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Autore: AlessiaDettaAlex    16/11/2014    8 recensioni
Che i trentaquattresimi Hunger Games abbiano inizio!
Alyss Knight si è offerta volontaria alla mietitura per proteggere Laree Amberdeen, la ragazza che ama. Ma, oltre a sopravvivere all'arena, ha un altro obiettivo importante da adempiere: nascondere alle telecamere di Capitol City la sua relazione omosessuale con la giovane Laree, che potrebbe costare loro la vita a causa delle ferree leggi di Panem a riguardo.
[Capitolo 1]
«No!» grido con rabbia, «non lei!» tremo di terrore e di fatica, quando la raggiungo davanti al palco. «Mi offro volontaria come tributo al suo posto!». Non posso credere di averlo fatto sul serio. Un brivido mi corre lungo la schiena, di paura ed eccitazione insieme, nella consapevolezza che sto per morire. Sto per morire per lei.
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[Capitolo 4]
"Noi tributi siamo solo questo: gli agnelli più belli, giovani e forti del gregge, strappati dai propri compagni per attendere al sacrificio da tributare a dèi oscuri. E il nostro sangue bagnerà l’altare dei potenti, tra grida di giubilo e l’eco lontana del lamento degli ultimi, che piangeranno per lunghi secoli i loro figli."
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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The odds are never in my favor
 
Capitolo 1
 

«Laree Amberdeen!»
La voce di Julius, l’accompagnatore del Distretto 6 per la mietitura, mi lascia del tutto impreparata. Non importa per quanto tempo io abbia continuato a sperare che non fosse lei, quanti dei abbia pregato perché potessi passare il resto della mia vita perfettamente felice con la ragazza che amo.
Non si è mai pronti per certe cose. A meno che tu non sia in uno dei distretti favoriti. Ma bastava un unico secondo, magari un dito di Julius inarcato più a destra, e Laree sarebbe stata per sempre fuori dai Giochi. Per sempre! E invece no. Lei ha superato con successo ben sei mietiture, e aveva una buona speranza di sfuggire a Capitol City per sempre, ma non si è salvata lo stesso. Ha solo posticipato di anno in anno la sua agonia. La buona sorte non solo non è a suo favore, ma si è perfino presa gioco di lei. Sento i muscoli rigidi, e fino a questo momento non mi ero nemmeno accorta di aver serrato i pugni così forte da farmi male. Tutta la mia vita, ogni promessa, ogni sforzo, stanno svanendo proprio ora, proprio qui. Davanti ai miei occhi infuriati. E la cosa più brutta è che ricordo ogni particolare, di questa vita.
Ma non permetterò certo che accada. Capitol City mi ha privato di tutto ancor prima che nascessi, ma non mi priverà di lei. Scatto, mi metto a correre, spintono la gente, ignoro tutti i Pacificatori che travolgo. Capitol City non mi porterà via Laree.
«No!» grido con rabbia, «non lei!» tremo di terrore e di fatica, quando la raggiungo davanti al palco. «Mi offro volontaria come tributo al suo posto!». Non posso credere di averlo fatto sul serio. Un brivido mi corre lungo la schiena, di paura ed eccitazione insieme, nella consapevolezza che sto per morire. Sto per morire per lei. Sul volto dei presenti si dipinge un’espressione stupita, ma Julius mi sorride e mi chiede il nome.
«Mi chiamo… Alyss. Alyss Knight». Sussurri di sorpresa provengono dalle mie spalle, e con la coda dell’occhio vedo il Capo Pacificatore agitarsi, spintonare qualche suo collega e indicarmi con un'incredulità tale che sembra abbia visto un fantasma. E in effetti, per le autorità del Distretto 6, è quello che sono. Alyss Knight. Colei che porta questo nome dovrebbe essere morta quasi dieci anni fa, giusto?
