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Autore: My Pride    13/11/2014    4 recensioni
Yo, ho, ho at the battle of bones, you sail the seven seas but you’re never getting home, well the sea answered back, “Old boy, where have you been?”
I’ve been waiting for a fight like this since time first began, so prepare yourself and get ready for your death ride, I’ll be taking you down to Davy Jones with your cargo and your pride.

«Temi tu la morte? Temi l'idea dell'oscuro abisso? Ogni tua azione scoperta, ogni tuo peccato punito? Io vi posso offrire una scelta: unitevi alla mia ciurma e proponete il giudizio finale. Cent'anni ancora sopra coperta. Vuoi arruolarti?»
Le leggende sono solo leggende. Leggenda o meno, però, ad attenderli fra le ombre c’era di sicuro qualcosa. Se lo sentiva sin dentro le viscere.
[ New World Arc ~ Spoiler dai capitoli 668 in poi ]
[ Terza classificata al contest «No words: multifandom contest» indetto da Audrey_24th ]
[ Prima classificata al contest «One Sentence» indetto da Reghina-chan e valutato da ZiaConnie ]
[ Prima classificata al contest «Don't be a drag, just be a Queen!» indetto da RoyMustungSeiUnoGnocco ]
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Mugiwara
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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FOURTH SEASON › BEATING HEARTS
TOUCHING DISTANCE, #02
 
    «Non devi sforzare troppo il braccio, né tanto meno devi azzardarti a togliere il bendaggio triangolare; potrebbero saltare i punti e la ferita potrebbe riaprirsi, con il rischio di infezione. S
e ti da’ fastidio vieni da me, non fare di testa tua. Per quanto riguarda la caviglia, devi evitare il più possibile di stressarla, quindi niente cucina o attività che ti costringano a stare in piedi. Ah, e ti concedo una sola sigaretta al giorno. Capito, Sanji?»
    Era già la terza volta che Chopper gli ripeteva sempre le stesse cose, per quanto Sanji non avesse fatto altro che annuire svogliato per tutto il tempo, costretto dal piccolo dottore a starsene seduto sul lettino dell’infermeria. Gli aveva più volte tenuto presente che lui avrebbe dovuto cucinare pranzo e cena per tutti i membri dell’equipaggio, occuparsi delle solite faccende e che in fin dei conti stava meglio di quanto pensasse, però Chopper era stato irremovibile: niente sforzi, niente fumo e niente cucina. In tre sole semplici mosse l’aveva praticamente ammazzato. E da quel che aveva capito aveva davvero rischiato di morire, per quanto lui non ricordasse praticamente niente del genere. L
’unica cosa fin troppo chiara nella sua mente era il momento in cui si era diretto, seppur zoppicando, verso quel fottuto vecchio, poi c’era stata semplicemente un buio totale per chissà quanto tempo. Gli avevano raccontato che era rimasto privo di sensi per due giorni interi e che era riuscito a cavarsela solo grazie a Zoro, che aveva avuto la prontezza di caricarselo in spalla e di affrettarsi a cercarli. Come fosse poi riuscito a trovarli era un mistero, ma avevano avuto ben altro di cui preoccuparsi, non appena l’avevano visto ferito e con il respiro che si udiva a malapena.
    In un primo momento, e non lo nascondeva, Sanji era quasi scoppiato a ridere istericamente. Da quando si era riunito alla ciurma dopo quei due anni nell
’inferno di Kamabakka aveva rischiato di tirare le cuoia più di una volta, specialmente a causa delle sue continue emorragie nasali. E al ricordo degli energumeni che gli avevano donato il sangue era rabbrividito, scuotendo il capo per scacciare quel pensiero e concentrarsi sulle parole del piccolo Chopper, che si era anche premurato di ricordargli di non bere alcolici. Aveva poi attaccato con quella lagna, però quella sua preoccupazione aveva intenerito Sanji, che, per quanto scocciato, non aveva potuto fare a meno di sorridere.
