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Autore: SakiJune    09/11/2014    0 recensioni
"Gallifrey si era risvegliata con un ruggito di dolore, non con uno sfarfallio di ciglia. La pace futura doveva fondarsi su un ultimo, necessario atto di violenza. Ma il Dottore non ne fu testimone né causa. Non sentì le voci stridule risuonare nelle strade, le voci gravi sillabare con prudenza all’interno di stanze sigillate, né le voci amiche chiamare il suo nome, i suoi tanti nomi, in un tono che non attende risposta ma ne ha bisogno, ne ha sete. Non sentì giungere chi, fuggito o intrappolato all’inizio della Guerra del Tempo, si era rifugiato in differenti linee temporali e ora aveva sentito il richiamo, sempre più forte, giungere da casa. Erano tornati - gli spauriti e i vili, i saggi e gli idealisti..."
Sequel di "A Taste of Honey".
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Quando Thistle entrò nel laboratorio, il primo giorno della sua nuova vita, si immaginava un’accoglienza formale. Ora, sapeva bene che il concetto di “formale” era quanto di più distante dal contegno abituale del professor Drax, ma lo stesso si era fatta quell’illusione. Questa andò miseramente in pezzi quando vide non solo il titolare della cattedra, ma persino il suo cosiddetto principe azzurro (perché poi un principe dovrebbe indossare una calzamaglia azzurra non l’aveva mai capito, ma le fiabe della mamma non avevano mai avuto un senso logico) con la bocca piena e la faccia cosparsa di briciole. - Buon inizio del semestre, Thistleswincetlungbarrowmas! Infornata di ieri sera, tua Cugina è un portento. Riuscisse a rispondere alle interrogazioni senza pigolare andrebbe anche meglio, ma povera piccola, si impegna tanto.

Sorrideva un po’ troppo e quasi si lasciò sfuggire di mano il muffin: ovviamente Drax tentò di approfittarne. Quei due erano sempre meno credibili, ma Ingegneria Applicata era sempre stata la sua materia preferita e poco importava se avrebbe avuto le mani sudate per cinque giorni su sette, i guanti servivano a questo.

- Buona giornata a voi. - Ostentò una tranquillità un po’ affettata. - Ho dovuto compilare un mucchio così di scartoffie per essere assegnata al laboratorio per lo stage, ora vi toccherà sopportarmi.

- Benvenuta. Come negli anni passati, sarai giudicata severamente per ogni volta che reggerai una sonda al contrario, in compenso d’ora in poi hai il permesso di cantare ad alta voce in Venusiano.

- Oh, allora affare fatto! Dopotutto, a casa mia è severamente proibito.

Il professor Kedred continuava a sorridere ad ogni sua battuta, e ciò stava diventando inquietante.

- Da dove posso cominciare?

- Dunque, mi pare che la prima strofa fosse così: “Klokleda partha menin klatch…”

- Drax, possiamo evitare di renderci ridicoli davanti a una studentessa?

- Ked, è la figlia del Dottore. Mi ha visto in costume da bagno, ubriaco, mentre declamavo il giuramento dei Patrexiani. E non ricordo nemmeno dove ho mai sentito il giuramento dei Patrexiani, non ho mai diviso un Cartoccio con una tunica viola in vita mia!

Thistle avrebbe preferito non riportare alla mente quella scena, in compenso l’idea dell’altro occupante del laboratorio in quella tenuta la fece arrossire.

- Ti faccio vedere, Thistleswincet… mi permetti di abbreviare il tuo nome? Potremo passare parecchio tempo qui dentro, e sarebbe problematico, tutte le volte.

Questa volta fu a lei che sfuggì un sorriso. - A dire la verità, nessuno mi chiama mai per esteso. Lei è sempre stato l’unico, da che mi ricordi.

