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Autore: Occhi di ghiaccio    12/11/2014    2 recensioni
[DAL CAPITOLO 3]
Appena Max vide che lei iniziò a muoversi per uscire, lui la prese per un braccio, tirandola indietro.
«No, carissima..» e fece un cenno interrogativo per domandare il suo nome.
«Maya» sbuffò lei.
«No, carissima Maya, tu non dirai niente a tuo padre»
Lei restò sbalordita.
«Come sai.. come..?»
«Posso leggere nel pensiero e so che mi trovi tremendamente affascinante» rispose lui, scompigliandosi un po’ i capelli corvini.
«Questo te lo sei inventato. Io ti trovo tremendamente.. antipatico. Lasciami andare, io faccio quello che voglio» lei cercò di scrollarsi di dosso la sua presa, ma non ci riuscì.
Lo guardò, notando nei suoi occhi neri un’improvvisa tristezza.
«Ti prego. Dammi il tempo di spiegarti tutto»
«Cosa mi dovresti spiegare, Maximilian?» chiese lei, marcando sul nome.
«Una lunga storia, nella quale tu, senza saperlo, ne sei coinvolta»
«Io non voglio essere coinvolta in nessuna storia. Mi sembra già strambo tutto questo»
«Lo so, è l’inizio. Ti ci abituerai. Torna domani, ti prego. Poi sceglierai tu cosa fare»
Max si era fatto supplichevole.
Maya sospirò, maledicendo il suo lato generoso.
«D’accordo, non dirò nulla e tornerò domani. Ora mollami»
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note
Per questa mia seconda storia, farò l'angolo autrice sopra, per cambiare, per sperimentare un nuovo metodo.
Scusate se avevo detto che avrei aggiornato l'altra ff, ma questa notte ho fatto un sogno che mi ha ispirato a una nuova storia, questa.
La aggiornerò più raramente dell'altra, vi dico solo questo.
Spero vi possa piacere!
Buona lettura :)
-Occhi di ghiaccio


1. Trasloco

Maya viveva con la sua famiglia in un piccolo sobborgo  di Londra. Erano molto numerosi: senza contare la madre, morta per overdose dieci anni prima, erano in 9 più la nonna materna e un cane.

Il padre Jacob era un uomo molto vecchio e povero, che a stento portava avanti la famiglia aiutato da Anita e John, i due figli maggiori che avevano rispettivamente 24 e 29 anni. Anita non era ancora fidanzata, mentre John si sarebbe sposato di lì a due settimane.

La nonna materna era buona e severa, si occupava di fare da mangiare e tenere in ordine la piccola casa.

Poi c’erano quei mascalzoni di Dodo, Luke e Lucy. Avevano tra i 3 ai 6 anni e la confusione era il loro passatempo preferito. Ma dopotutto, erano bambini.

Nelson aveva 9 anni, pensava di essere un intellettuale e da grande non la smetteva di ripetere che sarebbe andato sulla Luna.

Ellie era la preferita di Anita. Stavano praticamente sempre insieme, si davano consigli su tutto e si aiutavano a studiare. Aveva 12 anni.

Ma torniamo a Maya. Lei era, come dire, la ragazza della famiglia che aveva più fascino. Quella che più aveva preso caratteristiche da sua madre. Occhi azzurri e capelli biondo cenere. Se solo si fosse curata di più il suo aspetto non si sarebbe ritrovata con solo un’amica e nemmeno un ammiratore, quando tutte le ragazze della sua classe avevano o un fidanzato, o ricevevano qualcosa a San Valentino. Lei mai, era una diciassettenne molto testarda, che a tutti i costi faceva quello che le pareva. E suo padre ogni tanto le diceva che proprio in tutto e per tutto assomigliava a sua madre.

 

Una giornata d’autunno, in cui il vento soffiava così forte da infastidire il cane abituato al gelo invernale, a pranzo il padre diede una notizia molto importante, che fece piacere a tutti.

«Traslochiamo!» urlò la voce possente di Jacob, spandendo un po’ di minestra sulla tovaglia muovendosi sulla sedia come un cavallino matto.

«Dici sul serio? Guarda che se è uno scherzo parto ora per andare sulla Luna» incrociò le braccia Nelson.

