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Autore: _ThisIsOverdose_    15/11/2014    3 recensioni
[HunHan]
Luhan sorrise, e nei suoi occhi si poteva leggere un velo di tristezza.
-Lo so bene che succederà ancora, ma è una cosa che non posso evitare- il suo sorriso era costruito, consapevole e malinconico.
Ne era già al corrente, più tempo passava lì, più sarebbe diventato debole e più sarebbe stato male. Ma non voleva pensarci, in quel momento l'unica cosa che poteva fare era godersi quei giorni, incerto su quello che ne sarebbe stato di lui in futuro.
Sehun capì che qualcosa non andava. Che fosse affetto da una grave malattia? Da come ne parlava, dedusse che quel ragazzo nascondeva qualcosa.
-Perché non la puoi evitare? Sei forse malato?- si rivolse in modo schietto e diretto. Il moro scosse la testa in segno di diniego.
-Io... lascia stare, non capiresti comunque...- lasciò la frase in sospeso, entrando in quel luogo a lui ormai familiare e aspettando che entrasse anche l'altro ragazzo, che al momento appariva stralunato.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lu Han, Lu Han, Sehun, Sehun, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 

Tre mesi. Erano passati esattamente tre mesi da quando era piombato in quello strano posto popolato da esseri altrettanto strani. La cosa più frustrante era non sapere il motivo di tale e improvvisa irruzione in un luogo completamente diverso da quello in cui era abituato a vivere.
Si trovava lì, in balia di se stesso, confuso, trascorrendo intere giornate a cercare una qualsiasi traccia, anche solo un misero collegamento capace di fargli sperare in un possibile -e gradito- ritorno a casa. Ma in quei circa novanta giorni costretto a camminare sul suolo di un altro pianeta l'unica cosa che aveva potuto fare era provvedere a mantenersi in vita: mangiare, dormire, curare il proprio corpo... insomma, fin qui nulla di diverso dalle sue solite abitudini.
Lui viveva in un posto molto diverso, popolato da esseri molto intelligenti e con grandi capacità.
L'aria che respirava sul suo pianeta era molto più leggera, per questo a volte si sentiva soffocare, sopraffatto da quei gas che ogni istante gli permettevano parzialmente di stare in vita, nonostante lo rendessero più debole.
In quel pianeta non avrebbero mai goduto della luce del sole, il blu notte inghiottiva perennemente le figure di quegli esseri, dalla pelle chiara, forse si potrebbe osare definirla nivea, che creava un netto contrasto con l'oscurità che li circondava, facendoli apparire ancora più candidi e luminosi, come se di un cielo loro fossero stati le stelle. Per questo quando era arrivato in quella grande città, devastata dai rumori e colpita dalla luce abbagliante del sole, che rischiarava le giornate e le rendeva più piacevoli ai numerosi umani che ci vivevano in essa, stabilì fin da principio che le giornate nuvolose o di pioggia sarebbero state quelle più gradevoli per lui.
La pioggia non era qualcosa di nuovo in quella piccola sfera situata così lontana dalla Terra, come non lo era né il vento, né i lampi e i tuoni o qualsiasi altro fenomeno atmosferico anzi, per saperne di più... erano gli stessi abitanti a tenere tutto sotto controllo, in quanto dotati di poteri abbastanza particolari.
Lui sapeva bene in cosa consisteva il suo potere, il problema era che la debolezza del suo corpo lo riduceva a poco o niente, aumentava ancora di più la stanchezza; ricordò che una volta avendone abusato, svenne, per questo impose a se stesso di limitarne l'uso.
Ma a volte era più forte di lui, il suo potere era l'unica cosa che gli ricordava la sua provenienza da un altro pianeta, era ciò che lo faceva sentire diverso, speciale, era ciò che gli imponeva di guardare in faccia la realtà: lui non era un abitante della Terra, lui non avrebbe mai potuto fare parte di un mondo così caotico e complicato come quello, si sentiva un estraneo, una persona di troppo, arrivata nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Non che ricordasse molto di ciò che era accaduto gli istanti prima di ritrovarsi steso a terra in uno dei tanti vicoli ciechi di quella città, privo di forze, con la testa che non voleva smettere di girare e qualche graffio sul viso; aveva provato a rialzarsi, ma continuando a barcollare, tanto da doversi appoggiare faticosamente al muro per azzardare qualche passo. Tutto attorno a lui gli aveva provocato una tremenda sensazione di disagio, i suoni arrivavano ovattati alle sue orecchie, respirava a fatica, non abituato a quell'aria, che di pulito non aveva poi molto.
Con non poca difficoltà era riuscito a raggiungere lo sbocco di quel viale, desideroso soltanto di capire dove fosse e perché fosse lì. Non si era curato minimamente degli sguardi sorpresi, curiosi o diffidenti dei passanti, la sua vista era stata completamente accecata da quell'enorme sfera che dal cielo inviava numerosi raggi luminosi, uno dei quali lo aveva colpito in pieno, costringendolo a coprirsi subito gli occhi, che già lacrimavano copiosamente. Si chiedeva se sarebbe sopravvissuto a quella strana situazione, mentre ritornava in quel vicolo, a nascondersi, quasi in segno di autodifesa. Era stata una vera tortura per lui rimanere lì e uscire sempre di più da quello stato di confusione e incoscienza che l'avevano affaticato tanto. Era riuscito così a sentire chiaramente tutti quei suoni diversi che infastidivano terribilmente il suo udito: il rombo dei motori delle macchine, il vociare delle persone, gli schiamazzi dei bambini, e molto altro ancora. Una valanga di odori diversi aveva trafitto senza pietà il suo olfatto, molto più sensibile rispetto a quello di un normale terrestre.
Aveva iniziato a focalizzare quelle figure, non poi tanto diverse da lui nell'aspetto e, senza accorgersene, un leggero tremolio si era impossessato del suo corpo, che lo destabilizzava sempre di più, insieme a quella strana sensazione che andava crescendo nel suo cuore. Per la prima volta, ricordò, aveva provato paura.

