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Autore: SophieJ    10/11/2014    1 recensioni
‘Voglio qualcuno con cui giocare.’ Pensò e guardò il cagnolino di pezza seduto accanto a sé.
“Cosa stai facendo?” Ha ripetuto.
“Sto cercando di far muovere Teddy.” Lei sbottò seccata.
Poi, ricordando la sua domanda originaria, chiese di nuovo: “Come hai fatto a entrare?”
Il ragazzino si strinse nelle spalle, “Non hai desiderato un amico immaginario? Eccomi qua”.
“Che cos’è un amico immaginario?”
“É qualcuno che tu sola puoi vedere.”
[Storia partecipante al contest Art Talk di ellie158]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Imaginary Friend .

 

 

 

Matilde camminava su un ponte ligneo, avvolto dalla natura verde e rigogliosa e sospeso su un luogo onirico, pieno di luce e calore, dai colori pieni e luminosi.

Portava con sé nella sua borsa il suo cagnolino di pezza, che aveva preso vita e si agitava energicamente.

“Bravo, Teddy! Bravo!”

Si rincorrevano lungo quel ponte infinito e la sua gioia sembrava non dover finire mai.

Poi tutto si fece buio e freddo.

 

“Non si sveglieranno mai più.”

Matilde smise di scuotere i corpi senza vita dei suoi genitori, e levò lo sguardo verso la figura scura. 

Lei non sapeva dire chi egli fosse o cosa volesse dire. “Perché?”

“Perché le loro anime si sono allontanate.” La figura scura senza volto, fece cenno a Matilde di guardare dietro di lei. Innumerevoli file di mausolei in pietra erano disseminati per la pianura, come piccole biglie su un terreno sabbioso.

“La morte giunge inaspettata e ghermisce l’anima di colui che grida senza essere udito.” Egli sussurrò.

“Che significa?”

“ Te la faccio più facile: significa che tutti dobbiamo crescere e conoscere il male del mondo per migliorare.”

Per la prima volta nei suoi cinque anni di vita, Matilde si svegliò madida di sudore, con il cuore che batteva all'impazzata.

Tuttavia, come ogni bambino, il sogno di quella notte fu subito dimenticato quando il sole estivo si affacciò al di là delle colline; anche perché ella non ne seppe trarre alcun significato comprensibile.

 

***

 

La storia di Matilde ebbe inizio poco dopo, quando, un giorno, sua madre la lasciò sola con le precise istruzioni di prendersi cura della macchina di famiglia. 

Ciò fece sentire Matilde piuttosto importante, mentre sedeva in macchina, in attesa che sua madre tornasse con la spesa dal mercato. 

Ci sarebbe voluto un po’ di tempo: Matilde viveva in una famiglia numerosa - una nonna senile, un padre affettuoso, una madre eccessivamente protettiva e quattro fratelli più grandi fastidiosi e birichini.

Era proprio come qualsiasi altro bambino, ignaro di cosa era possibile e ciò che sfiorava l’impossibile, convinta che non ci fossero limiti alla sua fervida immaginazione e alla sua dirompente energia; certa che ogni suo desiderio fosse un ordine perché così era stata abituata dai suoi genitori fin troppo apprensivi.

Armeggiò per qualche minuto con i canali radiofonici, poi, annoiata, si lasciò cadere sul sedile posteriore.

‘Voglio qualcuno con cui giocare.’ Pensò e guardò il cagnolino di pezza seduto accanto a sé. ‘Forse, se lo desidero forte forte, potrò averne uno più grande di Teddy.’ 

Detto questo, si mise a sedere e strizzò gli occhi con intensità, sussurrando il desiderio come un mantra.

"Cosa stai facendo?" Chiese una voce di ragazzo.

Scioccata, Matilde si volse e trovò un ragazzino di circa dodici anni, seduto accanto a lei, con una vena di divertimento evidente che splendeva nei suoi occhi. 