Mio padre, Cedric Knight, ultimo figlio di uno dei capi rivolta dei Giorni Bui, è sempre stato un uomo che non aveva paura di prendersi gioco pubblicamente di Capitol City. E ne pagò le conseguenze. Si dice che nella sua ultima mietitura, ai tempi dei sedicesimi Hunger Games, la boccia dei maschi venne truccata per avere la certezza dell’estrazione del suo nome. È così che lui morì, lasciando nel Distretto 6 la sua giovane fidanzata incinta di me. Nessuno, in particolar modo mia madre, volle mai dirmi cosa videro in quell’anno sui maxischermi degli Hunger Games. Ma so per certo che Capitol City si prese la sua vendetta, e che quello che gli fecero passare prima di permettergli di morire fu davvero disumano. Fui cresciuta solo da mia madre, che arrancava con lavoretti improvvisati per arrivare a fine giornata senza farmi morire di fame. Qualche volta rubava – era costretta a farlo, se voleva che sopravvivessi – ma nessuno sembrava mai davvero curarsene. Fino al giorno in cui, quando io avevo appena otto anni, fu colta con le mani nel sacco dal comandante Basil, il più irascibile Capo Pacificatore di cui si sia mai sentito parlare. Nonostante la pena per un furto fosse composta semplicemente da svariate frustate, Basil pensò fosse più divertente giustiziarla in piazza e spogliarla di tutti i suoi beni. È così che vidi la testa di mia madre rotolare nella polvere, tra gli sguardi attoniti dei compaesani e il ghigno feroce dei Pacificatori. È così che rimasi totalmente sola al mondo. I Pacificatori mi riportarono a casa, fecero razzia di tutti i suoi pochi beni di valore e poi diedero fuoco alla vecchia abitazione assicurandosi di avermi rinchiusa per bene dentro. Ma io riuscii a fuggire e mi salvai. Nessuno ovviamente aveva voglia di stare a controllare se una bambina di otto anni fosse riuscita a scampare o no a una baracca in fiamme, così la furia di Basil si spense con quella casa. C’era solo un problema: ora che tutti credevano che fossi morta non avevo idea di dove mi sarei rifugiata da quel momento in poi. Sapevo soltanto che dovevo sopravvivere, in qualche modo. Sin da bambina avevo una predilezione per un unico luogo, al di fuori della nostra vecchia casa: la stazione dei treni. Precisamente la zona che si distende tra i casolari di lavoro degli operai – qui al 6 ci occupiamo di fornire i mezzi di trasporto per tutta Panem – e la ferrovia vera e propria. Non so perché, ma quel posto suscitava in me una grande forza attrattiva. Mi impiantai senza troppi preamboli in una vecchia locomotiva abbandonata, passando attraverso le porte rotte. Lì dentro sopravvissi immobile e tremante a tre giorni di agonia, straziata dalla fame e dalle piaghe dovute dal poco movimento – praticamente mi alzavo solo per rubare dalle scorte d’acqua dei lavoratori del cantiere e orinare dietro a qualche ferrovecchio. Finché non mi trovò lui, il vecchio Sirius. Era, ed è, un Pacificatore anziano, capo stimato di una guarnigione che teneva d’occhio la zona industriale del Distretto. Lui mi trovò, mi riconobbe come la bimba fuggita dalle fiamme di casa Knight e fece ciò che fin’ora nessuno aveva avuto il coraggio di fare: ebbe pietà di me. Mi prese sotto la sua custodia, nutrendomi dei suoi avanzi e fornendomi qualche suo vecchio vestito e coperta per l’inverno. Fece anche più di questo: mi diede un’istruzione di base. Per il Distretto io non esistevo più, ero ufficialmente morta e sepolta sotto un cumulo di macerie, quindi andare a scuola era off limits, se non volevo far scoprire al comandante Basil che ero viva e vegeta. Ma il vecchio Sirius mi diede anche questa opportunità. Certo, lui non poteva ignorare la pericolosità delle sue azioni, perciò tutti i nostri taciti accordi venivano presi di notte e ben nascosti tra i relitti metallici del cantiere della stazione. Dio solo sa in quali terribili punizioni sarebbe potuto incorrere se il comandante avesse scoperto che proteggeva e teneva in vita una bambina che sarebbe dovuta essere morta! Comunque, in seguito accadde molto più di quello che potessi sperare. Non solo Sirius, ma anche gli operai e la gente che viveva nei dintorni della stazione sapeva che Alyss Knight era viva, e potevo sentirmi un po’ meno sola. Ero conosciuta così, come la bambina fantasma o la bambina dei treni, in dipendenza dei discorsi che facevano su di me. Nessuno disse mai a Basil che vivevo. È la silenziosa solidarietà che unisce dei compagni di distretto.
Così crebbi, e a dieci anni incontrai quella che sarebbe diventata la mia migliore amica, Laree Amberdeen. Capelli lunghi fino alle spalle color cioccolato e occhi scuri, dai quali fluisce con chiarezza ogni emozione come di fronte a un libro aperto. Mi colpì da subito, un giorno che gironzolava per il cantiere per aiutare quello che doveva essere suo padre. E subito desiderai esserle amica. Ci conoscemmo in un modo del tutto inusuale: sulla via di casa, da sola, ma seguita con lo sguardo da me, lei inciampò su un Pacificatore che aveva avuto una giornata un po’ difficile. Irritato, l’uomo le gridò contro e afferrò il frustino per punirla; fu in quel momento, quando lo vidi col braccio alzato pronto a colpire un’atterrita Laree, che senza pensarci mi buttai a capofitto tra lei e lui, prendendomi la frustata in piena guancia sinistra: da quel giorno la lunga cicatrice rimase sempre il mio segno distintivo. Fortunatamente intervenne quasi subito il vecchio Sirius, con due Pacificatori al seguito, che assicurò all’uomo che si sarebbe occupato personalmente di noi, evitandoci altri guai. Mi curò alla bell’e meglio senza mai riuscire ad eliminare definitivamente lo sfregio.
