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Autore: My Pride    13/11/2014    5 recensioni
Se solo quella lettera fosse arrivata prima... forse sarei riuscito a fare qualcosa e a capire che cosa avesse in mente di fare; forse avrei subito preso il primo treno per Central e avrei evitato che accadesse l’irreparabile, ma con i sé e con i forse non andava avanti il mondo.
L’avevi sempre saputo, eh, Maes?
[ Partecipante alla «Slice of Life Challenge» indetta da areon ]
[ Partecipante alla challenge «Contest of Passions» indetta da ellacowgirl ]
[ Partecipante alla «Cinquentento prompt per una Challenge» indetta da Saru_Misa ]
[ Terza classificata al contest «Ti scriverò d'amicizia, di quanto sia devastante» indetto da GioTanner ]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Maes Hughes, Roy Mustang
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Resonance  

[ Terza classificata al contest «Ti scriverò d'amicizia, di quanto sia devastante» indetto da GioTanner ]


Titolo:
Resonance { His battlefield: in a cold night
Autore: My Pride
Fandom: FullMetal Alchemist
Tipologia: One-shot [ 3706 parole ]
Frase scelta: Numero 4. Ho speso pochi anni della mia vita con te. Ma mai codardo, mai vile, mai vigliacco sei stato nei miei confronti; abbiamo percorso insieme una strada e siamo stati uno la spalla dell’altro, ma ora questo treno corre più veloce di te.
Personaggi: Maes Hughes, Roy Mustang
Genere: Angst, Sentimentale, Malinconico
Avvertimenti: Bromance, What if?
Rating: Verde/Giallo
Introduzione: Se solo quella lettera fosse arrivata prima... forse sarei riuscito a fare qualcosa e a capire che cosa avesse in mente di fare; forse avrei subito preso il primo treno per Central e avrei evitato che accadesse l’irreparabile, ma con i sé e con i forse non andava avanti il mondo. L’avevi sempre saputo, eh, Maes?
Nota: Nel corso della storia potrebbero essere presenti espressioni come “Aye” e “Nay”, che significano rispettivamente “Sì” e “No” in italiano, e “Och”, che è un rafforzativo del “Sì”. Esse non sono un errore, bensì una scelta personale dell’autore, ormai affezionatasi a tale dicitura.
500 prompt per una challenge: Prompt n.92 › Ricordi
Slice of life challenge: Prompt n.13 › Lettera (Computer)
Benvenuti al banco dei prompt: Pacchetto angst › 14. Ricordi
The angst time: 02. Amarezza
Note dell’autore: Note presenti alla fine della fanfiction


FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All Rights Reserved.


