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Autore: Francine    13/11/2014    4 recensioni
Frammenti di vita quotidiana, sparsi nello spazio e nel tempo, all'ombra del Grande Tempio di Athena. Tutto quello che non è entrato nell'Astrolabio lo trovate qui.
(Personaggi serie classica e Lost Canvas)
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Caleidoscopio'
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La Morte a Venezia




Prompt: Festa
Titolo: La Morte a Venezia
Autore: Francine
Fandom: Saint Seiya – Lost Canvas
Personaggi: Cancer Manigoldo - Gioca
Genere: Commedia 
Rating: Verde
Avvertimenti: -
Lunghezza: (conteggio parole e numero pagine) 923/2
Eventuali note dell’autore (o alla fine se contengono spoiler):
Partecipa alla Challenge Slice of Life - bonus




 
 
Venezia sta sull'acqua, manda cattivo odore, 
la radio e i giornalisti dicono sempre "Venezia muore". 
Cadono tutte le stelle, si spengono ad una ad una, 
e sembrano caramelle che si sciolgono nella laguna.
 
(Francesco De Gregori, Miracolo a Venezia, 1985)
 




Venezia è una sirena che se ne resta nascosta sul fondo dell’acqua ed ammalia il viaggiatore.
Venezia ti chiama, da lontano, le luci che brillano contro il fondo nero della notte che sembrano tante, doppie, riflesse sullo specchio scuro della Laguna. E tu non puoi non risponderle. Ti scivola accanto, con un sorriso suadente, carico di promesse che non verranno mai mantenute. Lo sa lei e lo sai tu. Ma è bello, anche solo per un attimo, credere che sia possibile. Per una sera soltanto. Poche ore, ché domani si ricomincia con la solita vita. E si sconteranno i bagordi con un mese di penitenza e digiuno.

Venezia sta al Carnevale come un papavero all’estate. Venezia vive nell’attesa del Martedì Grasso, portando il suo ricordo fulgido nel cuore per il resto dell’anno. Respirandolo nei sestrieri, nei canali, nelle calli. Cercandolo, dietro ogni ciottolo, dietro ogni portone, dietro ogni imposta. Convinta di trovarlo lì, come un miraggio, a galleggiare su quello specchio nero rischiarato dalla luce d’argento della luna.

A Venezia anche il Carnevale sa essere triste.
Tu lo vedi sfilare tra maschere e oro, mostrarsi davanti San Marco o dondolare pigramente sulle gondole; ricco, bizantino, eccessivo. Risa, canti, gioia. Ma quelle risate, quelle canzoni, quella gioia hanno un retrogusto amarissimo. Come una radice di liquirizia, che se la succhi troppo ti annerisce la lingua e ti lascia un sapore di fegato, quasi. Ma non è anche per questa ragione che Venezia è Venezia, una favola sospesa tra i ponti e l’acqua che quando c’è da mettersi in mostra sa il fatto suo e non teme rivali?

Manigoldo aspetta, un narciso bianco nascosto sotto alla giacca. Aspetta che Gioca lo raggiunga al ponte di Rialto, una mascherina nera sul visetto, e magari i capelli acconciati all’insù. Lui non s’è mascherato. Con la marsina nera, il farsetto sullo sprone ben inamidato e le calze color crema sembra quasi una persona normale. Un uomo normale, e non un Santo. Uno che frantuma le stelle e spacca teste come si cavano i turaccioli dalle bottiglie o si slaccia il corsetto di una bella donna.

Manigoldo sogghigna. Chissà che faccia farebbero i presenti se sapessero che la Morte – o meglio, un suo araldo – passeggia in mezzo a loro! Quella signora grassa, vestita di cielo e oro, ad esempio, attaccata con le unghie e i denti ad una giovinezza ormai appassita. Sarebbe un bello scherzo, sì. Perché il Carnevale è la festa della vita sulla morte. Siamo vivi qui, ora, adesso. In questo momento. Del diman non v’è certezza. Questo pensano le persone che sfilano accanto a lui, marionette di un burattinaio capriccioso. Che può decidere di richiamarle a Sé in qualsiasi momento. Senza una spiegazione.

