1000
anno
Domini Arkeate
PREFAZIONE
La
mattina del 31 dicembre iniziò esattamente come tutte le
altre. Il sole sorse
lentamente, emergendo un raggio alla volta da dietro le montagne,
esattamente
come ogni giorno. Le campane delle chiese cominciarono a suonare appena
l'astro
emerse nella sua completezza, segnando l'inizio dell'Ora Prima.
Solo
che dopo il momento in cui le campane smisero di suonare non successe
nulla. Di
solito a quell'ora gli abitanti di Giubilopoli cominciavano ad uscire
per le
strade, conducendo i loro affari e risolvendo i loro problemi. Ma
quella
mattina nemmeno una mosca volava. Né a Giubilopoli,
né nel resto di Sinnoh. E
probabilmente nemmeno nelle altre regioni.
Quel 31
dicembre non era un giorno come gli altri. Non era stato accolto con il
solito
giubilo, e nessun ringraziamento era stato rivolto ad Arceus per il
fatto che
dall'anno vecchio si stava per passare all'anno nuovo. Nessuna lode era
stata
cantata in suo onore, nessun ringraziamento gli era stato reso. Gli
uomini pregavano,
inquieti. Anche le donne ci provavano, invano, in quanto occupate a
tentare di
calmare i loro figli in preda di un pianto irrefrenabile. I pokemon
erano
anch'essi irrequieti, turbati dagli stati d'animo alterati dei loro
padroni.
In
definitiva nessuno riusciva a stare tranquillo. Il perché
era molto semplice.
Quel giorno, il 31 dicembre dell'anno del Signore Arceus 999, sarebbe
stato
l'ultimo della razza umana, e dei pokemon con loro. Come indicato dalle
sacre
scritture allo scoccare dell'anno 1000 sarebbe arrivata l'Apocalisse, e
con
essa la fine di tutto. Ma si sa, ad ogni fine segue un nuovo inizio.
L'inizio
in questione sarebbe stato l'inizio del Regno dei Cieli. Arceus sarebbe
sceso
sulla terra devastata, e avrebbe diviso le anime pure da quelle impure,
conducendo in Paradiso coloro che ne erano degli e relegando
all'Inferno coloro
che non lo erano.
"Mille
e non più mille", recitava un versetto, forse uno dei
più conosciuti tra i
testi sacri. Tutti erano stati d'accordo nel dire che ciò
significava che dopo
mille anni dalla nascita del Messia esso, assieme al suo sacro padre
Arceus,
sarebbe tornato a reclamare il mondo. I sacerdoti, fino ad una decina
d'anni
prima, avevano descritto con entusiasmo e convinzione questo evento
futuro. Ma
era già da un po' che questa felicità si era
rivelata falsa. La verità era che
tutti avevano paura. Anzi, terrore. Il terrore di non essere degni del
Paradiso. Il terrore che Arceus non li scegliesse e li gettasse negli
oscuri
meandri dell'Abisso. Il terrore della fine. La fine di ogni cosa.
Nonostante
tutto la fede non era sembrata venire meno, in quanto in molti
pregavano. La
stragrande maggioranza delle persone, appena sveglie, si era subito
recata
all'angolo della casa dedito alle invocazioni ad Arceus, e si era messa
a
pregare. Anzi, sarebbe più corretto definire quelle
preghiere ruffianeria, in
quanto le richieste che andavano per la maggiore erano che l'Apocalisse
ciò non
avesse luogo e di avere salva la propria anima. Ma c'era anche qualche
richiesta più umile, come quella di poter passare un'ultima
giornata felice con
i propri cari.
Ma si
sa, certe volte avere fede in qualcosa non significa per certo che
questa cosa
possa influire sul corso degli eventi.
***
ORA
PRIMA
Non ci
fu nemmeno bisogno del suono delle campane per svegliare Sylvester.
Oramai era
per lui abitudine, appena percepiti i caldi raggi del sole sul volto,
alzarsi
dal letto ed andarsi a vestire. Per tutto ciò doveva
ringraziare Stephen, un
suo predecessore. Egli aveva sovente problemi a prendere sonno, e si
era fatto
costruire una camera da letto apposita. Era abbastanza stretta, ma
molto lunga.
Essa aveva un'unica finestrella, posta al di sopra dell'ingresso. Il
tutto si
affacciava ad est, in modo tale che i primi raggi del sole fossero
catturati
dal vetro concavo e diretti verso il letto del dormiente in modo tale
da
svegliarlo. Questa era una delle cose che comporta il fatto di essere
Sommo
Pontefice, e Sylvester lo detestava. Almeno il fatto di non essere nato
prima
di Stephen, ovvero più di un secolo prima. Almeno, se fosse
vissuto allora, non
avrebbe dovuto affrontare il giorno che era appena cominciato. Il
giorno più
temuto da tutti, compreso lui.
Nonostante
fosse molto più che riluttante, decise di alzarsi, anche per
il fastidio che il
raggio solare gli dava. Fece tutto con calma, nonostante l'apparente
urgenza
richiesta dalla situazione. Si diresse verso la sedia dove aveva
riposto i
vestiti la sera precedente. O meglio, sarebbe più corretto
dire il vestito,
visto che aveva indossato solo una leggera veste di lino bianco.
Nonostante
fosse perfettamente cosciente del fatto che di lì a poco si
sarebbe dovuto
cambiare di nuovo la indossò ugualmente.
Sylvester
osservò il raggio di sole. "Non è molto intenso"
pensò "L'alba
dev'essere arrivata da poco. Gli altri non si sveglieranno prima di
qualche
minuto, ho ancora un po' di tempo.". Detto ciò si diresse
verso il leggio
nel vicino angolo della stanza, aprì il libro che vi era
sopra e si mise a
leggere alcuni salmi. Gli stessi salmi che avrebbe declamato la sera
stessa
nell'Ultima Volgare Messa. Era stata chiamata così l'ultima
cerimonia liturgica
che sarebbe stata celebrata da un mortale.
Passarono
una ventina di minuti, e la porta della camera si aprì. Ad
entrare fu il
vicario Jan.
-
Buongiorno, Santo Padre. - gli si rivolse il sottoposto.
-
Buongiorno a te, Jan.
- Sta
ancora rileggendo i salmi?
- Sì,
non sia mai che mi dimentichi qualcosa stasera. A proposito, come
stanno
andando i preparativi per l'Ultima Volgare Messa?