Sembrava trasandato, con la frangetta marrone scuro che cadeva sulla fronte. Avrebbe potuto coprirgli completamente gli occhi, se non fossero stati così intensi e penetranti. “Come hai fatto ad entrare?”

“Cosa stai facendo?” Ha ripetuto.

“Sto cercando di far muovere Teddy.” Lei sbottò seccata. 

Poi, ricordando il suo intento originario, chiese di nuovo: “Come hai fatto a entrare?”

Il ragazzino si strinse nelle spalle, “Non hai desiderato un amico immaginario? Eccomi qua”.

“Che cos’è un amico immaginario?”

“É qualcuno che tu sola puoi vedere.”

Matilde ci pensò su per un momento. “Quindi la mia mamma non può vederti?”

“Sì, qualcosa del genere.”

Dopo aver sentito ciò, il viso della bambina si illuminò, ed ella afferrò con vigore la mano del ragazzo. “Evviva! Allora giochiamo a chi trova gli angeli di nuvola insieme!”

“Che gioco è?”

“Noi guardiamo le nuvole e contiamo il numero di angeli che riusciamo a trovare, nascosti lassù.”

Il ragazzino si mise a ridere. “Non c'è né paradiso né angeli tra le nuvole.”

“Non ci sono? - i suoi occhietti eccitati si spensero pian piano in quel pozzo senza fine di delusione - Mamma sta tornando! Potremmo chiedere a lei.”

Sua madre mollò le borse della spesa nel bagagliaio dell'auto e salì in macchina con un grande sospiro di sollievo, “Ci sei tesoro? Andiamo a casa, perché c’è troppo caldo qui fuori.”

Matilde non riuscì a trattenersi e chiese, “Mamma, dov'è il paradiso?”

Sua madre sorrise. “Sta tra le nuvole che ti piace tanto guardare.”

“Ma mamma, perché la gente non lo vede quando è in aereo?”

“É molto più su di dove i nostri aerei possono volare.”

Matilde ci pensò su per un po’. “E gli astronauti quando vanno nello spazio? Loro lo vedono?”

“Hmm ... è anche più su di dove si trovano loro.” Sua madre le lanciò un sorriso paziente, e il suo viso aveva assunto un'espressione perplessa. “Matilde, tesoro, non senti un odore strano?”

la bambina annusò l’aria circostante e seguì la scia di quel profumo che sembra una miscela di gelsomino e fiori di lavanda, finché non giunse al ragazzino che sedeva accigliato accanto a lei.

“Oh, deve essere il mio nuovo amico che è ha preso il posto di Teddy!”

Sua madre si mise a ridere, scuotendo leggermente la testa, stupita dalla turbante immaginazione della figlia. “Qual è il suo nome cara?” Chiese dallo specchietto

retrovisore, mentre osservava la figlia parlare con il nulla.

“Come ti chiami?” Matilde piegò leggermente di lato la testa, in attesa di una risposta.

“Grim”.

 

 

Grim sparì non appena la macchina fu posteggiata nel garage.

Tuttavia Matilde non sembrò farci caso, giacché era troppo eccitata per l’imminente gita alle piscine pubbliche.

In meno di un’ora la casa fu riempita dagli strilli entusiastici e le grida concitate della madre, nonostante fosse bellamente ignorata dai quattro fratelli più grandi intenti a litigare per il posto vicino al sedile del guidatore.

Quando finalmente giunsero alle piscine, era ormai pressoché sera.

Il tasso di umidità nell’aria era ancora piuttosto elevato, perciò è facile intuire la loro gioia quando i loro corpi furono coccolati dalle basse temperature dell’acqua

I ragazzi furono lasciati nella piscina dei piccoli, mentre i genitori si stesero poco più in là, sul prato.

Nel relax generale, i bambini iniziarono a fare amicizia con gli altri.

“Perché indossi quella ciambella intorno alla vita?” una piccola bambina chiese a Matilde, indicando il salvagente circolare con dei bellissimi cigni dipinti su tutta la sua superficie.

“Mamma dice che devo indossarlo perché non so nuotare. Perciò ho scelto questo con i cigni!”

