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Autore: Gru    09/11/2014    5 recensioni
"Ma noi non siamo pericolosi! E se... e se lo spiegassimo? Potremmo dire loro che siamo bravi, eh papà? Veniamo fuori sotto una grande coperta e... e poi diciamo che... no, anzi, scriviamo un bigliettino! Scriviamo un biglietto e lo spingiamo verso il primo umano che passa, così lui capirà e lo dirà agli altri umani, e potremmo uscire! Eh papà?"
Raccolta di drabbles su quanto la vita sia ingiusta con le persone sbagliate.
(La cronologia disordinata dei capitoli è ispirata ad una fanfiction in lingua inglese che ho letto tempo fa. Spero di non venire arrestata per questo.)
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Età: 8 anni


Il placido silenzio pomeridiano del rifugio venne infranto dall’improvviso vociare della televisione. Donatello, immerso profondamente dalla nuova lettura procuratagli dal maestro Splinter appena il giorno prima, corrugò la fronte verde oliva, infastidito. Quello era il momento della giornata che preferiva: dopo aver pranzato, spossati dagli allenamenti del mattino, i quattro fratelli erano liberi di dedicarsi a ciò che preferivano. Questo sarebbe stato un problema per il piccolo mutante mascherato di viola, amante della tranquillità e dei centellinati attimi di quiete assaporabili in quel particolare momento del giorno, quando per qualche inspiegabile motivo nel rifugio non iniziavano a rimbombare le urla che Raph e Leo si scambiavano quasi quotidianamente, il primo in tono rissoso e accusatorio, il secondo frustrato e irritato; per sua fortuna però, la severa regola vigente era quella di mantenere un discreto silenzio, durante il quale il Sensei si dedicava alla meditazione, a volte indispensabile per mantenere la calma all’interno di quella bizzarra famiglia.
Il risultato era quello di una serena quiete, scandita dai leggeri tonfi provenienti dal dojo dove sempre più spesso Leonardo praticava allenamenti extra, spesso seguito dal maestro Splinter, e lo scalpiccio concitato dei piedini di Michelangelo, che non conoscevano riposo almeno fino alla sera.
Donatello dovette rinunciare ad arrivare alla fine del capitolo sette del suo sgualcito testo di biologia trovato tra i rifiuti, che abbandonò sulla scrivania sbuffando quando sentì il volume della tv alzarsi. Spinse indietro la sedia con i talloni (era l’unico dei suoi fratelli che riusciva a toccare il pavimento con tutto il piede) facendo più rumore di quanto volesse e si diresse verso il soggiorno improvvisato al centro della loro casa. Dando le spalle al divano poteva vedere la luce dell’apparecchio oscurarsi di tanto in tanto per un secondo in un impegnato zapping da parte del misterioso possessore del telecomando, di cui comunque non faticava a indovinare l’identità. Raggiunse il divano e si sporse a braccia incrociate da dietro lo schienale per trovarsi faccia a faccia con due occhioni azzurri spalancati in un ampio sorriso lentigginoso che lo guardavano al contrario. 
“Mikey, ti spiace abbassare il volume?”
“Ma Donnieeeeee, sono così annoiato!” fece il bambino tirandosi le brevi code della maschera con esagerata disperazione “Leo è nel dojo, Raph si è chiuso in camera con tutti i giornalini e non ha voluto giocare con me quando gliel’ho chiesto -mi sono anche ricordato di bussare questa volta!- e…” si interruppe approfittandone per riprendere fiato e allargò gli occhi “Stai tu con me, Donnie? Ti prego, ti prego, ti prego! Non sapevo che fare e ho acceso la tv, il maestro ci  ha finalmente dato il permesso di guardarla quando non c’è, e così ho pensato…”
“Okay, resto io!” esclamò esasperato ma con un mezzo sorriso l‘interpellato, facendo il giro del divano e lasciandosi cadere accanto al logorroico fratello “ma poi devo tornare di là” aggiunse subito, prima che l’attenzione di quest’ultimo si spostasse su altro.
Mikey sorrise soddisfatto facendo allegramente spazio al viola: non aveva neanche dovuto sfoderare il suo irresistibile sguardo inteneritore.
Donatello notò che l’interesse del suo fratellino verso il canale da scegliere era notevolmente diminuito da quando era venuto a fargli compagnia: ora Michelangelo stava chiacchierando senza sosta su qualunque cosa gli passasse per la testolina, entusiasta di avere compagnia. Mentre i suoi fratelli iniziavano a sentire l’esigenza di ritagliare degli spazi per sé stessi, il “piccolo” della famiglia non riusciva ancora a rinunciare alla totale condivisione che caratterizzava da sempre il loro rapporto.
Donnie, intanto, si era estraniato completamente dall’allegro monologo del fratello; gli capitava spesso ultimamente, cosa che gli era valsa una serie di commenti di scherno soprattutto da parte di Raph, che trovava immensamente soddisfacente battergli forte le mani davanti agli occhi persi nel vuoto. Fissava lo schermo, riflettendo su quale sarebbe stato il momento più adatto per interrompere Mikey, che se la stava cavando benissimo anche senza nessuno che lo seguisse, e tornare  al suo libro, e non si rese neanche conto di quando aveva cominciato a prestare attenzione alle immagini che  si riflettevano luminose sul suo viso. Il volto in lacrime di un bambino era seminascosto nell’incavo del collo di una donna dai lunghi capelli scuri che le incorniciavano i lineamenti dolci mentre, inginocchiata sul pavimento per raggiungere la statura del figlio, circondava con le braccia le spalle di questo, nel tentativo di calmare i suoi singhiozzi incontrollati. “…e poi mi… mi ha spinto a terra e ha d-detto che sono solo un m-moccioso e…” la voce del bambino si spezzo e affondò di nuovo il viso rigato dalle lacrime tra le braccia della madre, che iniziò a sussurragli parole di conforto all’orecchio strofinandogli la guancia sulla testa.
Donatello, incantato, seguiva ogni gesto  della donna con le labbra dischiuse a mostrare lo spazietto tra i denti superiori. Osservò quasi senza respirare l’intera scena, notando con la coda dell’occhio che la schiena del bambino stava smettendo di tremare, senza mai staccare gli occhi da lei.

