Anime & Manga > Mahō shōjo Lyrical Nanoha
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Autore: Homu    11/11/2014    5 recensioni
Fate vive nella più totale tranquillità. Vive le sue giornate programmando le cose, così da non incappare in dispiaceri.
La vita, però, inserisce degli imprevisti, come un incidente. Durante uno di questi Fate incontrerà una persona che le cambierà il modo di vedere le cose.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri | Personaggi: Fate T., Nanoha T., Signum
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Un incontro fortunato

Nota dell'autrice: rieccomi per il solito appuntamento mensile su questo fandom! Ormai non so più cosa scrivere, questa one shot è stata estenuante da scrivere. Non so più se riuscirò a parlare decentement in italiano dopo tre giorni del genere o.o
Vi avverto che è un muro di parole lungo sei pagine di office. La mia one shoto più lunga.
Come ultima, ma non ultima cosa... ti amo da impazzire amore <3 Buon mesiversario!

UN INCONTRO FORTUNATO

 

Fate uscì di casa e salì sulla bicicletta. L’aveva appena portata da casa di sua madre e non veniva usata da un paio di mesi, approfittando della bella giornata l’aveva presa per farci un giro.

Era da poco andata a vivere in casa da sola, dopo quindici anni in casa della donna che l’aveva adottata, e che ora chiamava mamma, Lindy Harlaown.
La madre biologica l’aveva sbattuta fuori di casa quando aveva soltanto dieci anni ed era stata ritrovata morta pochi mesi dopo a causa di un mix di droghe e di alcol. Aveva passato un’infanzia molto dura, ma grazie alla famiglia adottiva il resto dell’adolescenza era trascorso senza problemi.
Ora viveva tranquilla in un piccolo appartamento di città ed aveva il lavoro che aveva sempre desiderato, ovvero essere un’insegnante di scherma.

Essendo sempre stata una persona taciturna ed introversa non aveva fatto molte amicizie, se non due compagne di classe delle elementari, con cui aveva subito legato, Arisa e Suzuka. Nonostante il carattere, in tutto il periodo scolastico, aveva avuto un corposo numero di spasimanti, ma lei non ne era mai stata interessata. Non si era innamorata nemmeno una volta.

 

La ragazza, intanto, percorreva tranquillamente le vie di Mid-Childa, passando per i numerosi parchi e viali alberati che la città offriva. Il programma era di andare al parco principale e crogiolarsi sotto il sole primaverile, stesa sul prato a leggere un libro.
Fate si fermò su un ponte per guardare il panorama che si poteva osservare: un corso d’acqua attraversava quella parte di città, affiancato da piccoli alberi che si riflettevano su di esso. Quel fiume era perfetto in quel luogo.
Riprese il cammino con qualche difficoltà, notando che i pedali facevano fatica a girare; il problema passò dopo pochi minuti.

Una volta giunta al parco sorrise, scendendo dalla bicicletta e cercando un posto libero nelle vicinanze di alberi, sotto i quali avrebbe potuto stare nell’ombra, se il sole si fosse fatto troppo forte. Non era una ragazza a cui piaceva il sole, anzi il suo umore era migliore quando il cielo era coperto di nuvole, ma non poteva starsene rintanata in casa, considerando che non avrebbe avuto nulla da fare.
Stese il telo da spiaggia portato per l’occasione e ci si coricò sopra, dopo aver preso il libro che si era portata dallo zaino.
L’opera che si era portata era una delle sue preferite, l’aveva riletta da cima a fondo all’incirca cinque volte, “Mille splendidi soli”. Adorava quell’autore terrestre, nonostante avesse letto solo due dei suoi libri, dato che il primo era troppo crudo e violento per i suoi gusti.
Le straziava il cuore vedere come un padre poteva vendere le proprie figlie in un modo così brutale, e poi pensare di poter essere perdonato con tanta leggerezza. Le straziava il cuore leggere quel libro, eppure lo conservava come fosse un tesoro e continuava a rileggerlo, nonostante sapesse che avrebbe pianto come una bambina alla fine.

