Consigliamo
l'ascolto di questa canzone
durante la lettura.
È una cover a dir poco splendida di All of me. Ne
vale la pena,
ascoltatela.
Grazie ancora.
Fare
nodi. Fare nodi.
Nessuna
novità. Fare nodi.
Tic-tac.
Questo è un orologio. Non pensare a Gale. Non pensare a
Peeta.
Fare nodi. Non vogliamo la cena. Dita scorticate e sanguinanti.
Alla
fine, Finnick si arrende e assume la stessa posizione rannicchiata
di
quando le ghiandaie chiacchierone ci attaccarono nell’arena.
Io perfeziono
il
mio cappio in miniatura. Nella mia mente scorrono di nuovo
le
parole dell’ “Albero degli impiccati”.
«Finnick,
tu l’hai amata subito, Annie?» chiedo.
«No.»
Passa un bel po’ prima che aggiunga «Mi ha colto di
sorpresa»
Interrogo
il mio cuore, ma al momento l’unica persona che credo possa
cogliermi di
sorpresa è Snow.
Dev’essere
mezzanotte, dev’essere già domani quando Haymitch
apre la porta.
«Sono
tornati. Ci vogliono all’ospedale.» La mia bocca si
apre sotto un torrente di
domande «È tutto quello che so.»
Vorrei
correre, ma Finnick si comporta in un modo stranissimo, come se avesse
perso la
capacità di muoversi, così lo prendo per mano e
lo guido come un bambino
piccolo. Attraverso la Difesa Speciale, nell’ascensore che va
un po’ di qua e
un po’ di là, e ancora avanti sino
all’ala dell’ospedale.
Quando
entriamo, regna il caos più totale. Medici e infermieri che
corrono verso
barelle.
La
folla attorno ad
esse è talmente folta che non riesco a vedere i pazienti.
Siamo
colpiti di striscio da una lettiga che trasporta una emaciata giovane
donna
priva di sensi con la testa rasata. Johanna Mason. La
vedo e mi manca il
respiro.
Non
posso fare a meno
di sentirmi in colpa per ciò che le
è successo. Dopo tutto è colpa mia
se lei si trova in questo stato.
Cerco
Gale con gli
occhi, e lo trovo seduto su una barella, intento a farsi estrarre
qualcosa
dalla scapola.
Intanto
Finnick si è
allontanato verso una ragazza dai capelli scuri e un po' arruffati,
dagli occhi
verde mare, come i suoi.
Annie.
Provo
a cercare
Peeta, ma non lo trovo.
Dove
sei Peeta?
Mi
avvicino a Gale,
che intanto si sta facendo fasciare la ferita da cui poco fa il medico
stava
estraendo qualcosa
Lo
abbraccio, felice
che sia sano e salvo. Non del tutto sano, ma salvo,
se non altro.
«Hey
Catnip...»
«Sono
felice che tu
stia bene.»
Ci
stacchiamo, e mi
sorride. Eppure nel suo sorriso c'è qualcosa che non va.
Quasi
una nota di...
tristezza?
«Gale,
dov'è Peeta?»
Apre
più volte la
bocca, richiudendola immediatamente dopo, come se stesse cercando le
parole.
«Io...
Catnip...
abbiamo fatto di tutto, davvero...»
Non
riesco ad
afferrare il senso di quelle parole.
È
gravemente ferito?
È
ancora a Capitol?
L'idea
che Peeta sia
ancora tra le grinfie di Snow mi dilania dentro.
Crea
un vuoto dentro
di me.
E
poi capisco.
I
suoi occhi
diventano lucidi, diverse lacrime gli scendono lungo le guance.
«Lui...
non ce l'ha
fatta Catnip. Gli hanno sparato mentre fuggivamo verso l'hovercraft.
È stata
una cosa abbastanza veloce, non ha sofferto. In quei pochi secondi che
gli
restavano mi ha detto di dirti che ti ama.»
Mi
sento
improvvisamente sprofondare nel vuoto.
