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Autore: Angye    16/11/2014    12 recensioni
La storia comincia nell'episodio "Il salto del tonno" della serie Sam and Cat. Mentre si trova a Los Angeles con Sam, Freddie riceve una telefonata che lo avvisa dell'arrivo a sorpresa di Carly, a Seattle per qualche giorno. Il ragazzo decide di partire, Sam no, perchè sconvolta dall'aver scoperto il bacio che i due si sono scambiati in IGoodbye. Una serie di eventi e circostanze riporteranno Freddie, Sam e Carly sulla stessa strada e nelle rispettive vite. Il nuovo ragazzo di Sam non semplificherà le cose tra lei e Freddie. E, forse, arriverà il momento di chiarire ogni punto lasciato in sospeso e scoprire cosa significa, davvero, amare.
Storia sospesa, ma non abbandonata; riprenderà non appena possibile
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti.
Tre piccole premesse prima di lasciarvi alla lettura di questa storia:
- chi ha visto ICarly saprà bene che è un programma per un target di bambini/adolescenti, direi tra i 10/12 e i 14/15 anni e, ovviamente, essendo il programma uno show comico, i caratteri dei personaggi sono estremizzati al fine di far ridere.
Nella mia fan fiction, ogni cosa (personaggi inclusi) avrà un tono più serioso e adulto: considerate che Carly, Sam e Freddie hanno sui diciannove anni e credo, inoltre, che non sarei in grado di descrivere appieno sentimenti e cambiamenti se restassi fedele al cento per cento ai caratteri che siamo abituati a conoscere.
La storia, ovviamente, non sarà OOC, i tratti principali di tutti resteranno tali, non ci saranno sconvolgimenti totali, fatte alcune eccezioni, ma non posso garantire un’aderenza totale ai personaggi della serie televisiva, altrimenti non avrebbe senso scrivere.
Del resto, dato che ICarly termina con degli adolescenti, direi che lascia grande margine di licenza poetica quando si tratta di descrivere il loro ingresso e la loro vita nel mondo adulto e le conseguenze di ogni scelta;
- Come leggerete, la storia tiene conto di tutto, compresi “IGoodbye” e “Sam and Cat” e comincia, appunto, dalla puntata “Il salto del tonno”;
- Anche in questa fan fiction sarò betata dalla mia adorata Aduial, che ringrazio infinitamente perché mi sopporta da giorni e non ha ancora mandato un cecchino ad uccidermi.
 
Adesso smetto di sproloquiare e vi lascio alla storia.
Buona lettura.
 
 
 
 
 
 
Ogni cosa, nella vita di Samantha “Sam” Joy Puckett, cambiò radicalmente il giorno in cui Freddie Benson, suo odiatissimo e unico amore, fece la sua comparsa a Los Angeles e, più precisamente, al tavolo che, solitamente, la ragazza condivideva con quella che era stata la sua coinquilina durante l’ultimo anno: Cat.
Sam aveva lasciato Seattle esattamente un anno prima, in una fredda notte di Gennaio, poche ore dopo che l’aereo con a bordo la sua migliore amica, Carly Shay, decollasse per l’Italia, paese che avrebbe ospitato Carly per un lungo periodo durato circa un anno e mezzo.
La ragazza che, spesso e da molti, era stata definita “demonio biondo”, in linea con il carattere freddo, distaccato, duro, cinico e ribelle che sempre l’aveva contraddistinta e che, ovviamente, utilizzava per nascondere l’insicurezza che aveva radici profonde dentro di lei, era partita in sella alla moto che Spencer le aveva regalato il pomeriggio dello stesso giorno, senza avvisare o salutare nessuno.
Nemmeno lui.
Per quanto forte e indipendente Samantha fosse e sempre sarebbe stata, c’erano due persone nella sua vita di cui non sarebbe mai stata capace di fare a meno e, quella notte d’inverno, le aveva perse entrambe irrimediabilmente; senza la presenza mitigatrice di Carly, senza il collante che sempre aveva tenuto insieme i tre lati di quel triangolo così male assortito, Sam sapeva bene che, presto, lei e Freddie – complice anche la rottura risalente a Settembre – si sarebbero persi di vista e, probabilmente, si sarebbero dimenticati, per quanto possibile, l’uno dell’altra.
A quella complessa sfera di emozioni infelici che l’avevano accompagnata durante il viaggio di molti chilometri da Seattle a Los Angeles, c’era stata anche la consapevolezza che svegliarsi ogni giorno sapendo di non avere più accanto la sua migliore amica e non dover registrare lo show che avevano ideato e amato per lunghi anni, sarebbe stato troppo da sopportare.
Così, la ribelle biondina che aveva seminato panico lungo le strade di Seattle, dopo un ultimo sguardo al ragazzo che amava e sempre avrebbe amato nonostante detestasse ammetterlo perfino a se stessa, aveva ingranato la marcia e, da quel giorno, non si era mai voltata indietro.
Fino a quel momento.
Fino a quando, entrando in quel dannatissimo pub di Robot non aveva sentito la risata di Freddie e, voltatasi, lo aveva visto chiacchierare amabilmente con Cat.
Nel giro di pochi istanti, Sam aveva ripercorso l’ultimo anno trascorso, navigando tra i nuovi ricordi che si erano sostituiti ai vecchi, scacciando, lentamente e con fatica, la malinconia, la tristezza e il senso di perdita dei primi mesi lontana da Carly e Freddie, in cerca di qualcosa che le desse la stessa euforia che sentiva a starsene a guardare il bel viso di lui, ridente e luminoso. Non trovò nulla, nulla che reggesse il paragone con quella morsa allo stomaco e il cuore irrimediabilmente fuori controllo.
Fu quel giorno che Sam comprese che anche mille anni lontana da Freddie Benson non sarebbero stati sufficienti affinché lui non le provocasse più reazioni del genere, anche mille anni non sarebbero bastati affinché lei smettesse di esserne innamorata.
E la rovina, la disfatta finale, l’epilogo di una tragedia che non aveva avuto modo di consumarsi durante gli anni precedenti, cominciò in quel modo.
Freddie, come le raccontò più tardi, quando riuscirono a scambiare due parole – urlandosi contro, come loro solito – arrivato in città poiché preoccupato dall’ambigua telefonata di Cat, era inizialmente parso ancora affettuosamente legato a lei e, col passare delle ore, riavendolo accanto, nel cuore della ragazza si era riaccesa la speranza che, forse, quell’anno trascorso sarebbe potuto essere considerato soltanto una pausa momentanea, destinata a finire quel giorno.
Dopo averlo salvato dalla vasca dei tonni assassini, Sam lo aveva raggiunto in ospedale e gli aveva promesso – o imposto, a seconda delle interpretazioni – una cena non appena lui si fosse rimesso.
Quella sera, tornata a casa, Samantha si era sentita di nuovo a casa, nonostante le mancasse ancora un pezzo fondamentale della sua vita: Carly.
Senza riuscire ad addormentarsi, Sam si era accorta che, nel giro di quell’anno lontane, lei e Carly si erano sentite pochissime volte, principalmente via sms e che ogni sorta di calore o confidenza o intimità tra loro era scemata rapidamente fino a svanire, senza che nessuna delle due tentasse in alcun modo di impedirlo.