    «Ho capito, Chopper, ho capito», esordì infine il cuoco, issandosi dal lettino con una certa fatica. La caviglia che si era slogato nella foresta gli procurava un fastidioso formicolio ogni qual volta poggiava il piede in terra, però, tutto sommato, riusciva a camminare abbastanza bene. L’unico problema era proprio il braccio, e avrebbe dovuto purtroppo attendere che guarisse. Ci sarebbe voluto tempo, ma la pazienza, in quanto cuoco, non gli mancava di certo.
    Sanji salutò Chopper con un cenno del capo, affrettandosi ad uscire dall’infermeria prima che la renna ricominciasse con le sue raccomandazioni; una volta sul ponte inspirò fino in fondo ai polmoni l’odore salmastro e benefico che proveniva dal mare, sorridendo nell’avvicinarsi alla balaustra. Poggiò il braccio buono su di essa e si perse nell’osservare il riflesso argentato della luna, che appariva come un disco distorto sulla superficie scura dell’acqua; piccole onde sbattevano placidamente contro la chiglia della nave e creavano una strana melodia che riusciva a calmarlo, esattamente come accadeva quando, da bambino, si rifugiava sulla polena del Baratie e fissava l’orizzonte con il pensiero rivolto al suo All Blue. A quei ricordi gli venne da sorridere ancor più, ma scosse immediatamente il capo quando nella sua mente si affacciò l’immagine sfocata dello spadaccino, che gli era persino parso di vedere nel momento stesso in cui aveva aperto gli occhi in infermeria. Prese una sigaretta e se la portò alle labbra, cercando di trovare un significato a quella visione. Forse aveva semplicemente sognato. Forse aveva passato talmente tanto tempo da solo con Zoro che si era assuefatto all’idea di averlo vicino, quando invece non sarebbe dovuto affatto essere così. Loro due potevano litigare, essere in disaccordo su qualunque cosa e convenire poi sulla stessa al momento del bisogno, ma oltre a quello non ci sarebbe stato nient’altro. Non avrebbe dovuto esserci nient’altro. Oh, merda, aveva ricominciato a riformulare le proprie frasi al condizionale. Pessimo segno. Quell’avventura su quell’isola gli aveva doppiamente confuso le idee, maledizione, e la cosa stava cominciando a diventare stressante.
    «Sanji! Come stai?» La voce di Usopp riuscì fortunatamente a riportarlo alla realtà, e fu con un sincero sorriso di gratitudine che si voltò verso di lui, grattandosi distratto dietro al collo nonostante la presenza del bendaggio.
    «Tutto sommato sto bene», replicò, «anche se il braccio mi fa un male cane e la caviglia mi sta letteralmente uccidendo».
    «Dovresti startene a letto, sai?» lo schernì il cecchino, e fu solo nel guardarlo meglio che si accorse della sigaretta che sorreggeva fra i denti, lasciandosi sfuggire uno sbuffo ilare. «Oh! Chopper ti ha dato il permesso di fumare?» domandò con un gran sorriso divertito, riuscendo a strappare a Sanji una mezza risata.
    «Solo una al giorno, Usopp», rispose, fingendosi afflitto. «Ma meglio di niente».
    «Potresti prendere in considerazione l’ipotesi di cominciare a smettere».
    «Nemmeno per sogno, nasone. Le sigarette sono l’emblema del piacere».
    Usopp scosse il capo, probabilmente persino incredulo per quella risposta ricevuta. «Contento tu, contenti tutti», lo prese in giro, dandogli una lieve pacca sulla spalla buona. «Comunque sia, Nami mi ha mandato a dirti che non devi preoccuparti per la cena. Ci penseranno lei e Robin», soggiunse, e poco ci mancò che per la sorpresa Sanji ingoiasse la sigaretta.
    «Che cosa?!» sbottò incredulo. «Non posso lasciare che le mie dee si stanchino in questo modo!» e sarebbe di sicuro corso in cucina tutto zoppicante, se solo Usopp non l’avesse costretto con la forza a rimanere inchiodato lì dove si trovava.
    «Sta’ calmo, non te l’ho detto per farti agitare», sbuffò. «Sta’ buono qui, fumati la tua sigaretta e quando è pronto ti chiamo. Se no giuro che dico a Chopper di somministrarti della morfina e di legarti a letto finché non guarisci».