Nel suo pianeta i sentimenti venivano considerati una parte assopita, rinchiusa nel proprio essere, che portava alla vulnerabilità e all'eccessiva sensibilità. Per questa ragione erano stati stabiliti dei confini, dei limiti all'interno dei quali essi regnavano dormienti e venivano risvegliati solo in caso di necessità, a causa di un bisogno o come supporto, per qualcosa di straordinario o nel pericolo, in quanto avrebbero condizionato in modo davvero spaventoso il principio di ogni problema. La parte razionale, l'intelligenza, la forza data dal proprio potere, queste erano le cose che invece primeggiavano su tutto. Ogni azione, ogni reazione, ogni evento, tutto aveva una finalità precisa.
Ma stare a contatto con gli umani era ben diverso: aveva conosciuto l'amore, l'odio, la rabbia, la felicità, la tristezza e tanti altri stati d'animo già da quando aveva iniziato a posare lo sguardo su quella folla, animata da una strana vivacità che lui non aveva mai avuto, che nessuno dei suoi simili aveva mai posseduto. Benché tutte quelle emozioni non fossero mai state parte del suo essere, e non ne conosceva affatto la consistenza, capì fin da subito che quell'esperienza avrebbe influito, forse positivamente, o forse negativamente su di lui. Aveva già iniziato a mettere in dubbio la sua stessa persona, chiedendosi se davvero lui, la sua specie, era la specie perfetta, poiché possedeva l'intelligenza e la forza.
Ma la tremenda confusione che aleggiava senza tregua nella sua testa non gli diede tempo di rispondere ai suoi quesiti, in quanto in un secondo rivide tutto girare vorticosamente intorno a sé, e si ritrovò di nuovo svenuto in quel vicolo, che sembrava essere l'unica cosa con cui avesse familiarizzato.