Ed è proprio quello sfregio che uno dei tirapiedi di Basil sta guardando in questo momento. È lo stesso di quella volta, e si è accorto solo adesso di chi sono io. Una ragazza teoricamente morta. La ragazza fantasma.
«Alyss» la voce di Laree mi riscuote con violenza dai miei pensieri. La sua mano tremante mi sfiora il braccio, ma non ho il coraggio di voltarmi. So già che quello che vedrò sarà uno strazio. «Non farlo, ti prego!» supplica, ma la sua voce è incrinata. Non piangere, Laree. La spintono da una parte per non lasciarmi indebolire dal suo – e dal mio – dolore e guardo dritto negli occhi Julius per avere l’ok. Lui, però, mi guarda appena e continua a discutere animatamente con il sindaco e il comandante Basil sui problemi che comporta la mia situazione. Io sono sfuggita a ben sei mietiture semplicemente perché Capitol City non sapeva della mia esistenza. Imperdonabile. Guardo Basil mentre urla, si agita, mi indica, so che vorrebbe giustiziarmi seduta stante. Non ho mai dovuto temere per la mia vita durante la mietitura, certo. Imperdonabile, certo. Ma lui non può sapere che ogni anno ero nascosta in mezzo alla folla degli adulti in preda ad un ben altro terrore, pregando perché non estraessero il nome di Laree.
Sembra che Basil e Julius siano giunti a una conclusione: in età rientro comunque tra i giovani estraibili, e se proprio devo essere giustiziata per aver nascosto la mia sopravvivenza alle autorità per dieci anni, tanto vale lasciarmi andare a morire nell’arena come tributo. È così quindi che Julius mi tende la mano e mi conduce al suo fianco, mostrando il mio volto a tutti.
«Wow, Alyss. Devo ammettere che il tuo intervento è stato un vero colpo di scena!» ridacchia eccitato. «Sembra che la presenza di una ragazza fantasma sarà un vero e proprio unicum in trentaquattro anni di Hunger Games!» continua battendo le mani. «E non sembri per nulla preoccupata».
Il mio sguardo cerca e trova finalmente quello disperato di Laree. Per trovare la forza di rispondere.
«Non mi sono offerta volontaria per morire. Mi sono offerta volontaria per vincere» faccio io, sprezzante. Julius trattiene una risatina isterica, troppo contento di vedere così tanta determinazione in un distretto che non è certo uno di quelli favoriti. Dove la gente non fa a botte per offrirsi volontaria.
«Bene! Vediamo subito chi sarà il tuo compagno d’avventura!» si fionda sulla boccia contenente le striscioline dei nomi maschili, ed estrae, altro colpo di scena, un tredicenne. Un grido disperato e un singhiozzare sommesso accompagnano la salita sul palco del piccolo che porta il nome di Roy. Mi rendo conto che ciò che ho appena detto pubblicamente, sul fatto di vincere, implica la morte di questo bambino e le lacrime amare della sua famiglia che ora lo deve lasciare andare. Ho le spalle irrigidite e i pugni serrati. Se esito già di fronte al mio compagno di distretto, come farò ad uccidere altri ventidue tributi? Il nostro accompagnatore ci prende le mani e le tira su per presentarci ufficialmente alle telecamere, rigorosamente puntate su di noi.
«Roy Cutter e Alyss Knight! Ecco i tributi del Distretto 6 per i trentaquattresimi Hunger Games!» esulta, accompagnato da un lieve applauso di incoraggiamento. Ma Laree non applaude. «Felici Hunger Games, e possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!»



 
Note dell'autrice:
Ebbene sì, eccomi qui con una nuova long che spero con tutto il cuore di completare. So cosa state pensando. Perché ho scelto per la mia storia proprio il Distretto 6? Forse perché, come la protagonista di questa storia, ho un'attrazione fatale (?) per i treni, un fascino inaspettato per i mezzi di trasporto, una simpatia strana per i Morfaminomani di Catching Fire e perché, diciamocelo,il Distretto 6 non se lo caga mai nessuno. Detto ciò, sono graditi i commenti, anche negativi.
Alex
   
 
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