Sam non l’avrebbe ammesso mai ma, a sentirsi così lontana dagli anni di ICarly e a sapere Carly così indifferente alla loro amicizia, una sorta di panico era dilagato dentro di lei, soprattutto durante i primi mesi, spingendola ad aggrapparsi a Cat, quella strana e svampita fanciulla che sembrava aver bisogno di lei più di chiunque altro al mondo.
E, col passare dei mesi, Sam aveva permesso al suo cuore di affezionarsi a Cat e di volerle bene, così come Cat si era dimostrata una grande amica, sebbene estremamente diversa da lei.
L’arrivo di Freddie aveva messo a rischio i precari ma agognati equilibri che Sam aveva costruito a fatica e aveva riportato a galla tutte le paure e le insicurezze che avevano fatto di lei la “ragazza violenta” forgiata d’acciaio.
Eppure, Sam non aveva potuto impedirsi di sperare, di avvertire nuovamente quel calore andato perduto, di sentirsi nuovamente a casa, quando Freddie aveva varcato la soglia di casa, il giorno dopo essere stato dimesso dall’ospedale.
Avevano pranzato insieme, erano andati in giro per Los Angeles, avevano litigato, lei lo aveva picchiato, erano stati cacciati dal Luna Park e, rientrati, avevano deciso di guardare un film sul divano.
L’alchimia, la complicità e l’attrazione che sempre erano esistite tra loro, si erano fatte sentire prepotentemente, come se nulla fosse cambiato da quell’ultimo bacio scambiatosi nel montacarichi di Carly.
Mentre, seduti sul divano, tanto vicini da poter sentire il calore della pelle dell’altro nonostante i vestiti, si raccontavano dell’ultimo anno trascorso – Freddie, che si era diplomato a pieni voti ottenendo una borsa di studio completa per il College, era parso offensivamente sorpreso quando Sam gli aveva confessato di essersi diplomata a sua volta, online e per questo lei lo aveva colpito col cuscino - il cellulare di Freddie aveva preso a squillare.
E, da quel preciso istante, ogni cosa era cominciata ad andare storta.
Era bastata l’espressione apparsa sul volto del ragazzo a rispondere alla domanda “Chi è?”, che Sam non aveva nemmeno formulato ad alta voce: Carly.
Freddie aveva risposto, ansioso, eccitato, carico di elettricità e la sua voce era suonata tanto allegra che la ragazza bionda si era ritrovata con la testa che vorticava pericolosamente.
Lui non si era accorto di nulla, aveva continuato a parlare con Carly per qualche minuto, poi aveva riagganciato, balzando in piedi, entusiasta. – Sam! Carly è in città! Non è magnifico? Oh, dobbiamo tornare subito a Seattle! – aveva esclamato, mentre afferrava la borsa da viaggio abbandonata ai piedi del divano.
- Cosa?-
- Carly è tornata in città per qualche giorno! Ripartirà alla fine della settimana, dobbiamo sbrigarci!- aveva ripetuto Freddie, cominciando a sistemare tutti gli aggeggi elettronici che si portava dietro nella sacca.
E Sam, trattenendo le lacrime con forza disumana, si era alzata anche lei e aveva abbozzato un sorriso forzato. – Io non vengo.- aveva detto, alzando le braccia.
Freddie si era bloccato, fissandola incredulo, come se si fosse appena trasformata in un troll di fronte ai suoi occhi. – Come? Che significa che non vieni? E’ Carly! – aveva esclamato, scuotendo la testa.
- Ho molto lavoro, domani, non posso proprio partire, Freddie. Salutamela, okay?- aveva risposto, voltandosi, pronta ad andarsene.
La mano di lui, più forte e decisa di quanto la ricordasse, le aveva afferrato un polso, costringendola a restare. – E’ la tua migliore amica, Sam: ti manca e tu manchi a lei. Non fa altro che domandare di te, ogni volta che chiama!- le aveva mormorato, addolcendo il tono.
Sam aveva ritratto il braccio con violenza. – Oh, beh, le manco tanto che non si è ricordata nemmeno del mio compleanno.- aveva detto, mordendosi le labbra nervosamente.
Non voleva che Freddie comprendesse quanta rabbia e dolore vi fossero dietro quel suo atteggiamento e quanto la ferisse sapere che, ancora una volta, lui stava scegliendo Carly.
Era sempre stato così, tra loro, perfino quando erano una coppia: Sam aveva vissuto la loro storia con il pensiero costante e angosciante che Carly, un giorno, avrebbe deciso di volere Freddie per sé e che lui non ci avrebbe pensato due volte a lasciarla per stare con la ragazza di cui era sempre stato innamorato.
La ragazza bionda non si era mai sentita abbastanza per lui, mai all’altezza di Carly; era sempre arrivata seconda nel cuore di chiunque avesse mai conosciuto poiché, al primo posto, c’era sempre stata Carly e, del resto, a Sam era sempre andata bene così, fino a quando non si era innamorata di Freddie.
Allora aveva capito, si era resa conto di essere disposta ad arrivare sempre seconda e a dividere qualsiasi cosa con Carly, tutto, con un’unica, semplice e inappellabile eccezione: l’amore di Freddie Benson.
Lo stesso ragazzo che, quella sera, le aveva detto: - Mi dispiace, Sam, io devo andare. Ho delle cose da chiarire con Carly e non ho idea di quando potrò rivederla.- mentre lei, cercando di attenuare la tensione e la sofferenza, si tuffava in un piatto di spaghetti preparato da Cat prima di uscire.
- Chiarire? Cosa, sentiamo, Signor Lamento?- gli aveva domandato e intanto lui aveva già la borsa in spalla.
Freddie era apparso nervoso, inquieto, agitato; i suoi occhi vagavano, sfuggendo quelli di lei e una morsa di panico aveva stretto le viscere di Sam che, poggiata contro il bancone, si era imposta di respirare profondamente e mantenere il controllo.
- Ecco, vedi… prima che lei partisse per l’Italia, l’anno scorso… noi… lei… -
- Oh, falla finita, Benson! Pensi di riuscire a finire questa dannata frase?- era esplosa lei.
Lui aveva tratto un lungo sospiro, sollevando gli occhi bruni e luminosi a incontrare i suoi.
– Lei mi ha baciato. – aveva confessato, imbarazzato ma felice.
E Sam si era sentita risucchiare in un vortice oscuro dal quale, probabilmente, non sarebbe mai più uscita.
Carly aveva baciato Freddie, nonostante sapesse quanto lei ne fosse ancora innamorata, la sua migliore amica aveva calpestato i suoi sentimenti per l’istante di una sera, che si sarebbe perso nel tempo e nella polvere di quell’anno lontana, per Carly.
Non per Freddie, tuttavia; Sam sapeva bene che Freddie doveva aver ripensato a quel bacio ogni singolo giorno da quando entrambe erano partite e, allora, comprese di aver perso definitivamente il ragazzo che amava.
Quante notti si era rigirata nel letto, domandandosi se lui la stesse pensando, se l’avesse mai pensata in quei mesi, se ne avesse mai sentito la mancanza. Aveva ottenuto la sua risposta, quella sera.
Il giorno che tanto aveva temuto era giunto e una rabbia cieca prendeva vita dentro di lei: se era destino che lui amasse Carly, perché allora il fato le aveva dato la possibilità di rivederlo un’ultima volta e innamorarsi ancora di lui? Era ingiusto.
- Oh.- aveva detto, alzando un sopracciglio biondo scuro con fare indifferente.
- Oh?- aveva fatto eco lui, confuso, forse sorpreso dalla mancata reazione di lei.