- Sono
stati completati. Il vescovo Laszlo ha fatto davvero un buon lavoro,
questo si
deve ammettere.
Sylvester
annuì in segno di approvazione. Ma aveva un ultimo dubbio.
- Sono
state prese misure di sicurezza?
-
Certamente, Santo Padre. Il protodiacono Octavius si era opposto, ma la
maggior
parte del concilio ha votato a favore.
- Chi è
stato incaricato di presiedere il comando degli armati?
- Il
capitano Odo, Santo Padre.
- Molto
bene.
Sylvester
si era voluto informare per precauzione. Nonostante oramai il mondo
stesse per
finire la sicurezza non era mai troppa. C'erano state varie ribellioni
di
contadini negli ultimi tempi, in larga parte fomentate da fanatici
straccioni.
A sedarle era stato inviato il capitano Rambert, che però
era morto di lì a
poco per una febbre. Al suo posto era stato inviato Odo, un armigero a
capo del
contingente arrivato da Hoenn. Sylvester all'inizio era rimasto
perplesso, ma
visto l'ottima condotta nel riuscire a sedare i dissidenti aveva deciso
di
promuoverlo a capitano della sua guardia personale. E adesso che sapeva
che lui
avrebbe gestito la sicurezza si sentiva molto più tranquillo.
-
Adesso andrò a pregare - disse il Sommo Pontefice - Jan,
vuoi venire con me a
rendere un ultimo omaggio ad Arceus?
- Certo
che sì, Santo Padre.
I due
uomini si diressero verso la parete dove era appeso il simbolo di
Arceus: due
semicerchi separati trafitti da una X. Tutti e due si fecero il segno
sacro,
ovvero si tracciarono con un dito sul cuore prima una croce, con ai
lati due
semicerchi. Entrambi si inginocchiarono, e congiunsero le mani mentre
rivolgevano la testa in basso. Sylvester prese l'iniziativa ed
iniziò a
recitare una breve preghiera. Del resto non voleva certo rubare altro
tempo
alla giornata di lavoro che stava per iniziare.
da nobis ut diem festum
die tentationibus careant
quod vos dedicant ad vos.
Audi nos quidquid petierimus
sit gratiaci de tua benignitate.
Habemus tibi
gratiam
et
revertamur ad nostrum populum laboris,
cum
expectans adventum regnum tuum.
In nomine
Patris, et Filii, et Spiritus Sanctus,
Amen
- Se
non sbaglio alla Terza c'è una riunione del concilio.
-
Esatto, Santo Padre, ma la vostra presenza non è necessaria.
Volete recarvici
lo stesso?
-
Certamente.
-
Ricordatevi che tra poco dovrete condurre la messa della Seconda.
- Lo
so, lo so. Mi dirigerò immediatamente da Olav per cambiarmi
d'abito e per
indossare i sacramenti.
- Molto
bene, Santo Padre. Non la voglio tediare oltre.
- A
dopo, Jan. Vai in pace, e che Arceus ti benedica.
- A
lei, Santo Padre.
Il
vicario uscì, seguito poco dopo dal Sommo Pontefice.
-
ORA
SECONDA
- E
quindi, fratelli miei, non dovete aver paura di ciò che
succederà questa sera.
Anzi, semmai dovrebbe essere per voi motivo di giubilo. Del resto non
siamo
forse a Giubilopoli?
Qualche
risatina si alzò dalla folla, ma niente di che.
-
Forza, fratelli, cantiamo le lodi di Arceus nell'attesa della sua
venuta.
Detto
ciò Sylvester aspettò alcuni attimi
perché l'organo al piano di sotto
cominciasse a suonare, e cominciò a recitare sommessamente
il testo della
preghiere in latino. Dopo pochi secondi si unirono alla sua voce e la
sovrastarono quelle di una cinquantina di persone, guardie e sacerdoti
compresi.
Era quello il numero di persone che quella mattina aveva assistito alla
messa
dell'Ora Seconda. Molta gente aveva preferito starsene a casa, a
pregare.
Sylvester non li biasimava. Anche lui, se ne avesse avuto la
possibilità, lo
avrebbe fatto. Ma essere Sommo Pontefice richiedeva una buona dose di
pazienza
e un'alta soglia di sopportazione. Almeno si accontentava del fatto che
di lì a
un giorno sarebbe tutto finito.
I canti
terminarono appena l'organo ebbe finito di suonare. Anche le voci si
acquietarono subito, con una stonatura che diede un po' di fastidio a
Sylvester. Un po' si pentì di non aver fatto venire anche il
coro delle voci
bianche pokemon, almeno avrebbero dato un'intonazione più
che gradevole al
tutto. Ma ovviamente, quando l'aveva proposto al concilio, il vescovo
Octavius
si era opposto. Era un bel guastafeste in effetti. "Si terranno freschi
per stasera" aveva detto.
-
Fratelli - disse Sylvester, riprendendo il sermone per concluderlo -
Grazie per
essere venuti qui, questa mattina, per pregare con me. Come forse tutti
saprete, la messa dell'ora Decima quest'oggi non ci sarà.
Anche io, come voi,
ho bisogno di tempo per pregare in privato. Ma questa sera, prima del
calar del
sole, avrà inizio l'Ultima Volgare Messa, con cui
accoglieremo tutti insieme il
grande Arceus. La cerimonia avrà inizio all'ora Tredicesima,
e durerà fino... -
Sylvester esitò un attimo - ai Vespri. - concluse in fretta.
Non aveva molto
senso dire che si sarebbe conclusa, visto che quella sarebbe stato solo
un
inizio.
Il
Sommo Pontefice si fece il gesto sacro per dichiarare la fine della
messa.
-
Andate, fratelli - disse - Andate in pace. E pregate.
Adesso
lo aspettava la riunione del concilio.
-
ORA
TERZA
Sylvester
ebbe appena il tempo di cambiarsi d'abito, indossando una toga meno
formale ma
comunque degna del Sommo Pontefice, e si incamminò subito
verso la sala del
concilio. Aveva da poco finito la Messa della Seconda, e la riunione
del
concilio sarebbe iniziata verso metà della Terza, per cui
aveva ancora qualche
minuto per arrivarvi. Si diede comunque una mossa, e per strada venne
scortato
da due guardie e da un araldo. Appena il gruppo arrivò di
fronte alle porte
della sala del concilio il Sommo Pontefice si rivolse ai due uomini di
guardia.
- E'
già iniziata la riunione? - chiese ad uno.
