livello, era diventato il mio fedele compagno di viaggio.

- Credete che questi fenomeni riusciranno a pagare entro questo fine settimana? - fece a un certo punto Lorena, alzando una fattura e mostrandola da lontano a tutti.

- Sarebbe già qualcosa se pagassero entro la fine dell'anno. - replicò Sandro, tra il serio e l'ironico, senza staccare gli occhi dal video.

Arianna smise di scrivere e si voltò verso di loro. - Io un po' di tempo fa ho parlato con... coso... come si chiama quel tizio, Peppe? -

- Pedro. - la corresse Lorena.

- E' uguale. Comunque non mi ha saputo dire niente. -

- Certo... - intervenne Sandro, alzando finalmente la testa ma mostrandosi piuttosto scettico. - Dipende da come si alza la mattina, e tu devi aver scelto quella sbagliata. -

- Sempre che decida di alzarsi. - si intromise Edoardo ridendo.

- Sì, perché messo male com'è, è capace di non mettere piede in azienda per una settimana. Io lo conosco, fa così. Poi magari un giorno si rivolta e ti tratta peggio di un cane. -

- Perché, cosa fa? - gli chiese incuriosita Arianna.

Sandro sogghignò sotto i baffi. - Lascia perdere. Se cominciassi a raccontare ogni cosa, finiremmo col saltare la pausa pranzo. E tu sai benissimo che non nessuna intenzione di perderla. -

- Ma allora perché continuiamo a vendere a questo qui? -

- Bella domanda. - si inserì di nuovo Edoardo. - Perché non provi a chiederlo a... - indicò con la testa l'ufficio privato vuoto adiacente al nostro. - al "signore". -

- Magari sono compagni di pub. - scherzò Lorena, mettendo definitivamente via la fattura e chiudendo rassegnata la questione.

Io mi stavo facendo i fatti miei, ripensando con una certa soddisfazione a come quell'impegno internazionale avrebbe tenuto il capo lontano dall'ufficio per circa una settimana, quando avvertii dei passi alle mie spalle.

All'inizio non detti molto peso alla cosa, dopotutto poteva essere uno dei miei colleghi che si era alzato, un cliente giunto da fuori, un distributore di volantini che aveva trovato la via per intrufolarsi nell'azienda. E invece no.

Era Mario, uno degli operai che lavorava nel reparto "manovalanza" dello stabilimento, e che, almeno in teoria, non avrebbe dovuto trovarsi lì. Ogni tanto lasciava l'officina per questioni meccaniche o delucidazioni tecniche da chiedere al progettista, ma non era quello il caso.

C'era qualcosa di strano in lui, non potei fare a meno di notarlo fin da subito. Si aggirava tra le scrivanie con fare schivo, cercando di passare inosservato il più possibile ed evitando ogni contatto visivo. Sembrava un'ombra che fluttuava cercando il favore delle tenebre.

E soprattutto, con mia enorme sorpresa, vidi che si stava dirigendo verso di me.

Mi accorsi che mi stava fissando con un'espressione non minacciosa, ma semplicemente seria, convinta e determinata.
Ancora sotto il mio sguardo interrogativo, Mario raggiunse la mia scrivania, afferrò una sedia e si sedette accanto a me.


- Ascolta, dovrei parlarti. -

Io tornai per un attimo ad osservare il monitor del computer, un desktop amaramente ricoperto di finestre vuote che stavano a testimoniare come non avessi poi molto da fare. Perciò, qualunque cosa fosse, avrei potuto occuparmene senza problemi.

E inoltre, ero abbastanza sicuro che dovesse esserci qualcosa di importante sotto. Mario era quel tipo di persona diretta, che parlava sempre senza mezzi termini, che non aveva paura di dirti le cose in faccia, e che certo non si metteva a fare lunghi e inutili giri di parole. Per come la vedevo io, anche quella frase d'esordio doveva essere stata per lui uno sforzo immane.

- Dimmi pure. -

Mario si guardò intorno sospettoso, come se dovesse stare attento a microfoni e microspie. Approfittò del fatto che Sandro si fosse alzato per andare al bagno e, quando si fu assicurato al 120% che né Arianna, né Edoardo, né Lorena potessero sentirlo, finalmente si decise a sputare il rospo.

Si sporse in avanti, non prima di aver ricontrollato i colleghi un'ultima volta, e assunse un tono estremamente confidenziale.

E, posso assicurarlo su qualsiasi cosa, tra tutte le eventualità a cui avrei potuto pensare, quella proprio non me l'aspettavo.

- Sono innamorato di Arianna. -

E fu proprio in quel momento che una giornata che sembrava assolutamente nella norma, assunse lo spaventoso aspetto di una spirale che ruotava vorticosamente su sé stessa, trascinando spietata, sul fondo con lei, me e tutto ciò che mi circondava.

 



Angolo dell'autore

La vicenda narrata ha un'ispirazione reale o quantomeno realistica, ma come si suol dire: "ogni riferimento a cose, luoghi o persone è puramente casuale".

 

   
 
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