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Autore: IMmatura    16/11/2014    3 recensioni
Ormai il mondo sembra sempre più ruotare intorno al denaro, e il potere delle Nazioni dipendere dalla loro economia...ma un giorno tutte le più potenti Nazioni vengono private della loro ricchezza, e il denaro stesso viene svuotato del suo valore. Inizia così un sadico gioco in cui ogniuno dovrà lottare per vincere tutto o per non perdere la ricchezza, il potere...e forse la vita stessa. Chi c'è dietro tutto questo? Come uscirne vincitori e soprattutto...a che prezzo?
Ognuno sarà costretto a fare i conti con se stesso, e con la parte peggiore di se, in un gioco di egoismi e interessi dove l'inganno sembra essere l'unica risposta...
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hidekaz Himaruya; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

 

 

Gioco d'inganni

 

 

Gli uomini hanno una pietra di paragone per vagliare l'oro, ma l'oro è la pietra di paragone con cui vagliare gli uomini. (Thomas Fuller) 

 

XII

-Ravais?- chiese Lituania avvicinandosi al ragazzino lettone. Tremava, rannicchiato in un angolo della sala, con qualcosa sulle ginocchia. Una cassetta. -Che significa?-

Lettonia alzò lo sguardo. Aveva la consueta aria tesa, sul punto di piangere, ma il volto era anche segnato da un paio di occhiaie. Probabilmente non aveva chiuso occhio. Le mani tremavano, ad un millimetro dall’oggetto che non osavano più toccare. Era stato così terribilmente semplice rubare quei gettoni, ma averli, adesso, era così difficile. Non avrebbe saputo spiegarselo, ma per qualche motivo le lacrime sempre in bilico sui suoi occhi, all’improvviso, minacciavano di sfuggirgli, trascinandosene dietro molte altre.

-C-credevo di p-poterlo fare...- mormorò con voce rotta. Toris si chinò alla sua altezza.

-Fare cosa? Cosa volevi fare?- chiese, cercando di non perdere la calma. Il giorno prima aveva aggredito lui ed Estonia ma quella mattina, dopo aver dormito poco e pensato tanto, si era sentito un po’ in colpa.

-Io l’ho vista...stavo uscendo dal bagno e lei entrava. Mi sono spaventato e sono andato a sbattere contro quel mobiletto...sembra un comodino...sembrava fatto apposta...-

Per frasi sconnesse, Lituania riuscì a ricostruire la dinamica del furto che la sera prima aveva agitato non poco gli animi. Ravais aveva visto Lily Zwigli entrare nel bagno. Era andato a sbattere contro il mobiletto, perché per la sorpresa di incrociare qualcuno a quell’ora era sobbalzato. Forse l’idea gli era venuta allora, oppure dopo, quando era rimasto ad ascoltare prima il fruscio di un rubinetto, poi la ragazza serrare il cubicolo. La porta dell’antibagno era rimasta socchiusa, si vedeva chiaramente quella cassetta, sul lavandino.

Era abituato a muoversi silenziosamente, Lettonia, dai tempi trascorsi in casa di Russia. Meno ci si faceva sentire, meglio era, a quei tempi. Gli ci era voluto un attimo per prendere quel delicato oggetto da dove era stato dimenticato e portarlo, in fretta e furia, fuori. Sapeva istintivamente di non poterlo tenere con se, e aveva già trovato il nascondiglio perfetto per riporre la cassetta e tornare a prenderla in seguito. Aveva fatto tutto così in fretta, da rendersene a malapena conto. Forza della disperazione, o istinto di sopravvivenza, non avrebbe saputo dirlo. Aveva agito d’istinto, comunque, ma già l’attimo dopo, la sua coscienza l’aveva spaventato anche più del fucile scarico di Svizzera puntato addosso.

-Perché, perché, perché vuoi fare il ladruncolo per Russia?- chiese il lituano, afferrandolo per le spalle. -So che sei spaventato, ma...capisci che mettere nei guai anche altre persone non ci salverà comunque!-

-Io non volevo dare la cassetta a...- deglutì, anziché pronunciare quel nome. La sua voce era diventata un sussurro. -Rivolevo solo una cassetta mia. Volevo nasconderla meglio e non farla trovare a nessuno...io volevo...-

Toris sgranò gli occhi chiari, sorpreso. Il tremito di Ravais lo stava contagiando, attraverso le braccia che allentarono la presa. Il silenzio si era fatto pesante.