- Sì,
Vostra Santità - gli rispose - Ma il vescovo Octavius ha
detto che la vostra
presenza non è richiesta.
- Ma io
desidero prendervi parte. Fai entrare l'araldo così che mi
possa annunciare.
Pur
leggermente riluttante, la guardia si spostò di lato ed
aprì la porta,
permettendo all'araldo di entrare.
- Sua
Santità Sylvester, secondo del suo nome, Vescovo di
Giubilopoli, Patriarca
della Regione di Sinnoh e Sommo Pontefice della Chiesa di Arceus! -
annunciò
l'uomo alle persone presenti nel salone.
Sylvester
entrò subito, e si concedette qualche attimo per osservare i
presenti. C'erano
alcuni soldati accostati ai muri e poi sacerdoti ed ecclesiastici vari,
ma le
persone più importanti erano il vicario Jan e i Tre Grandi
Vescovi: Victor, Laszlo
e infine il protodiacono Octavius. Quest'ultimo di certo non avrebbe
potuto
mancare.
Si
diresse allora verso il seggio a lui riservato. Dopo alcuni rapidi
passi arrivò
al suo trono rialzato e vi si sedette. Da lì poteva godere
della migliore vista
della stanza, vedendo tutto e tutti.
- Sua
Santità - gli si rivolse Octavius, con un leggero fastidio
appena percettibile
nel suo tono di voce - La vostra presenza non era richiesta.
- Ma ho
deciso di esserci lo stesso.
- Come
ho già detto non era necessario - continuò il
protodiacono - Io e gli altri
membri del concilio dobbiamo discutere solo di alcuni affari di poco
conto.
- Se
voi avete convocato addirittura una riunione del concilio non credo che
questi
affari siano così poco importanti. Vorrei sapere di cosa
vorreste parlare.
Per un
attimo Octavius storse il naso, ma riprese subito la sua normale
espressione.
Si schiarì la voce, e continuò il discorso:-
Volevamo porre sotto giudizio
l'efficacia delle misure di sicurezza adottate dal capitano Odo in
occasione
della cerimonia di questa sera. Io ed alcuni altri non crediamo che
siano
sufficienti.
- E
come mai ne siete così certi?
- Vede,
Sua Santità - si intromise il vescovo Victor - il capitano
Odo ricopre la sua
carica da troppo poco tempo, e crediamo che non sia adatto a ricoprire
ulteriormente il suo ruolo.
-
Quindi lo vorreste sostituire.
La
frase pronunciata da Sylvester non era una domanda, ma un'affermazione.
-
Esatto, Santo Padre.
- Non
ne vedo il motivo.
- Sua
Santità... - continuò Octavius - come il vescovo
Victor ha già detto, ha
assunto la carica da troppo poco tempo. Avrei già in mente
alcuni candidati da
presentarle. Tutti sono soldati esperti, ed hanno alle spalle molti
anni di
addestramento...
- Basta
così - lo interruppe Sylvester - Ho già espresso
la mia opinione riguardo
all'argomento. Odo rimarrà al suo posto.
- Ma
signore... - tentò di opporsi Victor - Vede, ci sono
arrivate parecchie
lamentele da parte dei soldati del corpo del capitano Odo. Molti non
tollerano
il grande afflusso di pokemon tra le truppe che il capitano ha favorito.
- E
come mai se ne lamentano? - chiese leggermente incuriosito Sylvester.
Questa
gli giungeva decisamente nuova alle orecchie.
- Le
ritengono bestie. Bestie stupide e prive di intelligenza. - disse
Octavius, con
un certo disprezzo - E io concordo in pieno con loro. Una
rappresentanza ha
posto queste condizioni: o se ne vanno i pokemon o se ne va Odo. E noi
riteniamo che sia d'uopo la dipartita del capitano. In fondo i pokemon
saranno
anche bestie stupide, ma sono molto utili in battaglia.
- E poi
- aggiunse Victor - sono le creature che più si avvicinano
alla perfezione del
grande Arceus, e per questo sono sacre. Non se ne possono andare, e il
motivo
mi sembra ovvio.
Sylvester
tacque un attimo, e si mise a riflettere. Doveva agire in fretta, non
restava
molto tempo per sistemare le cose prima della fine di tutto. Odo doveva
assolutamente dirigere le guardie quella sera, e il Sommo Pontefice non
avrebbe
permesso che ci fossero intromissioni. Odo era in assoluto l'uomo
più adatto
per una situazione del genere, e Sylvester non aveva intenzione di
sostituirlo
per un capriccio dei suoi soldati.
- Chi
presiedeva la rappresentanza degli armati? - chiese a Victor.
- Il
sergente Almeric, Sua Santità.
-
Hmm...
Sylvester
tornò di nuovo pensieroso, ma solo per poco. Aveva
già stabilito cosa fare.
- Bene
- disse - visto che non si riesce a trovare un accordo, metteremo la
cosa ai
voti. Siete d'accordo, protodiacono?
Octavius
annuì, anche se con riluttanza.
- Molto
bene. Chi vota a favore della destituzione del capitano Odo?
Nella
sala si alzarono alcune decine di mani. Quelle di Victor e di Octavius
erano in
questo gruppo. Vennero fatte contare, e risultarono essere diciannove.
Sylvester imprecò mentalmente. I membri del concilio erano
trentanove in tutto,
e se voleva vincere doveva ottenere venti voti, il che non era per
nulla
scontato, visto che ci si poteva sempre astenere.
- Chi
vota contro?
Altrettante
mani si alzarono. Le votazioni avevano pareggiato, ma c'era qualcosa
che non
tornava. I votanti erano in totale trentanove, ma solo trentotto voti
erano
stati dati. Questo voleva dire che qualcuno si era astenuto. E quel
qualcuno
era...
-
Laszlo - disse Octavius - Tu per chi voti?
Sylvester
fissò il vescovo. Era sempre stato un uomo di poche, ma non
fino a questo
punto. Quando qualche mozione veniva presentata di solito egli votava
sempre,
ma se si era astenuto voleva dire che era indeciso. E Sylvester doveva
assolutamente portarlo dalla sua parte.
-
Vescovo - gli si rivolse Sylvester - Sei indeciso?
Come
era prevedibile l'uomo non rispose, limitandosi a fare un'appena
visibile
alzata di spalle, continuando però a scrutare un punto
indefinito davanti a sé,
visibilmente indeciso sul da farsi. "Forse..."