 

Passarono ore dall’arrivo di Fate al parco, ma lei rimase quasi immobile sdraiata supina, muovendo soltanto qualche arto ogni tanto per sgranchirsi le ossa.
Decise che era arrivato il momento di andarsene dal parco, quando notò di aver superato la metà delle pagine del libro, voleva tenersi il resto per la sera.
Prese il telo e lo rimise nello zaino insieme al libro, prima di rimettersi in marcia ed uscire dal parco, con il sole che incominciava a tingere di un arancione chiaro il cielo.
Era ancora lontana da casa quando le accadde un imprevisto: stava attraversando la strada sulle strisce e sentì il un rumore sospetto, prima che il pedale destro girò più velocemente del dovuto.
La bionda scese dalla biciletta, osservando la catena spezzata che si attorcigliava alla ruota posteriore.
“Questa proprio non ci voleva” pensò. Sul pullman non l’avrebbero fatta salire con la bicicletta, quindi si sarebbe dovuta fare cinque kilometri a piedi, portandola di peso .
Tentò di sistemare quello che restava della catena in modo da non farla attorcigliare intorno ai raggi, prima di incominciare quella che si sarebbe prospettata una lunga camminata.

-Ehi tu laggiù, che è successo?- disse una voce alle spalle di Fate.

Si girò e vide una ragazza dai capelli castani che si avvicinava tremando; era pallida come un cencio e non si reggeva quasi in piedi, era drogata. I suoi occhi azzurri osservavano freneticamente tutto quello che era intorno a lei, senza realmente vederlo, mancava loro quella scintilla di vita che c’è in quelli delle altre persone.

-Tutto bene, non preoccuparti. Tu invece, sicura di non volere una mano? Da queste parti ci dovrebbe essere un centro di disintossicazione e…- non fece in tempo a finire la frase che la sbatté al muro, facendo cadere la bicicletta sul terreno.

-No no, io là dentro non ci torno mica, puoi scordartelo bellezza. Se vuoi aiutarmi dammi tutti i tuoi soldi, ora.-  le sussurrò, mentre le stringeva le mani intorno al collo, spingendola di più verso il muro.
La castana sembrava fragile, ma aveva una presa forte e sicura, e Fate non riuscì a liberarsi dalla sua morsa, nonostante cercasse in tutti i modi di farlo. Questa scena le ricordò molto bene di quando era piccola e la madre, in preda a chissà cosa, la picchiava e a volte la frustava con la cintura.
 Alla fine si arrese e si mise una mano nella tasca dei jeans, prendendo delle banconote.
La tossica sorrise, prima di cadere per terra svenuta. Fate si riprese i soldi, notando che si stava avvicinando un’altra ragazza, dai capelli rosa.

-Oi, tutto a posto? Ti stava dando problemi?- le disse, con un leggero tono di preoccupazione.

-Tranquilla, è tutto sistemato.- disse la bionda, pensando a come portare la tossica svenuta al centro, con la bicicletta rotta.
L’altra le sorrise, mettendo il corpo svenuto appoggiato al muro.
-Questa ragazza non imparerà mai… sarà la terza volta che fugge dall’istituto. Se aspetti che chiudo il bar do un passaggio a te, lei e alla tua bici.- disse indicando con un gesto il bar dietro di lei.

-Ti ringrazio, davvero. Non è necessario che porti pure me, da il passaggio a lei che torno a casa a piedi, così porto a far sistemare la catena.-  mormorò Fate, riprendendo in mano la sua compagna di viaggio.

La ragazza dai capelli rosa però insistette ed alla fine, la bionda accettò. L’aveva sempre seccata essere d’impiccio per le altre persone.
Osservò la proprietaria del bar far uscire i pochi clienti all’interno e chiudere il locale, abbassando la saracinesca.
Era poco più alta di Fate, con i muscoli ben delineati e le curve al posto giusto. La cosa che sorprese maggiormente la sfortunata in bicicletta, quando riuscì a vederla, fu il colore degli occhi: non ne avevano uno definito, semplicemente delle volte sembravano blu, altre volte verdi.
La ragazza tornò poi da lei e caricò quella svenuta in macchina, allacciandole la cintura di sicurezza, prima di aprire il portabagagli del suo suv e metterci dentro la bicicletta, che ci stava a pelo.