«No, davvero. Vi ricordate vostro zio Edward? Quello che ha una grande casa –che possiamo benissimo chiamare castello-?»

Ci fu un attimo di silenzio.

«Sì, ma papà, chi come zio Edward lascerebbe una dimora del genere? Glielo abbiamo chiesto mille volte di ospitarci, e lui ha sempre detto che voleva viverci solo con la sua famiglia, adesso non può aver cambiato idea di sana pianta e aver deciso di lasciarci una camera!» ragionò Maya.

«No, figliola! Lui ha voluto traslocare! Dice che in quella casa ci sono i fantasmi, ma per favore, non fatemi ridere! Sono andato io stesso a controllare questa mattina, ho girato tutte le stanze e non ci sono movimenti strani o rumori improvvisi… Ragazzi, questa è la nostra occasione!» ripeté l’ultima frase almeno dieci volte.

«E zio Edward dove andrà?» domandò la piccola Lucy.

«Lui verrà qui» rispose la nonna, che evidentemente sapeva già tutto.

«Qui? Io non ci credo ancora che lascia un castello con false leggende per un casa piccola e sporca come questa» disse Anita.

«Invece pare sia così» rispose John.

«E’ così, ragazzi. Quindi adesso finite di mangiare e mettete in questi sacchi che vi ha preparato la nonna tutti i vostri vestiti, i libri, tutto ciò che vi serve» ordinò il padre.

«Sacchi?» ripeté Maya.

«Sacchi della spazzatura?» anche Ellie ci teneva al pulito.

«Oh insomma, non fate tante storie. Non abbiamo le valigie che usano i ricconi per andare ad alberghi cinque stelle! Ora finite di mangiare senza farmi altre domande»

Ma nessuno finì di mangiare. Tutti si catapultarono felici in camera da letto con il proprio sacco e anche il cane sembrò aver capito, perché abbaiò gioviale e prese la sua pallina giocattolo infilandola nel sacco del piccolo Dodo, senza che se ne accorgesse.

 

Erano passate circa due ore. Poi l’antico telefono di Jacob prese a suonare.

«Pronto, casa Bruce»

Maya si era messa in ascolto. La voce dall’altra parte la recepiva con un brusìo.

«Sì, perfetto, noi abbiamo già sistemato tutte le cose nei sacchi, siamo pronti»

La ragazza sorrise.

«Sì sì, assolutamente.. Ti aspetto Edward» e riattaccò accorgendosi di Maya. Ne approfittò per andare ad abbracciarla, dato che lei era un po’ detestava il contatto umano.

«Grazie papà» disse sottovoce.

«Devi ringraziare zio Edward»

Sempre abbracciati, restarono in silenzio. Poi sorse un dubbio a Maya.

«Ma non pensavo che lo zio credesse ai fantasmi»

«Da piccolo era sempre così, un po’ credente» disse ridendo.

Qualcuno bussò alla porta e Nelson si mise a correre per aprire.

«Ciao zio! Ma davvero ci sono i fantasmi? Io li voglio vedere! Voglio parlarci! Che bello, grazie zio!»

«Ehi Nelson, calmati!» Edward sorrise, ma poi non rispose più al ragazzino.

Loro le hanno le valigie, pensò Maya. Che razza di fortunati.

In cinque minuti la famiglia Bruce montò sull’auto del padre e si avviarono alla loro nuova casa, con i sacchi che occupavano spazio e li stringevano.

«E’ molto lontano?» chiese Luke.

«No, no, solo è più vicino alla scuola, è più vicino al centro di Londra» rispose Jacob.

In dieci minuti erano arrivati. Maya scese dalla macchina e restò a bocca aperta. Non ci poteva credere. Non si ricordava fosse così grande, l’ultima volta che l’aveva vista aveva dieci anni. Certo, era un po’ vecchia, il colore era diventato un po’ rossastro, come quei vecchi castelli dei film, ma tutto sommato sarebbero stati più larghi. Edward aveva dato le chiavi al fratello, così andarono alla porta in legno, con un campanello simile a un fungo al centro.

La porta si aprì con un cigolio, e tutti entrarono a passo veloce, con la bocca aperta pe lo stupore.

Davanti a loro si trovava un tappeto intrecciato, e subito dopo delle scale. A sinistra c’era un lungo corridoio, mentre a destra finiva con una porta con le vetrate.