Una delle sorelle più grandi di Matilde iniziò a ridacchiare. “Non ne hai bisogno qui! L’acqua ti arriva solo un po’ più in alto della vita!”

Matilde si morse la lingua e rispose indietro, “É bello, perciò non m’importa!”

La ragazzina sghignazzò a sua volta. “Posso provarlo per un po’?”

Matilde mise su un’aria di chi la sapeva lunga e le allungò il salvagente.

Poi si accorse di una figura che sostava alle spalle della bambina.

‘Grim!’ pensò tra sé e sé e iniziò a farsi strada verso di lui. Inciampò.

La gravità ebbe la meglio e attirò lentamente il suo viso verso le profondità della piscina.

Attirata da una forza sconosciuta, lei poté solo muovere leggermente gli occhi, prima di ritrovarsi sott’acqua.

In quei pochi istanti, le parve che il tempo fosse rallentato notevolmente.

Osservò le gambette paffute degli altri bambini muovere lentamente, fino a ché l’oscurità la avvolse nel suo abbraccio rassicurante.

Matilde non sentiva dolore: solo una confortante sonnolenza, un senso di appartenenza a… 

Venne afferrata per un braccio e trascinata con forza fuori dall’acqua.

Matilde si sentì annaspare in cerca di fiato, stringendo come una ventosa al braccio di suo padre, che appariva fuori di sé dalla paura.

La portò verso la moglie e tornò indietro per rassicurare gli altri bambini.

Sua madre la guardava con le lacrime agli occhi, spaventata e incapace di proferire parola; le accarezzava i capelli e le ripeteva “Andrà tutto bene, tesoro. Andrà tutto bene.”

Matilde le accarezzò il volto, asciugandole le lacrime.

“Mamma, ho freddo. Posso avere della cioccolata calda?” questo fu tutto ciò che riuscì a dirle per rassicurarla.

 

Rivestita di tutto punto, Matilde poté bere con tranquillità la sua cioccolata calda. Una volta che sua madre fu certa che fosse al sicuro nel caffè della piscina, andò a recuperare i suoi fratelli.

“Sei strana, sai?” Grill sogghignò e sedette sulla sedia che si trovava sul lato opposto del tavolo, rispetto a quella di Matilde. “Sei quasi ritornata dalla morte e l’unica cosa che ti importa è della cioccolata calda?” Si posò una mano sulla pancia, cercando di controllare il flusso delle risate.

“Grim, morire non sembra poi così male.” sussurrò Matilde, tenendo gli occhi incollati a quel liquido caldo e marrone, dal sapore paradisiaco.

Le risate si interruppero di colpo.

Matilde tremò, mentre cercava di ricordare le sensazioni che l’aveva attanagliata mentre era sott’acqua.

“Mi sono sentita al sicuro… Ed era tutto buio…” la sua voce si affievolì, mentre sopraggiunse un pensiero sgradito.

“Grim, se io non fossi più in grado di sognare, tu scompariresti?” levò lo sguardo e incontrò gli occhi lugubri dell’amico.

“Non essere sciocca. Non c’è nulla di buono nella morte. Sei una bambina stupida.” le lanciò un’occhiata astiosa e decise di scomparire, lasciandola da sola.

 

Quella sera, Matilde si rigirò nel letto, di nuovo tormentata da quell’incubo che non avrebbe ricordato una volta si fosse svegliata. 

Nelle tenebre, Grim la osservava attentamente.

 

 

***

 

 

‘É facile farsi degli amici.’ Matilde pensò tra sé e sé, mentre osservava i suoi compagni di classe di terza media che si ingozzavano seduti al suo tavolo.

Certamente, non era difficile per una ragazzina una volta che avesse imparato a interagire. E questo includeva lo smettere di interagire con una certa persona, che nessuno poteva vedere.

La sua famiglia le aveva caldamente consigliato di non farlo, onde evitare di ritrovarsi sola.

