La luce spaventa l’amore
« Devi andartene già? Non è ancora giorno. Con gli occhi chiusi, puoi
fare notte intorno. »
Il suo palmo gli sfiorò
le ciglia che, sbattendo ripetutamente, generavano un piacevole solletico. È
così semplice creare tendaggi che ci lascino sprofondare dolcemente in un’illusione
dalla quale è crudele doversi destare. Occorre solo una mano, morbida e
amorevole, che ci renda ciechi.
Le sue dita creavano
sottili ombre soffuse. Il nero, il buio, l’oscurità. Glieli somministrò a piccole dosi, perché l’ambiente intorno era ancora
invischiato nella pece che segue il tenero arancio e precede il timido rosato.
Non era necessario
esser sì convincenti. I loro corpi erano nell’assenza di colore, erano un
tutt’uno con essa. Avevano perduto i loro colori, il loro spazio. Erano l’aria
e il suono. Erano il niente.
Così la notte sembrava
davvero reale.
«Credimi amore.»
Lei gli strinse il
palmo destro con l’altra mano. Una morsa che trasmetteva ansia e preoccupazione
e che,di conseguenza, fece perdere credibilità a quanto aveva appena affermato.
Il cielo indossava
ancora un manto di un stelle o era solo un misero inganno?
«Credimi, amore, negli occhi ho il tuo viso pieno di sole, così
luminoso. »
Lui le accarezzò la
guancia, strofinandola con il pollice.
Poveri i mesti e
pragmatici, che hanno bisogno di vedere, quasi con l’idea che attraverso le
loro pupille possano discernere il vero.
L’amante, ogni amante,
è franco dalla vista. L’olfatto ed il tatto sono sensi ben più veritieri.
Turlupinare l’occhio è assai quotidiano. Ma alla narice ed al polpastrello
quando riusciremo a mentire?
«Non è ancora giorno. Credimi amore.»
Ella insistette ancora.
Forse la verità era già fin troppo palese. Ormai nessuna dialettica reggeva.
Poteva solo sperare che si sarebbe smarrito tra le sue braccia senza
minimamente badare al profumo di pane sfornato al momento, che trafelava dalla
finestra e all’umida sensazione d’acqua salata, che scrosciava lenta fino al di
lei mento.
Olfatto e tatto. Sì,
loro non mentono mai.
E lui l’aveva capito,
anche troppo. Per questo la rabbia inondò in tutte le sue membra.
«Che mi prendano qui, che mi uccida il sole!»
Alzò la voce, con tono
rauco e grave, e si mise in ginocchio sulle lenzuola. Sfidò il suo assassino,
lo invitò al duello fatale. In ogni caso, uno solo avrebbe vinto. E non sarebbe
mai potuto essere lui.
«Tu mi dici che è notte e se vuoi, amore, notte diventerà.»
Si gettò sul grembo di
lei, come un bimbo che comprende di essere ancora troppo piccolo. Il sole
sarebbe sorto e niente lo avrebbe potuto impedire.
Lei si ritrovò ad
accarezzargli i capelli mogano. Si ritrovò anche a doversi confrontare con la
propria coscienza e memoria. Ed entrambe avevano più cose da rinfacciarle.
Un amore emblema della
clandestinità. Forse erano solo due infidi traditori, che avevano gettato nel
dimenticatoio l’ideale della famiglia, del matrimonio, della “buona” società.
La moglie ed il marito che nessuno vorrebbe. Forse, anzi, sicuramente erano
colpevoli davanti al tribunale della moralità comune, che li avrebbe condannati
senza sconto di pena. Tutti gli alibi del mondo sarebbero crollati e nudi e
crudi avrebbero dovuto affrontare il loro miglio verde.
Questo è il regno del
giorno. Si regge su cemento e asfalto e ti uccide quando ti crolla addosso.
Ma la notte non
richiede giustificazioni, promesse o debiti. E’ un motel aperto in qualunque
stagione della tua vita. Un rifugio esclusivo, l’esilio dalla disperazione. Il
ritrovo dell’amore, che non è più criticato od additato. E’ solo amore, e
basta. Alla fine del soggiorno, nessuno viene a batter cassa per riscuotere il
proprio compenso. Una favola? Magari. Purtroppo le vacanze non si differenziano
da tutte le altre cose. Anche loro non durano per sempre.
Questo è il regno della
notte. Si regge su fragili palafitte che non resistono alla successiva
alluvione.
Ed allora? Dove vivere?
Esiste il crepuscolo?