-Non ci siamo ancora presentate, il mio nome è Signum Yagami, molto piacere.- disse la donna al volante, senza distogliere lo sguardo dalla strada.
-Il mio è Fate Testarossa Harlaown, il piacere è tutto mio. Ti ringrazio infinitamente per il passaggio.- disse guardandola, non riuscendo a distogliere lo sguardo da lei.

Si sentirono dei mugolii dai sedili posteriori e la bionda si accorse che la ragazza svenuta si stava riprendendo, infatti pochi secondi dopo riaprì gli occhi di scatto, cercando di togliersi la cintura e uscire dalla macchina.
Signum però aveva chiuso le porte, per sicurezza, quindi le toccò rinunciare all’impresa e sbuffare.

-Bentornata Nanoha, dormito bene?- disse quella che guidava, con un ghigno in viso.
-Signum, sapevo che c’entravi tu, in qualche modo. Fammi uscire, non voglio tornare in quel centro.-
-Invece ci tornerai, perché ormai siamo arrivate. E scusati con la ragazza che hai aggredito prima.-

Fece un grugnito, mormorando qualche scusa a voce così bassa che le ragazze nei posti anteriori stentavano a credere di aver udito qualcosa.
La bionda sorrise leggermente dicendole di non preoccuparsi, per poi guardare fuori dal finestrino, cercando di far passare il batticuore, che le si era presentato dopo aver visto la donna al volante con un mezzo sorriso in viso.

In poco tempo arrivarono all’istituto e Signum si caricò di peso Nanoha che scalciava, cercando di liberarsi dalla presa. Arrivate all’ingresso, la donna dai capelli rosa parlò con una dottoressa dai capelli castani , che prese in braccio la sua paziente per poi rientrare e congedare l’accompagnatrice. La ragazza tornò in macchina e si mise la cintura di sicurezza, voltandosi verso la bionda e chiedendole dove l’avrebbe dovuta accompagnare.

-Conosci quella ragazza?- chiese Fate ad un certo punto, stanca del silenzio che si era creato. Normalmente preferiva rimanere in disparte, ma il solo rumore di sottofondo della macchina la metteva in imbarazzo al momento.

-Sì, da quando ero piccola. Andavo a casa di mia cugina ed era sempre lì che giocava con Nanoha. E tutt’ora se ne prende cura, dato che è il direttore del centro di disintossicazione. È sempre stata una ragazza seria e altruista, e nella zona in cui abitavamo c’era molta gente che finiva per strada a drogarsi. E quando anche la sua amica d’infanzia è entrata nel giro, ha deciso di darsi da fare in quel settore.
Non parlavamo di lei comunque.-
Continuò a parlare di come era il rapporto con Nanoha, raccontando anche la sua storia personale.

-Raccontami un po’ di te, Testarossa- disse Signum non appena il silenzio cadde ancora tra le due.
-Beh, non c’è molto da dire. Sono stata adottata dalla famiglia Harlaown dopo che mia madre mi ha abbandonata e ora ho una casa tutta mia. Insegno scherma in palestra, cosa che amo, tutto qui.-
-Capisco. Grazie per avermelo raccontato.- disse facendo un mezzo sorriso e quando la bionda si voltò per guardarla, avvampò notando il suo mezzo sorriso della donna al volante.

Dopo pochi minuti arrivarono al negozio che vendeva e riparava bici e la barista porto dentro quella di Fate, stando attenta a non urtare nulla. Immerso tra le cianfrusaglie dedicate al ciclismo, c’era un uomo dalla faccia seria; gli spiegammo il problema e lui prese con sé il mezzo di trasporto a due ruote, portandolo nel magazzino e lasciandolo lì.

-Domani verso le 16:00 può venire a prenderla. Deve pagare in anticipo una parte simbolica però.- disse, prendendo il blocchetto per le fatture.
La bionda fece per prendere il portafoglio ma vide che Signum era già andata e aveva pagato l’acconto.
Quando salirono ancora in macchina ledisse semplicemente che per ripagarla, quando avrebbe ripreso la bici, sarebbe dovuta tornare al suo bar e bere qualcosa con lei. Arrossendo annuì leggermente e la rosa sorrise soddisfatta.

