Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: Glitch_    14/11/2014    13 recensioni
[Sterek, post 3b] Derek decide di restare a Beacon Hills e di riformare la piccola biblioteca di famiglia.
Lydia decide di abbracciare del tutto la propria natura di banshee, ma cerca aiuto presso un Hale diverso, stavolta.
Uno spirito misterioso, invece, decide di mettere radici a Beacon Hills e spingere con mezzi poco etici le persone sole a tornare ad amare, pena l'autodistruzione.
O anche...
Storia in quattro parti in cui Derek scopre che fra lui e Stiles c'è del potenziale e una kitsune del suono si esibisce in delle serenate provvidenziali per invogliarli.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Kira Yukimura, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



4. ZEPHYRANTHES

[Giglio della pioggia – Ti amo anch’io, Devo scontare le mie colpe, Non ti dimenticherò mai]


Ryu purtroppo era stato costretto ad andarsene presto: due giorni dopo l’estirpazione dell’Edera aveva un appuntamento con il frontman di una rock band di cui stava scrivendo la biografia – doveva intervistarlo e prendere degli appunti sulla storia della crescita del gruppo – e così non aveva potuto restare ancora un po’ ad appestarli con le sue serenate Anni Ottanta. Peccato.

La kitsune aveva trascorso il giorno successivo con Lydia: era andato a prenderla a scuola dicendole che le aveva preparato una sorpresa e nessuno aveva più visto entrambi fino alla mattina dopo.

A esser sinceri, Lydia quando era rientrata a tarda notte aveva inviato un messaggio a Derek chiedendogli se potesse chiamarlo.

«Mi sento un po’ imbarazzata nel parlarti di questo, perché è da tanto che non lo faccio, ma con qualcuno devo pur farlo e…»

Lui, ancora steso a letto, aveva sbuffato un sorriso contro il cuscino, rassicurandola. «Non c’è alcun problema, Lydia. Qualche tempo fa, a New York, ogni tanto mi capitava di ascoltare Laura dopo i suoi appuntamenti: si sedeva sul divano a gambe incrociate e con un barattolo di gelato in mano, e mi raccontava anche i dettagli che non avrei mai voluto sapere».

Lydia non aveva più una migliore amica – Allison – e Derek era la cosa che aveva più vicina a un fratello ed era giusto che lui le sottolineasse in modo implicito ma semplice che valeva lo stesso per lui.

Gli raccontò che Ryu era venuto a prenderla a scuola perché la loro meta finale era stato un drive-in a San Francisco: avevano visto Dirty Dancing mangiando pop corn e alla fine Ryu l’aveva pure costretta a salire sul tettuccio dell’auto per ballare alla meglio The Time of my life. Lydia sembrava essersi divertita più di quanto volesse ammettere, e Ryu le aveva promesso che prima o poi l’avrebbe portata di nuovo al drive-in, ma stavolta per vedere Le pagine della nostra vita.

Il giorno successivo, Ryu divise il proprio tempo fra tutti i ragazzi del branco, cenando infine nell’appartamento di Derek con Lydia – Scott e Kira nel pomeriggio l’avevano portato a vedere il Nemeton. Disse loro che Kira gli aveva chiesto se in caso potesse seguirlo nei suoi viaggi, dopo la fine della scuola, anche se ancora lei non era del tutto decisa sulla questione. Ryu in maniera molto leale e trasparente domandò a Derek e Lydia se avessero alcun problema nei suoi confronti, qualora avesse accettato di diventare il mentore di Kira, e naturalmente loro gli risposero che poteva accettare tranquillo; in tutta onestà, quel tardo pomeriggio Derek aveva ricevuto un messaggio da parte di Scott, in cui gli riferiva che Ryu gli aveva chiesto la stessa cosa – l’alpha veniva prima di tutti.

Quella sera Derek lasciò Ryu e Lydia appisolati sul divano, e la mattina dopo non restò sorpreso quando a svegliarlo furono i movimenti cauti di Ryu che si stava preparando per andar via, per partire.

Lydia dormiva ancora, Derek dalla soglia della porta osservò Ryu, che prima con un sorriso gli fece cenno di tacere, e poi coprì meglio Lydia con il plaid.

A quanto sembrava però Ryu non aveva finito di salutare Lydia; prese qualcosa dal borsone di pelle nera che usava per viaggiare: un grosso libro dall’aspetto antico che posò sul tavolino di fronte alla ragazza; poi cercò e trovò dentro al bagaglio anche una piccola scatolina quadrata che aprì, rivelando che il contenuto era una sottile catenina d’argento, da cui pendeva una piccola mezza sfera di resina trasparente dentro cui era incastrato un non ti scordar di me, e la mise fra le pagine del tomo lasciando il ciondolo fuori. Infine, posò sulla copertina del libro un iPod di un rosso vivace ma non sfacciato, accanto a un piccolo biglietto di cartoncino bianco scritto a mano. Si rivolse di nuovo a Lydia e baciandosi le dita le lasciò un ultimo bacio posato sulla tempia; le sorrise dolce e nostalgico.

Mise il borsone in spalla e Derek gli fece strada verso l’ingresso; uscirono insieme sul pianerottolo e Derek, poggiandosi al muro e incrociando le braccia sul petto gli lasciò intendere che volesse parlargli, ma dal sorrisetto ironico quanto rassegnato che gli rivolse Ryu, intuì che la kitsune doveva aver capito l’antifona.

«Quindi?» lo spronò Ryu, espirando a fondo.

«Sappi che i suoi ex accanto a me hanno la tendenza a fare una brutta fine» l’informò discorsivo e monocorde, «il primo l’ho trasformato in una lucertola assassina, il secondo prima ha perso lo stato di alpha e poi è morto».

Ryu sbuffò un sorriso. «Come minacci tu gli spasimanti delle tue sorelle, nessuno mai» scherzò sospirando; poi scrollò le spalle. «Lei mi piace sul serio» sentenziò, schietto e sincero ma anche con un velo di rassegnazione, perché sapeva che non poteva averla.

Derek rilassò la posa. «Questo ci è chiaro a tutti».