-
Vescovo - riprese Sylvester - Se non sbaglio sei stato tu ad
organizzare la
messa in sicurezza della Piazza di Palkia per questa sera.
Laszlo
annuì, grave.
- E,
correggimi se sono nel torto, sei stato tu a designare Odo comandante,
ovviamente con la mia approvazione, nonostante questa sia stata di
fondo una
tua personale iniziativa.
-
Esatto. - disse lui. Era la prima parola che proferiva dall'inizio del
concilio.
- E
allora - continuò il Sommo Pontefice - Mi sembra una mossa
insensata quella di
proporre un candidato per ritirarne la pretesa subito dopo. Non ti pare?
Laszlo
cominciò a sudare, visibilmente sottopressione. "Forse ce la
sto
facendo" pensò ansioso Sylvester "Voglio provarci adesso!".
-
Allora - lo incalzò - per cosa voti? Per o contro il
capitano Odo?
- Io...
- esitò il vescovo - voto... perché... Odo...
La
tensione era palpabile.
-
...resti... dov'è...
Nonostante
le ultime due parole fossero state appena sussurrate furono intese da
tutti i
membri del concilio. Il disappunto sulla faccia di Octavius era
evidente,
mentre il vescovo Victor si passava nervosamente una mano sulla fronte
per
rimuovere le gocce di sudore. Il vicario Jan invece era meditabondo,
mentre il
vescovo Laszlo si era rimpicciolito all'interno del suo seggio,
guardando in
basso.
- Il
risultato mi sembra chiaro - disse Sylvester - Odo resterà
comandante fino alla
fine. Dichiaro chiusa questa riunione del concilio.
- Ma,
Vostra Santità...
-
Niente ma, Octavius. E' stato deciso quel che è stato
deciso, e tanto basta.
Come ho detto, la riunione è finita.
Sylvester
si alzò dal suo "trono" e si avviò verso la
porta. Le guardie
scattarono per aprirla, e in meno di venti secondi il Sommo Pontefice
si
ritrovò fuori dalla sala. Il vicario Jan l'aveva seguito,
forse intuendo già le
intenzioni del pontefice.
- Jan,
proprio te cercavo.
- Mi
dica, Eccellenza.
- Fai
arrestare il sergente Almeric. Non voglio interferenze di nessun genere
da qui
a stasera. E' solo una precauzione, fai informare tutti i soldati, Odo
compreso.
- Ai
vostri ordini, Eccellenza.
-
ORA
SESTA
Come
ulteriore precauzione Sylvester si era rinchiuso nel suo studio.
Almeric era
molto popolare tra i soldati, e temeva da parte loro una reazione
violenta.
Aveva perciò posto davanti alla porta un nutrito gruppo di
armati, con annesso
un Tyranitar per scoraggiare eventuali assalitori. Quasi
trasalì quando sentì
bussare sul duro legno di quercia.
-
Vostra Eccellenza? - giunse il suono, ovattato da dietro la porta -
Vostra
Eccellenza?
Sylvester
sospirò, riconoscendo la voce. Era il vicario Jan.
- Jan,
sei tu? - chiese per sicurezza.
- Sì,
Vostra Eccellenza. Ho fatto come mi avete ordinato.
"Meno
male, è filato tutto liscio" pensò il Sommo
Pontefice. - Aprite pure la
porta - ordinò ai soldati.
Jan
entrò con un'andatura affrettata ed un'espressione
leggermente preoccupata.
-
Vostra Eccellenza, il sergente Almeric è stato preso in
custodia, e il sergente
Reginald con lui.
- Come
mai?
- Ha
provato ad opporsi all'arresto del suo superiore, così ho
preferito non
rischiare incarcerando anche lui. La prudenza non è mai
troppa.
- Hai
fatto bene. Ci sono stati altri problemi? La truppa è
irrequieta?
- No,
anche se ci sono stati parecchi dissensi al momento dell'arresto.
-
L'importante è che non ci siano stati disordini. Grazie Jan,
puoi andare.
-
Certo, Eccellenza.
-
ORA
NONA
Mancavano
più quattro ore all'inizio dell'Ultima Volgare Messa, eppure
qualcuno era già
arrivato in Piazza di Palkia per accaparrarsi i posti migliori.
Cioè quelli al
di sotto della balconata dal quale il Sommo Pontefice pronunciava
normalmente
la messa. Era un'occasione speciale quella, e si attendeva molta
più gente del
solito. Per questo la sorveglianza era stata estesa anche alle vie
adiacenti
alla piazza, come il Vicolo di Pidgeot o il Corso dei Quattro Rattata.
Sylvester
osservava tutto dalla finestra del suo studio, posto al secondo piano
di una
delle ali laterali del complesso sacro. Era abbastanza riparato
affinché
nessuno lo potesse vedere, ma al contempo esposto per godere di
un'ottima
vista.
L'uomo
guardava la piccola folla che già si stava cominciando ad
accalcare al di sotto
della balconata. Saranno state sì e no una ventina di
persone, ma producevano
un baccano inimmaginabile. Se si pensa che con esse c'erano anche i
loro
pokemon allora la confusione si decuplicava. Ad un certo punto furono
costrette
ad intervenire le guardie, e bastò mettere in mostra le
punte delle lance e gli
artigli di un Garchomp per far acquietare la marmaglia. Allora tutti si
misero
a pregare, e un silenzio irreale scese sulla piazza. Gli unici rumori
erano
prodotti dal tintinnare delle cotte di maglia delle guardie che
risuonavano al
loro cammino e dal frusciare del vento contro le imposte della finestra
dello
studio.
Sylvester
quasi non riusciva a credere che di lì a qualche ora la
piazza si sarebbe
gremita di gente, ancor più gente di quella che di solito si
recava a messa. Ma
più in generale non riusciva a credere che sarebbe arrivata
la fine di tutto.
Aveva
pensato e ripensato parecchie volte a questa cosa, soprattutto di notte
quando
il sonno faticava ad arrivare. Si era spesso chiesto se davvero avesse
la forza
necessaria per affrontare un tale evento. Lui, l'ultimo Sommo
Pontefice,
l'ultimo Emissario mortale di Arceus in Terra, colui che avrebbe dovuto
presiedere la transizione dalla Terra al Paradiso per i giusti, e dalla
Terra
all'Inferno per coloro che non meritavano la beatitudine. Si chiedeva
se i
cardinali non avessero fatto la scelta sbagliata, quando l'anno prima
c'era
stato l'ultimo conclave.