«Central City,  Amestris. 08 settembre 1915
 
    Caro Roy,
    a dirla tutta fa uno strano effetto cominciare una lettera a te rivolta con la parola “caro”, ma per questa volta lasciamelo passare e prova a chiudere un occhio senza farci caso più di tanto.
    Ora ti chiederai il perché di una lettera, lo so. Beh, è il mezzo più veloce che sono riuscito a trovare per parlare con te. In questo periodo le linee telefoniche sono interrotte e quei pelandroni addetti alle comunicazioni battono la fiacca più del solito, potrebbero addirittura farti concorrenza. Attento, Mr. Mustang! C’è qualcuno che cerca di toglierti il primato di miglior scansafatiche di Amestris!
    Devo dire che non era esattamente questo il motivo per cui ho pensato di scriverti, in realtà. Nay, nay, non è nemmeno per parlarti del nuovo vestitino che ho comprato ad Elicia, sta’ tranquillo; però dovresti proprio vederla, sta diventando una vera signorina! Oggi lo faceva vedere alle sue amichette tutta sorridente, svolazzando in quella gonnellina a fiori mentre giocava insieme a loro. Magari la prossima volta ti spedisco anche un paio di fotografie, cosa ne dici? Così anche tu potrai ammirare la sua bellezza e farle qualche regalino! In fondo quelli sono sempre apprezzati, specialmente se si tratta della tua splendida nipotina. E non dirmi di no, che tanto anche Glacier sa che ti piace viziarla non appena voltiamo lo sguardo dall’altra parte. Ah, accidenti, mi sa che sto divagando. Cancella tutto quello che hai letto fino a questo momento, tranne la parte del regalo: quello me lo aspetto, mi raccomando.
    Inoltre non so se questa lettera ti arriverà, lo ammetto. Ultimamente la posta viene gestita male e anche la roba che aveva ordinato Glacier sembra essere perduta chissà dove, ma in fin dei conti non dovrei stupirmene: da quando i capoccioni sono impegnati con il caso Scar, preoccuparsi della corrispondenza della popolazione e di qualche bolletta in ritardo non è di certo la loro priorità. Insomma, nemmeno io mi preoccuperei di un po’ di cartastraccia se la mia vita fosse a rischio a causa di un ishvariano grosso, pericoloso e incazzato, non credi? A tal proposito, sta’ attento anche tu. Non dovrei dirtelo io, visto che dovresti essere abbastanza sveglio da capirlo da solo, però non andare in giro senza una scorta e tieni d’occhio anche Edward, sappiamo entrambi come quel ragazzo si lasci prendere dagli eventi... e non è proprio il caso che se ne vada a zonzo quando a piede libero abbiamo un pazzo che ammazza gli alchimisti di stato. Avrà anche il fratello a fargli da spalla, ma non si sa mai.
    Cavolo, ho perso il filo del discorso e chiacchiero come se tu fossi qua, ma sono certo che, se ti fossi stato davvero davanti, mi avresti intimato di arrivare al sodo con uno dei tuoi guanti, sventolandolo e minacciandomi di darmi fuoco. Non mentire, ti conosco troppo bene.
    Ero certo di riuscire a dirti tutto senza girarci intorno... beh, mi sbagliavo. Non avrei mai avuto il coraggio di parlarti apertamente di ciò che sto per dirti, quindi forse è un bene che io non riesca a guardarti negli occhi.  
    Ricordi quando eravamo in accademia? Quel giorno in cui attaccai briga con le reclute dell’ultimo anno? Aye, proprio quei quattro fighetti che si divertivano a bullizzare le nuove leve e a riempirle di botte. Una volta toccò a me e, pur essendo in inferiorità numerica, non me ne restai là a subire, prendendole di santa ragione. A quel punto arrivasti tu, lo ricordo bene. Impeccabile nella tua uniforme da cadetto, con i capelli scarmigliati e l’aria da so tutto io che non ti abbandonava mai, neanche quando in realtà non avevi idea di che cosa spiegassero a lezione; vedesti la scena e ti mettesti in mezzo anche tu, per quanto quella non fosse la tua battaglia e noi due non ci sopportassimo nemmeno. Quella fu la prima volta che lottammo insieme, schiena contro schiena. Lottare... beh, che parola grossa. Grandi e robusti com’erano quei quattro, siamo stati fortunati a cavarcela solo con un labbro spaccato, un occhio nero e il naso rotto a testa. Oltre milleottocentoventidue cenz per riparare gli occhiali, ma questi sono futili dettagli.
    Oh, ma ce la siamo proprio spassata, eh? Brutti lividi e ferite a parte, quella piccola baruffa ci ha davvero visti vicini per la prima volta. Mi sembra ieri, sul serio. Io e te sotto il sole cocente di quel tardo pomeriggio di aprile, seduti sulle panchine di pietra accanto alla fontana centrale dell’accademia, a ridere e scherzare come due deficienti nonostante fossimo letteralmente pesti.
    So che non te lo aspettavi e che fa strano sentirmelo dire - och, beh, in realtà scrivere, ma non stiamo qui a sindacalizzare sulle parole, suvvia - dopo tutti questi anni, però... non ti ho mai detto grazie. Aye, lo so, lo so, l’hai fatto per spirito di giustizia e bla bla bla, è stata proprio la cosa che mi hai ripetuto all’infinito quando, mentre mi mettevo un bel cerotto su un gomito, ti ho chiesto “Perché?”. E tu, con la sicurezza propria di un leader che sembrava avere già fra le mani il destino di chissà quanti uomini, hai alzato lo sguardo al cielo e hai sollevato un angolo della bocca in quel sorrisetto divertito che con gli anni, alla fine, ho imparato a conoscere fin troppo bene, rispondendomi semplicemente “Perché era giusto così”. Quelle parole non le dimenticherò mai. Per un momento non ti vidi più come un mio rivale, come un ostacolo che intralciava il mio cammino per essere il migliore dell’accademia, nay, per niente... mi sembrò quasi di averti avuto come amico da sempre, e quel tuo dire mi lasciò scombussolato.
    Strano come cambino i punti di vista, eh? Ma una cosa non è mai cambiata, perché sei sempre stato un sognatore, Roy Mustang. Lasciatelo dire. E di questo ne sono oltremodo felice. Se non avessi avuto quella ferma convinzione che ti spingeva sempre più in alto, sempre più su verso il raggiungimento del tuo obiettivo, forse alla fin fine nemmeno io ti avrei seguito. Aye, beh, so che non è carino da dire, ma tra noi bisogna essere sinceri, non credi? Ed è proprio per questo motivo che te ne parlo.
    Ormai, giunti a questo punto, dovresti ben sapere come sono fatto. Diretto e schietto, senza peli sulla lingua e senza la benché minima intenzione di tenere tutto dentro. Perché farlo, in fin dei conti? Un amico che ti sostiene è un buon amico, ma un amico che ti sostiene e ti dice la verità in faccia, senza nasconderti niente, è da conservare gelosamente come se fosse il proprio tesoro.
    Tutto ciò avrei potuto evitarlo e arrivare dritto al punto, però lo sai che mi piace divagare e non sarei stato io se non avessi perso tempo come mio solito anche su carta da lettere.