Al suo risveglio giaceva su un morbido letto, e accanto a lui un anziano signore gli rivolgeva un sorriso di comprensione e di sollievo.
Fu da quel momento che iniziò la sua vita come terrestre, nonostante quella fu una vita forzata, ma ripensandoci non era poi tanto male mescolarsi tra quegli esseri così diversi ma allo stesso tempo così simili a lui. Certo, non era stato affatto facile abituarsi alla vita umana, ma quell'uomo l'aveva aiutato molto, e solo un po' di tempo dopo riuscì a capire che ciò che provava nei suoi confronti era un grande senso di gratitudine ed affetto. Per un terrestre sarebbe suonato strano sentirlo dire, ma la verità era che tutto quello che aveva sempre trascurato, quella sfera sconosciuta dentro di sé oltre la quale facciata non aveva mai progredito, era come se si fosse risvegliata, travolgendolo e causandogli un trambusto che non sarebbe mai riuscito a spiegarsi.
Liberare quei sentimenti, si chiedeva spesso, andava bene? Era giusto trasgredire il proprio stile di vita per abbandonarsi a quella valanga di sensazioni? Chi gli assicurava che un giorno non gli si sarebbe rivoltato tutto contro?

 

Sospirò pesantemente, lasciandosi torturare ancora un po' da quegli interrogativi a cui non avrebbe potuto dare la benché minima risposta. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe dovuto atterrare su un altro pianeta per lasciarsi travolgere da tutte quelle emozioni che fino a quel momento non gli erano mai realmente appartenute! Dire che era spaventato e aveva un grande timore riguardo il futuro era dire poco, ma aveva imparato tante cose, tra cui vivere giorno per giorno senza alcuna aspettativa verso il domani. Aveva ancora molto da sperimentare e da capire, ma in quel momento sembrava essere felice.

La felicità è quella sensazione che si prova quando stai bene, quando un gradevole calore ti pervade il petto, quando riesci a curvare le tue labbra in quello che gli umani chiamano sorriso. Io... sono felice in questo momento, esatto?”
Doveva essere per forza così, perché tralasciando l'inquietudine e i dubbi, e l'incertezza su quello che sarebbe avvenuto nei giorni a seguire, lui in quel preciso momento stava bene, si sentiva fortunato perché nonostante tutto era salvo. E la vita conta più di ogni altra cosa.
Ok, forse si trattava di una felicità un po' apparente, ma non per questo era falsa.

 

-Luhan- lo chiamò quell'uomo che lo aveva salvato, e che lo aveva accolto a casa sua come un figlio. Il ragazzo aveva pensato che la definizione di felicità risiedesse nel suo sorriso, così sincero e pulito, dolce e anche un tantino misterioso. Ricordò che quel sorriso aveva vegliato fin da subito su di lui, e non era crollato neanche davanti alla sua realtà.

 

