Videogiochi > Sonic
Ricorda la storia  |      
Autore: Berry Depp    16/11/2014    4 recensioni
In vent'anni accadono molte cose.
In vent'anni si cresce, si cambia, si perde il coraggio di un tempo.
In vent'anni Sonic aveva pensato più volte di tornare da lei.
In vent'anni non c'era mai riuscito.
Ci riuscì solo dopo tutto quel tempo.
Ma ci riuscì.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Rose, Sonic the Hedgehog
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L’aria era frizzante, pizzicava il naso quando vi entrava e formava nuvolette dense quando usciva dalla bocca. La neve agli angoli della strada era sporca e scura e a giudicare dal cielo limpido e stellato non avrebbe nevicato almeno per un po’, nonostante fosse quasi Natale, lasciando alla neve il tempo di sciogliersi. Dalle finestre delle case uscivano luci calde, dando l’impressione che all’interno l’ambiente fosse caloroso ed accogliente, magari con un camino acceso nel salone.
 Sonic rabbrividì a quel pensiero: lui era là fuori, le mani affondate nelle tasche di un giubbotto che avrebbe dovuto essere termico, ma che sembrava guasto, il viso fin sopra il naso coperto da uno scalda collo di pile e in testa un berretto di lana, indossava i pantaloni di una tuta pesante e ai piedi portava degli scarponi.
 Camminava così, in mezzo alla strada, congelando. Ma non si malediceva per essere stato così stupido, per non essere rimasto nel suo appartamentino al calduccio della sua stufetta a gas e non aver pensato di poter fare quello che stava facendo la mattina dopo, magari prendendo un mezzo pubblico. No, lui aveva finalmente deciso che l’avrebbe fatto e ora non si sarebbe certo tirato indietro, non per un semplice venticello invernale.
 In quell’istante una folata di vento ghiacciato lo colpì in pieno viso. Ma lui continuò a camminare. Dopo tutti quegli anni aveva finalmente avuto sue notizie. Aveva letto su un giornale il suo indirizzo di posta elettronica, quello di casa, aveva anche scoperto che ora aveva una famiglia. Questo perché avevano pubblicato un articolo sul suo lavoro e su quanto diligentemente lo svolgesse, guadagnandosi la fiducia del suo capo, l’amicizia di chiunque lavorasse nella sua stessa ditta e la fama su Mobius.
 Numero 15. Si fermò davanti la casa, più o meno simile a tutte le altre della stradina, a due piani, con la facciata bianca, ampie finestre e porta massiccia. Di colpo pensò che forse non era stata una buona idea. Che si avvicinava Natale e forse non avrebbe dovuto disturbare, magari era con la sua famiglia. Ma erano anni che si tirava indietro ad ogni occasione e ora che era proprio lì, davanti casa sua, non poteva pensarsela e tornare indietro.
 Prese il vialetto che divideva in due il giardino, salì i due gradini e si ritrovò davanti la porta. Bussò.
 Attese qualche secondo prima che gli venisse ad aprire un riccetto di colore beige che lo guardò con due occhi grandi e intimiditi.
 -Ciao- disse Sonic con calma, rivelando una voce roca a causa del mal di gola per il freddo –Chi sei?
 Il bambino non rispose e non ce ne fu bisogno, perché un riccio alto e di un marrone scuro si avvicinò chiedendo: -Chi è, Mark?
 Appena vide Sonic prese il bambino e lo allontanò dalla porta con fare protettivo.
 -Chi è lei?
 E Sonic si rese conto che doveva fare un po’ paura con quell’abbigliamento, per lui normale ormai da tempo, mentre per chi, come loro, era abituato a qualcosa di più formale, adatto forse a un barbone. Si levò in fretta il cappellino, imbarazzato, e scoprì la bocca dallo scalda collo, rivelando un mento che aveva bisogno di una rasatina, in quanto ricoperto di barba scura.
 -Oh, mi scusi!- fece –Stavo cercando Amy Rose.
 -Chi la cerca?