«Allora ragazzi, state tutti vicino a me. Ci si può perdere, fidatevi. Per i primi giorni non andate mai in giro soli, minimo in due, e meglio se accompagnati da me, la nonna, Anita o John» quella fu la premessa del padre.

Maya sbuffò. Una cosa che odiava era essere ritenuta tra i più piccoli della famiglia. Ma una cosa era certa. Lei sarebbe andata sempre in giro da sola, anche i primi giorni.

Il cane ululò contento, avventurandosi su per le scale.

«Perché il cane ci può andare?» domandò Dodo.

«Smoky ha un ottimo senso dell’orientamento, come tutti i cani» rispose Maya, impaziente. «Dai papà, facci vedere le nostre stanze che siamo stufi di aspettare»

Tutti furono d’accordo con lei.

«Giusto. Intanto vi avverto che ci sono tre bagni. Uno è al piano terra, in quella porta a destra, un altro è al primo piano, su per la prima gradinata di scale, è l’ultimo è al terzo piano, nonché l’ultimo di questo castello, senza contare la soffitta. Ma è troppo in alto, vi consigli di usare gli altri due»

Poi fece strada verso il corridoio a sinistra. La prima stanza a sinistra era la sala da pranzo, quella dall’altra parte era la cucina, poi si trovava il salotto –dove entrarono tutti per controllare quanto fosse bella e grande la nuova televisione- e iniziavano le stanze. Quella della nonna, che la divideva con Jacob e quella dei quattro bambini, Dodo, Luke, Lucy e Nelson.

E questo era ciò che c’era al piano terra.

Salirono le scale, e arrivarono al primo piano, dove trovarono Smoky ad annusare lo stipite di una porta. La prima stanza era una grande sala, arredata con mobili antichi, e poi c’era la stanza di Maya ed Ellie.

«Pensavo di avere una camera tutta sola» disse Maya al padre, sottovoce.

«Ellie non può restare sola» rispose lui comprensivo.

«Puoi mandarla benissimo con Anita, dato che loro sono le sorelle modello che si divertono sempre insieme» ribatté lei.

«Ti ho già spiegato che non sono sorelle modello, non hanno niente in più di te e magari ti relazioni di più con tua sorella Ellie. Chiuso il discorso, Maya»

La ragazza sbuffò ed entro nella sua camera con la sorella, mentre Jacob mostrava le ultime due camere, una per Anita e una per John, che quando si sarebbe sposato avrebbe potuto portare sua moglie in questa residenza, se solo avessero voluto.

«Bene, il secondo e il terzo piano sono un po’ vecchiotti, non molto gradevoli, ma se proprio volete farci un giro, mi raccomando mai soli, e tenete d’occhio i piccoli» ripeté per la centesima volta il padre, scendendo le scale per sistemare la sua camera.

«Aspetta papà!» lo rincorse Maya.

«Dimmi, figliola»

«E Smoky starà sempre in giardino? Non può dormire in camera mia?»

Il padre si morse il labbro inferiore, segno che stava pensando accuratamente a tutti i pro e i contro.

«D’accordo Maya, ma attenta che non faccia disastri. E ogni tanto lascialo andare fuori a respirare un po’ l’aria autunnale ed esplorare il giardino»

«Certo, grazie papà» così prese in braccio il cane e lo portò in camera.

 

Dopo quella lunga giornata stancante, tutti andarono a letto presto.

Maya non riusciva a chiudere occhio nonostante fosse davvero esausta, ma era troppo felice di essere in una nuova abitazione. Più grande, più moderna, più vicina alla scuola –quindi non avrebbe dovuto fare venti minuti a piedi correndo per non arrivare in ritardo-. In mezzo a quelle emozioni bellissime che aveva provato quel giorno non aveva nemmeno chiamato la sua migliore amica Margaret per avvertirla. Ma il giorno dopo a scuola, le avrebbe detto tutto.

Proprio quando i suoi occhi si stavano lentamente chiudendo, sentì dei passi nella stanza sopra di sé. Subito pensò di esserseli immaginati, ma poco dopo li sentì ancora. Guardò sua sorella Ellie, che dormiva beata.

Era proprio quello il momento di farsi un bel viaggetto sola soletta all’interno di quel castello.

   
 
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