- Oh, davvero? D’accordo, Thistle. -  Sentirlo pronunciare con più forza quelle due sillabe le parve meraviglioso. Il clic di un interruttore, e una delle pareti scomparve mostrando la zona del laboratorio solitamente vietata agli studenti. Lei emise un suono di divertito stupore. - Niente male, eh? La zona di ricerca sui materiali, ti spiegherò in dettaglio la strumentazione più tardi. Questo è un link temporale che porta, ehm, chissà dove. Ci sto smanettando su da quando una squadra l’ha tirato fuori, completamente distrutto, dalle Cripte del Panopticon e non ne sono venuto a capo. Credo fosse in origine un Rilocatore, ma qualcuno ha invertito la polarità e ora funziona in modo inverso, guarda un po’... ovviamente non devi toccare i comandi per nessuna ragione.

- E questa è la teglia che devi riportare a casa - aggiunse Drax, indicando la propria scrivania.

- Piantala. Attualmente stiamo lavorando su un Riciclatore di Particelle Huon. Lui lo chiama Aspirapolvere, ma credo di non aver mai capito cosa significhi… un bestione notevole, eh?


La mattinata passò in fretta e Thistle poté rilassarsi in cortile durante la pausa pranzo. Sapeva che nel pomeriggio, quasi tutti i giorni, il professor Kedred si occupava della Nursery, permettendo agli studenti di monitorare la crescita delle loro future TARDIS, e ne era sollevata. Negli anni, la sua era diventata un’ossessione sterile, più che un sano sentimento. Non ne aveva bisogno, semplicemente. Aveva portato a tristi risoluzioni durante la sua prima adolescenza e già allora si era ripromessa di accantonarlo, e sembrava esserci riuscita quando, iniziando i Corsi Avanzati, si era un poco disintossicata dalla sua presenza costante. Non poteva ricascarci.

Mentre mangiava, guardò di sottecchi un gruppetto di ragazzini che giocava a perigosto. Due avevano iniziato a litigare e cercavano di strapparselo di mano a vicenda. Vista l’età media, si stupì che uno di loro non fosse Corgan. Sapeva essere insopportabile, specialmente con Ryndane.

L’iniziazione della Cugina non era andata molto bene, per usare un eufemismo. Nonostante Innocet e suo padre avessero cercato di prepararla in ogni modo, non era filato tutto liscio come un tuffo nel torrente. Quindici anni dopo, aveva ancora gli incubi e se l’era ritrovata spesso in dormitorio, tra le risatine intenerite delle sue compagne, a pregarla di tenerla con sé. Cedere era fuori questione, ma non era sempre facile riaccompagnarla: di notte c’erano le “ronde” - in pratica, insegnanti obbligati a girare per i corridoi e mettere in punizione gli studenti che non rispettavano il coprifuoco. Erano sempre assonnati e per questo maggiormente di cattivo umore, più propensi a strigliare i malcapitati. Una volta avevano incrociato la professoressa di Teoria Temporale, “quella gran rompiscatole” per usare le parole di Morth, e Dane si era messa a piangere in silenzio quando l’aveva presa in custodia, si era voltata a guardarla implorante con quegli occhioni da cucciolo prima di sparire dietro l’angolo del corridoio.

Le voleva bene. Tanto. Aveva molto di cui essere grata per il suo arrivo in famiglia, e una buona parte di ciò aveva radici nei suoi sensi di colpa.

“L’arroganza e l’impazienza fanno commettere gli errori peggiori, ma almeno cerca di riconoscere ed evitare il tratto distintivo della nostra razza: l’ipocrisia”. Suo padre le aveva detto queste parole, quando si era sentito pronto a perdonarla dopo la partenza definitiva di Jenny. Ma se proprio la sincerità aveva condotto al disastro, da allora aveva continuato a chiedersi come fosse possibile conciliarla con il quieto vivere. Aveva cercato, per quanto possibile, di non mentire a se stessa su ciò che provava davvero… su quasi tutto.

Che poi, non era l’unica in famiglia a comportarsi diversamente a seconda delle situazioni, rendendo impossibile capire quale fosse la sua vera natura. Ed eccolo lì, il campione degli ipocriti!