Il
Sommo Pontefice Gregor V, colui che aveva preceduto Sylvester, era
molto
giovane al momento della morte. Febbri primaverili, aveva detto il
medico di
corte. Aveva appena ventisette anni, Gregor, eppure era spirato ben
prima di
molti cardinali anziani. Essi si erano riuniti pochi giorni dopo nella
Cappella
di Sant'Oswald, sul retro della cattedrale di Giubilopoli, e avevano
eletto
lui, Sylvester, priore di un piccolo monastero non lontano dalla
città. Lui,
quell'ometto calvo di mezza età, era stato scelto per essere
il nuovo Sommo
Pontefice, probabilmente l'ultimo.
Sylvester
si era sentito subito inadatto a quel ruolo. Non si era abituato
velocemente ai
giochi di potere e agli intrighi di palazzo, non si era abituato al
cibo
sontuoso e alle vesti raffinate. Era sempre stato felice con la
semplicità
della vita monastica, dove bastava un pezzo di pane, un calice d'acqua
e una
tunica di lana grezza per sentirsi in pace con sé stessi. Al
monastero si
viveva in pace con la natura, e uomini e pokemon si aiutavano
vicendevolmente.
Sylvester
si reputava troppo estraneo a quella nuova vita, e quando gli era stata
comunicata la scelta dei cardinali aveva provato a rifiutare.
Sfortunatamente
per lui non avevano voluto sentir ragioni, e l'avevano condotto a forza
a
Giubilopoli. Non se ne era reso subito conto, abbagliato dalla
splendida
esistenza che aveva cominciato a condurre, ma la cattedrale si era
presto
trasformata in una prigione dorata. Se n'era accorto dopo quasi un
mese, quando
aveva provato ad uscire dalla città per recarsi in visita al
monastero, e se
l'era visto negare seccamente da Octavius.
Si era
sempre consolato col fatto che quella vita non sarebbe durata ancora a
lungo.
Pensava con gioia al momento della fine del mondo e della venuta di
Arceus.
Allora tutte le sue sofferenze sarebbero cessate, e al loro posto
sarebbe
arrivata la beatitudine eterna.
Eppure,
adesso che il grande momento era alle porte, aveva paura. Paura di
perdere
tutto quello che aveva, nonostante in fin dei conti non fosse molto.
Paura di
non essere giudicato degno del suo ruolo e di essere mandato
all'Inferno. Ma
soprattutto paura di morire. Era terrorizzato alla sola idea che la
vita
dovesse abbandonare il suo corpo per sempre, lasciandolo a decomporsi
per poi
scomparire per sempre. "L'anima era immortale" solevano dire i preti
durante i sermoni, ma il corpo era ben lungi dall'esserlo. E Sylvester
teneva
più al proprio corpo che alla sua anima. Era una cosa folle,
dato che il corpo
era solo un involucro temporaneo per l'anima, eppure quell'uomo, se
avesse
dovuto scegliere, avrebbe scelto il corpo. E sfortunatamente per lui
quel
momento si avvicinava sempre di più.
Si alzò
stancamente dalla sua scrivania. Doveva ripassare i salmi un'ultima
volta,
prima della messa.
-
ORA
DODICESIMA
L'inizio
dell'Ultima Volgare Messa era ormai prossimo, mancava più o
meno mezz'ora al
suono delle campane che avrebbe richiamato i fedeli, e Sylvester si
trovava da
Olav per indossare i paramenti sacri. A prima vista gli abiti che il
Sommo
Pontefice indossava durante le funzioni sacre potevano sembrare
abbastanza semplici
da indossare nonostante la loro sfarzosità, ma in
realtà non era affatto così.
L'abito era formato da tre strati di tessuto, che spesso e volentieri
facevano
morire di caldo chi vi era sotto, Sylvester in questo caso.
Questa
sensazione la odiava. L'aveva sempre odiata, fin da quando l'aveva
dovuto fare
la prima volta. Era abituato al semplice saio del monastero, non certo
a strati
e strati di stoffa, e malediceva mentalmente tutti quelli attorno a
lui. Meno
Olav. Era un brav'uomo, che svolgeva in modo eccelso e fino in fondo
ogni suo
lavoro. Poi c'era il suo Paeniard ad aiutarlo. Non sembrava ma le sue
lame
erano molto utili e precise quando si trattava di compiere procedure
delicate.
Nonostante la sua aria vagamente minacciosa quel piccolo pokemon non
riusciva
ad incutere timore a Sylvester, visto il modo in cui ogni tanto si
strusciava a
Olav, rivolgendogli versi affettuosi, ricambiati da una carezza sulla
testa
(nella parte sprovvista di lame, ovviamente).
Ecco
un'altra cosa che odiava: le differenze di trattamento dei pokemon. Al
monastero pokemon e uomini si aiutavano a vicenda, e non esisteva
né servo né
padrone. Invece a Giubilopoli gli esseri erano costantemente servi di
qualcuno,
e molto spesso erano disprezzati. Bastava sentire il protodiacono
Octavius
mentre ne parlava. Lui era sempre stato un promotore dell'uguaglianza
tra umani
e pokemon, anche se aveva smesso di esternarlo da un po'. Oramai il
mondo stava
per finire, che importanza poteva mai avere?
Si
stava annoiando da morire, fermo lì impalato, ad aspettare
che Olav e Pawniard
gli prendessero le misure e gli infilassero gli abiti, seppur
delicatamente.
Avrebbe di gran lunga preferito essere già a messa. Ma la
noia sarebbe sparita
presto, vista la notizia che gli stava per arrivare.
Il primo
ad accorgersi dei passi trafelati fu Pawniard, che si voltò
all'improvviso
verso la porta che permetteva di entrare e di uscire.
- Che
c'è, Pawniard? Perché ti seri fermato? - gli
chiese incuriosito Olav.
La
risposta arrivò da sola. O per meglio dire, entrò
da sola. La porta si spalancò
rumorosamente, e in turbine di vesti svolazzanti entrò il
vicario Jan. Il suo
volto era contratto in un'espressione preoccupata. Molto preoccupata.
- Jan,
che succede? - gli chiese stupito Sylvester. Aveva sperato che la noia
fosse
interrotta da qualcosa, ma non da una cosa del genere.
-
Vostra... Eccellenza... - Jan era piegato in due per la corsa appena
fatta - il
sergente... Almeric... è evaso...
Le
ultime due parole caddero come un macigno su Sylvester. Non se lo
aspettava.