L’espressione sul volto di Freddie era parsa guardigna, come se non si capacitasse che Sam non stesse dando di matto come suo solito o, più probabilmente, il senso di colpa per aver tenuta nascosta una cosa del genere alla sua ex-ragazza doveva starlo divorando.
- Beh, che dire, Benson? Congratulazioni! Dopo nove anni – scusami, tu la conosci dalla terza, sono dieci anni – finalmente ce l’hai fatta a farti baciare senza bisogno prima di rischiare la vita!- aveva esclamato, più acida di quanto avrebbe desiderato.
- Sam… -
- Auguri e figlie femmine, Benson, non sia mai che i maschi prendano dal padre!- aveva aggiunto, sorridendo maligna come era solita fare nei primi tempi della loro amicizia, quando si divertiva a tormentarlo.
- Sam… io… mi dispiace… -
Freddie aveva fatto mezzo passo avanti, annullando un po’ della distanza tra loro e, come se fossero due calamite dai poli identici, Sam si era spostata all’indietro.
- Di cosa ti dispiace, Freddie? Non hai nulla di cui sentirti in colpa, credimi. E, adesso, vattene: sono quattro giorni che sei qui e già mi dai sui nervi!- aveva detto, superandolo per aprirgli la porta.
Freddie, con un'espressione rassegnata e dispiaciuta, si era fermato sulla porta, indeciso su come salutarla e, quando si era sporto per sfiorarle una guancia con un bacio, lei si era ritratta bruscamente, spingendolo oltre con i suoi soliti modi. – Non essere mieloso, Benson.- gli aveva detto.
- Sempre la solita.- mentre lo diceva, il suo sorriso era parso nostalgico ma, al contempo, rabbioso.
Sam non aveva saputo spiegarsi il perché di quell’espressione che, tuttavia, era scomparsa così com’era apparsa, nel giro di un’istante.
- Già. Ci si vede.-
La porta si era chiusa sull’espressione frustrata di lui e le lacrime di lei.
Da quella sera, erano trascorsi esattamente otto mesi e, in quel momento, Sam si trovava a bordo della moto che costituiva il ponte tra passato e presente, in viaggio verso Seattle.
 
 
 
Faceva un gran caldo, perfino per lei che, a bordo della più bella motocicletta al mondo, sfrecciava lungo l’asfalto, col vento a sferzarle i capelli biondi che le ricadevano fino alla vita, sfuggendo al casco nero.
Agosto era arrivato, portando con sé l’afa e l’odore salmastro del mare anche nei più remoti angoli della città, i negozianti avevano issato le tende di colori sgargianti così da riparare le vetrine dal sole cocente e carretti che vendevano limonate e gelati si trovavano ad ogni angolo di strada.
Sam accarezzò con lo sguardo ogni vicolo del quartiere in cui Carly e Freddie abitavano e che, in fondo, aveva sempre considerato un po’ anche casa sua; agitata e nervosa, parcheggiò la moto in strada e, messi i cavalletti, scese agilmente, sfilando il casco opprimente e liberando la fluente chioma bionda, infilandovi le mani per rianimare i capelli.
Camminò rapida fino all’ingresso, timorosa di imbattersi casualmente in Freddie e consapevole di non essere pronta a rivederlo, non ancora.
Erano trascorsi otto mesi da quella sera a Los Angeles, la sera in cui, ancora una volta, Freddie aveva preferito Carly a lei e, per di più, le aveva confessato il bacio scambiatosi con la bruna prima che partisse per l’Italia.
Il motivo per cui Sam era tornata a Seattle, in seguito alla telefonata di Spencer, sfuggiva anche a lei, al momento e tutti i buoni propositi con cui era partita parvero essersi persi lungo la strada.
Che cosa ci faceva lì?, si domandò, mentre varcava la porta a vetri e si scontrava con Lewbert, arcigno come al solito, che la fissò quasi fosse un’aliena – come se la verruca sulla sua guancia potesse essere umana!
- Oh, no! Non è possibile! Speravo di non doverti vedere mai più!- commentò, con quel tono lagnoso che usava ogni volta.
- Desiderio reciproco.-
Il portiere la guardò assottigliando gli occhietti scuri. – Non credere di poter continuare a combinare pasticci, assieme a quei tuoi amici!- esclamò. – L’anno scorso è stato un sogno senza voi due a scorrazzare su e giù e, quando anche il nanetto ha tolto il disturbo, ho pensato che finalmente la fortuna mi avesse sorriso e, adesso, guarda! Due su tre di nuovo qui! Non è possibile!- sbottò ancora, dando vita ad uno dei tipici monologhi.
Sam, confusa, si avviò verso le scale, domandandosi cosa diamine significasse che anche “il nanetto” aveva levato il disturbo; si riferiva forse a Freddie? Possibile che fosse andato via? Sua madre glielo avrebbe permesso?
Giunse al pianerottolo sul quale si trovavano gli appartamenti di Carly e Freddie e una morsa di panico le strinse lo stomaco, mentre il cuore cominciava a battere furiosamente; doveva affrettarsi, non voleva rischiare che lui aprisse la porta e la vedesse.
Aveva scelto di arrivare a quell’ora del mattino poiché era certa che Freddie sarebbe stato al College a seguire qualche stupida lezione e le possibilità di scontrarsi si riducevano al minimo, ma, adesso, il timore di poterlo incontrare l’attanagliava, impedendole di mantenere il controllo.
Non voleva vederlo, non voleva incontrarlo, non voleva rischiare che lui le leggesse negli occhi il dolore che la sua ultima partenza le aveva causato e quanta fatica le fosse occorsa per rimettere insieme i pezzi, ancora una volta.
Il capitolo Freddie Benson, per Sam, era chiuso e sepolto sotto un mare di sofferenza e non aveva intenzione di riaprirlo nemmeno per tutte le bistecche del mondo; così, aveva deciso di non rimettere ma più piede a Seattle e di troncare ogni rapporto con Freddie e Carly.
Aveva cambiato numero di telefono, decisa sul fatto che la sua vita, ora, fosse a Los Angeles, con Cat e Dice e Goo e aveva perfino accettato la proposta di Dice di frequentare un corso di quattro mesi per ottenere l’abilitazione di “manager” così da poter seguire la carriera di qualche lottatore di arti marziali miste e entrare nel mondo del lavoro degli adulti.
Peccato che fosse costretta a presentarsi ai corsi due volte alla settimana, che dovesse sopportare un tipo odioso di nome Dylan, che sembrava trovare un gran piacere nel tormentarla e ritrovarsi, ogni volta, pieno di lividi e che Cat, come suo solito, aveva preso la notizia dell’uscita di Sam dalla loro società di baby sitter come un tradimento e non le aveva rivolto la parola per due settimane.
Nonostante tutti i buoni propostiti, tuttavia, quando aveva ricevuto una telefonata di Spencer – l’unico al quale avesse dato il nuovo numero di telefono – che le chiedeva, implorante, di tornare a Seattle appena possibile perché aveva qualcosa di importante da dirle, Sam non era riuscita a dire di no.
Spencer era sempre stato importante per lei e non solo a causa della piccola cotta che aveva avuto per lui; Spencer, proprio come Carly, era stato ciò di più vicino alla “famiglia” Sam avesse mai avuto. Lui l’aveva accolta in casa sua nonostante tutti sapessero della sua pessima reputazione, l’aveva trattata con dolcezza, tenerezza, gentilezza, anche quando Sam si era comportata nel peggiore dei modi, era stato, per lei, un fratello maggiore, nonostante la presenza di Carly.