Se ne stava al tavolo dietro di lei, concentratissimo nello studio, una mano tra i capelli. Le passò per la mente di fargli paura, ma poi cambiò idea. Il tempo degli scherzi da bambini era finito, almeno per lei. Lo vide sbadigliare e spegnere il palmare con uno sbuffo di noia. - Non ho testa oggi - borbottò tra sé, alzando finalmente gli occhi ad incontrare i suoi. - Oh, sorellina, quale onore.

- Fame? - Gli porse ciò che restava del suo Cartoccio.

- Sicuro. - Jack lo afferrò e diede un morso, sbrodolandosi abbondantemente. Un po’ di sugo cadde sullo schermo del palmare, ma non se ne curò. Thistle era sbalordita.

- Non sa di niente! Dove sono le caramelle? E cos’è questa roba, carne sintetica?

- Sai che sto provando a diventare vegetariana… - fece spallucce lei.

- Puah. Senti, potrei far domanda anch’io dalle tue parti fra tre anni. Devo tenerti d’occhio, lo sai.

Thistle saltò su: - Ma saresti sprecato! Ti farebbero entrare al Centro di Ricerca Temporale governativo, se lo chiedessi, perché dovresti specializzarti ad avvitare bulloni?

- Bella domanda - replicò Jack, con un’espressione di sfida. - Perché dovresti farlo tu?

- Perché… mi piace. Come primo giorno è andata bene, potrei addirittura partecipare al collaudo di un congegno sperimentale. - Quando il professor Kedred le aveva spiegato il funzionamento del Riciclatore, ne era rimasta così colpita da dimenticare per dieci minuti interi i propri sfarfallii di stomaco. Era davvero un bestione, e le potenzialità di utilizzo erano immense.

Lui grugnì. - Fai attenzione.

- Ci saranno dei test virtuali preliminari, non farò da cavia!

- No, intendo: tutto il giorno chiusa lì dentro con due uomini, mi dà sui nervi.

- A parte che di solito, al pomeriggio, è pieno di studenti, comunque stai parlando del Cugino di Ash e del migliore amico di papà.

- Sto parlando di uomini.

Lei non era famosa per le sue vedute aperte nel rapporto tra uomini e donne, ma il modo in cui suo fratello ragionava, o meglio non ragionava, le diede la nausea. - Come te? Tu manchi di rispetto alle ragazze, allora?

- Ouch! Sei fuori? Non me ne importa niente delle ragazze. O dei ragazzi. O dei vecchietti di seicento anni.

Era un’allusione molto specifica, per quanto inesatta. - Vedremo quando li avrai tu, seicento anni, come te li porterai! - Era riuscito a farla innervosire, le era persino passata la fame. Aveva ancora un po’ di tempo prima di tornare al laboratorio, e decise di passare a vedere come stesse Dane.

Jack la guardò andarsene tutta impettita e ridacchiò. Ma poi, quasi non capisse dove si trovava, si guardò intorno e tornò a sedersi. Inorridì quando si accorse della macchia di sugo sullo schermo e la pulì con la manica; riaccese il dispositivo e si rimise a studiare. La voce non tardò ad arrivare.

 

Aveva ragione, saresti sprecato in uno stupido laboratorio. La tua carriera sarà molto più brillante della sua. Piano… piano… salirai, e ti accompagnerò ad ogni passo. Come sempre.



Quando lei aveva avuto ventitré anni, si considerava già da tempo un’adolescente. I suoi pensieri, i suoi sogni, erano più simili a quelli di una giovane donna che di una bambina. Ciò perché la sua crescita era stata, inizialmente, simile a quella dei terrestri, per poi sfumare nella più lenta preparazione del suo corpo ad accogliere il Nucleo.

Ryndane, come i suoi Cugini, era stata tessuta con la fisionomia di una bimba di sette-otto anni, e per altrettanti era rimasta tale. Era poi cresciuta in altezza e i suoi lineamenti erano maturati, ma a differenza degli altri era rimasta un cosino insicuro e bisognoso di affetto.

