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Autore: Soqquadro04    13/11/2014    1 recensioni
[Spoiler!6x06 | Riscrittura| ElenaCentred | Implied!Delena | Probabilissimo OOC | L'ansia. Ho L'ANSIA]
[...] Il ritmo del suo respiro, frenetico – chiudi gli occhi, per un momento, uno solo, lasci che l'altra te, quella che è nascosta in qualche anfratto della tua mente e spinge e cerca di farsi sentire, prenda il sopravvento, solo per un momento.
L'hai aspettato e non ne eri consapevole – l'hai aspettato per tutto questo tempo.
(Ora lo sai che era lui, lo sai ma
non sai il perché; perché, perché, perché lui che è un assassino, un mostro, cosa ha fatto per farsi amare così, in questo modo oltre l'umano, oltre il possibile, da quella te che grida e grida ancora e ti implora di lasciarlo entrare, solo un'ultima volta, ti prego, solo un'ultima volta).
Tutto quello che c'è stato e non può non esserci più.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Autore: Soqquadro04
Disclaimer: non sono miei, devo solo sfogarmi e accanirsi su questi due idioti è un'ottima maniera
Generi: Introspettivo, Triste, Sentimentale
Avvertimenti: mezza What if?, riscrittura (6x06), Spoiler!
Rating:
Verde
N/A - Note dell'Autrice:
Buonsalve, lettrici.
... vi chiedo solo scusa per l'obbrobrio qui sotto, ma ultimamente 'sti due stanno avendo uno di quei momenti in cui mi fanno sentire indegna di scriverne e quindi per ripicca mi ci butto sopra a pesce. E poi vengono fuori i disastri isterici pre-diretta. #imsorry
Non moritemi, please.

A presto,
la vostra Soqquadro

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Et qu'est-ce que l'amour, ma vie?

Quel jour sommes-nous?
Nous sommes tous les jours
Mon amie
Nous sommes toute la vie
Mon amour
Nous nous aimons et nous vivons
Nous vivons et nous nous aimons
Et nous ne savons pas ce que c’est que la vie
Et nous ne savons pas ce que c’est que le jour
Et nous ne savons pas ce que c’est que l’amour
Jacques Prévert

 

Bussare leggero di nocche contro il legno – toc-toc, è il tuo destino, aprimi, ti prego.
Esitante – esausto.

 

(Non avresti mai immaginato, un giorno, di sentire impauriti i suoi gesti – ti chiedi perché senti così freddo, ora).

 

Un passo verso la porta, breve, tentennante.

 

(È freddo com'è la tua pelle, come il cuore e i muscoli e le ossa bagnate di passato – freddo maligno, di mancanze e dolore e di cose che ci sono state per non esserci più, un giorno. E poi ti chiedi perché stai tremando, Elena).

 

Prendi un respiro, così piccolo e inutile ed incerto – e poi un altro, e un altro ancora.

 

(Fai quasi fatica a tenere ferme le mani – è come un pianto senza lacrime, un lamento straziato che risuona nelle coste, che è tuo e non è tuo, rimbomba da qualche parte dentro di te, lontano troppo lontano lascia che lo veda ti prego. Ti prego, lascia che tornino questi ricordi sepolti. Ti prego).

 

Il pomello è solido e reale sotto la stretta disperata delle tue dita.

 

(Ti prego, smettila di mentire. Ti prego, non esitare più, quando sai che ci sono certi sogni strani, a volte, sogni che sembrano – sono – ricordi, di lui e di quello che tu eri con lui e di voi e di tutto quello che eravate, qualcosa d'immenso e vero e vivo, così triste e doloroso e strabiliante).

 

Il rumore della serratura che scatta, secco – impercettibile, ma non per voi.

 

(Sono sogni che non rammenti mai, però – rimangono solo sensazioni e pensieri in tumulto e il segreto delle notti in cui ti sei tirata a sedere, ansando, in un bagno di sudore, le labbra schiuse per chiamare un nome che non riuscivi più a comprendere).

 

La porta socchiusa appena, un ultimo tentativo di rimanere al sicuro – hai paura, hai così tanta paura.

 

(Ci sono stati momenti pigri di un pomeriggio assolato e la tua mente che rincorreva filamenti di momenti perduti, déjà-vu di cui non conoscevi più l'origine – e istanti, centinaia ogni giorno, in cui ti sei voltata all'improvviso, stringendo fra le mani l'immagine sfuggente di dita lunghe, candide, intrecciate alle tue. Istanti, centinaia, in cui non hai trovato nessuno e dopo un attimo sei ritornata a sorridere, ringraziando la confusione che ricacciava indietro i brandelli di qualcosa che non c'era – e non c'era più o, ancora meglio, non c'era mai stato, no, non poteva esserci stato, non puoi accettarlo).

 

Il ritmo del suo respiro, frenetico – chiudi gli occhi, per un momento, uno solo, lasci che l'altra te, quella che è nascosta in qualche anfratto della tua mente e spinge e cerca di farsi sentire, prenda il sopravvento, solo per un momento.
L'hai aspettato e non ne eri consapevole – l'hai aspettato per tutto questo tempo.

 

(Ora lo sai che era lui, lo sai ma non sai il perché; perché, perché, perché lui che è un assassino, un mostro, cosa ha fatto per farsi amare così, in questo modo oltre l'umano, oltre il possibile, da quella te che grida e grida ancora e ti implora di lasciarlo entrare, solo un'ultima volta, ti prego, solo un'ultima volta).

 

Poi c'è l'impazienza – basta con tutta questa paura, basta – e c'è lui sulla soglia, lui che sorride di un sorriso bizzarro, spezzato – e la prima cosa che pensi è che quel sorriso l'hai già visto altre cento, mille volte, e non saper dire quando o come o perché, ecco, questo ti uccide, ti trapassa con lame di dolore in un qualche punto nascosto fra i polmoni e il cuore.

Lui, soltanto lui – solamente lui.

Lui lì immobile che attende un gesto, un sussurro, un barlume della donna che è stata sua – e ha gli occhi di chi narra una storia senza conoscerne la fine.

 

(Ha gli occhi di un uomo troppo stanco, occhi di ricordi pesanti e ferite recenti e cose che dovrebbero essere dette – che non possono essere dette, non ora, forse mai più).

 

Aspettate entrambi, in realtà – ombre di un passato che pare così lontano.

Aspettate nel silenzio delle persone che si ritrovano e non sanno più come raggiungersi – con quell'uomo non riesci nemmeno a parlare, come puoi averlo amato?
Aspettate, finché non è lui che non sopporta più quella tensione – insostenibile –, lui che spazza via il rumore assordante nella tua mente confusa – lui che chiama il tuo nome e quando, quante altre volte l'hai sentito chiamarti così? Quante?
Quante volte ti è sembrato che il cuore battesse ancora nel petto, quante volte che non ricordi più – che l'altra rammenta ancora – hai sentito quelle dita sul viso?

Quante volte?

«Elena.»

 

(Elena Elena Elena Elena Elena Elena Elena Elena Elena).

 

L'altra si è insinuata nei tuoi occhi, ora, lì in fondo, nascosta – l'altra ricorda, l'altra ha molto più coraggio di te.

L'altra conosce tutta la storia, l'altra non è nella tua testa – in quei pensieri che si rincorrono e girano in tondo e non hanno nessun senso – no, l'altra è dentro, lì dove non arriva, la compulsione, lì dove c'è la verità e anche se non vorresti, anche se non dovrebbe, grida abbastanza forte da farsi sentire.
L'altra lo chiama per nome.

«Damon.»

 

 

 

   
 
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