“Matilde! Max ti stava cercando prima! Sei sicura che non t’importi nulla di lui?” Keira, una bella brunetta con lunghi capelli fluenti e una parlantina spigliata, le chiese, strizzando dolcemente una delle guance dell’amica.

Matilde finse di pensarci su per un istante, mentre le sue compagne smisero di mangiare, in attesa della sua risposta.

Max era il ragazzo più desiderato da molte delle fanciulle della scuola, perciò il solo frequentarlo avrebbe fatto di Matilde il nemico pubblico di mezza scuola. Tuttavia, non era questa la vera ragione del suo rifiuto.

“No. Non m’interessa affatto.” disse, facendo spallucce.

Un sospiro di sollievo si levò da varie parti del suo tavolo, prima che le risatine e il chiacchiericcio riprendesse.

Senza dare nell’occhio, Matilde cercò l’unica persona che veramente le interessava.

‘Non c’è nemmeno oggi… ’

“Hey, hai sentito i recenti pettegolezzi?” Keira sussurrò con sguardo complice.

Tutti si sporsero verso di lei per sentire meglio. Soddisfatta di avere tutta l’attenzione su di sé, continuò, “Dicono che il bagno nei sotterranei sia infestato… ”

Un’altra ragazza, Margaret, si inserì nella conversazione, “Si! Ho ricevuto una mail su tutto ciò. Dicono che se ci si va di notte, si rischia di incontrare il fantasma e che quest'ultimo ti chiuda in uno dei bagni!”

Keira fece un gesto drammatico, “La parte peggiore è che alla mattina non sei più in te perché il fantasma si è impossessato del tuo corpo!”

Un silenzio tombale scese sul tavolo.

“Bene! Andiamo a vedere se è veramente così!” Matilde fece un ampio sorriso, mentre gli altri rantolarono, in preda allo shock.

 

***

 

Alle otto e mezza, sei di loro marciarono fino al bagno maledetto.

La curiosità tirò fuori il meglio da ognuno di loro, in più la sicurezza di Matilde invogliò gli altri alla scoperta.

Il bagno era pulito, apparentemente vuoto.

Una luce fioca e debole si spandeva dalle lampadine degli specchi.

Era inquietante il solo guardare nello specchio, come se qualcosa dovesse apparire da un momento all’altro dal suo riverbero.

“Penso di aver udito qualcosa… ” Margaret sussurrò. 

Si misero in ascolto e udirono un suono debole e graffiante che proveniva dall’ultimo cubicolo.

La paura scese su di loro, come una fitta pelliccia, avvolgente, mentre piccole perle di sudore scendevano lentamente lungo le loro spine dorsali.

“Vai. Apri quella porta… ” si mossero come una cosa sola verso la sorgente di quel suono infernale.

La piccola Matilde fu spinta avanti e si ritrovò a guidare il gruppo.

Allungò una mano e spinse la porta con cautela.

Un forte botto vibrò intorno a loro.

Atterriti, lottarono tra di loro per uscire da quel luogo maledetto.

Matilde inciampò nei piedi di qualcuno e cadde rovinosamente a terra. Gemendo di dolore, vide l’ultimo dei suoi amici lasciare quel bagno in fretta e furia.

“E ora, potrò possederti.” una voce rimbombò alle sue spalle, provenendo dal cubicolo aperto.

Sarebbe stata molto più spaventosa se il soggetto ignoto si fosse premiato di tener lontane le risate dalla sua voce. 

Matilde si volse di scatto verso il suo interlocutore:” Grim, se ti prendo… stupido!”

Grim le si avvicinò e l’aiutò a rialzarsi. “Sei tu quella più stupida - le lanciò un’occhiata di rimprovero - Cosa ti salta in mente? Tu più di tutti dovresti vergognarti.”

Matilde gli fece gli occhi dolci. “Sapevo che tu saresti corso a salvarmi se qualcosa fosse andato storto.” 

“Forza! Andiamo! Non voglio dovermi più aggirare nei bagni delle ragazze.”