-I-io... ecco... io... questo non è il mio pianeta, io provengo da un altra stella... non so perché sono qui, non ricordo nulla...- disse stringendo le lenzuola bianche smarrito, guardandosi intorno con la speranza di trovare in quella stanza d'ospedale qualcosa che gli sembrasse familiare, ma purtroppo non gli apparteneva proprio nulla. Alzò il busto, rimanendo seduto sul lettino,e rivolse la sua attenzione a quell'uomo e ai dottori.
-C-come posso tornare sul mio pianeta? Aiutatemi!- esclamò con sguardo abbattuto, profondamente turbato.
I dottori lo guardarono strabuzzando gli occhi, e pensarono subito di dover ricontrollare accuratamente le sue condizioni mentali.
-Deve aver preso una botta molto forte, dice cose davvero strane. Dobbiamo preparare un altro esame. Lei che ne pensa?- si rivolse uno dei due al proprio collega, che cercò invece un approccio differente.
-Ragazzino, non ricordi nemmeno come ti chiami? Sai dirci qualcosa sulla tua famiglia? Siamo qui per aiutarti, tranquillo- parlò gentile e paziente.
-Luhan- rispose il diretto interessato, confuso, non riuscendo a capire quello stravolgimento che sentiva dentro di sé, e che lo metteva profondamente a disagio. Solo in quegli attimi si accorse del fatto di saper parlare quella lingua e di intenderla molto bene, cosa che aumentò ancora di più quel disagio, e che solo in seguito capì fosse ansia.
-Io non sono un terrestre, dovete credermi!- affermò di nuovo, il che convinse definitivamente i dottori ad agire in qualche modo per scovare la causa di quelle che secondo loro erano parole senza senso, infondate, pronunciate da qualcuno che evidentemente non stava bene. Dopo diversi tentativi di ricavare informazioni, i due uomini col camice bianco uscirono dalla stanza. Rimase solo quell'uomo, dalla capigliatura grigiastra e dal sorriso rugoso.
Luhan si mise in piedi, avvicinandosi a lui e bloccandogli le spalle.
-Perché non mi credono? Sto dicendo la verità!!- disse agitando le braccia, e sentì qualcosa di strano bagnargli il viso, dai lineamenti delicati, dolci, che gli conferivano un'aria infantile.
Cos'erano quelle gocce che cadevano dai suoi occhi? Perché si sentiva così? Cosa gli stava succedendo?
Indietreggiò ricadendo di nuovo seduto sul letto. Tutto ciò aveva senso?!
Chiese questo a se stesso, affondando le mani ai lati della sua folta capigliatura scura, con gli occhi spalancati.

-Io ti credo- disse ad un tratto quel signore, sorridendo pacatamente e senza aggiungere niente altro, in quanto ogni parola detta davanti a quel ragazzo poteva apparire superflua o incomprensibile. A Luhan sembrò un illuminazione, tanto che si aggrappò al suo braccio con forza.
-Davvero mi crede?! Mi aiuterà?- domandò guardandolo dritto negli occhi.
L'altro annuì. Sembrava che qualcuno fosse arrivato a fargli compagnia in quella vita solitaria.
E da qui è facile intuire il seguito. Luhan rimase con lui, e apprese tantissime cose, cose che non avrebbe mai immaginato nella sua vita. Quell'uomo gli fu accanto sempre, lo istruì con grande piacere e gli diede un luogo in cui vivere. Gestiva un piccolo negozio, e lo impiegò come collaboratore. Quel ragazzo si trasformò in un umano, per quanto potesse, e mentre cercava il suo posto in quel mondo, mentre si domandava il senso del suo arrivo, viveva come un normale giovane nella sua ventina, anche se un giorno rivelò di avere 124 anni, cosa che colse di stupore il suo “amico”. Era la prima volta che aveva potuto parlare di amicizia, anche se ancora conosceva solo una piccolissima parte del suo enorme e importante significato, ma a quanto pare, sarebbe toccato a lui definire del tutto quella parola, costruirla attraverso le sue esperienze e farne tesoro.
-Ricorda solo una cosa-, gli aveva spiegato quell'uomo -un amico è sempre pronto ad aiutarti, e lì per te e ci rimane sempre sia nella felicità che nel dolore. Potrà sembrarti difficile da capire adesso, ma un giorno sono sicuro che capirai...-

 

 