    Incidere un disco in vinile mi avrebbe richiesto meno tempo e non avrei sprecato tutti questi fogli, ma davvero ti aspettavi qualcosa di poco complicato, da me? Andiamo, Roy, non ti facevo così sprovveduto e scommetto che un po’ te lo aspettavi, non è forse così? Il buon vecchio Maes ti conosce troppo bene, ormai.
    E credo sia doveroso dirti che, nonostante il tuo caratteraccio, nonostante il tuo finto menefreghismo, starti accanto non è stato per niente male. Certo, spesso viene davvero voglia di prendere a sberle quella tua faccia da schiaffi, ma tutto sommato dovresti essere riconoscente del fatto che io sia un bravo ragazzo e che non voglia dare cattivi esempi alla mia piccola Elicia. A volte mi chiede storie di quand’ero più giovane, sai? Credo, però, che gliene parlerò quando sarà un po’ più grande. Non penso che Glacier sarebbe contenta di sapere che le ho accennato delle nostre scorribande durante il coprifuoco, di quella volta in cui tu ti ubriacasti così tanto da indossare un vestito da sera e truccarti o addirittura delle “fiabe del deserto”, come le chiama lei.
    Ne serberò parecchie nella memoria e nel cuore, però, attendendo il momento giusto per dire ad Elicia ciò che desidera adesso così ardentemente. Oh, ne avrò di aneddoti da raccontare, di cose fatte e di ricordi amari, di attimi imprigionati in un battito di ciglia, migliaia e migliaia di parole tante quanti erano i granelli di sabbia nel deserto durante gli anni della guerra civile; parlerò e narrerò di quel periodo, in modo che nulla di tutti quegli sbagli venga dimenticato, così da non far commettere alle generazioni future gli stessi errori che abbiamo commesso noi. Me ne sovviene uno, adesso, proprio come quella volta in cui ti trovai chiuso in te stesso in quella tenda polverosa ad Ishvar, ricordi? Quella notte in cui mi facesti andare letteralmente il sangue al cervello per le tue parole, non passa giorno in cui non rammenti anche quelle per filo e per segno, accidenti a te. “Quindi abbraccerai la donna che ami con quelle mani sporche di sangue?” Oh, quanto ho desiderato volerti prendere a pugni e levarti dal viso quell’espressione di commiserazione che mi mostravi, quell’aria saccente da grand’uomo che è certo di star combattendo per la causa sbagliata e che compatisce chiunque accetti la situazione che vive senza alzare un muscolo per contrastarla.
    Il problema è che avevi ragione, Roy. Le prime notti, a te posso confessarlo, avevo il terrore di svegliarmi in preda agli incubi e di attaccare la mia bellissima Glacier senza ragione, credendola il nemico. Sindrome da stress post-traumatico o trauma da bombardamento. Ecco come la chiamano i capoccioni giù all’ospedale. Un nome tanto lungo per indicare uno scemo di guerra che ha passato troppo tempo sotto il fuoco nemico. Abbastanza ironico, non trovi?
    Giorno dopo giorno, notte dopo notte, è stata proprio quella stessa guerra a riunire i lembi sfilacciati di quel filo che ci aveva visti uniti al principio, però. A ripensarci adesso, mi viene da ridere amaro al pensiero che ci sia voluto un massacro per rivederci dopo la fine dell’accademia. Ma è stato proprio quel massacro a gettare le basi ancor più salde della nostra amicizia e a far sì che trovassimo un obiettivo comune da poter portare avanti, percorrendo così, fianco a fianco, quella strada che avevamo cominciato a sbirciare da lontano, quasi timidamente per paura che essa potesse sparire sotto ai nostri piedi quando meno ce lo aspettavamo.
    Lo ricordo ancora come se fosse ieri: il tuo sguardo, fiero nonostante ti si leggesse sul viso la spossatezza della battaglia, era fisso verso l’alto, al posto occupato allora e tutt’oggi da Bradley; dicesti che non saresti mai riuscito ad arrivare fin lassù con le tue sole forze, e fu proprio da quel momento che decisi di darti una mano per far sì che il tuo ideale prendesse forma.
    Io credo che potremmo star qui a discutere, forse per ore ed ore, riguardo cosa avessi sentito in quelle tue affermazioni che mi abbia spinto a farlo, però non saprei proprio cosa risponderti. La sofferenza provata durante le ore di veglia? Le vite che avevamo distrutto per quella che credevamo fosse una causa più grande? Il caos e lo sfacelo che sembrava avvolgerci come un gelido sudario anche dopo la fine della guerra? Posso provare a fare mille supposizioni, ma probabilmente la risposta è più semplice di quel che sembra: eri e sei tuttora mio amico.
