Anime & Manga > Diabolik Lovers
Ricorda la storia  |      
Autore: cormac    14/11/2014    2 recensioni
[ subaru sakamaki/kou mukami ] | [ accenni al passato di kou ] | [ what if? ]
Subaru lo avrebbe odiato. Avrebbe scoperto quanto fosse impuro e disgustoso, e si sarebbe allontanato. A costo di mentirgli, a costo di passare quelle notti in un pianto silenzioso, Kou non voleva che ciò accadesse. Non voleva essere odiato da Subaru.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kou Mukami, Subaru Sakamaki
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
| Nda. – note dell’autrice!!
salve ppl! questa è la mia seconda storia su diabolik lovers, anche se per certi versi la considero quasi la prima, visto che la yuma/ruki pubblicata precedentemente a questa è una cosina buttata giù abbastanza per noia. in questa fic è trattato in modo molto velato il tema della pedofilia, parte tra l’altro canon dell’infanzia di kou. ho cercato di parlare di questo argomento nel modo più serio e delicato possibile, per questo ho deciso di non alzare troppo il rating. buh, nient’altro da dire, eccetto che spero che vi piaccia e che vogliate lasciare una piccola recensione! c:







C’è un bambino che piange. Il suo nome è Kou. Non ha un cognome, od almeno non lo ricorda. Si è chiesto, qualche volta, come ha potuto dimenticare il proprio cognome, ma si dice che forse è successo senza che se ne accorgesse, perché ci si dimentica di qualcosa quando essa smette di essere utile. Ed un cognome non può compiacere nessuno, un cognome non interessa a nessuno, tanto meno ai nobili che altro non vedono, che altro non bramano, se non la bellezza del suo corpo e del suo viso. C’è un bambino che piange. Si sta lentamente sbarazzando di ciò che è inutile, di ciò che non gli servirà in futuro. Ma quale futuro? Non esiste niente di simile per lui. La vita, tuttavia, non è come un cognome. Non occorre molto a dimenticare il proprio cognome, ma serve tanto, tanto coraggio per sbarazzarsi della propria vita.


Kou si tirò di scatto a sedere, come se avesse ricevuto una scarica elettrica. Era sudato; gli occhi eterocromatici, le cui pupille erano dilatate, fissavano con terrore brandelli di buio. Si poggiò una mano sul petto, in prossimità di un cuore fermo ormai da molto tempo, come un riflesso incondizionato, anche se ormai non c’era più un battito impazzito ed un respiro affannoso a cui dare un freno come immediata conseguenza della paura. Era qualcosa di ormai puramente astratto, ma c’era quell’angoscia che lo avvolgeva e lo schiacciava come una cappa di piombo. Si coprì il viso con le mani, nel tentativo di strappare via ogni lembo di sofferenza e dolorosa memoria per ritrovare il sorriso, quel sorriso che lui amava. Guardò alla sua destra, dove la lattea luce della luna illuminava il viso ed i capelli nivei di Subaru, profondamente addormentato accanto a lui. Era come se la luna avesse scelto da tempo, era come se si fosse prefissata che quella notte avrebbe brillato su quanto di più puro avesse incontrato sulla sua via: ed era Subaru. Subaru era puro, Subaru era sincero, una luce fredda. Lui era sporco, era macchiato e non aveva il benché minimo diritto di stargli vicino. Doveva rimanere lì, nell’ombra, affogare nel buio. Quante volte lo aveva desiderato.


Ogni sera. Avviene ogni sera. Si è quasi abituato all’idea che debba accadere, che debba essere picchiato, toccato da mani viscide e troppo invadenti e... e altre cose al cui solo pensiero sente i conati di vomito salirgli prepotentemente in gola. Si è quasi abituato, ma ogni giorno torna a sperare nella pietà di persone che hanno da troppo tempo assunto le sembianze di lupi, di predatori famelici. Eppure ha ancora speranza. Dove la trovi rimane un mistero, ma essa brucia di una fiamma che sale al cielo, quello stesso cielo a cui si aggrappa con tutta la forza che la sua disperazione riesce a fornirgli; quel cielo che anche se per pochi istanti riesce a distrarlo dalla sofferenza in cui è impantanato. Sa che quella sera, come ogni sera, tornerà a piangere, pregando il nobile di turno di non fargli del male, di avere pietà; ma poi guarderà il cielo, e nonostante il dolore, nonostante la solitudine, nonostante l’umiliazione, penserà che sia bello.