Una cosa del genere non doveva succedere, specialmente in un momento
come
quello.
- Cosa
è successo? - chiese, cercando di non scomporsi.
-
Alcune guardie... credo che abbiano liberato Almeric corrompendo
qualche
carceriere... e anche il sergente Reginald è scappato...
"Maledizione!"
imprecò Sylvester "Proprio adesso doveva succedere?!". A
quel punto
tacque, e si rinchiuse in un ostentato silenzio. Scansò
malamente Olav che
tentava di mettergli un vestito, e si ritirò nella sua mente
a pensare.
- Vostra
Eccellenza? - gli chiese Jan dopo un po'.
Sylvester
non rispose subito. - Ormai è troppo tardi per prendere
provvedimenti - disse
infine - Anche se Almeric è scappato mancano poche ore alla
fine, e non potrà
causare nessun problema rilevante. Puoi andare, Jan.
- Ma,
Vostra Eccellenza... - provò ad obbiettare.
- Ho
detto che puoi andare - rispose l'altro secco. Questa volta non voleva
ammettere repliche. Aveva già troppe preoccupazioni per la
testa, e non voleva
certo che se ne aggiungesse un'altra.
-
ORA
TREDICESIMA
Il
grande disco d'oro sul tetto della cattedrale di Giubilopoli
cominciò a
spandere in ogni dove i riflessi dorati dei raggi solari. L'astro aveva
appena
cominciato a tramontare, affondando piano piano dietro ai monti in
lontananza.
La fine era iniziata.
- Ecco,
fratelli! - esclamò Sylvester dall'altro della sua
balconata, rivolto alla
folla sottostante - La venuta di Arceus è prossima! La fede
riposta in lui non
è stata vana, il regno dei cieli sta per avere inizio!
Preghiamo, fratelli, preghiamo,
osanniamo Arceus, chiediamogli di reclamare definitivamente le nostre
anime! E'
tempo per tutti di accedere alle porte del paradiso!
Appena
ebbe finito di pronunciare quelle parole infervoranti, l'organo sotto
di lui
cominciò a suonare. A differenza di altre volte le
vibrazioni causate dagli
sfiatatoi del gigantesco strumento parevano scuotere leggermente il
pavimento,
tanto da dare una sensazione di tremore a chiunque si trovasse al piano
superiore della cattedrale. Era tutto merito (o colpa, che dir si
voglia) delle
estensioni lignee istallate all'organo da Marcus, il mastro artigiano
più
rinomato in città. Era stato fatto in modo da potenziare
considerevolmente la
portata del suono, in modo da farlo udire anche a centinaia di metri di
distanza. Non per niente si era atteso un pubblico non indifferente per
quell'occasione importante.
Il
rumore dell'organo che suonava non faceva altro che rimbombare per la
piazza e
nelle orecchie di chi lo ascoltava, ma il coro di voci che si
levò dapprima
dalla selezione delle Voci Bianche Pokémon e successivamente
dalla folla
arrivava quasi ad eguagliarlo, se non addirittura a sovrastarlo. Ci
dovevano
essere almeno tre o quattro migliaia di persone, assiepate tra la
Piazza di
Palkia e le vie laterali. Persone non solo di Giubilopoli o di Sinnoh
in
generale, ma anche dalle altre regioni. Da tutte le altre regioni.
Sylvester
cominciò a muovere la bocca, ma da essa non uscì
alcun suono. Si limitò a
fingere di cantare le lodi di Arceus come gli altri tutt'intorno a lui.
La
verità era che si sentiva attanagliato dal terrore. Un
terrore latente e
silenzioso, pronto ad entrare in azione appena avesse mostrato anche
solo un
attimo di cedimento. Quello era il momento della verità: di
lì a poco il mondo
avrebbe conosciuto la sua fine. E decisamente Sylvester non si sentiva
pronto.
Il sole
stava tramontando in fretta, anche troppo velocemente per i gusti del
Sommo
Pontefice. Il globo dorato sulla cima della cattedrale sembrava essere
diventato un secondo sole, tanto la luce che emetteva era intensa. Era
stata
costruita in modo da intrappolare la luce del tramonto per rifletterla
per un
tempo più lungo del normale, in modo da illuminare i primi
minuti della sera. I
raggi arrivavano sempre più deboli alla sfera, quasi che
l'astro sapesse che
quello era il suo ultimo tramonto e fosse in punto di morte.
Decisamente
Sylvester non stava bene. Sudava freddo, e la sua preoccupazione
aumentava man
mano che il sole spariva. Le mani stavano cominciando a tremargli, e
dondolava
sulle gambe in modo ossesso a causa della sua inquietitudine. Si
sentì quasi
morire quando anche l'ultimo raggio di sole scomparve alla vista. Le
sacre
scritture dicevano che era quello il momento in cui tutto sarebbe
iniziato.
-
VESPRI
Nonostante
il sole fosse già tramontato, la luce ci mise qualche minuto
prima di
cominciare a svanire (merito anche del globo della cattedrale).
"C'è
ancora un po' di tempo" pensò Sylvester. La sua paura stava
velocemente
crescendo, e con questo non poteva farci nulla. Ma cercava di farsi
forza,
ripetendosi a bassa voce di essere degno del suo ruolo in onore del dio
Arceus.
Perché se era Sommo Pontefice alla fin fine ci doveva pur
essere un motivo.
Le
sacre scritture dicevano che il mondo avrebbe conosciuto la sua fine
esattamente quando le luci dell'ultimo
giorno saranno svanite per lasciare il posto alle tenebre maligne.
Non si
accennava direttamente al tramonto, per cui tale affermazione era stata
sempre
interpretata come "alcuni minuti dopo il calar del sole", visto che
la luce dell'astro ci mette sempre un po' di più ad
andarsene rispetto al corpo
che l'ha emessa.
Un
brusio preoccupato si stava diffondendo tra la folla, e il chiasso
andava man
mano aumentando. Presto qualcuno si sarebbe fatto prendere dal panico
contagiando anche gli altri fedeli, ma Sylvester decise di agire prima
che
potesse succedere.
-
Fratelli! - urlò, cercando di farsi sentire da tutta la
piazza - La venuta di
Arceus è ormai prossima! A breve comincerà la
fine, e poi il Grande Arceus
scenderà in terra per condurci in Paradiso e alla
beatitudine eterna.
Osanniamolo, finché non ci onorerà della sua
presenza! Cantiamo le sue lodi!