    Och, lo so, sto diventando stucchevole e sentimentale e non è esattamente da me... non se non si tratta della mia dolce Elicia, ovviamente. Però, sul serio, sappi che quello è il motivo per cui ti sono sempre stato accanto durante tutto questo tempo.  
    C’erano momenti in cui, agli occhi degli altri, sembravi un cinico bastardo che non si curava di niente e nessuno, un uomo calcolatore che era pronto a calpestare il cadavere della propria madre per ottenere ciò che desiderava, e spesso molti soldati mi hanno chiesto come facessi a sopportare un tipo come te; militari d’alto rango che ti fissavano come se gli avessi soffiato da sotto al naso le loro onorificenze, che si chiedevano come mai un assassino come te venisse premiato al loro posto, e con quale coraggio tu riuscissi a guardarti allo specchio sapendo a quanti uomini avevi ammazzato a sangue freddo con le tue stesse mai.
    Chi ti squadra con malvagia malizia potrà dire ciò che vuole, potrà riempirti di insulti e sputare sul terreno su cui cammini, però nessuno sa davvero come tu sia fatto. Nel corso della mia vita ne ho conosciute di persone, di gente con cui ho dovuto avere a che fare pur non volendo, e nemmeno una ha dimostrato anche solo la metà della lealtà e della fiducia che hai dimostrato tu verso di me.
    Ho speso pochi anni della mia vita con te, ma mai codardo, mai vile, mai vigliacco sei stato nei miei confronti; abbiamo percorso insieme una strada e siamo stati uno la spalla dell’altro, ma ora questo treno corre più veloce di te e non possiamo fare niente per fermarlo. Potremmo provarci lo stesso, non lo nego, e sono certo che se tu fossi qui, e non laggiù nella polverosa East City, mi diresti di tentare con tutte le mie forze, senza volerti arrendere all’evidenza.
    Inutile negarlo, sei sempre stato così e non saranno poche parole a farti cambiare idea, questo lo so fin troppo bene; persino ad Ishvar ci battevamo schiena contro schiena e ci coprivamo le spalle per non cadere vittime del nemico, però questa è una cosa che devo fare da solo e non posso fermarmi ad aspettarti. Tu hai già le tue belle gatte da pelare, e non sto parlando di quelle micette con cui ti intrattieni durante quei momenti in cui quel letto in cui dormi si rivela troppo grande. Mi sembra già di vedere la tua espressione, in questo momento: magari hai inarcato come tuo solito il sopracciglio sinistro, quello con quella piccola cicatrice quasi invisibile che ti sei fatto all’accademia - ricordi quanto hai rotto le scatole, quel giorno? Eri talmente preoccupato di essere rimasto sfregiato che mi avevi fatto venir voglia di romperti davvero il muso, accidenti a te - quando ti si è inceppato il fucile durante l’addestramento, e guardi questa stupida lettera con fare scettico, chiedendoti perché invece di aspettare che le linee venissero sistemate ho deciso di buttare giù due righe. Non ti do torto, sarei scettico anch’io se fossi stato tu a scrivermi. 
    Ad esser sincero, forse avrei potuto evitare di prendere carta e stilografica e di sciorinare tutte queste belle parole, ma per una volta lasciami fare il sentimentale come quand’ero giovane e ci trovavamo al fronte. Aye, proprio lì ad Ishvar, quando ti fregavi le lettere che mi spediva la mia bella Glacier e scrivevi al posto mio la risposta, che per mia fortuna non le arrivava mai. Non le inviavi proprio, eh, brutto  idiota? Ti divertiva solo vedermi impazzire e disperare su quella sabbia bollente mentre pensavo alla mia donna che leggeva parole che non avevo scritto io, scambiando confidenze con te e cose che magari erano pure più personali. Tutto sommato, però, era un piacevole passatempo che distraeva entrambi da quell’inferno che stavamo vivendo.