-Volevo solo scappare. Non volevo essere di nuovo sotto il controllo di Russia. Volevo una cassetta al posto della mia per essere libero di starmene in pace!- Alla fine i singhiozzi esplosero, mentre continuava la sua confessione. -Credevo non mi importasse...tanto se stavo agli ordini di Ivan avrei dovuto comunque rubare i soldi ad altre persone. Una sola, contro tanti. Qualcuno a caso al posto mio. Credevo non mi sarebbe importato, però...però io non ci riesco! Non posso tenere questi gettoni, non posso, non posso più!-

-Lo so.- mormorava Lituania, cercando di calmarlo. Sapeva di aver a che fare con una nazione matura quanto lui però non riusciva a fare a meno di consolarlo come un ragazzino. Forse per l’aspetto che aveva, ancor più piccolo e fragile del solito. Ravais forse non si era opposto a metterlo nei guai, prima, ma adesso aveva iniziato a dire di no a quella situazione e lui doveva convincerlo a non smettere. Così cercava di fargli coraggio come poteva, con pacche esitanti sul braccio.

-Troveremo un altro modo, ne sono sicuro. Prometto che lo troveremo.-

-Davvero?-

Toris deglutì. Si stava assumendo una responsabilità enorme, che non dipendeva davvero da lui. Stava facendo una promessa falsa in partenza, e pericolosa. Non aveva ancora la più pallida idea di come uscire da quella situazione di ricatto. Sapeva solo consa l’altro aveva bisogno di sentirsi dire. Promise.

-Cos’hai intenzione di fare, con quei gettoni?-

-Non lo so.- Ammise Lettonia. -Lei non mi ha fatto niente, non si merita questo...però ho paura...-

-Fai quello che ti senti. Una soluzione verrà fuori. Io intanto voglio cercare Polonia...fino ad ora ha saputo tutto di tutti qui dentro, potrebbe darci una mano, a modo suo.-

-Tu credi?-

-Se riesci a sopportarlo.- disse incerto, strappando all’altro un forzato sorriso e un cenno di assenso. Si alzò, il piccolo Ravais, dicendo di dover fare una cosa e sparendo su per le scale.

Dopo qualche minuto due leggeri colpi alla porta della sua stanza sorpresero Lily Zwigli. Era Svizzera? La ragazza chiese, ma non ottenne risposta. Sentì un tonfo e dei passi veloci allontanarsi, così si decise ad aprire appena la porta, per verificare che non fosse successo nulla. A terra c’era la sua cassetta. Avrebbe voluto piangere dalla gioia, ma aveva qualcosa di ancora più urgente da fare: doveva avvisare Vash. Non vedeva l’ora di restituirgli i suoi gettoni. Non le importava più sapere chi era il ladro, in realtà non era stata arrabbiata fin dal principio. Era solo preoccupata e delusa. Entrambi sentimenti che erano spariti in quell’istante.

Solo sollevandola si rese conto che qualcosa non andava. Era più leggera. Aprendola scoprì che era piena solo per metà. Bussò comunque alla porta di Vash, insistendo per restituirgli il suo scrigno, che il ragazzo le aveva affidato. Non riuscì a tenerlo all’oscuro del piccolo “deficit” ancora presente nelle sue finanze. Svizzera aveva orecchio per le monete e si accorse subito che suonavano troppo poco. Se ne accorse come se la cassetta di Lily fosse stata spalancata sotto i suoi occhi. E decise. Mentre la ragazza si affacciava sul corridoio, forse aspettandosi di trovare l’altra metà della refurtiva pocciata da qualche parte sulla moquette, lui fece un rapido travaso. Adesso era la sua cassetta, rossa con una bella croce bianca, ad essere più leggera.

Nel frattempo Ravais era quasi caduto giù dalle scale, tanto aveva corso scendendole con le mani nelle tasche. Si appoggiò con la schiena al muro , scivolando lentamente. Alla fine non c’era riuscito. Il suo era rimasto un coraggio a metà, un’onestà imperfetta ed egoista...o forse solo spaventata. C’era un bagliore di luce che si sforzava, piano piano, di rischiarare l’oscurità e scacciare via le paure, poco alla volta. Per ora era riuscito a fare qualcosa di buono, e ripromettersi di completare l’opera quando le sue mani avrebbero smesso di tremare, al contatto con il metallo freddo delle monete. Quel gesto incompleto, quasi risibile, in fondo valeva qualcosa. Quel peso, un po’ scarso, che Lily aveva sentito nelle sue mani per un attimo, era il peso del buono di una persona. Ravais era onesto a metà...ma in fondo chi era mai stato onesto o disonesto in pieno?