Spencer era, probabilmente, l’unico ad aver colto, con quella sua strana sensibilità di artista, il dolore e l’insicurezza che si celava dietro il comportamento violento e distaccato di Sam, dietro il disincanto frustrante delle sue idee e aveva saputo avvicinarsi a lei e sostenerla, nonostante avesse già una sorellina a cui badare.
Quando le aveva regalato la moto, forse comprendendo il bisogno di Sam di possedere qualcosa che la legasse eternamente a lui e Carly e Freddie, forse ben consapevole che Sam non avesse un posto che sentisse come “casa” più di quell’affollato appartamento, forse realizzando, prima ancora della ragazza, che anche Sam sarebbe partita, poiché non sarebbe riuscita ad affrontare il dolore della separazione, Spencer aveva, inconsapevolmente, aperto uno spiraglio di luce nel cuore del demonietto biondo.
Ogni volta che Sam si era seduta su quella moto era stato come tornare a casa.
Quindi, in definitiva, Sam era tornata a Seattle perché non avrebbe potuto dire di no a Spencer.
Così, eccola lì, di fronte alla porta dell’appartamento di Carly, col cuore in tumulto e una malinconia prepotente che si faceva strada dentro di lei.
Senza pensarci, Sam aprì la porta, istintivamente, quasi fosse uno dei soliti giorni di riprese e lei non fosse mai partita e stata lontana per un anno e mezzo.
Ciò che vide la lasciò, al contempo, interdetta e divertita: Spencer era in piedi su una scala alta almeno un paio di metri, intento a dipingere strani pois dai colori osceni sul soffitto e, ad ogni pennellata, un po’ di vernice colava già dal pennello, finendogli in viso o tra i capelli scuri.
Sam scosse la testa, chiudendosi la porta alle spalle e contenta del fatto che, almeno Spencer, non sarebbe mai cambiato.
- Chi c’è? Sono campione di arti marziali, sai!- gridò il ragazzo, cercando di voltarsi e ottenendo solo di far traballare pericolosamente la scala.
- Allora sei fortunato: c’è qui una quasi manager a tua disposizione.- rispose Sam, da basso, afferrando la scala per impedire a Spencer di cadere.
- Sam?!- gridò lui, allegro, scendendo in fretta e afferrandola per le spalle come se non riuscisse a credere ai suoi occhi, poi l’abbracciò, sporcandole la t-shirt blu di vernice rossa.
- Quando sei arrivata? Come stai? La moto funziona bene?-
Sam sciolse l’abbraccio, osservando la macchia rossa e scuotendo la testa.
- Calma, amico, sei troppo su di giri!- lo prese in giro, avviandosi verso il frigo per tornare con una bottiglia di frizzicola tra le piccole mani.
Spencer, intento a pulire i pennelli, alzò un sopracciglio. – Vedo che non sei cambiata di una virgola.- commentò, divertito.
Sam allargò le braccia. – Colpevole, agente, mi arresti.- alzò le spalle, sedendosi sul divano e guardandosi intorno: ogni cosa sembrava rimasta esattamente la stessa, come se nulla fosse stato toccato da quando lei e Carly avevano lasciato Seattle.
Spencer, intanto, la osservava, ben consapevole che, al contrario di quanto aveva detto, Sam era cambiata eccome e non solo fisicamente, sebbene quello fosse un cambiamento notevole.
- Sei rimasta bassina.- commentò, raggiungendola e sedendosi accanto a lei.
- E le tue chiappe sono ancora flaccide. Vuoi dirmi perché mi hai fatta venire qui, Spencer?- gli chiese, voltandosi a guardarlo.
- Flaccide?!-
Sam ridacchiò.
- Tse. D’accordo, biondina, sono pronto a parlare con te, ma, prima, vorrei sapere come stai e come te la passi.- le disse, incrociando le braccia.
Sam sospirò, alzando le spalle. – Sto bene, me la cavo. Ho un lavoro, seguo un corso, ho una casa e non sono più stata in prigione negli ultimi… due anni.- dichiarò, orgogliosa, alzando un pollice in segno di vittoria.
- Oh, sono molto colpito, Sam! Brava, sono orgoglioso di te e… ma cosa combini?-
Mentre il ragazzo parlava, lei si era alzata e aveva preso a scavare nel frigo, frustrata.
- Scusa, che maniere sono? Vengo qui dopo quasi due anni di assenza e non mi fai trovare nemmeno una bistecca o un piatto di polpette?- domandò.
Spencer fece roteare gli occhi al soffitto. – D’accordo, mostro divora carne, adesso ordino il pranzo, così almeno non dovrò preoccuparmi che tu possa mangiarmi.- la schernì, afferrando il telefono.
Sam rispose con una smorfia e, mentre lui era al telefono, prese a vagare per il soggiorno, sfiorando con dita tremanti le foto che ritraevano se stessa, Carly e Freddie, quelle con Spencer e Gibby, quelle di ICarly.
Ogni ricordo era un’ondata di malinconia che si abbatteva sul suo cuore, facendole mancare il respiro per qualche istante; perfino il profumo familiare sentito su Spencer, quando l’aveva abbracciata, l’aveva quasi portata alle lacrime.
- Ecco fatto, torna qui, ora.-
Lei obbedì, sedendosi e poggiando i piedi sul tavolo.
- Tu che stai combinando?- gli domandò, indicando il soffitto da cui gocciolava pittura.
- Il mio nuovo progetto! Ho letto su un sito che avere il soffitto a pois colorati aiuta a favorire la creatività e così… -
- D’accordo, smetti di parlare, ho già sonno.-
Spencer le lanciò un’occhiataccia. – Va bene, va bene, vengo al dunque: c’è un motivo importante per cui ti ho chiesto di venire.- le disse, facendosi serio.
Sam sentì l’ansia attanagliarle i muscoli e il respiro mozzarsi. – Sarebbe?-
Il ragazzo si raddrizzò, come se trovasse difficile formulare una frase di senso compiuto, come se qualcosa lo frenasse e preoccupasse.
- Spencer, sto perdendo la pazienza.-
E il piede che scandiva ritmicamente il tempo contro il legno del tavolo confermava l’affermazione della ragazza.
- D’accordo, mantieni la calma. Ecco, il fatto è che da quando sei partita non ti ho sentita per molto tempo e so lo stesso vale per Freddie e Carly; vi siete allontanati e la cosa mi dispiace molto perché voi tre eravate inseparabili.-
Se anche le parole di Spencer fossero andate a fondo dentro di lei, nulla avrebbe potuto dimostrarlo poiché Sam mantenne la sua stoica espressione annoiata e indifferente.
- Vedi, quando otto mesi fa Freddie venne a Los Angeles da te, credetti che sareste tornati assieme, in tutti i sensi. Poi, arrivò Carly a sorpresa e allora mi convinsi che sareste tornati di certo, così da poter passare qualche giorno tutti insieme. Ma tu non arrivasti. Freddie non seppe dare spiegazioni, disse soltanto che eri molto impegnata e sembravi apatica, come se non sentissi il bisogno di rivedere la tua migliore amica. Carly parve l’unica a non sorprendersi della tua decisione, probabilmente perché ti conosce bene così come tu conosci lei e dovette intuire il vero motivo del tuo non-ritorno. Motivo che io, invece, ho capito solo un mese dopo, quando Freddie ha fatto le valige e l’ha raggiunta in Italia.-
Spencer s’interruppe per osservarla e scrutare la sua reazione, cercando di capire se avesse bisogno di qualche istante per assimilare la notizia.