«Ma… vedi» proseguì Ryu grattandosi la testa, «lei ha diciotto anni e anche se è una creatura sovrannaturale è mortale, e proprio perché sa che il suo tempo è limitato e che si può essere giovani solo una volta sta cercando di ottenere il massimo dalla vita, di raggiungere i suoi obiettivi personali senza alcun rimpianto e…» sospirò di nuovo, «non le dispiacerebbe avere una storia, ma non ne vuole una seria. O perlomeno non sa ancora se un giorno avrà voglia di impegnarsi e sistemarsi» sottolineò. «Lei è il tipo di donna che potrebbe restare felicemente single per tutta la vita senza alcun rimpianto».

«D’altra parte io» continuò Ryu, «ho centoquattordici anni e sono immortale, e anche se sono viziato ad avere sempre ciò che voglio e ad arrivare prima o poi a tutti i miei obiettivi proprio perché il mio tempo non è limitato, sono particolarmente cosciente della mortalità altrui e di quanto chi amo possa lasciarmi presto, quindi se proprio devo impegnarmi con qualcuno, voglio farlo in maniera seria. O amo abbastanza da affidare il mio kaiken nelle sue mani, o niente».

«Io e lei» riassunse infine Ryu, «siamo ciò che ci piace, ma non quello di cui abbiamo bisogno in questo preciso momento».

Derek annuì pensoso. «Quindi la lasci andare» constatò sicuro.

Lui ghignò furbo. «Diciamo che questo potrebbe far parte di un mio piano a lungo termine».

Roteò gli occhi. «Non ne avevo dubbi».

«Ma le lascerò sempre i suoi spazi, lo sai» aggiunse Ryu con un sorriso malinconico, «perché è giovane e ancora piena di progetti tutti da portare a termine, mentre io sono vecchio e molto più disilluso di lei».

«Sarai sempre più vecchio di lei» precisò Derek.

«Sì, ma un giorno lei diventerà di certo abbastanza matura da tenermi testa» esalò. «E comunque non mi dimenticherò mai di lei, e lo sai cosa vuol dire per i centenari immortali come me la parola "mai"».

Derek gli rivolse un sorriso a labbra strette assentendo. «Quindi vai via?»

«Per ora. Se Kira deciderà di viaggiare con me, verrò a prenderla dopo la cerimonia dei diplomi».

«Ti aspetteremo».

Ryu gli rivolse un ultimo piccolo ghigno ironico di saluto e gli voltò le spalle agitando un braccio. «Ci sentiamo!» e stese tre dita in un gesto rockettaro di pace e amore. Derek rientrò nell’appartamento scrollando la testa.

Quando si affacciò in salotto, vide che Lydia si era svegliata: era seduta sul divano con ancora il plaid sulle ginocchia, aveva la catenina attorcigliata alla mano e stringeva al petto il libro come se fosse un peluche – Derek ne lesse il titolo e notò che trattava degli Olivi Millenari del Mediterraneo, come prevedibile. Lydia aveva gli auricolari dell’iPod rosso alle orecchie e muoveva il capo a ritmo di musica tenendo le labbra strette ma sorridendo. Aveva però gli occhi lucidi.

Derek la guardò interrogativo, anche se sorridendo a propria volta, e lei gli porse il biglietto che le aveva lasciato Ryu.

"Gli Anni Novanta sono stati pieni di canzoni d’amore molto più felici e speranzose di quelle piene di struggimenti degli Anni Ottanta. Meno piagnistei, Leila!"

Lydia teneva il volume basso, ma Derek grazie al superudito sentì che stava ascoltando High dei Lighthouse Family. Comprese la sua commozione.

Si chinò a baciarle la fronte e andò in cucina a preparare una colazione per due, lasciandole vivere da sola quel piccolo ma intenso momento.



Era passata poco più di una settimana dalla morte dello spirito dell’Edera delle Anime Sole, e Derek stava svolgendo una vita quieta in cui l’attività principale consisteva nell’evitare di vedere se al posto dell’edera Anne Marie fossero cresciuti dei non ti scordar di me. Cosa che gli stava riuscendo benissimo.

Era sabato mattina, Derek si alzò presto e quasi di buon umore mettendosi ai fornelli per preparare qualcosa da mangiare per lui e Lydia: lei quel giorno della settimana era solita venire da lui dopo una corsa mattutina.

Come previsto, una ventina di minuti dopo sentì dei passi sul pianerottolo e una chiave infilata nella toppa; Lydia entrò in cucina in tenuta da jogging e con l’iPod rosso legato al braccio.

Derek notò come lei non si separasse mai dalla collana che le aveva regalato Ryu, neanche quando era molto sudata.

«Buongiorno!» lo salutò, rubando un pezzetto dei suoi pancake mentre lui le scoccava un bacio sulla guancia.

«Siamo di buon umore stamattina, eh?»

Lei gli replicò con un mormorio di assenso sedendosi su uno sgabello alto. «Al contrario di te, io ogni tanto lo sono» lo prese in giro, asciutta.

Derek gli rivolse un’occhiata sarcastica e lei lo fissò per niente dispiaciuta. «Comunque» proseguì Lydia con tono pratico, «sono passata davanti a quell’aiuola, sai?»

Lui sospirò posando di colpo la spatola sul piano cottura. «Lydia, ti ho già detto che non voglio sapere se sono nati dei non ti scordar di me».

Lei deglutì un altro boccone di pancake e lo guardò indolente. «Beh, peggio per te. Intanto io so già se ci sono o meno».

«Congratulazioni» borbottò seccato ma non troppo risentito, voltandole le spalle.

Lydia sospirò stanca e posò la forchetta sul piatto rilassando le spalle. «Ti ricordi di quando parlavamo di come ci possano succedere ancora delle cose belle? Ecco, in queste ultime settimane ci sono successe delle cose belle. Approfittane» l’esortò fiduciosa.

Si girò verso di lei e si appoggiò di schiena al banco della cucina. «Il mio problema è proprio questo: ho paura di approfittarne anche troppo». Esitò appena dal continuare. «Alle volte temo che io e lui ci siamo attaccati troppo all’idea del potenziale come spiriti affini perché ci sentivamo molto soli e delusi dalle nostre esperienze passate, e magari ci siamo autosuggestionati… oppure…»

«Derek» lo interruppe Lydia aggrottando la fronte, «quanto stai messo male se stai farneticando così tanto?»

«Non sono farneticazioni» obiettò, tuttavia non molto certo, «sono riflessioni, e considerando che lui dopo ha dovuto scaricare il contraccolpo emotivo, mi è sembrato giusto dargli il suo spazio e non ricordargli con la mia presenza della nostra questione in sospeso. E comunque in questi giorni gli ho mandato dei messaggi neutrali chiedendogli come stesse, e lui mi ha risposto sullo stesso tono» aggiunse sicuro di sé.