Avevano avuto il primo contatto col mondo al di sopra dei tombini come nessun bambino meriterebbe: attraverso le immagini sbiadite di un vecchio televisore. Splinter aveva già raccontato loro qualcosa -doveva pur spiegare da dove venisse quella luce che in determinate ore del giorno illuminava il pavimento del dojo, e il perche non potessero averne di più che un piccolo fascio- ma aveva aspettato ad affrontare alcuni argomenti, troppo grandi e dolorosi per quattro piccoli mutanti. 
Tuttavia sapeva cosa sarebbe successo quando avrebbero avuto la possibilità  di vedere. Certo, non sarebbe stato come entrare davvero a contatto con la vita della superficie -non lo sarebbe stato affatto- ma sarebbe stato qualcosa di sconvolgente, che avrebbe cambiato la loro visione delle cose per sempre. Sapeva che avrebbe scatenato una serie di domande, fantasie e pensieri non sempre felici nei suoi figli, e che sarebbe stato compito suo portarli a conoscenza della verità, tanto bella e nuova quanto irraggiungibile per una famiglia di creature che non sarebbero dovute esistere. Ma sapeva anche quanto questo fosse necessario. Avevano il diritto di sapere, nei dovuti tempi, tutto quello che riguardava il mondo in cui vivevano, o sarebbe stato il primo a escluderli da esso. 
Così, con questa responsabilità sulle spalle, l’uomo-ratto aveva trascinato fino al rifugio il vecchio televisore abbandonato dalla discarica e sotto gli sguardi curiosi dei suoi bambini aveva aggiunto un altro pezzo di casa  ad una stazione della metropolitana in disuso. Non aveva mai approvato molto quel genere di distrazioni, ma aveva capito benissimo che trasferendosi nel mondo occidentale avrebbe dovuto abituarsi a uno stile di vita diverso da quello che aveva appreso nella propria educazione. Senza contare che era l’unica via sicura per soddisfare la curiosità crescente dei quattro piccoli mutanti.