- Freddie è partito per l’Italia?- domandò Sam, con un filo di voce.
Il ragazzo annuì. – E’ partito poco prima della fine di Gennaio. La borsa di studio per il College era comprensiva di alloggio e non aveva confini Nazionali, così ha potuto iscriversi ad un’Università italiana e ha frequentato il primo semestre lì. Nostro padre ha provveduto a procurargli un lavoretto alla Base, nulla di esaltante comunque.  Sam, ti senti bene?- le domandò, notando lo sguardo della bionda perso nel vuoto.
No, non si sentiva bene, in verità non sentiva assolutamente niente.
Quello era peggio di qualsiasi altra cosa riuscisse a immaginare: non solo Freddie aveva scelto Carly, non solo si erano messi insieme, non solo nessuno dei due le aveva detto anche una sola parola di tutto, ma, addirittura, lui l’aveva seguita in Italia.
Era stata una vera idiota a tornare a Seattle perché la sua vita di un tempo non esisteva più.
Avrebbe fatto meglio a restare a Los Angeles, almeno si sarebbe risparmiata quella notizia che, lo sapeva, l’avrebbe tormentata per interi mesi o, più probabilmente, in eterno.
Trattenendo le lacrime con una forza disumana, Sam riuscì a domandare a Spencer, in tono indifferente. – Come ha convinto sua madre?-
Spencer alzò le spalle, senza smettere di scrutarla. – E’ stata una settimana di fuoco, quella prima della partenza. Hanno litigato a lungo e, alla fine, la Signora Benson si è arresa alla decisione del figlio; del resto, non avrebbe potuto fermarlo perché Freddie è maggiorenne e aveva dei soldi da parte per il biglietto.- le spiegò.
Sam si limitò ad annuire, sebbene la sua mente vorticasse, confusa e le dolesse terribilmente.
Il cuore, invece, era semplicemente ghiacciato.
- Sam, ascoltami, la storia non finisce qui.- dichiarò Spencer, posandole una mano sulla spalla per infonderle coraggio.
Per quanto, infatti, lei tentasse di nascondere il dolore e la disperazione, lui poteva percepire ogni sentimento che Sam stava provando e si sentiva terribilmente in colpa a dover essere lui a dirle ogni cosa.
- Io non voglio sentire altro.- dichiarò la ragazza, alzandosi bruscamente.
Spencer la obbligò a tornare seduta. – Ascoltami, Sam: Freddie è tornato a metà Giugno e ha iniziato il secondo semestre di Università qui a Seattle. E’ tornato definitivamente.- disse.
Gli occhi azzurri di Sam scattarono in quelli di lui. – Perché?- domandò.
- Le cose tra lui e Carly non hanno funzionato e lui è tornato a casa; sentiva troppo la mancanza di questo posto e non aveva più motivi per restare lontano.- rispose.
Sam alzò le spalle. – Perché dovrebbe riguardarmi?- chiese.
- Sam, anche Carly tornerà presto a casa, definitivamente.- disse Spencer, arrivando finalmente al punto.
- Carly torna in America?- gli occhi della ragazza si sgranarono.
Lui annuì. – Arriverà a Settembre, si è iscritta ad un corso di scrittura creativa all’Università.- le spiegò. – Tornerà a vivere qui e… - s’interruppe, per poi alzarsi e prendere a camminare lungo la stanza. – Insomma, Sam, devi tornare a casa, ti prego. Sarete di nuovo tutti insieme, risolverete le cose e tornerete il trio combina guai di un tempo.- la implorò.
- Carly avrà bisogno di te, dopo essere stata quasi due anni lontana e tu hai bisogno di tornare a casa e ritrovare te stessa.- le disse, serio, fermandosi di fronte al divano.
Sam si alzò, scuotendo la testa. – No, no, Spencer, non ci pensare nemmeno. Casa mia è a Los Angeles, ormai, la mia vita è lì. Seattle non significa più nulla per me, la Sam Puckett che girava ICarly e faceva da spettatrice all’amore platonico di Freddie e Carly è rimasta qui, sepolta per sempre. Sono stanca di essere paragonata a qualcuno e di non sentirmi mai abbastanza. Mi dispiace, ma Carly dovrà trovare qualcun altro a cui chiedere sostegno. Vedrai che, non appena Freddie la vedrà, tutto tornerà come prima tra loro e ci penserà lui a tenerle compagnia e aiutarla.- disse, afferrando la tracolla che aveva abbandonato sul tavolo.
- Sam.- la chiamò Spencer, posandole le mani sulle spalle e chinandosi per guardarla negli occhi. – Non c’è alcun paragone tra te e Carly, siete diverse eppure entrambe meravigliose. So che ti ha ferita, che sia lei che Freddie l’hanno fatto, ma non abbandonare la tua casa, non rinunciare alla vita che hai sempre amato solo perché non riesci ad affrontare ciò che senti e la rabbia che ti porti dentro.- le disse, dolcemente.
Sam sorrise, scuotendo il capo. – Abbi cura di te, Spencer e abbi cura di Freddie e Carly. Io devo tornare a casa. La tua moto è un bolide, non ti ringrazierò mai abbastanza per averla data a me.- disse, sfuggendo la sua presa e raggiungendo la porta in fretta.
- E’ tua, te l’ho regalata perché ti voglio bene, come se fossi mia sorella.-
Con la mano sulla maniglia, Sam sorrise, chinando il capo per nascondere le lacrime che ormai erano libere di scivolarle sulla pelle chiara. – E’ reciproco, amico.- disse, guadagnando l’uscita e precipitandosi fuori.
Non si guardò mai indietro, nemmeno quando, infilando il casco e partendo a razzo, notò la figura di un giovane, più alto di quanto lo ricordasse, ma che non poteva essere altri che Freddie, fermo a osservarla con aria confusa e indecisa, come se non fosse certo di chi avesse di fronte.
Sam sgommò e imboccò la superstrada, mentre il grido di lui si perdeva nel frastuono delle auto e il rumore del vento.
- Sam!-
 
 
 
Freddie varcò la soglia dell’appartamento di Spencer con irruenza e, non vedendolo, lo chiamò a gran voce.
 – Spencer!-
- Sono quassù!- esclamò il diretto interessato, dalla cima di una delle scale più alte che il ragazzo avesse mai visto, intento a imbrattare il candido soffitto con strane ciambelle colorate.
- Spencer che… oh, al diavolo! Era Sam quella che è sfrecciata via in moto?- gli domandò Freddie, gettando la sacca nera dei libri sul divano in malo modo.
- Ciao anche a te, ragazzo.- lo schernì l’altro, scendendo dalla scala e pulendo le mani su uno straccio.
Spencer entrò in cucina e si versò da bere, porgendo un bicchiere anche a Freddie.
- Allora?-
- Sì, era Sam.-
Il più giovane rimase incredulo a fissare l’altro qualche istante, il bicchiere fermo a mezz’aria, gli occhi spalancati e l’espressione di chi ha lo stomaco sottosopra.
- Cosa… cosa ci faceva a Seattle? Perché non mi hai detto che sarebbe venuta? Aspetta: sapevi che sarebbe venuta? Sta bene? –
Il fiume di domande di Freddie fu interrotto dallo straccio sporco che Spencer gli tirò in viso.