Lydia si accigliò ironica fingendo di ponderare sulla replica che le aveva dato. «Questa è una buona motivazione, ma resta il fatto che sappia di parata di culo».

«Lydia!» si lamentò afflosciando le spalle e alzando lo sguardo al soffitto.

Lei, per tutta risposta, con espressione altezzosa gli fece cenno di avvicinarsi porgendogli un auricolare. «Zitto e vieni ad ascoltare una canzone con me mentre mangiamo».

Derek roteò gli occhi ma l’accontentò; lesse di sottecchi sull’iPod che il pezzo era Luna degli Smashing Pumpkins.

I'll hear your song
If you want me to
I'll sing along
And it's a chance I'll have to take
And it's a chance I'll have to break
I'm in love with you.


Guardò Lydia malissimo, lei continuò a mangiare ostentando innocenza. E meno male che Cora non era lì, anche se ci avrebbe pensato Lydia ad aggiornarla più tardi.

Che fortuna.



Dopo che Lydia andò via, il cielo fuori dalla finestra si oscurò progressivamente fino a dar vita al peggior temporale degli ultimi mesi.

La pioggia rendeva Derek sempre nervoso: era raro che a Beacon Hills succedessero cose piacevoli quando pioveva.

Fu per questo che si allarmò quando insieme al rumore dell’acqua scrosciante sentì quello dei passi di Stiles: Derek gli aprì prima che bussasse alla porta, lasciandolo sorpreso a boccheggiare tutto bagnato; aveva fra le mani un rametto di non ti scordar di me.

Mentre Stiles non riusciva ancora a formulare una frase, Derek lo lasciò entrare e inarcando le sopracciglia fissò prima i fiori e poi la sua faccia; infine, Stiles riuscì a decidere come esordire.

«Lydia mi ha detto che non avevi ancora controllato se fossero cresciuti al posto dell’edera o meno». Tirò su col naso e glieli porse.

Derek accettò l’offerta e abbassò lo sguardo sul ramo stretto nel proprio pugno, indeciso su cosa pensare, cosa provare e cosa dire: non c’era bisogno di specificare da dove provenissero quei non ti scordar di me, e anche se l’aveva sospettato che fossero cresciuti, vederseli lì davanti era un po’ spiazzante.

Stiles sbuffò e storse il naso riappropriandosi dei fiori. «Mentre tu cerchi di liberarti della tua costipazione emozionale io metto questi in acqua» gli disse, gocciolando fino alla cucina; muovendosi con sicurezza e gesti secchi aprì uno sportello, prese un bicchiere alto da bibita e mise a mollo i non ti scordar di me, posandoli infine al centro del tavolo.

Derek l’osservò restando dall’altra parte del tavolo, e si chiese quanto tempo Stiles fosse rimasto fermo sotto la pioggia battente a fissare quei fiori, considerando quanto fosse inzuppato d’acqua.

Stiles si passò una mano fra i capelli umidi. «Sai» parlò un po’ nervoso, «conosco così bene la storia dei non ti scordar di me perché me l’ha raccontata mio padre… lui li porta a mamma a ogni loro anniversario» sorrise malinconico.

«È un gesto molto romantico» commentò Derek, non sapendo che altro dire.

Stiles indicò i fiori al centro del tavolo e tirò su col naso. «Li ho appena portati a te» sottolineò asciutto. «Perché non ti dimenticherò mai» mormorò atono, fissando i non ti scordar di me invece che lui.

«E neanche io» ribatté Derek, consapevole che il suo tono fosse risultato arrabbiato e dispiaciuto piuttosto che speranzoso e affettuoso, ma non poteva farci niente – erano un fottuto disastro a gestire quella situazione.

Stiles ciondolò la testa. «Eh». Tirò su col naso di nuovo e infine alzò le braccia in alto scuotendole esasperato. «Dio, quanto siamo impacciati in questa cosa!» Raggirò il tavolo, si pose di fronte a Derek e gli afferrò una mano per posarla contro il proprio cuore, poi si puntò un dito contro l’orecchio per lasciargli intendere di stare attento ai suoi battiti, per notare che non gli stesse mentendo.

«Adesso» cominciò a parlare Stiles, scandendo bene le parole, «in questo preciso momento, io non ti amo, sostanzialmente perché non so ancora bene che tipo di amore e relazione a due voglio dalla vita e che cos’è per me l’amore oggi». Trasse un respiro profondo. «Ma lasciando stare questo, c’è da dire che mi frega poco del domani, visto che le nostre esistenze sono parecchio movimentate e non abbiamo mai la minima idea di quanto possiamo stare tranquilli e per quanto tempo saremo ancora vivi, ma!» esclamò forte, stendendo l’indice di fronte al viso di Derek, convinto, «potrei essere sulla buona strada per innamorarmi di te! Tengo molto a te, ok? Te l’ho già detto, ma non tengo a te come tengo a Scott o alle ragazze: tengo a te un po’ più come… altro» terminò con voce strozzata; si schiarì la voce. «Quindiiiii» cantilenò, «per te questo è ok? Ti va bene, perché altrimenti…»

Derek non lo fece finire: gli abbassò la mano che continuava ad agitargli davanti agli occhi, lo afferrò per il colletto e gli diede un lungo e umido bacio sulle labbra che finì con uno schiocco languido.

«Ok» sussurrò Stiles, roco, «presumo allora che per te vada bene». Derek stava per annuirgli ma Stiles lo bloccò ricambiandolo con un altro bacio simile.

Si fissarono negli occhi per un lungo e intenso attimo in cui si diedero a vicenda il permesso di fare dieci-cento-mille cose che era meglio non perdere tempo a elencare in quel momento, poi Derek gli mise le mani sui fianchi per spingerlo piano all’indietro e Stiles gli circondò il collo con le braccia scoccandogli sulla bocca altri piccoli baci a ripetizione. Arrivati contro il muro – proprio accanto alla pendola a colonna che secondo lui scandiva il loro tempo – Derek sollevò Stiles da terra e lui prontamente gli strinse le gambe intorno alla vita.

Derek si perse un attimo a guardare Stiles dal basso, infilandogli le dita fra i capelli bagnati, dandogli una carezza lieve sugli zigomi notando con quanto affetto e adorazione Stiles lo stesse fissando, e infine sfiorandogli con un pollice le labbra distese in un sorriso dolce e appena malizioso.