Tra i suoi fratelli, Donatello si era pian piano distinto per la matura razionalità con cui affrontava ogni aspetto della vita. Non aveva potuto evitare, naturalmente, di provare rammarico verso il divieto non formalizzato se non da suo padre di poter esplorare quell’immensa parte di natura che non voleva appartenergli e a cui non sembrava appartenere, lui che aveva sempre provato quella meravigliosa eccitazione davanti ad una nuova scoperta, ad una risposta svelata. La sua afflizione era quella di non poter toccare e sperimentare quel mondo fatto di luce e di cose nuove e bellissime, afflizione che non era condivisa dalla sua famiglia, o almeno non nello stesso modo o con la stessa intensità; allo stesso modo, non riusciva a condividere pienamente la passione di Michelangelo per la musica, quella di Raffaello per la lotta o quella di Leonardo per le eroiche storie di fantascienza. A volte, mentre coglieva i loro commenti quando tardava ad andare a cenare per finire “solo un’altra pagina” o faceva domande a cui nemmeno Splinter riusciva a rispondere, si sentiva strano.  Come… solo.
La donna sullo schermo, mentre si scostava un po’ dal bambino per alzargli il mento tremolante e asciugargli le lacrime con il pollice, lo fece pensare inspiegabilmente a quella strana sensazione, che riaffiorò per pochi istanti. C’era qualcosa di sconosciuto in quegli occhi, ma non sconosciuto come il processo di fotosintesi clorofilliana dei fiori del suo libro o la metamorfosi dei bruchi che aveva visto nelle illustrazioni: era qualcosa di inaspettato, illogico, che inaspettatamente e illogicamente si fece spazio con tenero impeto nell’impegnatissima mente di Donatello. Per un momento, un breve e inafferrabile momento, al di là dell’affetto dei suoi fratelli e dello sconfinato amore di suo padre, al di là di ogni ragionamento logico e razionale, il suo cuore desiderò qualcosa che con la semplice forza di un sorriso  lo facesse sentire di nuovo intero, che sciogliesse quel piccolo nodo di incomprensione che di tanto in tanto sentiva nel piastrone; che si sedesse con lui alla scrivania e dimostrasse così che dopotutto era davvero interessante sapere il nome di ogni parte della struttura del guscio di una tartaruga normale, ed era molto utile, ed era bello, così bello…
Non si accorse neanche di essersi messo una mano sulla stessa guancia dove il bambino che ora sorrideva aveva quella di sua madre.
Una voce profonda e pacata lo riscosse dai suoi pensieri. “Forse è il caso di portare Michelangelo nel suo letto.” Donatello si girò con ancora la bocca semiaperta, non del tutto presente, verso l’imponente figura in piedi dietro lo schienale del divano. Suo padre lo guardava con la consueta espressione serena, ma i suoi occhi, più simili a quelli del viola che a quelli degli altri suoi figli, lo scrutavano più intensamente del solito, come alla ricerca di una preoccupazione che aveva captato ancora prima di incrociare il suo sguardo.
Donnie si girò verso il fratello, confuso: il chiacchierone si era addormentato con la bocca ancora aperta, rannicchiato con la testa vicino alla sua gamba. Solo allora sentì il vero silenzio che era calato nella stanza. 
“Una cosa davvero incredibile” constatò il Sensei, sorridendo in direzione del figlio nel mondo dei sogni “Dev’essere l’inverno che arriva”.
Donatello si voltò di nuovo verso il mutante più anziano. Suo padre dimostrava il suo affetto a lui e ai suoi fratelli in modo poco plateale, aiutandoli nelle difficoltà ma facendo in modo che imparassero a cavarsela da soli, incoraggiandoli senza permettere che sottovalutassero un pericolo. 
Sapeva essere severo e intransigente sul rispetto delle regole, ma non aveva mai esitato a perdonare una volta certo che l’errore fosse stato compreso. Era un uomo di poche parole, ma sempre spese saggiamente, e che spesso lasciavano  il posto a quelle dei suoi figli, che lasciava sfogare quando ne avevano bisogno.
Ascoltava molto, suo padre. Anche quando non c’erano parole. E nonostante non avessero mai potuto permettersi tutto, aveva dato ore di sonno, fatica e impegno costante nell’assicurare loro tutto quello che poteva, compresa anche la felicità,  che non era mai mancata in una famiglia così unita, dopotutto. 
Quegli occhi castano-rossicci puntati su di lui furono quasi una conferma per il ratto: senza smettere di guardarlo gli diede una leggera carezza sulla guancia, su quella guancia, e non potè fare a meno di sorridere  vedendo l’espressione improvvisamente luminosa del suo piccolo genio.

Donatello non ricordò mai più di quel viso visto alla televisione, nè tanto meno di quella sensazione di rammarico e assenza che aveva provato. Non sentiva la mancanza di niente all’interno della sua famiglia, che lo amava e che amava, era perfetta così, con gli ammonimenti di Splinter, le urla di Raph, i pasticci di Mikey e le paternali di Leo. Assolutamente perfetta.






Angolo spaesato dell'autore
...che è un'autrice, ma autore mi piace di più. Allora... 
Sono terrorizzata. E' la mia prima fanfiction, frutto di riflessioni parecchio tragiche. Non posso farne a meno.
Non mi è piaciuto l'eccesso di protagonismo che ho dato ai media, ma stavo cercando di immaginarmi il primo incontro delle tartarughe con il mondo esterno, e come la pensasse Splinter.
Quando invece immagino i loro pensieri su un secondo genitore, li vedo più che altro incuriositi, ma non particolarmente bisognosi di un'altra situazione familiare. Sapete quando si sente il bisogno di qualcosa, anche se non si è completamente sicuri di averne bisogno? Spesso è una sensazione passeggera, ma che ci fa riflettere.
Se percaso foste arrivati a leggere fin qui, e vi venisse inspiegabilmente voglia di commentare qualcosa (tutto in linea ipotetica, s'intende...), allora... siate spietati. C'è da cassarmi? Cassatemi. Senza rimpianti. Sfogate su di me le vostre frustrazioni. No problem!;) 
Critiche e consigli sono ben accetti. Ciao!
   
 
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