- Ehi, amico, con calma! Una cosa per volta!-  esclamò, alzando le braccia.
Freddie si limitò a guardarlo malissimo e Spencer sbuffò. – La vostra generazione è troppo impaziente.- commentò.
- Spencer!-
- Okay, okay, d’accordo! Le ho chiesto io di venire, per dirle del ritorno di Carly.- rispose, sedendosi sulla sedia accanto al tavolo al contrario.
Freddie fece lo stesso. – Perché non mi hai detto che sarebbe venuta?!- esclamò.
- Non sapevo quando l’avrebbe fatto e, comunque, non credo volesse vederti, Freddie.-
- Perché dici… -
Il ragazzo si rabbuiò e chinò il capo, battendo un pugno sul tavolo.
- Già.- commentò Spencer. – Sai, Freddie, avete commesso un errore a non informarla della partenza e della vostra relazione e tutto il resto.- gli disse, posandogli una mano sulla spalla.
- Sam è molto… cambiata. Certo, in fondo resterà sempre la nostra Sam, un terremoto biondo che semina disastri ovunque capiti, ma è come… spenta. Credevo che l’idea di riavere indietro la vita di prima l’avrebbe convinta a restare, ma non è stato così. E’ decisa, sicura, più testarda di quanto non sia mai stata e, peggio ancora, è ferita e non ha alcuna intenzione di perdonarvi.-
- Io e Sam avevamo rotto da quattro mesi, Spencer, e lei sa che ho sempre provato qualcosa per Carly.- ribatté l’altro, allargando le braccia.
- Certo e sai che ho appoggiato la tua scelta di partire e provare. Dovevate tentare, dovevate vedere com’era stare insieme, perché, altrimenti, né tu né Carly sareste mai stati in grado di andare oltre.- ammise Spencer. – Non è la decisione che avete preso che contesto, ma il modo in cui l’avete fatto. Sei sparito senza nemmeno dirle che ti saresti trasferito per stare con Carly, Freddie!- aggiunse.
- Lei è andata via di notte, senza nemmeno dirmi ciao!- saltò su Freddie, furioso. – E’ sparita da un istante all’altro, mentre avevo il cuore spezzato per la partenza di Carly! Avrebbe potuto restare e ci saremmo sostenuti a vicenda! Invece no, è stata la solita Sam, egoista e indifferente, testarda e impulsiva come al solito. Cosa pretendeva, eh? Che la informassi di ogni spostamento o cambio di direzione che intendevo dare alla mia vita? Ha perso questo diritto quando se n’è andata senza nemmeno darmi il tempo di dirle che… - s’interruppe d’improvviso, col petto che si sollevava rapidamente a causa dell’affanno, i pugni stretti e i muscoli tesi.
- Che?-
- Che mi sarebbe mancata, proprio come Carly.- sospirò Freddie, tornando seduto, come se tutte le energie fossero venute meno.
- Perché allora sei andato da lei, a Gennaio? Perché ti sei precipitato non appena quella tizia strana ti ha telefonato, Freddie?- gli domandò Spencer.
- Credevo fosse ferita ed è ovvio che tenga a lei, no?-
- Certo, è ovvio, così com’è ovvio che lei si sia sentita abbandonata e tradita e che sia giusto se, adesso, non vuole più tornare. Freddie, quante volte le hai telefonato nell’anno che siete stati lontani, prima che di andare a Los Angeles?-
Freddie abbassò lo sguardo, alzando le spalle. – Un paio di volte, credo. Sai com’è fatta Sam, sempre a dire stupidaggini, sempre a fare la dura e io… avevo bisogno di qualcuno che mi dicesse “mi manchi” e non “puoi rintracciare l’idiota che ha scritto queste stupidaggini su me e Cat su tale sito? Oh, a proposito, sei ancora un nerd, Freddie-racchio?!”. – imitò la vocetta di Sam alla perfezione.
Spencer sorrise. – Freddie, Freddie. – si alzò, battendogli un paio di pacche sulle schiena. – Era quello il suo modo di dirti “mi manchi”. – dichiarò.
- Non era il modo che serviva a me.-
- E cioè il “modo di Carly”?-
- Già. Mi è mancata tantissimo, quel primo anno, tanto che credevo non sarei riuscito a finire il Liceo o appassionarmi a qualcosa. Carly era… serenità e armonia, la sicurezza di avere sempre qualcuno pronto a capirti e incoraggiarti. Sam era adrenalina pura, vita, risate, litigi, tutto a mille all’ora ogni volta. Lei e Sam… loro erano come dinamite per me. –
- Mancano molto anche a me. L’appartamento sembra vuoto, da quando sono andate via.- sospirò Spencer, guardandosi intorno.
- Beh, Carly sarà a casa presto, in fondo.- commentò Freddie, tentando di sorridere.
- Già, ma dubito che sarà felice senza Sam.-
L’altro si limitò a tacere e, qualche istante dopo, guadagnò la porta per raggiungere il suo appartamento.
Quando si chiuse la porta alle spalle, Freddie rimase un istante impalato nel mezzo del soggiorno, ad osservare l’arredamento minimale che aveva scelto quando era tornato a casa, due mesi prima e l’aveva trovata vuota.
Sua madre, infatti, non era riuscita a sopportare di vivere da sola nella casa che, per diciotto anni, aveva condiviso con quel figlio che adorava e amava più di ogni altra cosa al mondo e al quale aveva dedicato la vita così, tre mesi dopo la sua partenza, si era trasferita in periferia, ma aveva mantenuto il contratto di affitto per l’appartamento cosicché, quando e se mai Freddie fosse tornato, avrebbe potuto tornare ad abitarvi.
Il ragazzo, che durante il primo semestre di Università in Italia aveva ottenuto punteggi stratosferici, aveva presto trovato lavoro in un azienda che produceva videogiochi per il pc e, sebbene fosse ancora alla gavetta e faticasse duramente per conciliare lavoro e studio, si sentiva estremamente soddisfatto di poter provvedere a se stesso.
Freddie aveva sempre agognato l’indipendenza da quella madre troppo apprensiva e ricordava ancora perfettamente il giorno in cui era riuscito finalmente a ribellarsi come un adulto e imporre la sua volontà, come mai aveva fatto prima – o, almeno, come non credeva di aver mai fatto.
 
Freddie era rientrato a tarda sera, dopo aver trascorso ore intere nello studio dove, un tempo, registravano ICarly, a chiacchierare con Carly dell’ultimo anno trascorso.
Rivederla, qualche giorno prima, era stata un’emozione incredibile e il suo cuore l’aveva immediatamente riconosciuta come la ragazza che sempre aveva amato.
Carly era apparsa abbronzata, bellissima, solare come solo lei era sempre stata e aveva aneddoti su aneddoti da raccontare, fotografie da mostrare, ricordi da condividere con lui.
Freddie non era riuscito nemmeno a sgridarla per il fatto di non essersi fatta sentire spesso come lui avrebbe desiderato o come sarebbe stato giusto tra due amici come loro, che avevano condiviso la vita per quasi nove anni.
Come avrebbe potuto avercela con lei, con quel sorriso aperto, gli occhi scuri e luminosi, gli zigomi pieni e quel fisico snello, slanciato, forse privo di curve mozzafiato, ma tanto aggraziato?
Carly era dolce, gentile, adorabile com’era sempre stata e gli era mancata troppo per poter sprecare quei giorni insieme a litigare.