Le cinse la vita con un braccio, aiutandola a camminare; ora che la sorpresa era passata, il dolore ad una delle caviglie era insopportabile.

La porta era chiusa dall’esterno.

Matilde lanciò un’occhiata allarmata a Grim. Lui ridacchiò e girò la maniglia, fino a che non si ruppe, aprendo la porta.

“Che begli amici che hai!” Grill le fece notare, pentendosene non appena notò l’espressione ferita sul volto di Matilde, che la sostituì prontamente con una più allegra.

“Ti va un gelato?”

“E la caviglia?”

“Sto bene.” Matilde sorrise, mentre si liberava dalla stretta di Grim.

 

 

***

 

Un’ora dopo, Matilde era seduta sulle panchine lignee del suo giardino, mentre assaporava il suo gelato alla vaniglia.

Grim le era seduto accanto, intento ad osservare il cielo.

“Grim, perché non ho mai visto dei fantasmi?”

Lui si volse verso di lei, “In che senso?”.

“Sei davvero frutto della mia immaginazione, Grim?”

“Stupida, pensi troppo.”

Matilde guardò avvilita il suo gelato. “A volte… A volte, penso che potrei capirti di più se fossi in grado di vedere gli spiriti. Così… saprei che sei reale.”

“Matilde, tu… ” 

Scosse la testa e gli sorrise. “Non preoccuparti! Lo so che ci sono cose che non capisco. Ma fin tanto che posso spendere del tempo in tua compagnia, non m’importa.”

Gli strinse con calore la mano e si avviò verso casa.

 

***

 

La caccia ai fantasmi l’aveva fiaccata, portandole via ogni traccia di energia. L’unico pensiero che affollava la sua mente era andare a letto e scivolare nel mondo dei sogni.

Riuscì quasi a far avverare questo suo desiderio, ma il trillo del suo cellulare rovinò i suoi piani.

  • 1 Messaggio Ricevuto -

Matilde grugnì infastidita e aprì il messaggio.

 

Ciao, sono Max. Ho avuto il tuo numero da Keira… Spero non ti dispiaccia ;) Ho saputo del piccolo incidente nel bagno infestato. Stai bene?

 

Matilde sospirò. I suoi amici traditori l’avevano tempestata di messaggi, ma lei si era decisa a rispondere all’indomani, tra i banchi di scuola.

Osservò il telefonino, considerando se tutta quella faccenda non fosse altro che un mero tentativo di Keira di farle fare coppia fissa con Max.

‘Posso sempre ringraziarlo per la sua gentilezza domani…” La sua decisione fu subito contrariata dal fatto che il suo cellulare prese a suonare.  

“Ciao, è un buon momento?”

“umm, veramente, Max, io stavo andando a letto.”

“Oh. Volevo solo assicurarmi che tu stessi bene. Keira mi ha detto che nessun di loro ha avuto modo di sapere come stavi, da quando sono fuggiti dal bagno.” 

“Sto bene. Un po’ di dolore alla caviglia, ma nulla di che. Sarò solo un po’ zoppicante domani.”

“Cavoli! Non suona affatto bene! Che ne pensi, se io vengo a casa tua domani e ti aiuto con i libri?”

“Cosa? Va bene, però non sai dove vivo.”

“Oh… E se riesco a scoprirlo?”

Matilde non poté fare a meno di sghignazzare di fronte a quella sfida. “Ti darò la possibilità di essere un vero gentiluomo.”

“Affare fatto. A domani.”

Quando riagganciò, trovò Grim che la osservava tristemente.

“La tua famiglia sarà scioccata nel vederti con un amico ‘normale’. Penseranno che sei finalmente cresciuta.”

“Grim, mi sembri triste.”

Grim sogghignò. “Perché mai dovrei? Beh, vedremo se riuscirà a scoprire il tuo indirizzo.”

“Comunque sia…” e Matilde volò dritta nel mondo dei sogni. 

Mentre osservava il suo respiro farsi regolare e lento, il sorriso forzato scivolò via dal viso di Grim, senza che nemmeno lui se ne accorgesse.