 

§§§

 

Germania si era imposto il più assoluto silenzio. Quella giornata sarebbe stata decisamente lunga ed estenuante, ed anche un suo respiro poteva peggiorarla ulteriormente.  Da qualche minuto procedevano in quattro, avvolti dal più imbarazzante silenzio, mentre Romano Vargas gli lanciava continuamente occhiate ostili, e Veneziano supplicava sottovoce il fratello (sottovoce per modo di dire, dato che a volte era chiaramente udibile) di “essere gentile”. Sorprendentemente, dopo un’iniziale fase di diffidenza, Inghilterra non si era opposto. Sembrava più arrendevole, quella mattina.

In realtà le parole più giuste sarebbero state assonnato e distratto. Aveva infatti dormito poco e male, quella notte, dopo un lungo e sofferto colloquio con America e Giappone, su cui stava rimuginando ancora adesso. Stupido America! In che diavolo di guaio doveva andare a cacciarsi! Damn, a volte era così idiota da fargli venir voglia di gridare...eppure era preoccupato per lui, e il suo cervello si arrovellava attorno al problema senza riuscire a farsi venire in mente una soluzione valida. A parte strozzare Francis, cosa che probabilmente non avrebbe risolto il problema...ma quanto l’avrebbe fatto sentire meglio!

-Shit! Me ne ero dimenticato!- esclamò di colpo quest’ultimo, facendo sobbalzare tutti. Si era appena ricordato un’altra cosa che aveva saputo da Kiku ieri sera, e di cui avrebbe dovuto parlare subito. Era arrabbiato con se stesso, ovviamente, ma la cosa non impedì ai due Vargas di schizzare “casualmente” dietro le spalle di Germania. Soprattutto Lovino, che si era spaventato sul serio. Non l’avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, ma Inghilterra gli metteva terribilmente ansia. La sola presenza lo rendeva teso, senza una motivazione precisa. Scherzi dell’inconscio, probabilmente, nutrito fin dall’infanzia dai racconti, non proprio rassicuranti e lusinghieri, di Spagna.

-Senti, coso, stai calmo!- lo apostrofò comunque (sempre ben nascosto dietro il crucco, che dal suo punto di vista era tranquillamente sacrificabile...). Era il suo modo di reagire. Si fosse rivolto a Ludwig, non avrebbe ottenuto reazione alcuna, dato che il tedesco si era ormai abituato. Sfortunatamente Arthur aveva tutt’altro carattere, decisamente più suscettibile, e quella specie di scintilla minacciava di far scoppiare un incendio.

-Se hai problemi con me o con qualcun altro puoi pure tornartene da dove diavolo sei venuto. Non sono proprio dell’umore oggi, ok?-

-Ma non mi dire...cazzo, non me n’ero accorto!-

-COMUNQUE...- pronunciò perentorio l’inglese, tornando a rivolgersi al gruppo intero. -Ieri sera ho avuto una...ehm...conversazione con Giappone. Tra le altre cose mi ha detto che per quasi tutta la giornata di ieri il seminterrato è stato occupato da Cina. Potrebbe essere un problema, non l’avevo calcolato, all’inizio...-

-Potrebbe?- chiese ironico il maggiore dei Vargas. -Si che è un fottuto problema!-

-Non direi, basterebbe parlarci con calma e non vedo perch...-

Se si era ripromesso di non intervenire, Ludwig, era per ottime ragioni. Non ebbe il tempo di pentirsi di aver cambiato ideo, o di terminare la frase.

-Ma allora veramente hai una fottuta patata al posto della testa tu! Se è stato tutto il tempo li è ovvio che è il suo cazzo di nascondiglio e non ci farà accostare nemmeno per sbaglio! Porca miseria, siamo pure venuti ad un orario indecente per niente...E quest’altro genio qua se ne ricorda adesso...-

-Con me non ti permettere, chiaro!- ribattè Arthur, chiamato in causa. -Ho già i miei fottuti problemi e pure quelli che gli altri mi accollano, permetti che qualche cosa mi sfugga, damn it?-

-Ve, per favore, non litighiamo. Siamo tutti preoccupati, ma sono sicuro che possiamo parlare con calma. Fratellone smettila di essere così ostile e...ehm...-

-Si, si, anch’io.- sbuffò l’inglese, intuendo cosa Feliciano non avesse il coraggio di dire.

-Grazie. Visto? Tutto a posto. Sono sicuro che riusciremo a parlare con calma anche con Cina, ve. Ah, e...Inghilterra?-

-Cosa, ancora?-

-Se possiamo aiutare per le altre cose che ti preoccupano basta dirlo.- disse convinto Italia.