Preghiamo per la salvezza di tutti noi!
Un
mormorio di assenso trapelò dalla torma, e pochi secondi
dopo l'organo cominciò
ad emettere le sue potenti onde sonore. Anche Sylvester decise di
unirsi al
coro questa volta.
erant te
espectat.
Nos personam,
servi tui fideles,
ut roget
pro stirpe vestra,
quaesumus,
ut nos digneris
tuum sanctum personalitat,
et sociare illi super nos.
Nos tandem tempore finit est,
revier et pati parati sumus.
Si feceritis judicium inter relevant,
et iusti ab iniusti separat.
Educ illos qui digni qui coelo tuo,
cohabitare patiemur aeternum.
La luce
oramai era quasi svanita del tutto, e Sylvester si preparò
mentalmente
all'inevitabile. L'aria pareva essersi fatta più pesante, e
appena l'organo
smise di suonare un silenzio di tomba cadde sul centro di Giubilopoli.
In quel
momento Sylvester seppe di dover prendere la parola per un'ultima volta.
-
Fratelli, ci siamo! Tra poco sarà il momento più
importante di tutte le nostre
vite! Prepariamoci e accogliamo in Grande Arceus! Forza, invochiamolo!
- .
Sylvester
rivolse il viso al cielo, protendendo le braccia verso l'alto come per
cercare
di richiamare il suo dio. I fedeli lo imitarono subito, e dalla folla
si
levarono invocazioni come "Arceus, vieni!" o "Grande Arceus, ti
stiamo aspettando!". Era un tripudio di estasi e urla, e il fragore
della
massa urlante giungeva fino al tetto della cattedrale. E Sylvester, che
si
trovava ad appena qualche metro al di sopra della folla, ne era
costantemente
investito. Di norma non l'avrebbe tollerato, ma oramai la fine era
giunta, e
tal cosa non aveva importanza.
Lo
spettacolo continuò finché la luce non fu
completamente scomparsa e anche
oltre. Pian piano le urla diminuirono, e il volume delle voci si
abbassò
gradualmente. Sylvester cominciò ad inquietarsi.
Perché Arceus non arrivava?
C'era qualcosa che lo bloccava? Impossibile, un dio non trovava
ostacoli. E
allora perché non stava ancora adempiendo al suo dovere?
L'uomo cominciò ad
avvertire un'ansia crescente, che presto si trasformò in
timore. Ebbe un brutto
presentimento.
Dopo
circa venti minuti si poteva dire che era sera inoltrata, e di nuovo
era sceso
il silenzio sulla piazza. Esso sembrò durare per secoli, e
la tensione era
palpabile. Arceus non era ancora arrivato. E probabilmente non sarebbe
mai
venuto. Il silenzio venne infine interrotto dal pianto di un bambino.
-
Arceus ci ha abbandonati! Siamo tutti condannati! - gridò
qualcuno.
Fu
allora che iniziò il panico.
-
MATTUTINO
Sylvester
quella notte non fu ucciso solo grazie ad Odo. Il capitano delle
guardie,
appena erano scoppiate le violenze, aveva provveduto a far rientrare
nella
cattedrale il Sommo Pontefice. Dalla folla però qualcuno
l'aveva visto, e aveva
gridato a gran voce che il Sommo Pontefice li aveva ingannati, gli
aveva
mentito, e che adesso stava scappando. La gente allora era stata
aizzata contro
Sylvester, e aveva tentato di sfondare i portoni della cattedrale.
Fu solo
grazie a due fattori che ciò non accadde: la solida quercia
rinforzata con cui
era stato costruito il portone e l'intervento della "cavalleria
pesante". Ovvero un Tyranitar, un Garchomp e un Druddigon che con
alcuni
colpi sparati appena al di sopra d'altezza d'uomo riuscirono a
disperdere la
folla inferocita.
Odo
aveva comunque deciso di barricare Sylvester all'interno della
cattedrale.
Erano passate già alcune ore, ma le violenze non accennavano
a fermarsi. L'aria
risuonava costantemente delle urla di umani e pokemon, e il clangore
delle
esplosioni si alternava al cozzare delle spade. Era spaventoso.
Sembrava che
comunque, nonostante Arceus non fosse arrivato, l'Apocalisse fosse
iniziata da
sola.
Sylvester
se ne stava nella sua stanza, rannicchiato sul letto. Il terrore aveva
preso il
sopravvento su di lui, e si era raccolto ginocchia al petto a guardare
davanti
a sé con occhi sbarrati. Ad ogni minimo rumore sobbalzava,
facendo
scricchiolare la fragile struttura di legno del letto, e si ritirava
ancora di
più, cercando vanamente di scomparire.
Non era
mai stato così terrorizzato in vita sua. Quella notte stava
veramente temendo
per la sua vita. C'era l'intera Giubilopoli, magari anche l'intera
Sinnoh, che
all'esterno di quelle mura lo voleva morto. Lui aveva mentito, li aveva
terrorizzati con la storia dell'Apocalisse e della venuta di Arceus,
che non
c'erano state. Sarebbe stato inutile dirgli che così era
scritto nelle sacre
scritture e non era colpa sua, dato che ormai tale idea era stata
radicata a
fondo negli animi arrabbiati delle persone.
Con una
mano tremante si tastò la fronte, costatando di avere ancora
la ferita aperta,
seppur ne stesse uscendo meno sangue rispetto a prima. Quando il caos
era
scoppiato, dalla folla sottostante al balcone del Sommo Pontefice era
stato
lanciato in sasso che l'aveva centrato poco al di sopra del
sopracciglio
destro, aprendogli uno squarcio. Era stato allora che Odo l'aveva
riportato
dentro. Il taglio non aveva smesso di sanguinare per mezz'ora buona, e
quando
Sylvester si era fatto dare uno specchio l'aveva visto scendere copioso
a
bagnargli la pelle.
Sylvester
si sentiva un essere miserabile e insignificante. Solo allora
realizzò di non
aver mai concluso nulla di utile nella sua vita. Anche al monastero
aveva
semplicemente continuato la condotta dei predecessori. E seppur fosse
assennata
e lodabile, non era opera sua. Niente era opera sua. Nemmeno adesso che
era
Sommo Pontefice aveva mai promulgato nessuna legge, non aveva mai
promosso
iniziative, non aveva mai fatto niente.
C'è
ancora tempo per fare qualcosa.