    Per una volta posso parlarti a cuore aperto, Roy. Ti ringrazio. Davvero. Ti ringrazio per questi anni che abbiamo passato insieme e per l’appoggio che mi hai dato in tutto questo tempo. Se non fosse stato per te, forse a quest’ora non avrei nemmeno avuto il coraggio di dire a Glacier che l’amavo e non avrei avuto la mia bellissima Elicia. Quello splendido futuro di cui parlavamo su quel campo di battaglia non è lontano, ne sono certo. Regala alla tua nipotina un mondo migliore in cui vivere, e sappi che sto ancora aspettando di vedere fin dove ti spingeranno i tuoi immaturi ideali, alchimista di fuoco.
    Ehi, non fraintendermi, adesso. Sai bene che non sono mai stato il tipo da scrivere cose del genere, quindi, qualunque cosa tu stia pensando in questo momento, mettila da parte e leggi attentamente ogni singola parola. Non mi interessa se magari potresti trovarla un’idea cretina - anche se, a dirla tutta, tu hai proprio poco da parlare, caro il mio Mr. Immaturo -, ci sono quei momenti in cui un uomo, nel corso della propria vita, deve seguire il proprio istinto e lasciarsi andare in qualunque cosa gli passi per la testa, e questo lo sai anche tu. Dopo che avrei letto, potrai anche dar fuoco a questa lettera, per quel che mi riguarda. Anzi, forse sarebbe meglio che tu lo facessi, dammi retta; e, per favore, dimmi che non hai aggrottato la fronte nel leggere queste righe, che se poi ti vengono le rughe di espressione mi fai pure sentire in colpa.
    Ricorda bene ciò che ti dissi durante la guerra, però, solo questo: possedere una casa con la donna che ami e vivere normalmente è una felicità che può esistere ovunque, ma è la felicità più grande. E questa è una felicità che tutti, nessuno escluso, dovrebbero avere il diritto di vivere. Tu puoi riuscire a cambiare questo paese, quindi continua a guardare avanti e non voltarti mai indietro, nemmeno se durante la strada ti accorgerai che qualcuno non sta più seguendo i tuoi passi. Un giorno, se ti sarà davvero fedele, quel qualcuno ti raggiungerà prima ancora che tu te ne renda conto. L’hai detto tu stesso: un ideale diventa qualcosa di possibile solo una volta che viene realizzato, e tu non sei di certo il tipo che si da facilmente per vinto. Coloro che vuoi proteggere sono persone semplici, senza armi né alchimia, dunque devi mirare in alto e raggiungere la vetta, così da rendere veritieri i sogni che abbiamo condiviso all’accademia.
    Ti assisterò da lontano, ma hai il mio completo appoggio. Come sempre, dopotutto. Di questo non ne hai mai dubitato, non è vero? Hai sempre saputo che ti avrei fatto da scudo, spalleggiandoti anche a distanza. Razza di idiota, in tutti questi anni ho fatto comunque il tuo gioco e la cosa, alla fin fine, non mi dispiace per niente. Forse me la sono cercata, ma non importa. Non è male far parte di questa grande catena che lega tutti noi.
    I libri che ho trovato tra queste cartacce non sembrano dire nulla di che, ma li studierò accuratamente. Se mai riuscirò a scoprire  qualcosa di interessante, tu sarai il primo a saperlo. Promesso. Così non dirai che mi tengo tutte le ricette migliori solo per me, va bene? E ti farò preparare qualcosa di buono anche da Elicia. Dovresti vederla, ormai sa cucinare bene quanto sua madre! Ma sto divagando ancora, ti spiegherò tutto nel dettaglio il prima possibile. O almeno lo spero.
    Ritornerò ad East City non appena la situazione si sarà stabilizzata. Ti porterò anche quei libricini a cui ho accennato, davvero. Per il momento cerca solo di fare il tuo lavoro e di non fare il lavativo come tuo solito, che quella santa donna del Tenente Hawkeye non può sempre starti dietro come una bambinaia. Hai pur sempre ventinove anni, per la miseria! Rallegrati, però: darò un bacio a Glacier ed Elicia anche da parte tua, appena riuscirò a liberarmi di tutte queste scartoffie e tornare finalmente a casa. Vedi che grande onore ti concedo? Sai che la mia bambina è categoricamente intoccabile, ma per “zio Roy” posso fare un’eccezione. Se poi sarai tu a liberarti per primo dagli impegni, ti aspettiamo con trepidazione: potrai assaggiare gli omini di pan di zenzero ricoperti zucchero a velo, Elicia te li farà con tanto amore.
    Oh, dimenticavo: la prossima volta voglio sentirti dire che hai finalmente trovato moglie anche tu, vecchio volpone. Niente scuse, sono stato chiaro? Fammi sapere che sarai in mani sicure anche se io, forse, non potrò vederlo.
 