Stiles sbuffò una risatina e abbassò il capo avvicinando la bocca alla sua fronte. «Nobody said it was easy» cantò quasi mormorando, e Derek sbuffò una risata a propria volta, ma non lo fermò. «Oh it’s such a shame for us to part» continuò contro la sua tempia e con tono più caldo. «Nobody said it was easy, no one ever said it would be so hard» si avvicinò alle sue labbra e puntò gli occhi nei suoi. «I’m going back to the start» e si mossero all’unisono per baciarsi finalmente davvero.

Dopo pochi secondi Derek si domandò perché diamine non l’avessero fatto prima.

Quello non era certo il miglior bacio del mondo, e la tecnica di Stiles risentiva un po’ della sua inesperienza, ma era un gesto così pieno di tutte le cose che volevano dirsi e denso di tutte le emozioni che stavano provando che Derek fu certo che oltre a non dimenticare mai Stiles non avrebbe mai dimenticato anche quell’attimo, così struggente ma privo di disperazione – c’era solo speranza.

Non riusciva a separarsi dalla bocca di Stiles, e quando lo fece fu solo per spostarsi sulla linea della sua mandibola e sul collo: Stiles esalò una mezza imprecazione, inclinò il capo all’indietro per fargli più spazio e gli infilò una mano fra i capelli; almeno fino a quando non si stancò di non ricambiarlo e abbassò la testa per baciarlo e mordicchiarlo sotto il mento. I fianchi di Derek scattarono di riflesso in avanti e Stiles sussurrò un’altra imprecazione contro la sua pelle. Derek ripeté il movimento.

Posò una mano sulla nuca di Stiles per guidarlo a baciarlo di nuovo sulla bocca, e presto cominciarono a soffocare gemiti e sospiri l’uno contro le labbra dell’altro, mentre si strusciavano l’uno addosso all’altro senza esitazioni, né vergogna; non c’era neanche fretta nei loro gesti, solo languore.

Solo quando la loro posizione più che scomoda divenne frustrante – perché non riuscivano a toccarsi come volevano – Derek lasciò che Stiles rimettesse piano i piedi a terra; indietreggiarono alla cieca fino alla camera da letto, continuando a baciarsi – Stiles con un gomito colpì un quadro facendolo finire a terra, ma poco importava.

Derek cadde di schiena sul materasso, si mise a sedere e Stiles gli fu subito addosso baciandogli il collo; Derek infilò una gamba fra le sue e lasciò pure che Stiles si ci muovesse contro con il bacino usandola a piacimento e gemendo contro la sua gola.

Stiles lo stava mordendo e Derek sapeva che di certo lo stava facendo anche perché lo trovava ironico, e volendo vedere negli occhi di Stiles la sua tipica scintilla di ironia e malizia, gli prese il viso fra le mani per spingerlo a guardarlo in faccia… e Dio, Stiles portava addosso i segni di ciò che stavano facendo in maniera meravigliosa, e lo stava pure fissando sorridendo: non c’era alcuna traccia di ansia di toccarlo di più o fare di più, sul suo volto, sembrava solo felice in modo così onesto e semplice da togliere il fiato a Derek.

Derek aveva dimenticato che era possibile baciare qualcuno sorridendo. O fare sesso sorridendo. Si avventò sui lembi della camicia fradicia di Stiles per toglierla e si lamentò contro la sua bocca perché come al solito il ragazzo era vestito a più strati.

Stiles cercò il suo sguardo con il proprio, deglutì a stento e strinse fra le dita l’orlo della maglietta di Derek. «Va bene…?» chiese esitante. «Posso…?» Derek annuì affrettandosi a togliergli del tutto la camicia, poi alzò le braccia per aiutarlo a sfilargli la maglia; lasciò pure che Stiles indugiasse con la bocca contro la sua clavicola mentre lui gli percorreva in lungo e in largo la schiena con la mano sotto la maglia bagnata. La pelle di Stiles era umida, calda, perfetta. Aspettò che si fermasse un attimo dal baciarlo per togliergli con un gesto veloce la maglia, e poi furono pelle su pelle, stretti in un abbraccio un po’ scomodo e Stiles emise un gemito strozzato che diede alla testa a Derek.

Stiles lo toccava e baciava curioso, entusiasta e contento, e quella per Derek era un’esperienza fresca e nuova, così tanto che per la prima volta dopo anni sentì quanta vita c’era ancora da vivere. Si stese all’indietro sul letto e quando Stiles si mosse per imitarlo lui l’afferrò per ribaltare le loro posizioni e tenerlo fermo fra sé e il materasso. Gli percorse il petto con la bocca provando a trasmettergli tutto l’entusiasmo che provava anche lui – Stiles sotto le sue attenzioni inarcò la schiena gemendo.

«Derek» lo richiamò a un tratto Stiles accarezzandogli il viso, «va bene per te se…» guardò in basso e uncinò un paio di dita alla cintura dei jeans di Derek.

Trovò la voce a fatica. «Puoi toccarmi dove vuoi».

«Sei sicuro? Perché lo so che non sei mai stato con un uomo…»

«Neanche tu» gli ribatté ironico.

Stiles sbuffò un sorriso. «Non dirlo così soddisfatto».

«Come se tu non fossi compiaciuto di essere la mia eccezione» gli replicò sullo stesso tono; voltò appena la testa per baciare la mano che Stiles teneva ancora contro la sua guancia e gli mordicchiò il dorso del pollice.

Stiles sorrise ancora. «Ok, forse un po’ lo sono». Derek gli baciò il palmo fissandolo negli occhi. «O forse lo sono e basta». Derek gli leccò piano il palmo della mano. «Ok, lo sono proprio» esalò con voce pesante. Derek portò una propria mano alla bocca di Stiles e lui cominciò a leccargliela e mordergliela appena allo stesso modo, senza distogliere gli occhi dai suoi.

Il momento in cui si sistemarono meglio e si sbottonarono i jeans non fu frenetico, ma fu comunque cieco, perché Derek non vide nulla che non fosse l’espressione di Stiles e non sentì altro che non fossero i suoi sospiri. E quando Stiles strinse la mano intorno a lui e Derek cominciò a ricambiarlo, baciarlo sulla bocca fu un istinto irrefrenabile.