No,
non può essere,
non può essere vero, Peeta non può essere morto.
Senza
che io riesca a
controllarle, le lacrime mi scendono copiose sul viso, il dolore per la
perdita
del mio Ragazzo del pane mi lacera l'anima come un dolore fisico, che
non posso
sopportare.
«Dimmi
che non è
vero» riesco a mormorare con la voce distrutta dalle lacrime
«Dimmi che mi stai
prendendo in giro, Gale.»
Lui
china lo sguardo,
sulla sua guancia scende una lacrima silenziosa, mentre mi prende tra
le
braccia e mi stringe forte a sé.
«Mi
dispiace,
Catnip.» mormora «Mi dispiace.»
Non
ricambio neanche
l'abbraccio. Resto interdetta stretta tra le possenti braccia del mio
migliore
amico.
«Lui
ti amava,
Catnip. Ti amava più di quanto io abbia mai fatto.»
«Lo
posso vedere?»
chiedo a Gale, rompendo il nostro abbraccio.
Lui
annuisce
silenziosamente, scortandomi con passo tremante verso una piccola
stanzetta
dell'ospedale del distretto 13.
Sento
di poter
crollare a terra da un momento all'altro, i singhiozzi mi scuotono il
corpo, le
mani mi tremano e sono terrorizzata dall'idea di dover vedere il suo
corpo
esamine, privo di vita. Un cadavere.
Appena
entro nella
piccola stanza buia trovo Haymitch, in piedi davanti al letto, che
guarda Peeta
con sguardo triste, mentre qualche lacrime silenziosa gli solca il viso
ispido
di barba.
Ma
appena volto lo
sguardo verso ciò che resta di Peeta, scoppio in un pianto
isterico e inizio a
tremare ancor di più, come una foglia solitaria trasportata
dal vento
autunnale.
Sta
lì, il Ragazzo
del Pane, immobile in quel letto freddo, con le mani abbandonate lungo
i
fianchi, sembra abbandonato a se stesso, ancor più bianco di
quel che era.
Sembra
che dorma ... Se
non fosse per quella macchia di sangue che ha sul torace perforato.
È
morto, il mio
Ragazzo del Pane. È morto.
È
andato via da me e
non tornerà più.
Mi
avvicino al letto
piangendo, volendolo accarezzare, baciare, dargli un ultimo addio ...
Perché
forse solo adesso mi sto accorgendo di averlo sempre amato.
I
due soldati che
stanno nella stanza fanno per bloccarmi, dicendomi che non posso
avvicinarmi,
ma non vedo il motivo per cui non potrei avvicinarmi all'unico uomo che
ho
capito di amare veramente.
Voglio
solo dirgli un
addio, solo ... Non riesco nemmeno a pensarci.
Continuo
ad avvicinarmi,
mentre i soldati avanzano verso di me.
Mi
siedo sul letto,
prendendo la mano gelida di Peeta ed accarezzando i suoi ricci color
grano tra
le lacrime e i singhiozzi incessanti e tormentati.
Le
due guardie
continuando ad avvicinarsi e sento che stanno per portarmi via. Via da
questo
dolore, via dall'unico ricordo che mi resta del Ragazzo del Pane.
«Lasciatela
fare»
sento dire ad Haymitch, rivolto ai soldati «Ora mi sa che
è meglio che usciamo
tutti fuori.»
In
pochi secondi
restiamo solo io e Peeta, o ciò che
resta di lui.
Grazie,
Haymitch.
«Cosa
ti hanno
fatto?» mormoro fra una lacrima e l'altra, stringendo il suo
corpo al mio «Cosa
ti ho fatto, Peeta?»
Scoppio
di nuovo in
lacrime, baciando la sua fronte ripetute volte, con la speranza che
possa
svegliarsi e stare bene, stringermi fra le sue braccia calde.
Ma
è così freddo ...
Bacio
con delicatezza
le sue labbra gelate dalla morte, accarezzo il suo viso, che pare
rigato di
lacrime ormai asciutte.