Il Tigri e l’Eufrate
nacquero dai suoi occhi ed il suo volto era la Mesopotamia. Scorrevano in
parallelo per poi unirsi sotto il labbro inferiore, dove crollarono in una sola
lacrima.
No, non esiste il
crepuscolo. Lei lo aveva compreso.
«Credimi, è giorno. Fa presto, va via! Credimi, è giorno. C’è più luce
intorno.»
Smise di scompigliargli
la chioma e lo distanziò da sé con un gesto secco. Se le sue parole potevano
lasciarlo basito, i suoi gesti sarebbero stati eloquenti. Si alzò dal letto,
afferrò i suoi abiti sparsi sul pavimento e glieli mise accanto. Poi restò in
piedi con le braccia conserte e la testa rivolta dalla parte opposta a lui.
«Non è ancora giorno. Credimi amore.» Un pugno s’ infranse sul
cuscino. Lo aveva tanto illuso finora. Se il sogno è di uno solo, è una follia.
Se si è in due, diviene realtà. Lo stava rigettando nella follia. Perché?
Ma
quanta luce spaventa l’amore! La tenda si spalancò e
l’alba attraversò inesorabile la stanza. Mai tanto fresco candore aveva
atterrito uomini e donne.
Ma
quanta luce fa nero il dolore! Il buio, fonte di
salvezza, si dissolse lentamente. Provare a rincorrerlo era inutile.
Il pulviscolo
atmosferico è un presagio della fine, del nulla. Il desiderio che diventa
pianto quando si sente inappagato. Lei, con il volto nascosto nelle mani, ancora
seminuda fuori e dentro. Arida, secca,
imprigionata in una cella dalle sbarre di miele: i suoi errori, quelli che
avrebbe commesso ancora una volta.
Lui, con la fronte
pregna di disagio, un estraneo ormai in quella stanza, le cui pareti sembrano
stringersi, stritolandosi le ossa. Già rivestito, pronto alla nuova finzione
che dovrà riuscire a portare avanti con maestria. O così o il dirupo.
«Addio, dammi un bacio.»
Forse non era ‘addio’
la parola che più bruciava in gola. Non era la consapevolezza che quello
sarebbe stato l’ultimo. Ma era il ricordo di tutti quelli già consumati a
gettarli nella disperazione.
«Addio, dammi un bacio.»
«Ti lascio la vita. Conservamela tu, perché dopo, già lo so, c’è
solo morte.» Gli occhi gli si strinsero quasi non volessero più vedere,
sognare, sfiorare. Si sentì trattenuto dal braccio.
«Un altro bacio ancora.» una voce sottile che ha perduto la speranza
e la voglia di vivere.
«Ancora un altro bacio.» la stessa voce che diviene roca trasformata
dalla lacrime che non riuscivano ad evadere.
Quel bacio non
significò nulla. Erano entrambi soddisfatti che fosse durato solo alcuni
secondi. Non provarono emozioni significative: amore, odio, passione,
logoramento. Solo indifferenza. Perché chi ha provato la felicità, spesso ne fugge
via. Un esito idilliaco fa paura.
Lui si fermò
sull’uscio, appoggiò la mano sinistra sul muro. Rimase di spalle, perché era
l’immagine che voleva le restasse impressa nella mente. E’ più semplice odiare
un bastardo che l’uomo della tua vita.
Nel silenzio dell’alba
si poté percepire l’istante in cui deglutì, che sembrò durare molto più a lungo
del lasso di tempo successivo, quando decise di schiudere le labbra, ancora
imbevute della saliva di lei.
«Ti amo, ma tu fingi di
non saperlo.»
Non attese di farle
pesare la pausa seguente alla conclusione della frase. Si diresse verso
l’ingresso ed il rumore della porta che si richiuse dietro di sé fu pari ad un
gemito.
«Mamma, che è
successo?»
Una bimba si stropicciò
gli occhietti. Indossava ancora il pigiama e si addentrò spaesata nella camera
da letto.
Lei, mangiata dalle
lenzuola, credeva di non potersi più muovere. Voltò solo il capo, facendo
perno sul cuscino. Rimase in quella posa
indecente, ma si preoccupò di essere una madre, decorosa e contenuta. Non lo poteva
più essere, se non per scherzo. Sbatté le ciglia e quello fu l’ultimo gesto
prima di tranquillizzarla.
«Niente, è solo
iniziato un nuovo giorno…»
Credits:
“Non è ancora giorno” tratta da “Giulietta e Romeo”.
Parole di Pasquale
Panella.
Musica di Riccardo
Cocciante.