Derek si spinse di proposito a baciarlo sulla bocca e sul collo in maniera lasciva, perché sapeva che così Stiles sarebbe durato ancora meno del previsto ed era così bello stuzzicarlo, per non parlare di quanto fosse inebriante l’idea di provocargli l’orgasmo più intenso della sua vita una volta che più in là, tolte tutte le inesperienze e le esitazioni, avrebbero trovato il loro ritmo. Stiles come previsto lo supplicò flebile e per niente convincente di smetterla, se non voleva farlo venire subito, e lui sorrise contro il suo collo continuando imperterrito.

Stiles imprecando si arrese a lasciarsi andare e afferrò Derek per i capelli per costringerlo a guardarlo in faccia mentre veniva; poi, ancora ansimante, lo spinse con la schiena contro il letto e Derek gli permise di portarlo all’orgasmo sovrastandolo e fissandolo del tutto perso.

Stiles si abbassò a baciarlo sulla bocca a lungo, per infine crollare steso al suo fianco.

Derek ascoltò i loro respiri regolarizzarsi e non si stupì di quanto il loro silenzio fosse confortevole, né che avesse ancora voglia di sorridere; quando si voltò verso Stiles, vide che stava sorridendo anche lui.

«Quindi…» esordì Stiles con voce roca, muovendo le spalle per avvicinarsi di più a lui, «è successo questo, e adesso Scott sarà fiero di noi».

Derek sbuffò una risata bassa scuotendo la testa. «Solo tu potevi nominare il nostro alpha in un momento del genere».

Lui gli replicò ironico ostentando perplessità. «Dici che piuttosto dovremmo informarlo tempestivamente? Magari dovremmo mandargli un messaggio. Tipo adesso».

«Stiles» gli afferrò un polso, «taci» lo strattonò verso di sé per baciarlo sulla bocca.

Tutto il resto, tutto il mondo, poteva aspettare: gli era finalmente capitata una cosa bella ed era anche giunta l’ora di godersela fino in fondo.

Riuscì a zittire Stiles fino all’insorgere di un secondo round più intenso del primo, e nessuno dei due se ne lamentò affatto.



Qualche mese dopo.


La consegna dei diplomi era arrivata e passata senza troppi problemi tranne quelli tipici degli adolescenti, per fortuna, ed era così scaduto il termine massimo per compiere delle scelte per il futuro.

Stiles, Scott e Lydia sarebbero rimasti a Beacon Hills. Kira no.

In fondo l’avevano capito tutti fin dall’inizio quale sarebbe stata la decisione di Kira, ma vederla lì, sotto il palazzo di Derek, mentre Ryu metteva i loro bagagli in macchina e lei fissava il branco assottigliando le labbra e intrecciando le dita nervosa, era comunque un brutto colpo.

Scott le sorrise sincero, anche se un po’ triste. «Andrà bene. Starai bene» le disse, anche se la verità era che in realtà Kira sarebbe stata meglio, dato che finalmente avrebbe potuto vivere appieno da kitsune. Lei gli annuì sorridente ma con gli occhi lucidi.

Ryu restò appoggiato di spalle alla macchina osservando in disparte come il branco stesse salutando Kira con la consapevolezza dolceamara che potesse essere un lunghissimo arrivederci o un incerto addio.

Derek ammirò come Scott riuscì a mostrarsi felice per Kira per tutto il tempo, forse perché sapeva che se solo lui fosse crollato, tutto il branco l’avrebbe seguito a ruota e la decisione di Kira sarebbe andata in frantumi.

«Resteremo in contatto» promise loro Kira un’ultima volta, prima di aprire lo sportello e salire in macchina precedendo in fretta Ryu – Derek vide che lo fece per nascondersi subito a piangere, incapace di trattenersi oltre.

Ryu fissò Scott con aria solenne e inclinando appena il capo, come a chiedergli l’ultimo permesso definitivo per portare via un membro del suo branco; Scott tirò su col naso, assentì e Ryu salì in macchina.

Per sdrammatizzare, Ryu mise subito a tutto volume Highway to Hell degli AC/DC e uscì un braccio fuori dal finestrino per salutarli con l’ennesimo gesto rockettaro a tre dita. Kira scoppiò a ridere e l’imitò, e loro fecero altrettanto.

Ryu non era mai stato nel Nord Africa e così aveva concordato con Kira di andare lì senza un percorso prefissato, decidendo di volta in volta la prossima tappa, fino a risalire poi la parte orientale dell’Europa, e poi chissà dove altro sarebbero andati. O se sarebbero mai tornati almeno in California.

Forse avrebbero seguito per sempre il vento.

Quando Kira fu finalmente lontana, Scott si arrese a mostrare le proprie emozioni: si allontanò dal branco rivolgendo loro le spalle, stringendo le braccia al petto in finta contemplazione di un albero.

Stiles si avvicinò a lui a piccoli passi, gli posò una mano sulla spalla mormorandogli parole incoraggianti e quando Scott con espressione distrutta si voltò verso di lui, Stiles lo abbracciò forte. Lydia strinse le labbra e piangendo andò a unirsi a loro in un abbraccio a tre.

Derek restò a osservarli per dei lunghi secondi: erano tutto quello che restava del gruppetto di ragazzini che aveva conosciuto una volta. Faceva male.

Stiles, senza districarsi dalla stretta dei ragazzi, allungò un braccio verso di lui; Derek gli strinse la mano e si unì all’abbraccio: erano anche tutto quello che restava del branco di Beacon Hills, e anche se faceva male, faceva anche un po’ bene.

Ne avevano superate tante, avrebbero superato anche quella.



Poco prima di iniziare a frequentare il Community College di Beacon County, Stiles e Lydia cercarono e trovarono un lavoro – Scott invece continuò le sue mansioni alla clinica veterinaria – e qualche settimana dopo Derek se li ritrovò tutti e tre nel suo stesso palazzo: i due ragazzi decisero di condividere un appartamento, mentre Lydia, invece, ne prese uno tutto per sé.

Era un po’ deleterio il fatto che adesso tutti avevano le chiavi di tutti e che l’appartamento di Derek sembrasse un porto di mare – da Scott e Stiles c’era sempre troppo caos, meglio non starci, e Lydia non voleva nessuno da lei senza un preavviso di minimo tre ore – ma tutto sommato era una situazione piacevole.

Ogni tanto Scott fantasticava a occhi aperti e diceva che magari un giorno, finito il college e trovato un lavoro migliore e più sostanzioso, avrebbero comprato una grande casa fra gli alberi per viverci tutti insieme. Cora aveva detto a Derek di ricordare a Scott che loro non erano i Cullen, né tantomeno dei vampiri.