 
Il giorno dopo Fate prese l’autobus, recandosi dal meccanico delle biciclette per ritirare la sua, pagando quel poco che restava e notando che il signore le aveva dato una gonfiata alle gomme, lo ringraziò del favore e si diresse verso il bar della ragazza di ieri.

Quando arrivò vide che il bar era chiuso. Che l’avesse presa in giro? Dalla finestra al piano di sopra si affacciò la ragazza dai capelli rosa, che sorridendo la pregò di rimanere lì che scendeva subito. Infatti dopo pochi minuti era insieme a lei davanti alla saracinesca aperta a metà del suo locale.

-Oggi è giorno di chiusura, ti ho invitato oggi di proposito, così da non incappare in clienti, per poter stare noi due da sole.- disse facendola entrare e spostandole una sedia per farla accomodare. La bionda ordinò del caffè macchiato, mentre per sé prese una bottiglia d’acqua.
-Vedo che ti ha aggiustato la bici per bene.- disse la barista, guardando il mezzo di trasporto di Fate legato ad un palo davanti al locale.
-Sì, mi ha pure gonfiato le gomme in omaggio, è stato molto gentile.- le rispose sorridendo.
Ad un tratto Signum avvicinò la mano a quella della ragazza, accarezzandola per poi intrecciare le dita, ridacchiando al colorito che stava prendendo l’altra ragazza.

Dopo aver parlato ancora del più e del meno la barista lasciò la mano della bionda, che sentì all’improvviso freddo. Non avrebbe mai voluto staccare le loro mani. Si riprese quando vide la rosa scrivere su un pezzetto di carta qualcosa per poi passarglielo.
-È il mio numero, così puoi chiamarmi se hai bisogno.- le disse sistemandole una ciocca dei capelli dietro all’orecchio. Fate si mise in tasca il bigliettino, per non far notare all’altra il suo imbarazzo. Ogni volta che si sfioravano il suo cuore batteva in modo strano, era molto più veloce e le faceva quasi male.

Passarono diverse ore ed arrivò l’ora di tornare a casa. La bionda stava per uscire dalla porta, quando Signum la fermò per il polso e l’attirò a sé, dandole un delicato bacio sulle labbra.
La ragazza spalancò gli occhi, incredula, ma la lasciò fare, per poi ritrovarsi a ricambiare lentamente il bacio. Il suo primo bacio se l’era preso una ragazza più grande di lei.
La barista la strinse di più a sé, attirandola per i fianchi, senza smettere di baciarla neanche per riprendere fiato; non riusciva a staccarsi da quelle labbra di miele e neanche l’altra aveva intenzione di smettere.
Si staccarono per necessità e la più grande le accarezzò una guancia, prima che l’altra scappasse imbarazzata.

 
Fate non chiamò la ragazza per sette giorni. Cercò di capire cosa era successo in quel locale, il perché del bacio, il perché del suo batticuore non appena la sua mente vagava sulla figura dell’altra, il perché voleva essere toccata da lei. La sua mente era in subbuglio e così il suo cuore.

Era quello l’amore?
Lo squillo del citofono la distolse dai suoi pensieri e andò a rispondere, scuotendo la testa. Dalla telecamera vide che era lei.
-Sei in casa vero? Vedo le finestre aperte- disse con un tono ironico, ma con un velo di tristezza.

 La bionda sospirò ed aprì il cancello e la porta. Non sapeva cosa fare ne cosa dirle, l’altra le aveva dato il suo numero come invito a chiamarla per uscire, ma l’aveva salvato a malapena sul cellulare. Sentì i suoi passi avvicinarsi alla porta, quindi la spalancò, dopo pochi secondi Signum sbucò dal piano inferiore.
Vide i gli occhi che adorava tanto che la guardavano feriti, e la sua bocca morbida massacrata dai suoi denti. Non voleva vederla in quello stato.
La fece entrare e quella, titubante entrò, restando a pochi passi da lei.