 Sicuramente il suo interlocutore aveva sentito parlare di lui, in passato, ma non voleva farsi riconoscere, quindi si limitò a rispondere: -Solo un vecchio compagno di liceo. Mi sono trasferito qui vicino da poco e ho saputo che anche lei abita qui, quindi mi chiedevo se fosse in casa.
 Il riccio, che lo superava in altezza di almeno una spanna, lo guardò storto. Mandò via il piccolo Mark, che finora era rimasto aggrappato ai suoi pantaloni, e disse: -Amelia è partita per lavoro e non sa ancora quando tornerà. Le consiglio di non tornare a cercarla. Buona serata.
 Gli chiuse la porta in faccia lasciando Sonic di nuovo al freddo, visto che il calore emanato dal camino che effettivamente aveva intravisto nel salone, lo aveva raggiunto per quei pochi secondi.
 -Ah. Capisco...- mormorò. Tornò sui suoi passi, deluso e pensò che non doveva essere stato convincente.
 Uno sconosciuto che si presenta alla porta di una famiglia benestante alla ricerca di una famosa donna in carriera dicendo che era suo compagno di liceo.
 Davvero aveva pensato che avrebbe funzionato? Davvero aveva pensato che l’avrebbe rivista? Quanti anni erano passati, quasi una ventina? Non poteva sperare di arrivarle sotto casa come fosse stata una semplice rimpatriata e dirle “Ehi, ho conosciuto il tuo figlio muto e quello stronzo di tuo marito. Pensi che potremmo vederci la domenica per la partita? Porto le lasagne!”
 Si diede mentalmente dell’idiota e prese la strada di prima, tornando indietro, in quell’appartamento per il cui pagamento dell’affitto era indietro da mesi, pronto a riprendere la sua misera vita come ogni giorno.
 In quello stesso istante sentì una macchina avvicinarsi e fermarsi a pochi metri da lui. La curiosità lo spinse a girarsi e vide un macchinone di quelli che costano un botto e pensò che moltiplicando gli stipendi di tutta la sua vita sarebbe arrivato a comprarsi il paraurti. Di seconda mano.
 Si voltò di nuovo e continuò a camminare, sconsolato. Le sue orecchie sentirono i piedi di chi era sceso dalla macchina toccare il suolo e lo sportello chiudersi, il bip della chiave e i passi del guidatore avvicinarsi alla dimora. Della guidatrice, a giudicare dallo schiocco dei tacchi sull’asfalto.
 Riuscì ad ignorarlo per tutto il tempo, finché non si sentì chiamare per nome: -Sonic?
 Si girò. E non credette ai suoi occhi.
 Aveva gli aculei più lunghi e mossi che arrivavano a sfiorarle le spalle e indossava un cappotto scuro che la copriva fin sotto le ginocchia, sicuramente di sotto indossava un elegante tailleur, i polpacci scoperti, ai piedi delle scarpe col tacco alto.
 -A... Amy?- balbettò.
 -Sonic!- ripeté lei, avvicinandosi. Sembrò rendersi conto di averlo fatto troppo in fretta, perché rallentò subito fino a fermarsi a qualche metro da lui.
 -Come mi hai riconosciuto?- chiese, incredulo.
 -Quegli aculei non passano certo inosservati- esclamò lei con tono ovvio, rivelando una risata cristallina. Era molto cresciuta, lo voce era quella di una donna, come ormai il corpo che lui aveva lasciato quello di una ragazzina. E pensare che aveva anche una famiglia, adesso...
 -Che ci fai qua?- ancora non ci credeva, Sonic. Pensava di averci dovuto rinunciare, questa volta per sempre.
 -Dovrei chiedertelo io, non credi?
 -Beh, ecco... Ho saputo di te, ho pensato di venirti a trovare e ho conosciuto il tuo marito str...epitoso- disse tutto in un fiato –Che mi ha detto che eri partita e...
 -Oh, Alex... lascia perdere, è molto diffidente...
 -Già...
 Si guardarono ancora per qualche secondo, a circa cinque metri di distanza, col freddo che li colpiva nel bel mezzo di un silenzio imbarazzante. Fu Amy a romperlo: -Sei... cambiato- disse, con un mezzo sorriso imbarazzato sul volto reso rosso dall’imbarazzo o semplicemente dal freddo pungente che le pizzicava gli zigomi, questo Sonic non seppe dirlo.