Si intenerì quando la vide, seduta sul letto, giocare con la lavagnetta grafica tridimensionale, cercando di copiare il disegno appeso al muro con un magnete. Rappresentava un sistema solare, con pianeti di diversa grandezza e colore, satelliti e stazioni orbitanti. Lo riconobbe con un po’ di amarezza: era uno dei vecchi scarabocchi di Kew. Dove l’aveva ripescato? In uno dei cassetti della scrivania di Innocet, senza dubbio.

- La Cintura di Casivanian - mormorò. Per Dane non significava niente, era solo una bella immagine, ma a lei smosse una montagna di rimorso.

Mentre le faceva le treccine e la ascoltava ripetere la lezione per il pomeriggio, si augurò che quel suo gesto sconsiderato ed egoista avesse, infine, portato del bene.

 

I rapporti tra lei e Ada avevano avuto alti e bassi. Le era crollato il mondo addosso quando aveva scoperto che aveva una storia con un altro uomo, e per di più con qualcuno che conosceva. All’inizio non riusciva a comprendere cos’avesse quel tipo più di suo padre. Gliel’aveva gridato, una volta. Erano per strada e tutti si erano voltati a guardarle, ma Ada non si era scomposta: l’aveva presa da parte e le aveva risposto con fermezza.

- Niente. Non ha assolutamente niente di migliore, o peggiore. È soltanto una persona diversa. Ricorda che, se tuo padre non avesse amato me e Clara allo stesso tempo, tu non saresti qui.

- Questo cosa vuol dire? Volete avere un bambino? Siete ridicoli.

Lo schiaffo era partito da solo, si può dire. - Non permetterti mai più. Non provocarmi. All’Accademia ti insegnano tanta roba scientifica e la storia delle galassie e i segreti del tempo, ma ascolta cosa ti dice questa stupida umana: non puoi conoscere cosa c’è nei cuori delle persone. Puoi leggere la loro mente, sì, ma c’è molto di più. In profondità.

- Ora mi dirai che non posso capire - la sfidò. La guancia le bruciava, ma non voleva darle soddisfazione.

- No, Thistle, ti sbagli. Tu puoi capire. Se solo facessi le domande giuste, avresti le risposte.

- Lo ami? Ami quell’impiegatuccio insulso?

- Amo tante persone, Thistle. Devo elencartele tutte? Amo i miei genitori. Erano freddi e distanti con me, però non mi hanno mai fatto mancare nulla e c’è stato un tempo in cui non m’importava di non essere carina come le altre bambine, perché sul mio viso ritrovavo i loro lineamenti mischiati in modo fantasioso. Proprio come tu… oh, lo sai.

Thistle si morse il labbro: era un pensiero che apparteneva anche a lei, da sempre.

- Amo tuo padre. Questo non cambierà mai, qualunque cosa succeda. Amo ogni singola persona che sia salita sulla sua TARDIS e abbia viaggiato con lui, regalandogli qualcosa di sé. Amo Clara, tantissimo, e non la dimenticherò mai. Amo Innocet, Dorium, Morth e Corgan, e Jenny, Kew, Vastra, e Kedred, da molto prima di te, shhh, fammi finire. E Ash, Drax, Romana, e non farmi dire cosa provavo per Borusa, perché allora sì che mi renderei ridicola, e sì che non potresti capire. Ma più di tutti, più di tutto, amo te e Jack, e non potrò mai amare nessun altro in questo modo, vedi, perché non avrò mai altri figli. E sì, sono innamorata anche di Damon. Suona ancora così strano?

Non voglio che tu vada via, mamma, è tutto qui.

 

Due anni dopo quel chiarimento, il Telaio si era dato da fare per la terza volta e l’impiegatuccio era uscito dalle loro vite senza traumi, ma ormai Thistle aveva imparato la lezione.

C’era una grande differenza tra manifestare la propria istintiva contrarietà ad una situazione, ad una scelta, e ferire volontariamente gli altri. Era un equilibrio che ancora non aveva capito come raggiungere, ma sentiva di essere sulla strada giusta… orgoglio permettendo.

 

 

   
 
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