Ecco perché lui ha tagliato i fili. Ecco perché lui balla se vuole, quando vuole e con chi vuole. E stasera è Gioca quella con cui vuole ballare, fino ad averne i piedi stanchi e la testa che gira. Quella che vuole accontentare. Per una sera almeno. Una notte di tregua. Perché domani si torna alle solite esistenze. Lui al Santuario, lei a Venezia. Ma stasera, no; stasera saranno… saranno…

La fronte di Manigoldo si corruga. Lui si chiama Marco. Lo ricorda appena, come un brutto sogno, tanto da non sentirlo più suo. Tanto da non girarsi se qualcuno dovesse apostrofarlo con quel nome. Pazienza. Ma quello di Gioca? Qual è?, si domanda, accarezzandosi il mento, in cerca di un nome che possa calzare a pennello alla sua piccola amica. Come la scarpetta di quella storia francese che piace tanto alle ragazze.

Ed è cercando cercando che lei arriva. In punta dei piedi. In un fruscio di seta colorata – è raso, ma su di lei anche la canapa delle patate farebbe figura, pensa Manigoldo. Osservandola stupito. Ammaliato. Inorgoglito. Perché in qualunque modo si chiami quella bella ragazza con la gonna leggera ed impalpabile come la nebbia sarà sua. Solo sua. Per questa sera almeno.

«Sei venuto davvero!», gli dice, un po’ d’affanno contenuto a stento. Ha corso. Per paura di essere in ritardo. Ché se a Venezia ti fermi, rischi di sentire il richiamo di quella sirena e di perderti lungo chissà quali ponti o rughe.
«Certo. Per chi mi hai preso?», le dice. Perdendo quell’aria strafottente che gli calza addosso come un guanto. «Per te», e le appunta il narciso sui capelli. Nerissimi. Legati. Come piacciono a lui.
«Grazie!», trilla lei, sfiorando appena con le dita la corolla di quel fiore. «Non dovevi…»
Sì, invece, pensa. «Allora? Dove si va?», le chiede. Perché se restano ancora lì, fermi come due stoccafissi, c’è il rischio che la calca li spintoni sul serio e li faccia cadere in acqua.
«Vieni con me. Ti porto in un posto bellissimo!»
«Errore», le dice. Porgendole il braccio. «Io ti porto in un posto bellissimo.»
«Ma se non sai dov’è?», ribatte lei. Posando due dita appena sul velluto della marsina.
«Me lo indichi tu», le spiega. Perché stasera il mondo intero può andare alla rovescia e anche la Morte può decidere di scendere in strada a festeggiare, assieme ai vivi. Ché senza di loro, non ci sarebbe lei. Ma lui è un cavaliere. Un uomo. E non è disposto ad abdicare dal suo ruolo. Né stasera, né mai. «Allora?»
«Uomini…», sospira lei. Appoggiandosi a lui. «Dobbiamo andare in quella direzione», gli dice, indicando una calle stretta e scura che lui non aveva notato, prima.
«Sicura?»
«Sicurissima.»
«E allora, andiamo», le dice. Scivolando nella notte e sulle strade di Venezia, come se fossero due libellule sull’acqua, con Gioca sottobraccio.


Note:

Astrolabio s'è concluso, ma non preoccupatevi. Non vi lascio soli (e questo sembra un po' una minaccia, me ne rendo conto), ma aggiornerò questa raccolta con maggiore lentezza, ché stavolto si gioca coi temi bonus, quelli rilasciati, cioé, ad ogni compleanno della Challenge. Ci si risente attorno a... Febbraio, tipo?

Gioca, ahimé, non mi appartiene. Trovate la sua storia all'interno del Gaiden che la Teshirogi ha dedicato a Manigoldo. Poiché non c'è una chiusura netta, la mia vena romantica mi fa credere che sì, questi due si rivedranno.

E che Manigoldo si debba chiamare Marco non dipende da me. Ma dal suo DNA.
   
 
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