    Sanji strinse la stecca fra i denti e, borbottando, poggiò nuovamente i gomiti sulla balaustra, scoccando appena un’occhiataccia al cecchino. «Siete dei selvaggi», bofonchiò. «Far lavorare due splendide fanciulle come loro per preparare da mangiare a dei rozzi ingrati come voi...»
    «Certo, certo, come ti pare», lo assecondò, battendogli ancora una volta una mano su una spalla come se volesse fargli coraggio; con la coda dell’occhio localizzò poi la figura di Zoro, e non si risparmiò dall’ammonirlo immediatamente con lo sguardo nel vederlo avvicinarsi. «Vedete di non litigare come al solito, voi due», raccomandò, decidendo di lasciarli soli.
    Il silenzio che piombò fra loro, però, fu decisamente imbarazzante. Sanji continuava imperterrito a fumare e Zoro se ne stava praticamente immobile di fianco a lui, muto come una statua e con la stessa inespressività dipinta in viso. Era come se fra loro aleggiassero parole che nessuno dei due aveva il coraggio di esprimere, e probabilmente si sarebbero sicuramente presi a botte da soli per quella vigliaccheria. Di solito si inalberavano per un nonnulla e avevano sempre pronta la scusa per menarsele di santa ragione, ma adesso, complici anche gli impedimenti fisici e la spossatezza che li animava, sembrava che si trovassero ad un punto morto anche su quel loro bizzarro modo di relazionarsi. Però non potevano continuare così, dannazione. E fu proprio Zoro a prendere il toro per le corna, aggrottando la fronte nel farsi più vicino.
    «Cuoco», lo chiamò, e Sanji sbuffò, creando un anello di fumo nel togliersi la sigaretta da bocca. Merda. Aveva tanto sperato che quel cretino se ne andasse e lo lasciasse da solo a fumare quella maledetta paglia in santa pace, portandosi via anche i suoi interrogativi. In fin dei conti aveva subito una bella batosta anche lui, no? Che se ne andasse a riposare.

    «E adesso cosa vuoi, stupido marimo?» sbottò, resistendo all'impulso di tirargli un bel calcio nello stomaco. La gamba gli faceva abbastanza male - era già tanto se riusciva a stare in piedi - e non aveva la benché minima voglia di finire con il culo a terra a causa sua, in particolar modo se si contava il fatto che era già nervoso per proprio conto senza che ci si mettesse anche lui. «Se hai ancora intenzione di rompere le palle vedi di sparire, altriment-» Sanji non ebbe nemmeno il tempo di realizzare del tutto la cosa che si ritrovò le labbra dello spadaccino incollate alle proprie, venendo zittito seduta stante; sgranò gli occhi e lasciò cadere a terra il mozzicone di sigaretta che fino a quel momento aveva sorretto con due dita, non riuscendo a credere che stesse accadendo davvero. Quella era una fantasia ad occhi aperti, ne era certo. Era del tutto impazzito e ciò che stava succedendo era soltanto una proiezione della sua mente malata. Quando sentì la lingua di Zoro lappargli il mento irto di barba e premere poi con fare insistente contro le labbra, però, si rese conto che in realtà era tutto vero, e nemmeno si accorse subito di aver aperto la bocca quel tanto che bastava per far intrufolare quella lingua attraverso di essa, andandole incontro con la propria; la sentì scontrarsi con i denti, carezzare il suo palato, gustando il bizzarro sapore ferruginoso dello spadaccino, che si era spinto contro di lui per annullare del tutto la distanza che li separava. Quel bacio fu consumato troppo in fretta e gli mozzò il fiato nei polmoni, ma fu con un bizzarro imbarazzo che non era per niente da lui che fissò in volto il Vice Capitano non appena quest’ultimo si allontanò.
    «Consideralo la mia risposta a quella domanda che mi hai fatto nella foresta, cuoco», replicò Zoro, leccandosi via un rivolo di saliva prima di dargli semplicemente le spalle per lasciarlo lì, immobile e senza più difese, ad osservare la sua schiena mentre a poco a poco si allontanava.