Quando poi lei, con espressione giocosa e vivace, gli aveva domandato se ricordasse il bacio scambiatosi prima che partisse proprio in quella stanza, a Freddie era parso di star sognando.
Carly gli aveva detto che, durante quell’anno in Italia, aveva avuto un paio di storie, ma nulla di importante e nessuno che l’avesse “presa” , poiché la sua mente era sempre altrove.
“Dove?”, aveva domandato, allora, Freddie e Carly, la dolce e tenera Carly, l’aveva baciato, rendendo nulla la gravità sul corpo del ragazzo e convincendolo di stare levitando.
Avevano parlato a lungo, confessandosi i reciproci sentimenti, spiegandosi che era stato un bene essersi lasciati, anni prima, perché era quello il momento adatto per stare insieme davvero.
E, allora, Carly gli aveva proposto di andare con lei, di seguirla in Italia, dove c’erano ottime università e dove suo padre gli avrebbe di certo trovato un lavoretto.
A Freddie era parsa un’idea incredibile e aveva accettato immediatamente.
L’unico momento cupo, tra loro, c’era stato quando Gibby, con espressione triste, aveva esclamato: - Come vorrei che Sam fosse qui! Sarebbe tutto come una volta.-
Freddie aveva visto Carly rabbuiarsi e i grandi occhi scuri le si erano riempiti di lacrime.
- Non ha voluto tornare, Carly, mi dispiace molto. Sai com’è fatta, no? E’ così testarda… sono sicuro che sente la tua mancanza.- le aveva spiegato Freddie quando, appena entrato nell’appartamento, lei gli era corsa incontro per abbracciarlo e aveva chiesto di Sam.
Da quel giorno non avevano più parlato del demonietto biondo, mai.
Freddie era tornato nel suo appartamento e sua madre, ovviamente, era sul divano ad aspettarlo.
- E’ molto tardi, Freddie, quella Carly non avrebbe dovuto trattenerti così tanto, hai molto da fare domani, devi consegnare la domanda di iscrizione e… -
- Mamma.-
- … i documenti per la borsa di studio… -
- Mamma, devi starmi a sentire.- le aveva detto, arrestando il suo monologo e sedendosi accanto a lei. Con fare deciso e sicuro, guardandola dritto negli occhi, aveva continuato. – Voglio andare in Italia. La borsa di studio non ha vincoli di territorio e ho deciso di iscrivermi ad un’Università Italiana. Ho a disposizione una stanza e il padre di Carly mi troverà una lavoretto che mi permetta di guadagnare abbastanza da mantenermi.-
La Signora Benson aveva fissato, incredula, suo figlio, mentre la testa cominciava a girarle pericolosamente e il panico prendeva possesso di lei.
- Sei impazzito, Freddie?! Come ti vengono certe idee? Tu sei un bambino, come potrei lasciarti andare a milioni di chilometri di distanza, oltreoceano, da solo?!- aveva esclamato, balzando in piedi.
- Non sono più un bambino, mamma ho diciotto anni e so badare a me stesso da molto tempo.-
- E’ quella Carly che ti ha messo in testa queste strane idee, non è vero? Quella ragazza non mi è mai piaciuta! Ti ha sempre trascinato nei guai e tu, accecato dall’amore, non ti sei mai reso conto che lei non fa per te!- aveva gridato la donna, fuori di sé.
- Mamma, per favore, adesso calmati e siediti, prima di svenire.-
Freddie si era alzato e l’aveva presa per mano, facendola accomodare. – Devi capire, mamma, che non potrai sempre essere tu a gestire la mia vita, risolvere i miei problemi, tirarmi fuori dai guai, salvarmi e combattere le mie battaglie. Non potrà essere sempre come quel giorno, alla gara di scherma. Devo vivere la mia vita come meglio credo e tu devi lasciarmi libero, perché, altrimenti, il mio affetto per te si tramuterebbe in impazienza e frustrazione. –
- Oh, Freddie!- aveva singhiozzato la Signora Benson. – Va contro l’istinto materno lasciare andare il proprio figlio, esporlo a simili pericoli!- aveva detto.
- Starò bene, mamma, te lo prometto e ti chiamerò ogni giorno.- le aveva promesso.
La donna, consapevole che suo figlio fosse ormai un giovane uomo e che, legalmente, fosse maggiorenne e non avrebbe potuto imporgli la sua volontà, si limitò a scuotere il capo, rassegnata e disperata.
- Da quando tuo padre è morto, sei stato l’unico motivo per cui ho vissuto; avevi solo tre anni, e, spesso, ho davvero temuto di non farcela. -
Freddie aveva sorriso. – Sei stata una mamma grandiosa, unica. E io non ti sto lasciando per sempre. Sarò sempre il tuo bambino, solo che devo fare delle esperienze per conto mio, così da essere, un giorno, all’altezza dell’uomo che era mio padre e della madre che sei tu.-
La Signora Benson lo aveva abbracciato. – Sei cresciuto benissimo, nonostante l’assenza di un padre.  Sai, il mio morì quando avevo quattordici anni e so che l’assenza di un padre è uno dei più grandi dolori nella vita di chiunque.- aveva sussurrato. – Sono fiera di te.-
In quel momento, mentre abbracciava sua madre, felice come non mai perché aveva ottenuto il suo consenso di seguire la ragazza che amava in Italia, a Freddie era venuta in mente Sam: come lui, anche la ragazza bionda non aveva mai conosciuto suo padre.
Quando suo padre era morto, Freddie era troppo piccolo per poter avere dei veri ricordi su di lui e, nonostante sapesse che lui gli aveva voluto molto bene, c’era sempre stato una sorta di vuoto nella sua vita, come uno spazio vacante che niente avrebbe mai riempito.
Freddie, quella sera, aveva capito che anche Sam doveva provare spesso quella sensazione, forse si sentiva anche peggio di lui, dato che suo padre era vivo e non l’aveva mai riconosciuta o si era mai interessato di lei e Melanie (sempre che esistesse).
Carly, a differenza loro, un padre ce l’aveva, anche se spesso lontano e sapeva bene che, in qualsiasi momento avesse avuto bisogno di lui ci sarebbe stato.
Inoltre, la famiglia di Sam era davvero disfunzionale e non l’aveva certo aiutata o sostenuta in quegli anni, non aveva tentato di colmare quel vuoto che è tipico dei bambini e degli adolescenti abbandonati.
Proprio come Fred, che non aveva altri parenti al di fuori di sua madre e una lontana zia, sorella di suo padre, che però non aveva mai visto.
Carly, invece, aveva Spencer, i suoi nonni e, ancora, aveva Sam e Freddie; si era sempre sentita amata, perché era sempre stata circondata di amore e calore.
Senza nemmeno rendersene conto, Freddie, quella notte, aveva scoperto il primo punto in comune con Samantha Puckett, la principessa di ghiaccio col cuore di fuoco e i pugni d’acciaio.
Quando era tornato in camera sua e si era messo a letto, mentre scriveva un messaggio a Carly per comunicarle la bella notizia, Freddie si era rimproverato: “andrai in Italia con la ragazza che ami dalla terza elementare, smetti di pensare a Sam. Sta bene, ormai, è felice, non devi sentirti in colpa se ami Carly”.
Quello che Freddie non aveva capito, quella notte, così come non lo aveva capito nei sei mesi della sua relazione con Carly e, addirittura, non avrebbe capito nemmeno vedendo Sam in sella alla sua moto otto mesi dopo quella sera, era che ciò che sentiva non era il senso di colpa, ma qualcosa di molto più profondo e complesso, invincibile.