Il biondo era ormai diventato esperto nell’inghiottire i singhiozzi e non far fuoriuscire che flebili sospiri. Con la schiena leggermente ricurva e le ginocchia al petto, con entrambe le mani a serrare la bocca ed il viso angelico contratto dal dolore, inondato di lacrime, lacrime che gli inumidivano anche qualche ciocca d’oro ricaduta ribelle sulle gote; ed ancora riusciva a mantenere il silenzio. Non voleva svegliare Subaru, ma allo stesso tempo voleva che si svegliasse. Sarebbe stato bello che avesse aperto gli occhi e lo avesse stretto senza dire nulla, che gli avesse accarezzato i capelli in un silenzioso “va tutto bene”; che gli avesse asciugato le lacrime con un bacio. Non avrebbe saputo dire quanto disperatamente avrebbe voluto tutto quello, ma sarebbe significato dover fornire delle spiegazioni, e Kou non voleva. Se avesse spiegato il motivo di quelle lacrime, Subaru lo avrebbe odiato. Avrebbe scoperto quanto fosse impuro e disgustoso, e si sarebbe allontanato. A costo di mentirgli, a costo di passare quelle notti in un pianto silenzioso, Kou non voleva che ciò accadesse. Non voleva essere odiato da Subaru. Eppure voleva che si svegliasse.


Non può. Non ci riesce. Anche se la punta fredda del coltello già gli scalfisce la carne pallida, anche se ci vorrebbe così poco per conficcarla e trapassare il petto debole e coperto di lividi di un bambino di undici anni; proprio non ci riesce. Le manine del biondo sono scosse da un tremore inarrestabile, nuove lacrime sgorgano dagli occhi già gonfi di pianto: vorrebbe, oh quanto vorrebbe avere la forza di accoltellare quel corpo che tanto detesta, fautore di tutte le sue disgrazie. Una perla di sangue stilla dal taglietto sullo sterno prima che il pugnale cada a terra con un rumore metallico. Kou si tira i capelli biondi fino a farsi male e si copre il viso con le mani martoriate. Non vuole vedere la sua debolezza concretizzarsi. Non vuole vedere. Vuole solo che giunga di nuovo il mattino. Vuole solo l’azzurro sconfinato del cielo che lo sovrasta, l’unica cosa che possa acquietare il suo animo tormentato.


Fu mentre tentava di porre una fine a quel pianto sconfinato che sentì un tocco leggero e delicato sulla spalla nuda. Non se ne accorse subito, concentrato com’era nel fare più silenziosamente possibile, ma quando si voltò per accertarsi che Subaru dormisse incontrò il suo sguardo scarlatto intento a scrutarlo nella penombra, con un’espressione tremendamente preoccupata. Mai Kou si era sentito più... desolato in vita sua come quando aveva realizzato che l’albino si era svegliato in seguito ai suoi singhiozzi e si era spaventato a causa sua. Aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, anche se non una sola parola voleva fuoriuscire dalle sue labbra. Sentì il sapore salato delle lacrime sul palato...
...e poi il profumo di Subaru lo avvolse dolcemente, mentre le sue braccia lo attiravano a sé senza una parola. Non poteva essere. Doveva essere un sogno.
«Ehi» la sua voce fu come tiepide braci in una notte di Gennaio. Calda. Dolce. Amata.
«Va tutto bene».
Non aveva chiesto spiegazioni, ma Kou sapeva che l’indomani sarebbe stato lui stesso a dargliele. Non aveva fatto altro che stringerlo contro il suo petto e sussurrargli quelle parole che così disperatamente avrebbe voluto sentirsi dire. E Kou sapeva che sarebbe andato davvero tutto bene.


   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Diabolik Lovers / Vai alla pagina dell'autore: cormac