-Signor Kim- rispose Luhan finendo di pulire il bancone con uno straccio umido, rivolgendogli un sorriso. I clienti erano andati via da un bel pezzo, e regnava un silenzio quasi surreale in quel locale, dall'aspetto accogliente e raffinato. Era da poco scoccata la mezzanotte, e le uniche persone rimaste erano lui e il proprietario. Si asciugò la fronte leggermente sudata con il braccio, continuando nel suo compito. Lavorare lì era un modo per sdebitarsi con il suo salvatore, ma era anche un piacere.
-Stavo giusto finendo di pulire, vada avanti, appena finisco la raggiungo-.
L'uomo scosse la testa.
-Sembra che gli ordini non siano finiti, mio caro Luhan- parlò divertito nell'osservare la faccia sorpresa del suo impiegato.
In fondo, anche se le cose strane facevano parte della sua routine ormai, questa gli era nuova. Chi quasi all'una di notte aveva il così grande desiderio di bere Bubble Tea? E lui che pensava di aver finito per quella giornata.
Ebbene si, in quel negozio si vendeva, si serviva, si consegnava quando richiesto quella -a parere di Luhan- meravigliosa bevanda, che aveva reso quel piccolo negozio così famoso. Così tante varietà di gusti, colori e scelta, una specialità che rendeva quel posto uno dei più frequentati.
Non si lamentò, anche se era abbastanza stanco. Quindi abbandonò il panno sul tavolo e prese l'ordine.
-L'ordine è stato fatto da un cliente abituale, non potevo rifiutare, inoltre quando ha chiamato aveva una voce davvero stressata e stanca. Spero di poterlo aiutare a tirarsi su. Puoi occupartene tu Luhan?-
Il ragazzo annuì, passando poi a preparare quanto richiesto.
Il signor Kim poggiò una mano sulla sua spalla, guardandolo con orgoglio, felice di avere finalmente qualcuno al suo fianco. Era un ragazzo semplice, a volte ingenuo, e non dubitava neanche del fatto che avesse un grande cuore. In più possedeva una bellezza incredibile, e sicuramente era anche questo uno dei motivi per cui ogni sera il suo locale registrava il pienone.
Lo osservò soddisfatto mentre attentamente misurava gli ingredienti, serio e concentrato, mettendo in pratica tutti i suoi insegnamenti. Aveva appreso tutto molto velocemente e diligentemente, dotato com'era di una grande intelligenza. Ma era anche la sua volontà, il voler essere utile, il volersi sdebitare che lo aveva animato a imparare tutto ciò.
-Sei sicuro che per te vada bene? Se ti senti stanco lascia fare a me- chiese premuroso. Luhan scosse la testa.
-Non si preoccupi, piuttosto vada a riposare- rispose regalandogli un altro dolcissimo sorriso.

Fu così che Luhan, rimasto solo, si ritrovò a pensare a quanto buffa fosse in fondo quella situazione. Era da tre mesi che conduceva quella vita, e i quell'arco di tempo non aveva avuto alcuna notizia riguardante il suo amato pianeta. Era determinato a continuare le ricerche, anche se la sua parte più arrendevole gli suggeriva di accontentarsi di quella vita.
Ma si chiedeva se quella vita lo avrebbe portato a qualcosa di buono, oramai riusciva a percepire sensazioni incredibili nel suo cuore: felicità, paura, gratitudine, dolore... man mano che il tempo passava familiarizzava sempre di più con questa dimensione del tutto strana. Lui, abituato a vivere di sola ragione e forza, quasi una macchina, un qualcosa di meccanico che aveva sempre agito per determinati scopi, un essere razionale, dedito a mantenere sotto controllo l'equilibrio del suo pianeta e delle persone che in esso vi abitavano. Era davvero possibile subire una radicale trasformazione sotto quell'aspetto?
In fondo ancora era presto per stabilirlo, ancora Luhan di un libro ne aveva visto si e no solo le pagine di introduzione...











 

Ciao a tutti! ^^
Questa è la prima volta che scrivo su questo bellissimo fandom.
Da HunHan convinta e devota, ho voluto cimentarmi anch'io per una volta in quest'impresa e scrivere qualcosa che mi frullava da un po' per la testa.
Spero vi fermiate a leggere, e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.
Questo è un capitolo perlopiù introduttivo, dal prossimo si comincia in modo vero e proprio.
Purtroppo non sono brava in cose come la grafica, quindi il massimo che posso fare è inserire due immagini e una scritta sopra ehehe ^^''
Naturalmente ciò che scrivo riguarda pura e sola fantasia.
Fonte di ispirazione è stato un drama, precisamente “You who came from the stars”, ma la storia è completamente diversa, non si tratta ne di una copia, ne di un'imitazione.
Bene, credo di aver scritto abbastanza! XD
Spero di ricevere qualche parere, e mi scuso se ci saranno errori nel caso vi soffermerete a leggerla.
Saluti! ^^
Ele

 

 

  
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