 Il riccio sorrise: -Beh, è questo che fa il non farsi più vedere, credo.
 Amy abbassò lo sguardo, rattristita dalle sue parole, e Sonic capì quanto dovesse aver sofferto dopo la sua partenza. All’epoca lui aveva diciotto anni e lei sedici, ne erano passati almeno venti.
 Allora provò a cambiare discorso, per quanto potesse era possibile in quella strana conversazione.
 -Carino tuo figlio- disse –Ti somiglia molto, tranne che per gli occhi. Sono blu.
 -Lo so, quelli li ha presi da Alex- disse Amy e Sonic sentì una fitta al cuore che riuscì a mascherare con uno dei suoi sorrisi beffardi. Incredibile come dopo tutti quegli anni gli riuscissero ancora così bene.
 -Quanti anni ha?- chiese, tossendo dentro lo scalda collo.
 -Mark otto. Sua sorella Debby dieci.
 Erano due.
 Altra fitta, altro sorriso.
 Sonic capì che se quella conversazione fosse continuata a lungo sarebbe morto di crepacuore, lì, in mezzo alla strada. Sarebbe stato molto meglio, a pensarci bene.
 Fece un passo in avanti e nel silenzio che era calato risuonò un rumore metallico. Si fermò di colpo abbassando lo sguardo sulla sua gamba destra e digrignò i denti. Amy lo guardò confusa, ma lui decise di non farci caso e continuò a camminare verso di lei, lentamente, e il rumore della sua gamba artificiale, ad ogni passo, era una coltellata al cuore di entrambi. Per lei perché purtroppo sapeva cosa gli era successo e per lui perché sapeva che lei sapeva.
 Alcuni anni dopo la partenza di Sonic, Amy aveva sentito al telegiornale che colui che un tempo era stato l’eroe di Mobius aveva avuto un brutto incidente.
 Un incendio divampato nella casa accanto alla sua, un bambino con sua madre rimasti intrappolati e lui che aveva pensato che magari poteva farlo, un ultimo atto eroico.
 Dopotutto era l’essere vivente più veloce dell’universo.
 Cosa sarebbe potuto succedergli?
 Una trave crollata, ecco cosa gli era successo.
 Sonic ricordò l’episodio ed un brivido gli percorse l’intera spina dorsale, serrò gli occhi mentre ripensava al bruciore del legno in fiamme sulla sua carne che si faceva strada fino alle ossa.
 -E tu?- chiese di botto Amy mentre lui si avvicinava sempre di più, lentamente –Ce l’hai una famiglia?
 Sonic non parlò, si limitò a fare di no con la testa.
 Ormai erano a pochi centimetri di distanza, lui la superava di almeno un palmo.
 -Sei stupenda- bisbigliò, questa volta procurando lui una fitta al cuore della riccia.
 Amy non seppe dire come Sonic riuscì ad eliminare i pochi centimetri che li separavano. Seppe solo che ci era riuscito. E lei non glielo aveva impedito.
 Le labbra del blu erano morbide, la sua barba le pizzicava leggermente il mento che lui teneva saldamente stretto tra il pollice e l’indice. Non sapeva se quello che sentiva erano le farfalle nello stomaco che aveva sentito solo quando era con lui, tempo addietro, o era il senso di colpa che le attanagliava lo stomaco, al pensiero di suo marito e dei suoi figli che stavano nella casa più in là, ignari di tutto. Fatto sta che fu lei a staccarsi da quel bacio casto, senza pretese, che Sonic non riuscì a trattenersi dal darle. Ed Amy si sorprese di aver pensato che si stava staccando controvoglia dalle sue labbra solo perché qualcuno avrebbe potuto vederla. Si sentì un’egoista.
 -Scusa- mormorò Sonic, guardando da un’altra parte –Non avrei dovuto, sei sposata e poi la gente cosa penserebbe se ti vedessero baciare un... un...- non sapeva quale aggettivo darsi, ma non ce ne fu bisogno. Amy lo precedette: -Perché?- e a Sonic parve sentire un singhiozzo represso nella sua voce –Perché ora, Sonic? Perché non prima?