A
Sylvester quasi prese un colpo. Chi aveva parlato? Era da solo in
quella
stanza, eppure la voce era risuonata chiara e forte tutt'attorno a lui.
Ma
sarà possibile solo se lo vuoi.
Allora
Sylvester capì: era nella sua testa.
"C-chi..."
stava per chiedere mentalmente con tono incerto.
Non
c'è bisogno di chiederlo. Sai già la
risposta.
Sapeva
già la risposta? E uno come Sylvester come faceva a saperlo?
Provò a
riprendersi dallo spavento iniziale e cercò di fare mente
locale. Chi gli
poteva parlare attraverso la telepatia? Sicuramente non un umano.
Allora il
campo si restringeva ai pokemon. Ma chi, fra tutti?
E
realizzò.
"A-ar..."
Esatto,
sono chi pensi.
"Oh
Signore... io... non...
Calmati,
e ascoltami.
"Certo".
La voce di Arceus era calda e rassicurante, seppure avesse un tono
molto
sicuro, quasi autoritario. Si trattava di un dio in fondo.
Vi ho
solo messo alla prova, e l'avete
superata.
"Davvero?"
Certo.
La vostra fede non è mai venuta meno
in tutti questi millenni, e io stesso me ne sono stupito. All'inizio vi
consideravo esseri spregevoli ed indegni di fiducia, ma con il tempo ho
scoperto dei lati dell'uomo a prima vista nascosti. Ho deciso infine di
mettervi alla prova. Ho indotto uno scrittore ad avere l'ispirazione
divina e a
produrre quelle che voi chiamate "sacre scritture", predicendo la
fine del mondo. Ciò era per verificare se la vostra
devozione in me sarebbe
scomparsa sapendo quando l'Apocalisse sarebbe giunta. Se fosse
successo, allora
sì che sarei sceso in terra.
"Dio..."
Alla
fine, nonostante tutto, vi siete
dimostrati meritevoli.
"Oh,
Grande Arceus..."
Non
ce n'è bisogno, so già cosa vuoi dire.
Ma
Sylvester non riuscì lo stesso a trattenersi. Cadde con un
gran tonfo sul
pavimento, e si mise a piangere.
"Arceus,
perdonami! Non dovevo dubitare di te! La mia fede doveva sempre restare
forte!
Ho temuto che ci avessi davvero abbandonato".
Non
oggi. C'è ancora tempo per sistemare le
cose prima che la situazione degeneri. Ora va.
Sylvester
si asciugò le lacrime con il dorso della mano.
"Ma
Arceus, io sono un semplice uomo, come posso io..."
Puoi.
E lo farai. Ora va.
Sylvester
percepì quasi immediatamente un senso di vuoto. Arceus se
n'era andato. Ma non
le sue parole. E grazie a quelle, aveva bene in mente la direzione da
seguire.
Si rialzò, anche se con un po' a fatica, e uscì
dalla stanza. Al di fuori
incontrò il fedele Jan, mezzo addormentato, che gli faceva
una specie di
guardia fuori dalla porta. Gli disse di guidarlo fino alla sartoria.
Non
fece fatica a trovare Olav, visto che l'uomo si era rinchiuso nel suo
studio
assieme a Pawniard. Sylvester era sicuro di trovarcelo
poiché l'aveva visto
qualche ora prima, all'inizio delle violenze, rifugiarsi all'interno
della
cattedrale, e non ci sarebbe stato posto più sicuro della
sua stanza da lavoro.
Sylvester
bussò sommessamente. Dall'interno nessuna risposta.
- Olav.
- chiamò. La sua voce era sicura, non più incerta.
- Sommo
Pontefice? - giunse debole la risposta.
- Fammi
entrare e vestimi. Devo uscire.
-
Il
Sommo
Pontefice Sylvester, secondo del suo nome, quella notte
riuscì a calmare gli
animi della folla inferocita. Descrisse la sua conversazione con
Arceus, e
assicurò che non li aveva per nulla abbandonati. Ai
più reticenti parlò in
privato, faccia a faccia. Nel giro di due ore Giubilopoli fu
pacificata. Si
scoprì
che ad aizzare la folla erano stati gli evasi Almeric e Reginald,
appoggiati da
Octavius.
Fu in quel
periodo che la chiesa raggiunse l'apice della grandezza. Il Sommo Pontefice
avviò immediatamente dei
lavori di ammodernamento della regione, visto che nell'ultimo decennio
non era
stato costruito più nulla nella convinzione che il mondo
sarebbe presto finito.
Sylvester morì appena tre anni dopo, ma dopo di lui venne
eletto Jan il
vicario, che continuò la sua opera. La fede non mai
più diffusa come allora.
Col passare
degli anni essa diminuì progressivamente, fin quasi a
scomparire del tutto un
paio di secoli fa. Molti governi proibirono la professione religiosa,
convinti
che fosse solo una perdita di tempo.
Allora sì
che rischiammo la vera distruzione. Ma un gruppo di pochi eletti
riuscì ad
evitarlo, continuando a pregare in segreto. Quel gruppo
esiste ancora, e si è esteso in tutte le
regioni. Purtroppo gli aderenti sono pochi, visto che ai cittadini sono
stati
fatti dimenticare i valori fondamentali, mentre le chiese. i testi e i
simboli
sacri sono stati distrutti.
Ma confido
che presto conosceremo una rinascita. Grazie alla sua idea, sono
convinto che
presto potremo tornare a professare la parola di Arceus all'aria
aperta. Con
questo le dico che il piano "Preghiera Infinita" è
approvato, con
richiesta di messa in atto immediata. Come può vedere le ho
allegato
l'esperienza del Sommo Pontefice Sylvester II. Se si sta chiedendo il
perché,
anche se ne dubito, è per cercare di avere la sua stessa
forza per porre fine a
questa situazione inaccettabile.
Con la
speranza di vederla presto,
Sylvester VII,
Sommo Pontefice.
Note
dell'autore
Mille
punti acquisiti grazie alle recensioni sono un traguardo che non si
raggiunge
certo tutti i giorni. E mi sembrava d'uopo celebrare questa ricorrenza
con voi
lettori del fandom. Non pensavate certo che fosse casuale il titolo.
Era già
da un po' che quest'idea mi frullata in testa, e ci ho messo tutto me
stesso in
questo racconto (perché sì, e proprio un racconto
visto che su Word occupa 13
pagine). Spero che abbiate gradito la lettura. E non temete,
riprenderò a breve
"I am legend".