 

***

Max si dimostrò un ragazzo di parola e il giorno seguente si presentò a casa di Matilde, la quale dovette ammettere la sconfitta. 

Gli allungò la sua borsa, mentre afferrava il braccio che Max le offriva.

Matilde lo scrutò con cautela.

Durante tutto il tragitto, si adoperò per non pesare su Max, ma alla fin fine dovette riconoscere che era la cosa più facile.

Una volta giunti a scuola, furono presi d’assalto dalle amiche di Matilde, che erano corse a ‘salvarla’. 

L’incidente del bagno infestato fu quindi presto dimenticato, a favore della sua nuova amicizia con Max.

 

Più tardi, quella sera, il cellulare di Matilde trillò.

  • 1 Messaggio Ricevuto -

 

Come un vero gentiluomo, ti aspetto sotto casa tua, domani mattina. 

P.S. Mi piace il profumo del tuo shampoo.

 

“Scemo.” Matilde fece la linguaccia allo schermo del suo telefonino.

“Se la pensi davvero così, puoi sempre dirgli che non hai piacere ad intrattenerti con lui.”

Matilde ridacchiò, poi spense la luce della stanza e si infilò sotto le coperte.

“Suvvia, Grim!”

Quegli occhi color cielo e i suoi modi affascinanti… ‘Forse è solo perché è molto carino’ si disse con fermezza. ‘E poi, c’è qualcosa di familiare in lui…”

Con gli occhi scandagliò l’oscurità, fino alla figura che si stagliava contro le luci della finestra. E fece il collegamento.

‘Già, hanno le stesse maniere arroganti.’

“Grim?”

“Si?” Lui non si volse affatto e fu un bene per Matilde: sapeva che il coraggio le sarebbe venuto meno, nel confessare i suoi sentimenti.

“Se tu non fossi frutto della mia immaginazione, m’innamorerei senza dubbio di te.”

Grim non rispose.

Quando fu certo che Matilde fosse incatenata nelle intricate tele dei suoi sogni, le si avvicinò e posò le sue labbra sul suo viso.

“Sei troppo ingenua.”

 

***

 

Settimane dopo, una volta guarita la caviglia di Matilde, Max si offrì di continuare comunque la loro piccola tradizione della camminata.

Nonostante lei ne fosse molto felice, non poté non chiedergli se la cosa non gli creasse troppi problemi.

“Affatto! E poi sei di strada!”

Max le fece l’occhiolino.

“Che ne dici di venire a studiare da me dopo? Così ti mostro dove abito!”

“Certo! Sarebbe fantastico! Anche Keira ha bisogno di aiuto per quel test di geografia…”

“No, solo tu e i… ” il suo discorso rimase in sospeso, allorché un ramo cadde dagli alberi e si abbattè su di lui.

“Ahia! E questo da dove è venuto? - puntò gli occhi verso l’alto, senza scorgere nulla di sospetto. - Andiamo, Matilde, non sapevo che stare sotto gli alberi fosse così pericolosamente fatale.”

E la prese per mano, avviandosi lungo la via.

Con la coda dell’occhio vide Grim seduto su un ramo caduto di un albero.

‘Ha forse qualcosa a che fare con tutto ciò?’

 

 

Matilde e Grim si allontanarono sempre più.

Più tempo passava con i suoi amici reali e meno lui si faceva vivo, come se l'ingordigia di vita reale, normale, di lei, lo stesse annientando.

Fino a che, un giorno, lui scomparve del tutto.

Non fu in grado di trovarlo da nessuna parte, nonostante lo avesse chiamato e cercato assiduamente.

Sul letto della sua camera, trovò quello che doveva essere un dipinto di lei all’età di cinque anni.

Matilde camminava su un ponte ligneo, avvolto dalla natura verde e rigogliosa e sospeso su un luogo onirico, pieno di luce e calore, dai colori pieni e luminosi.