 Adesso Amy piangeva. Calde lacrime le sgorgavano dagli occhi scolandole il mascara nero sulle guance e Sonic sentì stringersi in una morsa il cuore e poi lo stomaco dalla stessa mano che gli seccò la gola e poi la lingua. Si diede dello stupido, mentre il senso di colpa gli scavava la fossa.
 -Perché è quello che hai, che meriti. Non me. Non mi hai mai meritato e mi dispiace che tu abbia pensato il contrario per tanto tempo. Ma ora sei felice e non so cosa mi abbia spinto a fare una cosa del genere. Forse perché anche io ho pensato... ho sperato di meritare te. Scusami. Non avrei dovuto, sono stato un idiota. Ora mi odierai.
 Amy allontanò la mano che aveva usato per coprire i singhiozzi dalla sua bocca e parlò: -Non potrei mai odiarti, Sonic. È vero, ora... ora sono felice. Ma anche con te lo sono stata. Anche se spesso mi facevi...- un singhiozzo –mi facevi piangere. Anche se spesso mi facevi soffrire. Non ti ho mai odiato per questo. Sono arrivata ad odiare me stessa, pensando di non poterti rendere felice come avrei voluto. Ma odiare te... Io ti amavo, Sonic. Ho sofferto quando...- un altro singhiozzo –quando sei andato via. Ma sono riuscita a rialzarmi. Anche grazie a te. Non puoi nemmeno immaginare quanto abbia imparato da te. E quando ho conosciuto Alex ho pensato che avrei potuto rifarmi davvero. Sei stato una parte importante della mia vita, Sonic. Non dimenticarlo.
 Sonic era riuscito a trattenere le lacrime per tutto il tempo, lacrime che non aveva pianto da non ricordava quanto tempo, ma ora era stato costretto a dare le spalle ad Amy, per non farle vedere quelle che gli bagnavano il volto. Serrò gli occhi, costringendosi a reprimerle, digrignò i denti, impedendo ai singhiozzi di scuoterlo, tentò di tenere il corpo perpendicolare ai piedi, in modo da non far muovere le spalle al ritmo del pianto.
 Sussurrò qualcosa che Amy non capì e gli chiese di ripetere.
 La riccia sentì Sonic tirare su col naso, lo vide alzare la testa e questa volta riuscì a sentire quello che aveva detto, perché lo pronunciò a voce più alta e ferma: -Ti amo.
 Dopo averlo ripetuto Sonic si diresse di nuovo da dove era venuto, questa volta per sempre e si girò solo una volta, mostrando di nuovo quel sorriso, quello che sarebbe rimasto impresso nei ricordi di Amy per sempre. Questa volta, però, incorniciato da due occhi arrossati dal pianto.
 Sorrise, Sonic, rivolgendo ad Amy quel sorriso ed un “okay” messo in mostra dal pollice alzato, mentre diceva le ultime parole che gli avrebbe sentito pronunciare: -Di’ ad Alex che è uno stronzo.
 

__________________________________

Cabina del Capitano e di chi può appropiarsene quando gli pare e piace -.-" :

Lettore/lettrice malinconico: Il mio cuore!
Lettore/lettrice a parer mio normale, come piacerebbe essere a me: I miei occhi!
Sonic: La mia gamba!
Amy: La mia verginità!
Vecchietto che all'epoca della caccia all'oro era un baldo giovine: Il mio oro!
Tutti: *fissano l'autrice*
Beh? Vi sorprendete ancora? Pensavo ci foste abituati! Avevo immaginato sta storia moooolto più corta, ma sapete, ormai, come funziono io, no?
Ho sonno, non so che dirvi, quindi vi saluto. Spero che nonostante tutto, questo mio parto vi sia piaciuto, ci ho davvero messo me stessa, dopotutto. Dico sul serio :')
Don't touch the cinnamon!
BD, Mar e tutti gli altri
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Sonic / Vai alla pagina dell'autore: Berry Depp