Almeno
non ha
sofferto, Gale ha detto che è stato veloce, che è
rimasto cosciente solo per
pochi secondi, ed è meglio così.
Aveva
già sofferto abbastanza.
Dovunque
lui sia
adesso - a patto che sia da qualche parte - sono sicura che
starà bene.
«Ti
amo anch'io»
sussurro, prima di risistemarlo sulle lenzuola bianche della brandina.
E
stavolta è reale.
Stavolta
so di amarlo
davvero.
[Sei
mesi dopo]
Sono
totalmente
spaventata all'idea di rivederlo.
Peeta è rimasto in una capsula criogenica per
tutto questo tempo.
Quando sono uscita da quel maledetto obitorio, sei mesi fa, ho fatto
richiesta
di poter riavere il corpo dopo la guerra.
E ora eccolo qui, nel bosco, più precisamente al lago,
davanti a me, in una
specie di bara di ferro.
Ho così tanta paura.
Non dovrei. È Peeta. Era Peeta.
Le mani, il mio intero corpo, tremano mentre avvicino il dito al
pulsante
grigio al lato della "bara".
Il pannello superiore si solleva, andandosi a posizionare al lato
opposto a
quello del pulsante.
Diversi vapori gelidi escono dalla capsula, ed eccolo qui.
È privo della maglia, indossa solo dei pantaloni di tuta
neri e posso benissimo
vedere il foro che gli attraversa il petto.
Sento gli angoli dei miei occhi pungere, e non provo neanche a
trattenerle,
queste lacrime, perché ne ho bisogno.
Mi dispiace così tanto...
Accarezzo un'ultima volta i suoi capelli, la sua guancia leggermente
ruvida a
causa della leggera peluria bionda lungo la mascella.
È così freddo, così pallido.
Mi allontano da lui, ma solo per pochi minuti, giusto il
tempo di
raccogliere alcuni fiori.
Sistemo con cura i denti di leone, i soffioni e gli altri fiori
selvatici che
ho trovato in giro lungo il suo corpo, finendo col bagnarlo con le mie
lacrime.
Poi lo noto. Accanto al pulsante grigio ce ne sono altri due,
denominati in
basso.
"Specchio" e "Chiuso"
Incuriosita, premo il pulsante "specchio" e immediatamente la
facciata superiore che si era spostata di lato diventa trasparente.
Non premo di nuovo "chiuso" perché tornerebbe grigia, credo.
Invece, premo il pulsante grigio che avevo premuto all'inizio e chiudo
la bara.
Le lacrime non cessano di scendere, mentre la faccio scivolare
lentamente nella
fossa che avevo scavato prima.
La ricopro di terra, per poi incastrare la lapide nel terreno.
13/02/2154 - 26/05/2171
Requiescat in pace,
amore mio.
Circondo anche la lapide di fiori.
E sento solo il bisogno di allontanarmi, ora. Non reggerei altro tempo in piedi.
Alcune ghiandaie si sono appollaiate sui rami degli alberi presso la tomba.
Così fischio la canzone della Valle, quella che l'ha fatto innamorare di me, prima di andarmene.
E le ghiandaie cantano questa dolce litania, accompagnando il suo sonno eterno.
~
How many times do I have to tell you,
Even when you’re crying, you’re beautiful too?
The world is beating you down,
I’m around, through every move.
Note di due persone crudeli:
Che dire ragazzi, noi amiamo con tutta il cuore questa OS. L'idea ci è venuta dal nulla.
Poi, io (Joker) mi sono ricordata di questa cover e ho pensato di consigliarla per la lettura.
Credo sia a dir poco stupenda, e adatta a questa storia.
Speriamo possiate amarla, come l'abbiamo amata noi.
Perdonateci le lacrime, se ci sono state.
Come al solito, per ogni dubbio e curiosità, siamo qui ad aspettarvi sulla nostra pagina Facebook.
With love,
Buttercups Company