 -Perché non mi hai più chiamato Testarossa? Pensavo avessi chiari i miei sentimenti per te.- mormorò, guardando il pavimento della casa.
-Sì, li ho capiti, ma non ero sicura dei miei. Non sono mai stata con nessuno, non so cosa dovrei provare.- le rispose avvicinandosi a lei, alzandole leggermente la testa.
-Il bacio, tu lo hai ricambiato, perché?- continuò a mormorare, riabbassando lo sguardo.
-Non lo so, mi è sembrata la cosa più giusta da fare.- ammise sorridendo, prima di continuare –Ogni volta che sono con te mi sento strana, mi batte forte il cuore, mi provochi brividi anche al solo pensarti, non so cosa devo f-
La donna l’attirò a sé e la baciò, prima che potesse finire la frase.

 Non fu come una settimana prima, dolce e tranquillo, ma più passionale e bisognoso.
La bionda si strinse a lei con foga, ricambiandolo con la stessa intensità. Aveva bisogno di quelle labbra, le voleva sentire, in qualunque parte del corpo.
Signum si staccò, prima di sistemarle una ciocca di capelli dietro un orecchio e tornando a baciarla dolcemente, senza fretta. Ad un certo punto leccò il labbro inferiore dell’altra, che timidamente dischiuse le labbra. Incrociò la sua lingua con quella della più piccola, giocandoci un po’ prima di staccarsi dal bacio.

 -Ora hai capito cosa provi?- le chiese, con la fronte appoggiata su quella di lei e le mani ancora strette sui suoi fianchi.
-Beh… non ancora. Se mi dai un altro bacio potrei capirlo meglio.- disse Fate mugugnando imbarazzata.
La ragazza dai capelli rosa sorrise e fece congiungere le loro labbra ancora, in un bacio a stampo questa volta.

 Gli occhi rossi di Fate s’illuminarono e abbracciò l’altra, che le accarezzava i capelli felice. La padrona di casa la fece accomodare in salotto, portandole un bicchiere d’acqua.
-Signum, posso farti una domanda?- le mormorò la ragazza che aveva accoccolata al fianco. Ad un cenno di assenso quella riprese: -Come hai fatto ad innamorarti di me? Ci siamo conosciute da poco e non abbiamo neanche parlato molto. Anche io, come ho fatto?-
La donna, continuando ad accarezzarle i capelli le rispose tranquillamente: -Io ti avevo già incontrato al parco. Mi sono innamorata un giorno di quelli. Un bambino si era perso e tu lo hai aiutato a trovare sua madre. È stato un gesto molto dolce.- le diede un bacio sulla fronte – Per quanto riguarda te, beh non saprei. Dovresti conoscere tu la risposta.-

 Fate era rossa come un pomodoro, non si aspettava che Signum, la conoscesse già e che l’avesse vista aiutare quel bambino.
Ripensò a quando lei l’aveva conosciuta e capì anche lei di cosa si fosse innamorata.
-Forse so il motivo per quale io mi sono innamorata. I tuoi occhi, che sono un libro aperto, e la tua presenza. Quando sono con te mi sento bene, davvero tanto bene, come se la vita che ho vissuto fino ad ora non fosse realmente bella. Non appena ti ho visto è scattato qualcosa in me, che mi ha impedito di smettere di pensarti.-

La bionda cercò le labbra dell’altra, che non le negò il contatto. Entrambe avevano l’impellente bisogno di baciarsi ancora, e ancora, e ancora. Prima dolci e tranquilli, poi sempre più passionali e violenti, i baci che si davano dimostravano il bisogno che avevano una dell’altra.

 

La ragazza dai capelli rosa appoggiò la fronte su quella di Fate, riprendendo fiato.
-Grazie. È stata una fortuna per me incontrarti quel giorno. Possiamo definirlo un incontro fortunato, perché senza di quello non avrei mai scoperto l’amore. Ti ringrazio infinitamente Signum Yagami.- disse in mezzo ai sospiri Fate.

-Idiota,- mormorò rossa in viso l’altra, prima di continuare –la fortuna è stata mia.-

 

  
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