Portava con sé nella sua borsa il suo cagnolino di pezza, che aveva preso vita e si agitava energicamente.

Alle loro spalle, avvolto in un’intensa folgore di luce, vi era la sagoma di un ragazzo, con un paio di ali smeraldo ripiegate, che vegliava su di loro, tenendo lontano con un piede, nel margine sinistro della tela una macchia di oscurità e tutte le creature deformi annesse.  

Matilde ricordò il preludio di ogni sogno, prima che l’incubo soffocasse ogni sprazzo di gioia: era sempre stato Grim allora. L’aveva sempre protetta, vegliando su di lei come un angelo custode.  

‘Come un angelo custode… ’ pensò Matilde.

Aveva tenuto a bada il male del mondo per permetterle di condurre un’infanzia felice, ma ora che aveva superato quella fase della sua vita, il suo compito era finito e lui se n’era andato.

Accartocciò il dipinto, gettandolo lontano. 

Si sentiva persa, smarrita.

Cos’avrebbe fatto ora senza il suo fedele amico? Aveva abbastanza forza per affrontare la vita senza di lui?

Andò a prendere il disegno, mentre calde lacrime le solcavano il viso.

Era dunque questa strana malinconia, il prezzo per un’amicizia conclusa?

Lo aprì e notò che nella parte posteriore del foglio vi era una lettera scritta frettolosamente, ma in modo aggraziato ed elegante.

 

Cara, Matilde

 

ti devo lasciare. 

Mentre ti osservavo crescere in beltà e grazia, mi allontanavo sempre più dai miei doveri, sicché sono stato rimosso dal mio incarico, per non corrompere il mio spirito immortale con materia mortale. 

Io, che dovrei piangere su quello che ho fatto, sospiro invece per ciò che ho perduto, e non solo quello che abbiamo fatto insieme, ma i luoghi, i momenti in cui l’abbiamo fatto sono talmente impressi nel mio cuore che li rivedo con te in tutti i particolari e non me ne libero nemmeno durante il sonno…

O Dio perché doversi allontanare dall’oggetto di tanta gioia?  –  il tuo amore ha fatto di me la più felice e, nello stesso tempo, la più infelice delle tue creature!

Cara Matilde, devo lasciarti. 

Una volta conosciuto l’amore, l’ambrosia destinata a voi mortali, il compito di noi angeli si esaurisce e perde di significato.

Tu sei la causa e la cura del mio eterno dolore, ma vizi come avidità e superbia non sono propri del mio essere sicché, devo partire.

Ti auguro prosperità e gioia, confidando nel tuo buon cuore e nella tua capacità di mutare il carbone in oro.

Addio,

 

Grim

 

Matilde si strinse a sé quella lettera così dolce, eppure così funesta, mentre le lacrime le bagnavano le guance, non più paffute, segno che ormai era cresciuta ed era pronta ad affrontare il mondo.

Eppure non voleva ancora conoscere quel mondo crudele, spietato, senza magia.

Corse verso l’armadio e lo ribaltò da cima a fondo, cercando freneticamente l’ultimo avanzo della sua infanzia consumata. Trovò Teddy sotto a tutto, malconcio e con gli occhietti tristi.

“Teddy, oh, Teddy non voglio crescere mai più.” sussurrò tra i singulti del pianto.

Ma questo desiderio non venne mai esaudito.

 

 

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Donnina nell’ampolla:

Eccomi qui con questa piccola storia che mi è piaciuta tanto. Avrei voluto svilupparla ulteriormente e forse lo farò! Vedremo! Il tema dell’amico immaginario mi ha sempre affascinato, ergo, ho colto l’occasione al volo, ma l’ho rivisitata un po’! ;D Vi sono due citazioni finali famose insite nella lettera: scoprite quali! XD Comunque, intanto ringrazio chiunque abbia letto, recensito o semplicemente speso 5 minuti del suo tempo ( forse anche meno xD) a leggere questa mia piccola impresa: GRAZIE! <3 

Un bacione! SMACK!

Sophie J

 

   
 
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