-Ne dubito.- rispose quest’ultimo, più conciliante. -In realtà sarei io a dover dare una mano ad America che ha fatto un disastro, that idiot, ma non mi viene in mente niente...-

-America?- chiese il settentirone.

-Ah, già, non te l’avevo raccontato. Una cazzo di scena...Francis l’ha fregato per bene!- si intromise Romano.

-What? Stai dicendo che eri là a goderti lo spettacolo?- gridò indignato Inghilterra, tentato di mettergli le mani al collo. In che modo lo raccontava, poi, così sfacciatamente indifferente. Sentendosi afferrare per il bavero Romano reagì. Tirò una forte spinta all’altro, sotto lo sguardo decisamente preoccupato di Germania. Italia intanto stava per mettersi a piangere.

-Non c’ero solo io, maledizione! E toglimi le mani di dosso o ti tiro una testata che ti faccio scappare quei fottuti bruchi dalla faccia per lo spavento!-

-Cerchi guai, italian?-

-Li cerchi tu, li cerchi! Nessuno ha detto niente perché nessuno si voleva mettere in mezzo, soprattutto per quell’idiota che, con tutto il rispetto, ‘sta pieno di soldi da fare schifo. Fattene una cazzo di ragione!-

“E non rompere il cazzo a me!” avrebbe volentieri aggiunto, ma il messaggio sembrava essere passato. L’inglese aveva borbottato qualcosa a mezza bocca alzando le mani, e poi si era chiuso in un silenzio più ostile di prima.

-Deve essere proprio preoccupato...- disse Feliciano all’orecchio del fratello. -Un po’ mi dispiace, ve...sia per lui che per America...-

Romano sbuffò in risposta. Feliciano voleva aiutare tutti, gliel’aveva detto. Ma lui non era proprio convinto di questa cosa. Inoltre adesso avevano un problema più serio. Cina era sbucato loro di fronte aprendo la botola del seminterrato.

Sorprendentemente, convincerlo di non avere intenzioni ostili non fu così difficile. Sembrava contento di aver trovato qualcuno non interessato a quel gioco sadico. Chiese solo qualche minuto per portare al sicuro le sue cose, e loro glielo diedero, allontanandosi a sufficienza. Dopo quella prova di onestà, furono accolti a braccia aperte.

Il seminterrato era più ampio di quanto avessero immaginato. Sembrava ben tenuto, nonostante l’odore di stantio. Era stato usato di recente come rimessa per attrezzi di vario genere. C’erano anche due grosse casse pesanti che Yao non aveva aperto. L’orientale mostrò orgoglioso il tavolo da lavoro dove, con qualche pezzo di legno e della vernice, aveva prodotto varie copie della sua cassetta, per depistare eventuali ladri. Un piano ingegnoso, riconobbero gli altri.

-Ho avuto fortuna, aru. Qui dentro probabilmente hanno costruito le cassette originali, quindi c’erano ancora i materiali.-

-Cos’è quel macchinario laggiù?- chiese Italia, avvicinandosi ad una specie di pressa. Germania disse che somigliava ad una macchina da stampa, se non fosse stato per le dimensioni ridotte del timbro.

A Romano ricordava più uno di quegli aggeggi che si usavano nelle campagne per chiudere le bottiglie di pomodoro. Il “timbro” come lo chiamava quel crucco, aveva un bordo più spesso, come se dovesse ripiegare i bordi di un tappo a pressione. La base però non era un anello per tenere il collo della bottiglia, ma un pezzo speculare all’altro. Gli venne un sospetto. Mentre il tedesco e suo fratello tentavano di aprire le casse, cacciò di tasca una moneta e la infilò nella fessura. Coincideva perfettamente. Abbassò anche la leva, e capì di avere ragione. Quell’arnese era servito a coniare quelle strane monete. Probabilmente i gettoni erano fatti di due dischi di metallo più larghi pressati assieme. In qualche modo quel macchinario veniva riscaldato perché i bordi esterni si piegassero e saldassero tra loro.

-Hanno coniato le monete con quello, aru? Ed io che non l’avevo neanche calcolato...- commentò Yao, che stava sbirciando dietro le sue spalle.

-Non vedo altra spiegazione, visto quel che abbiamo trovato noi.- disse Germania, mostrando due dischetti di metallo, dentellati. Su uno c’era una maschera impressa, sull’altro no. Era ciò che avevano trovato nelle casse.