    Sconcertato, scombussolato, e con il cuore che batteva a mille, Sanji si sfiorò con due dita il labbro inferiore, imprecando a denti stretti qualche istante dopo prima di accasciarsi sui calcagni nonostante la fitta dolorosa che gli trapassò la caviglia; si tenne la testa con una mano e, abbandonando il braccio bendato in grembo, mugolò frustrato, intrecciando violentemente le dita fra i capelli, quasi volesse strapparli alla radice. Accidenti a quell’idiota. Baciava anche da schifo, come se non bastasse. Però, e la cosa era a dir poco snervante, con quel pessimo bacio lo spadaccino era riuscito a dissipare ogni suo dubbio, lasciandolo ancor più sgomento di quanto non avesse creduto lui stesso al principio.
    Alla fine era successo. Come un naufrago in balia delle onde, lui era diventato vittima delle sue stesse sensazioni, cogliendo troppo tardi il significato dei bizzarri comportamenti che l’avevano animato fino a quel momento. Era pazzo di quel cretino - quel cretino che aveva rischiato la propria vita per lui, rettificò nell’immediato -, e la cosa gli piaceva maledettamente, accidenti. E fu proprio a quel pensiero che si alzò in piedi in un lampo, zoppicando verso Zoro per passargli il braccio buono dietro le spalle e attirarlo a sé sotto il suo sguardo accigliato.
    Che la parte razionale del suo cervello andasse a farsi fottere, per una volta. Loro avevano ben due anni da recuperare.









_Note conclusive (E inconcludenti) dell'autrice
E finalmente, dopo tutto questo tempo, siamo arrivati alla tanta sospirata conclusione di questa storia.
Ammetto che in un certo momento la situazione mi è un po’ sfuggita di mano, comunque. All’inizio l’idea non sarebbe dovuta essere questa - difatti volevo ambientare la storia in Strong World, non in un punto imprecisato della New World Arc -, visto che la storia sarebbe dovuta essere una one-shot. Una cosa tira l’altra, però, e alla fine è venuta fuori una cosa del genere a cui non riesco ancora a trovare un vero e proprio senso e... aye, con Sanji sono stata una vera e propria bastarda, ma quando ci vuole ci vuole.
Poi. La ZoSan c’è ma si vede esplicitamente soltanto verso la fine della storia perché, e mi preme tantissimo dirlo, avevo una voglia matta di lasciare tutto in sospeso fino a questo momento, senza far svolgere la storia con il solito “Si amano ma non se lo dicono finché non si trovano da soli in una situazione pericolosa”. È tutto molto velato anche perché il loro rapporto mi piace così com’è, senza uno scontato romanticismo e senza situazioni che potrebbero renderli troppo OOC. Insomma, che sia visto come Romance o puro e semplice Bromance, insieme sono comunque stupendi, per me. Ovviamente, inoltre, tutte le tecniche presenti nel corso delle battaglie sono quelle che vengono utilizzate dai personaggi nell’anime/manga, e, visto che potevo sfruttare l’elemento avventura, ho pensato che per mantenere la stessa atmosfera e dare credibilità sarebbe stato perfetto inserirle. È stato un pochino difficile valorizzare le scene proprio perché in One Piece i combattimenti vengono resi sicuramente meglio nella trasposizione su carta o su anime, però spero che in qualche modo si sia capito ciò che volevo esprimere. Adoro inoltre le scene nel bel mezzo dei boschi e quella strana sensazione di quiete che si prova nello stare dinanzi al fuoco, ma questo credo che sia stato ampiamente notato durante il corso della storia e anche in altre one-shot che ho scritto sia su questo fandom sia su altri.
Non saprei cos’altro dire né tanto meno cosa spiegare, dunque spero semplicemente che per voi sia stata una bella avventura tanto quanto lo sia stata per me scriverla.
Oh, dimenticavo di spiegare una cosa molto importante e che alcuni hanno notato: Davy Jones è scappato, aye, ed il motivo è semplice: questa storia ha un seguito. Non so quando lo posterò, se riuscirò a finirlo in tempo - infatti sono ferma sullo stesso punto da... praticamente quattro mesi - o se lo reputerò abbastanza buono per essere definito storia, ma in tal caso restate sintonizzati.
Alla prossima.  ♥



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