Qualcosa che lo avrebbe tormentato in eterno.
 
Freddie si gettò sotto la doccia e afferrò lo shampoo per la seconda passata, senza nemmeno rendersi conto di seguire ancora le regole di sua madre.
Sentiva i muscoli indolenziti a causa dell’allenamento in palestra e della scherma; da quando era tornato a Seattle, infatti, si era gettato di nuovo nei duelli, suo talento naturale e grande passione e, al contempo, continuava ad andare in palestra, troppo vanesio e soddisfatto dei suoi muscoli per potervi rinunciare in nome di più tempo libero.
Ricordava ancora i primi mesi, quando aveva osservato il suo corpo cambiare e ne era rimasto tanto sbalordito da sentir nascere in sé una sicurezza mai provata prima.
La prima volta che aveva quasi battuto Sam a braccio di ferro, poi, era stata impagabile, adrenalina pura.
Ripensandoci, probabilmente aveva cominciato a frequentare la palestra proprio per tenere testa alla bella biondina che amava metterlo a tappeto e, del resto, la cosa si era rivelata inutile, poiché Freddie adorava talmente il sorrisetto soddisfatto di Sam ogni volta che lo colpiva da spingerlo a lasciarla vincere ogni volta.
Proprio così: negli ultimi tre o quattro anni, lui l’aveva lasciata vincere, perché sapeva che la cosa la rendeva felice, ma avrebbe potuto tranquillamente afferrare quelle braccia sottili e immobilizzarla, cosa che avrebbe reso davvero felice lui.
Frenare la lingua di Sam… quello era un altro discorso ed era più probabile che Lewbert si mettesse a distribuire caramelle e dolciumi, piuttosto che lei diventasse una signorina a modo invece che un maschiaccio con la risposta sempre pronta. 
Sorrise e un po’ di shampoo gli finì negli occhi.
- Sam, dannazione a te, riesci a farmi male anche se siamo a chilometri di distanza!- esclamò, senza sapere quanto di vero e profondo ci fosse in quell’affermazione.
Tornato in camera sua, il ragazzo s’infilò la tuta che usava come pigiama e afferrò il computer, pronto a mettersi a lavoro su un nuovo codice che stava elaborando.
La sua mente, intanto, vagava ancora e si ritrovò a pensare a Carly e ai sei mesi trascorsi insieme a lei.
I primi tempi in Italia erano stati felici, pieni di novità e di risate, di posti da visitare e cibi da assaggiare e baci da rubare all’ombra dei monumenti senza tempo.
L’università era stata più difficile, poiché il programma italiano prevedeva più materie e i metodi erano diversi, eppure, pur di stare con Carly, Freddie era riuscito a cavarsela magnificamente, sacrificando ore di sonno per studiare fino a tarda notte e poter stare con lei nel pomeriggio.
Carly, diplomatasi l’anno prima, aveva scelto di prendere un anno sabatico e dedicarsi all’arte e alla letteratura e si era iscritta a corsi di pittura e disegno, a club del libro e così via.
Gli aveva presentato i suoi amici e le sue amiche italiane, persone gentili, accoglienti e calorose, eppure Freddie si era accorto che, con nessuno di loro, Carly si sentiva veramente a suo agio o aveva instaurato quell’intimità che, invece, aveva sempre condiviso con Sam.
Col tempo, però, le cose avevano cominciato a cambiare: la monotonia generata dai loro caratteri troppo simili, la noia dei pomeriggi invernali trascorsi al chiuso in camera di Freddie, lo scemare della passione che li aveva tenuti insieme per la loro prima volta in comune, l’imbarazzo di conoscere ogni sfaccettatura del carattere dell’altro, avevano cominciato a pesare.
Addirittura, era cominciato ad essere imbarazzante fare l’amore, sfiorarsi, accarezzarsi, poiché la scintilla non scattava e la mente era vigile e confusa, come se ci fosse qualcosa di sbagliato, come se si stessero entrambi obbligando in qualcosa che era solo fisico e nemmeno soddisfacente, data la passione inesistente.
Freddie aveva iniziato a trovare insopportabile il fatto che Carly fosse perennemente desiderosa di fare qualcosa, di scoprire un nuovo artista, visitare un nuovo museo, vedere un nuovo film e aveva sentito il bisogno di un pomeriggio a leggere un libro, dormire sul divano, mangiare una coppa di popcorn lanciandoli in aria e riprendendoli al volo.
Carly era una sognatrice, perennemente tra le nuvole, sempre desiderosa di conferme e approvazione, di essere difesa e protetta e, a lungo andare, la cosa aveva cominciato a irritare Freddie.
Carly aveva cominciato a rendersi conto che Freddie non era il ragazzo che desiderava, ma quello che tutti si aspettavano lei scegliesse: maturo, gentile, gentiluomo, forte e dalla morale impeccabile.
Lei, però, aveva sempre sognato un artista, qualcuno che non seguisse le regole alla lettera e che non avesse paura di andare contro le mode e le tendenze dell’epoca, qualcuno di costantemente in cerca di ispirazione, desideroso di viaggiare e vivere avventure, qualcuno che non potesse vivere senza di lei.
Freddie, al contrario, aveva sempre cercato e agognato indipendenza, sognava un rapporto abbastanza forte da non temere qualche giorno di silenzio o di distanza, qualcuno con cui non ci fosse bisogno di parlare continuamente, perché per capirsi sarebbe stato sufficiente guardarsi; il ragazzo aveva sempre cercato stabilità, qualcuno con cui condividere i successi della fatica e dividere i frutti del lavoro.
Seattle era troppo piccola per i sogni di Carly, l’Italia troppo lontana da ciò che Freddie desiderava: casa.
Alla fine di Aprile, entrambi si erano resi conto di non essere più innamorati e che, probabilmente, non lo erano mai stati; si erano ingannati, forgiati da ciò che sempre avevano dato per scontato, che sarebbero finiti assieme perché era destino che fosse.
Quando le aveva annunciato di aver sistemato ogni cosa in modo da poter finire il primo anno a Seattle, Carly era parsa sinceramente felice per lui e si erano lasciati senza ulteriori rancori o recriminazioni.
A Giugno, Freddie aveva ripreso l’aereo ed era tornato a casa, sentendosi finalmente se stesso.
Da quel momento, la sua vita era stata proprio come l’aveva sempre desiderata.
Col senno di poi, Freddie capì che Spencer aveva ragione: sia lui che Carly dovevano almeno provare a stare insieme perché c’erano troppe aspettative tra di loro e, altrimenti, sarebbero cresciuti con l’eterno rimpianto di non sapere se fossero stati fatti l’uno per l’altra.
Mentre spegneva il computer, pronto ad andare a dormire, Freddie si rese conto di non sentirsi assolutamente agitato o ansioso all’idea che Carly sarebbe tornata a Seattle.
Comprese, allora, di aver passato tanto di quel tempo a desiderare Carly e cercare di conquistarla da non essersi reso conto che, intanto, quel desiderio era svanito perché lui era cambiato, perché Carly era cambiata e perché Sam era entrata nel suo cuore.
Freddie scosse la testa, scacciando via entrambe dalla mente: doveva dormire e dimenticare tutto il resto.
“Come se fosse possibile”.
 
 
 
 
 
 
 
  
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