Parlando di Cora, Derek e Stiles erano andati a trovarla l’estate prima del primo anno di college; per Stiles si era rivelata un’esperienza interessante: aveva scoperto che tutti i cavalli avevano la buffa tendenza a ignorarlo – e sembrava che lo facessero apposta – e Cora l’aveva minacciato in maniera artistica di castrarlo, qualora in futuro avesse ferito Derek.

Lydia era andata a trovare Cora da sola: aveva detto che loro ragazze dovevano fare cose da donne senza il resto del branco fra i piedi.

La relazione fra Derek e Stiles, però, non era sempre rose e fiori perché anche se litigavano poco, quando succedeva era sempre abbastanza intenso e violento, perché si scontravano sempre su cose serie e importanti, ed entrambi purtroppo – come amava ricordare Lydia con sarcasmo – erano affetti dalla Sindrome del Martire: l’uno non accettava mai come l’altro fosse disposto a rinunciare con facilità a ciò a cui teneva e a sopprimere i propri desideri per qualcosa all’apparenza più importante.

Il giorno dopo ogni loro lite, Lydia era esasperata e Scott depresso; Cora, invece, chiamava suo fratello per dirgli di sbrigarsi a sfogare l’incazzatura con una bella scopata. «È una cura universale, Derek, credimi». Derek non voleva darle alcuna soddisfazione, però era anche vero che i flaconi di lubrificante sul suo comodino si svuotavano sempre più presto, e molte notti soffocava dei sorrisi contro il collo di Stiles sentendolo gemere.

Quei brutti momenti, però, non duravano mai più di dodici ore, ventiquattro al massimo, poi lui e Stiles si andavano incontro – spesso all’unisono – perdonandosi tutto in modo tacito, perché si conoscevano bene, sapevano sempre dove e come avevano sbagliato e non potevano fare a meno di tornare insieme.

Il primo anno senza Kira trascorse senza troppi scossoni; le minacce sovrannaturali che arrivarono a Beacon Hills in quei mesi sembrarono noiose, rispetto a ciò che avevano superato in passato.

Ryu aveva consigliato Kira di non contattare troppo di frequente i ragazzi, almeno all’inizio, onde evitare di essere investita da troppa nostalgia, e considerando anche che nel Nord Africa stavano trovando alloggi di fortuna, lei aveva inviato loro circa una mail ogni due settimane, contattandoli con una videochiamata di gruppo due volte in sei mesi. La prima volta che li aveva video chiamati, la connessione non era stata molto buona, ma Kira anche se commossa dal vederli era sembrata a tutti più bella e raggiante di quanto ricordassero – faceva quasi male al cuore guardarla.

Spessissimo Kira allegava alle mail parecchie foto: paesaggi, scene di mercati, foto ritratti di visi particolari e scatti di animali – soprattutto di fennec. La maggior parte di volte non inviava anche delle foto che la ritraevano, e Derek sospettava che fosse perché era sempre troppo presa dal documentare tutto da dimenticarsi di se stessa per il troppo entusiasmo: forse la sua percezione del tempo stava cambiando e maturando, forse ora era più cosciente di quanto tutto fosse più sfuggevole rispetto alla sua esistenza di kitsune e voleva immortalare ogni cosa prima che sparisse davanti ai suoi occhi.

Kira inviò anche due cartoline ciascuno, perché lei e Stiles erano divertiti dall’idea di un pezzetto di cartoncino che li univa viaggiando da un continente all’altro attraversando l’oceano – e Stiles ci costruì sopra pure delle storie buffe.

Una volta Kira inviò loro una foto di Ryu che la portava a cavalcioni in spalla mentre ridevano, con per sfondo il tramonto su una stradina in salita ricca di bancarelle tipiche del posto, e un’altra che ritraeva Ryu mentre sorridendo suonava il violino per dei bambini autoctoni divertiti. Entrambe finirono sul frigorifero di Scott e Stiles sotto una calamita, accanto alle cartoline che Kira aveva mandato loro e a uno scatto di un cucciolo di fennec particolarmente tenero.

Derek aveva intuito che Ryu ogni tanto contattasse ancora Lydia, considerando gli sguardi teneri e nostalgici che lei certi momenti rivolgeva al proprio cellulare. Lydia gli confessò che Ryu non le inviava niente di che, soltanto un paio di foto alla settimana con didascalie succinte ironiche o sarcastiche, nulla di troppo personale, solo semplicità e un sorriso. Soltanto ogni tanto, ogni due o tre mesi circa, le inviava una lunga mail raccontandole quello che facevano e degli annedoti.

A Lydia sembrava bastare, almeno per il momento.

Scott, da parte sua, sembrava mitigare più o meno bene l’assenza di Kira, anche se lei gli aveva fatto promettere di non farsi scrupoli a cercarla a qualsiasi ora del giorno e della notte senza neanche calcolare prima la differenza di fuso orario.

In realtà ormai Scott era caratterizzato da una lieve malinconia di sottofondo, come lo erano anche Stiles e Lydia, del resto, solo che la malinconia di Stiles era spessa, densa e stranamente trasparente, venata appena di cinismo, quella di Lydia era più sottile e scura, costellata di brillantini taglienti di disillusione, mentre invece quella di Scott era leggera e quasi impalpabile come un velo chiaro, ma era lì sempre presente.

Erano i segni che la vita aveva lasciato su di loro, e Derek spesso non riusciva a fare a meno di sentirsi in qualche modo responsabile per questo.

Passato un anno e mezzo, Kira e Ryu iniziarono a risalire l’Europa partendo dalla Grecia: Ryu rintracciò parecchi figli e nipoti dei suoi vecchi amici della Lega dei Branchi degli Olivi Millenari, che li ospitarono più che volentieri raccontando a Kira le loro esperienze.

Kira trascorse parecchio tempo a fotografare cibo, mare e costruzioni antiche diroccate.

Stiles disse per la prima volta a Derek "Ti amo" una notte che lo abbracciava da dietro sul letto, mormorandoglielo contro la spalla, alla luce della luna piena.