-Ve, ho capito! Mettevano i dischetti qui e qui, poi chiudevano e i denti si incastravano, giusto?- Romano annui e il fratello sorrise felice di aver indovinato.

-Stai dicendo che potremmo produrne ancora, con questi materiali, aru?-

-No.-

-Ve, cosa? Ma fratellone hai detto tu che questo macchinario...-

-Serviva per fare i gettoni, e lo confermo, però guarda!- strappò senza troppi complimenti di mano a Germania i due dischetti dentati e li sovrappose, per poi confrontarli con la sua moneta. Sovrapposti, erano più sottili. -Dentro doveva esserci un altro dischetto. Un’anima interna di un metallo diverso...-

-Oro?- suppose Ludwig.

-Forse.- borbottò il Sud d’Italia, nervoso per essere stato interrotto. Dal tedesco, per di più. -Comunque qualcosa di valore, visto che non l’hanno lasciato qui assieme al resto. Non sono stati così coglioni da lasciare tutto. Così si accorgono se qualche imbecille qualsiasi prova a fare il furbo.-

-Quindi non abbiamo scoperto nulla di utile?- chiese avvilito Feliciano.

-No. Potremmo anche provarci a battere moneta falsa, ma la beccherebbero subito. Peserebbe di meno...-

Quella cosa gli aveva fatto venire un’idea bizzarra. Utilissima, se fosse stato in vena di fare lo stronzo, ma a pensarci bene, anche per una piccola vendetta, per una specie di buona azione...circa.

Scosse energicamente la testa. Non era un suo problema quello, perché avrebbe dovuto preoccuparsene? Lui doveva solo badare a se a suo fratello. Era Feliciano quello che voleva aiutare tutti. Però non sapeva come farlo. A lui, che non voleva, veniva in mente come. Suo fratello aveva detto che potevano farlo perché erano insieme. Romano ci aggiunse mentalmente che ci potevano riuscire solo insieme. A quanto pare, gli toccava proprio.

Si avvicinò al fratello, abbastanza avvilito, posandogli una mano sulla spalla.

-Scusa, stavo pensando...- accennò con un movimento della testa in direzione di Inghilterra. Quel bastardo non aveva fiatato per tutto il tempo ed ora stava rigirandosi tra le mani un truciolo di legno, con aria frustrata. Lo gettò a terra e lo schiacciò sotto la scarpa mormorando qualche imprecazione nella sua lingua.

-Strano, vero? Litiga sempre con America e poi la prende così a cuore...non sembra, ma secondo me è proprio una brava persona.- si astenne dall’aggiungere che trovava gli somigliasse un po’.

-Se lo dici tu. Dicevi sul serio, che ti dispiaceva?-

Feliciano annuì con convinzione.

-E va bene. Ehi, simpaticone!- fece Lovino, riferendosi all’inglese, con quelle sopracciglia più aggrottate che mai. -Vieni qua un attimo che ti devo parlare...-

 

 

 

A volte siamo un po' egoisti; tiriamo diritto per conto nostro e non vogliamo badare agli altri. No, ciascuno deve pensare a sé e agli altri. Tutto il bene che volete e procurate a voi, cercate di farlo anche ai vostri compagni. (Giuseppe Allamano) 

 

 

 

 

 

Angolino del disimpegno (presso il Mind Palace di IMma)

Vi aspettavate che Ravais fosse il ladro? La disperazione fa davvero brutti scherzi, a volte...

Forse adesso le cose riusciranno ad appianarsi. Nel prossimo capitolo ci sarà il contronto di Lituania con Polonia e...non solo. Chissà che non arrivi un’alleanza inaspettata? Si sta formando un altro gruppo pronto a fare del proprio meglio (circa) contro la vera minaccia della villa. No, non l’uomo misterioso...Ivan, che è il MALE *Sente un soffio di vento gelido e rabbrividisce* e che OVVIAMENTE amiamo per questo ^^” *Trova misteriosamente un tubo abbandonato sul suo comodino come monito*.

Questa storia mi ucciderà, prima o poi...

Passando a commentare la seconda parte, non poteva esserci più casino di così, nevvero? Cina per fortuna è stato accomodante...c’erano già troppi problemi in questa squadra decisamente male assortita. Per una volta Romano ha fatto bene a sbottare in faccia all’altro tsundere del team, e a dargli una bella scossa. Ma che idea avrà avuto adesso?

Per scoprirlo, purtroppo, dovrete aspettare il prossimo capitolo (pregando che nel frattempo un certo russo non mi uccida)

Saluti

IMma

  
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