 
Scherzavo, è una bugia.
Un saluto, Maes».




    B
evvi un lungo sorso di whisky e gettai un’occhiata alla lettera accartocciata sul tavolino in soggiorno, abbozzando un sorriso dolceamaro.
    Rispolverando fra i pochi cassetti del mio appartamento e svuotando l’armadio, avevo trovato vecchie corrispondenze risalenti ad anni addietro, e quella che avevo finito di leggere per l’ennesima volta rientrava proprio fra quelle. Cosa mi avesse spinto a riordinare casa, poi, era un completo mistero. Con tutto il lavoro che avevo da fare e il fiato della Hawkeye letteralmente sul collo, perder tempo a sistemare un appartamento in cui passavo appena cinque ore della mia giornata non era davvero il massimo. Eppure... eppure eccomi là, con un po’ di liquore e quelle pagine ingiallite che odoravano di polvere e muffa accatastate tutte da un lato.
    Se solo quella lettera fosse arrivata prima... forse sarei riuscito a fare qualcosa e a capire che cosa avesse in mente di fare; forse avrei subito preso il primo treno per Central e avrei evitato che accadesse l’irreparabile, ma con i sé e con i forse non andava avanti il mondo.
    L’avevi sempre saputo, eh, Maes? Il solo pensiero che mi venne in mente, mentre mi lasciavo sprofondare nel divano con il mio bel bicchiere mezzo pieno rilucente alla luce appesa al soffitto, fu proprio quello. L’avevi sempre saputo che quella lettera non avrebbe mai avuto una risposta, vero? Altro che libri, ricette e dolcetti di pan di zenzero fatti da Elicia... accidenti a te, brutto idiota.
    Era sempre stato un buon amico, e durante il suo funerale non avevo fatto altro che pensare a come sarebbero state le cose se avessi recepito prima il messaggio che mi aveva spedito un mese prima. Dinanzi alla sua tomba avevo persino formulato il pensiero di una trasmutazione umana, e anche a distanza di anni, a volte, mi svegliavo con il desiderio di mettere in atto quella che era stata solo un’idea dettata dal dolore che la sua morte mi aveva lasciato dentro.
    Scossi la testa per scacciare quei pensieri e spiegai la lettera, facendo scorrere su di essa lo sguardo per l’ennesima volta in quella serata. Mi passai una mano fra i capelli e, sospirando pesantemente, appallottolai i fogli per gettarli nel camino acceso, senza nemmeno pensarci due volte; li osservai attento mentre la carta si ripiegava su se stessa e gli angoli venivano consumati dal fuoco a poco a poco, riducendo in cenere parole d’inchiostro che nessun altro avrebbe letto più.
 