In quel periodo il branco finì un paio di volte sotto attacco da parte di un paio di creature psicopatiche, Derek rischiò di morire e ciò fece andare Stiles fuori di testa, che per poco non progettò uno sterminio di massa: quando tutto si risolse, Stiles restò profondamente turbato di quanto in lui fosse sorto un istinto omicida così crudo in così pochi attimi; gli ricordò la nogitsune e non gli fece bene – e di riflesso non fece bene neanche agli altri – ma in qualche modo se la cavarono, perché loro quattro erano tutto ciò che avevano e non potevano perdersi.

Due mesi e mezzo dopo, Scott subì una ferita quasi mortale da parte di un pazzo druido e cacciatore, che lo fece restare in coma per più di due giorni. Derek, Stiles e Lydia gli resero giustizia, anche se Derek dovette convincere con fermezza una Lydia furiosa ma tremante a non premere il grilletto.

Seguì un periodo in cui trassero un lungo sospiro di sollievo.

Melissa e lo sceriffo si sposarono e i loro figli furono i testimoni di nozze. Kira e Ryu non tornarono per l’occasione.

Quei due restarono in Europa per quasi quattro anni, Kira lavorò come assistente fissa di Ryu e sviluppò una passione per la Storia dell’Architettura.

Finito il college, Stiles aprì un piccolo ma molto fornito negozio di informatica, Scott si apprestò a diventare socio di Deaton, e Lydia proseguì ulteriormente i suoi studi – la Fisica sarebbe stata sempre un suo grande amore.

Scott e Stiles lasciarono il loro appartamento, che era sempre stato un po’ più piccolo di quello di Derek; Scott si trasferì al piano di sopra, accanto alla porta di Derek, Stiles invece andò direttamente da Derek. Lydia restò dov’era, in fondo al pianerottolo di Derek, perché fin dall’inizio aveva avuto un piano a lungo termine.

I viaggi di Ryu e Kira si spostarono nel Sud America e i contatti fra loro e il branco divennero un po’ più frequenti. Tramite Derek, furono anche ospitati da Cora a Santa Fe.

Cora sembrò entusiasta a proprio modo di conoscerli di presenza, e chiamò Derek alla quattro del mattino per dirgli secca e monocorde «Riferisci a Lydia che penso che Ryu dal vivo sia figo da morire. Approvo». Le sue sorelle erano fatte così, mai una telefonata a un’ora decente e mai che facessero un’esternazione da persone normali.

Ricevettero una foto in cui Ryu sembrava avere una bizzarra e intensa conversazione con un cavallo nero, e un’altra in cui Cora e Kira erano in sella insieme su uno splendido esemplare marrone. Anche quelle foto finirono sul frigo – quello di Scott, le altre erano state spostate tutte lì.

Kira e Ryu si stavano spostando di nuovo decidendo di volta in volta la meta successiva, e dopo aver salutato Cora si spostarono in Brasile, inviando al branco degli scatti di loro due che su delle spiagge meravigliose e un po’ selvagge giocavano a calcio con dei ragazzini, e più tardi delle immagini in cui si divertivano a suonare delle percussioni improvvisate con dei giovani suonatori di strada.

Kira sembrava essere diventata una donna forte e sicura di sé, con la pelle più scura, i capelli più brillanti e il volto ancora da diciassettenne; diceva di aver deciso di fare della Storia dell’Architettura il suo lavoro, in qualche modo. Scott ormai aveva quasi ventisei anni e un lavoro da veterinario.

Ryu dimostrava ancora non più di ventun anni, Lydia invece adesso appariva come una giovane donna in carriera dallo sguardo sicuro e omicida. Indossava ancora dei tacchi altissimi.

Derek per puro caso aveva sostenuto una videochiamata privata con Ryu e, parlando del più e del meno riguardo i ragazzi, Derek gli aveva detto che Scott in quegli ultimi anni aveva avuto delle storie con altre donne, ma tutte molto brevi e di scarso successo; Ryu gli aveva riferito che Kira sembrava ignorare con un’innocenza disarmante tutti gli uomini che ci provavano con lei, quasi credesse ciecamente che qualsiasi cosa le riservasse il futuro, qualsiasi fosse stata alla fine la sua scelta, Scott sarebbe stato sempre l’unico per lei: dopo di lui, non ci sarebbe stato nessun altro, perfino se lui non l’avesse aspettata. Era una cosa dolce e struggente, seppure un po’ triste.

Erano passati sette anni e mezzo dalla partenza di Kira, quelle erano le loro vite e nonostante tutto non avevano alcun rimpianto.



Danny due giorni prima era stato attaccato all’improvviso da un licantropo impazzito di passaggio – perché quella era Beacon Hills e lì succedevano cose così – e una volta cucito e fasciato in ospedale, aveva rivolto loro uno sguardo esasperato esclamando «Sono riuscito a stare lontano da tutto questo per quasi dieci anni, perché non siete riusciti a tenermelo lontano anche per il resto della mia fottuta esistenza?!»

Danny sembrava quasi rassegnato all’idea di dover collaborare con loro, come se ciò fosse sempre stata una possibilità reale e inquietante che incombeva da una vita sulla sua testa come una spada di Damocle – Danny del resto era stato un compagno di scuola dei ragazzi, era normale che fosse un tipo almeno un po’ strano.

La sera precedente avevano discusso fino a tardi se iniziare a includere o meno Danny nelle loro faccende quando ne avessero bisogno: non avevano mai nemmeno considerato l’idea di aggiungere un nuovo membro al branco, era un’ipotesi che suonava strana, ma d’altro canto conoscevano Danny da una vita e si fidavano di lui. Alla fine avevano concordato di posporre la scelta definitiva a quando il ragazzo sarebbe stato meglio e magari più lucido e meno esasperato.

Era domenica mattina; Derek si svegliò con la faccia contro il cuscino, sentendo dei lievi rumori provenienti dalla cucina e annusando nell’aria profumo di frittura dolce: a occhi chiusi sorrise compiaciuto immaginando Stiles impegnato a preparare la loro colazione. Si alzò, andò in bagno e infine lo raggiunse con passi pigri.

«Buongiorno» lo salutò Stiles davanti ai fornelli, girandosi appena per rivolgergli un’occhiata di sottecchi e un accenno di ghigno. Derek, alle sue spalle, con le dita gli abbassò il colletto della maglia per scoprirgli la nuca: emise un mormorio di assenso e gli sfiorò la pelle con il naso e la bocca.

«Derek» si lamentò Stiles, tuttavia sorridendo.

«È domenica mattina, non dobbiamo correre a lavoro» sentenziò Derek, atono, sicuro e infilandogli una mano sotto la maglia per toccargli il basso ventre.