 
«Central City,  Amestris. 08 settembre 1915
 
Codice rosso.
Tieni gli occhi aperti, Roy. 

 
Uncle, Sugar, Oliver, Eight, Zero, Zero. Maes”»






_Note conclusive (E inconcludenti) dell'autrice
Questa storia un po' particolare è stata scritta per il contest Ti scriverò d'amicizia, di quanto sia devastante indetto da GioTanner sul forum di EFP, e sono contenta di essere riuscita a scrivere qualcosa di nuovo su questo fandom grazie ad un contest. Ormai credevo di non riuscirci più e che la mia ispirazione si fosse del tutto volatillizata, invece non era per niente così e ne ho avuto una dimostrazione. Non è uno dei miei lavori migliori, però ho voluto comunque provare con questo tipo di impostazione.
Vorrei inoltre dare una piccola spiegazione, anche se penso che a questo punto si sia capito. Le lettere maiuscole con cui si apre ogni riga della lettera, tranne per la Y finale del nome di Roy - ci avrei messo un “Yo” conclusivo, ma a Hughes va bene solo se si tratta della versione americana del fumetto -,  formano la frase sottostante, ovvero il messaggio cifrato nascosto da Hughes per far sì che Roy capisca che cosa sta succedendo e venga spronato ad indagare più a fondo nelle questioni che riguardano l’esercito. Anche le frasi finali e il suo saluto richiamano la seconda parte della lettera, ovvero il suo codice per far sì che riconoscano il suo grado quando le telefonate provengono da linee esterne. Il codice di identificazione reciterebbe USO800, ovvero “Bugia” in giapponese, parola che viene richiamata anche nelle ultime frasi del testo stesso e che in qualche contorto modo dovrebbe indicare che l’esercito stesso e l’istituzione degli alchimisti di stato a scopo benefico sia solo un’enorme bugia per trovare ottimi sacrifici umani.
Spiegato questo e data dimostrazione della mia follia, direi di chiuderla qui una volta per tutte prima che venga rinchiusa da qualche parte. Spero che in qualche modo la storia, per quanto continui a non convincermi come vorrei, sia piaciuta. Commenti e critiche, ovviamente, sono sempre bene accetti.
Alla prossima.



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