«Ti odio» sbuffò Stiles, arrendendosi a spegnere il fornello e voltandosi fra le sue braccia. Lo fissò ostentando fastidio. «I pancake sono sacri, non vanno interrotti».

«Uhm-uhm» gli annuì accondiscende e solenne, indietreggiando; si sedette sul tavolo, premette forte le gambe contro i fianchi di Stiles e lui incrociò mollemente le braccia dietro la sua testa, baciandolo a lungo sulla bocca.

«Ti odio davvero» gli mormorò Stiles, serio e con voce un po’ roca fra un bacio e l’altro. «E adesso voglio scoparti».

Derek si finse colpito ma scettico inarcando un sopracciglio. «Sul tavolo?»

«Ha retto quando tu ci hai scopato sopra me» protestò. «Credo che possa rivelarsi versatile come noi» aggiunse trattenendo a stento una risata.

Derek gli tolse le mani di dosso e rivolse lo sguardo al soffitto. «Ricordami perché sto con te e perché ti ho dato le mie chiavi».

Stiles gli prese le mani e ridendo divertito le portò sul proprio sedere. «Perché tu adori la mia persona».

«È un nuovo tipo di piaga?» Stiles, offeso, provò a ribattere qualcosa, ma lui lo fermò stringendogli le mani sul sedere e tornando a baciarlo sulla bocca.

Stiles emise un lungo gemito compiaciuto contro le sue labbra.

Vennero interrotti all’improvviso da due suoni: sentirono i loro cellulari avvisarli della ricezione di un messaggio, l’uno dopo l’altro a brevissima distanza. Si fissarono in faccia un po’ allarmati, perché di solito era qualcuno del branco a inviare messaggi di gruppo e sempre per urgenze.

Derek scese dal tavolo e si precipitarono in camera a prendere i cellulari per controllare chi avesse scritto loro e cosa.

Derek inarcò un sopracciglio, sorpreso e perplesso, quando vide che il mittente era Kira; il testo a occhio sembrava un verso di una canzone, di cui però il titolo al momento gli sfuggiva.

And when there's nowhere else to run
Is there room for one more son?
These changes
Ain't changing me
The gold-hearted boy I used to be.


Era firmato K & R.

Stiles tirò sul col naso e rivolse verso di lui lo schermo del proprio cellulare. «Anche tu i The Killers?»

Derek gli annuì aggrottando la fronte, e non fece nemmeno in tempo a dirgli "Ecco che canzone è" che con il suo superudito sentì qualcosa di inaspettato: le prime note di All these things that I’ve done provenienti da sotto il palazzo.

Corse ad affacciarsi alla finestra e vide che l’auto di Ryu era parcheggiata proprio in direzione delle finestre loro e di Scott, con i finestrini abbassati e la canzone sparata a tutto volume. Ryu se ne stava appoggiato al cofano, con le braccia incrociate sul petto e un’espressione sfacciata sul volto; Kira era seduta sul tettuccio dell’auto, e quando li vide sorrise raggiante alzando le braccia verso di loro.

«Bastardi» mormorò Stiles sorridendo commosso, per poi precipitarsi fuori dall’appartamento con Derek alla calcagna.

Scott li anticipò di poco e corsero dietro di lui sulle scale; Lydia li seguì gridando accorata e un po’ tremante «Ryu!»

Quando finalmente giunsero al parcheggio, li guardarono tutti con il fiatone e incapaci di pronunciare una sola parola: vederli lì davanti a loro dopo sette anni e mezzo era spiazzante.

Ryu non era cambiato di una virgola, Kira non era invecchiata ma era più bella di prima e irradiava forza, gioia e potere nel migliore dei modi.

«Dio» esordì Kira, scendendo con un salto dal tetto dell’auto, «siete diventati così belli!» Doveva essere davvero inconsapevole dell’effetto che stava facendo loro, ma ci pensò Scott a sottolinearlo.

«Sei splendida» gli disse con voce spezzata. E lei corse ad abbracciarlo forte buttandogli le braccia al collo. Lui la sollevò da terra e lei gli mormorò all’orecchio «Sono qui per restare».

Derek la sentì e sorrise, Stiles gli rivolse uno sguardo interrogativo e lui gli sillabò "Ha detto che resta".

Stiles aprì bocca molto probabilmente per emettere un grido eccessivo di esaltazione, ma fu interrotto da Lydia che puntò un dito verso Ryu urlando seria «TU!»

Ryu non si mosse di un millimetro, restò appoggiato al cofano a braccia incrociate, e sorridendo con affetto le annunciò con una sicurezza e scioltezza incredibile «Ti amo».

Lydia, senza alcuna esitazione, gli annuì pacata replicandogli «Lo so». Lui scoppiò a ridere inclinando la testa all’indietro e lei lo raggiunse di corsa per abbracciarlo.

Derek e Stiles strinsero Kira fra le loro braccia osservando Lydia borbottare a Ryu quanto fosse bastardo dandogli dei pugnetti sulle spalle, fingendosi male arrabbiata; lui sorrideva contro i suoi capelli, con nello sguardo una dolcezza infinita.

A quanto sembrava Ryu sarebbe diventato sul serio l’apparente boy-toy di Lydia.

Erano passati anni, quella era la loro vita e, nonostante tutti gli scossoni avuti, non avevano alcun rimpianto. Soprattutto perché ogni tanto anche loro ricevevano delle cose belle, come quella.


Time, Truth and Hearts


FINE







- Questo è il puccissimo disegno fatto per la storia da Stitch-84! È un missing moment, Stiles che raccoglie i non ti scordar di me sotto la pioggia – un biscottino virtuale a chi indovina la citazione sulla maglia di Stiles :P
- Il giglio della pioggia da cui il capitolo prende il nome: uno, due, tre, quattro.
- Ciondoli che mi hanno ispirato quello che Ryu regala a Lydia (che però è una mezzasfera e ha un solo fiorellino, è più piccino e quindi per certi versi meno appariscente): 1, 2, 3, 4.
- La storia finisce qui, a seguito su ao3 potete trovare un'appendice a parte con degli appunti riguardo la caratterizzazione di Ryu e la luuuunga lista di canzoni del suo iPod immaginario :)
Un grazie a chiunque abbia seguito la storia fino a qui durante questo mese di pubblicazione!
Un saluto,
Fall.
   
 
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: Glitch_